Tempo di Riflessioni-Storia del teatro sacro

Tempo di Riflessioni-Storia del teatro sacro

Curiosità e origini delle sacre rappresentazioni

A dispetto di molti che reputano il Medioevo come uno dei momenti più bui dell’umanità, la nascita del teatro sacro è una prova – invece – della sua vivacità nel creare linguaggi sempre nuovi che hanno segnato la storia. Il teatro sacro nasce nella Chiesa e dalla Chiesa, non solo idealmente ma strutturalmente: le navate e l’altare diventano scenografia; i presbiteri, autori e attori delle storie bibliche messe in scena; e i fedeli, primi spettatori di questi “misteri sacri” che dal Mistero della Fede attingono. 

Sviluppato intorno alla metà del XIII secolo, nella sua totale emancipazione dall’influsso ecclesiastico, il teatro sacro trova fondamenti storici  in alcuni monasteri francesi, intorno alla metà del X secolo. In questi monasteri si attuava una rielaborazione dei passi più importanti della Sacra Scrittura. Questi brani tratti dalla Bibbia venivano cantati inserendo delle parole nei vocalizzi finali: erano i Traineés de NotesSequelae o Jubili, o più generalmente conosciuti come tropi (dal latino tropus che ha il significato di verso). 

Il filologo italiano Vincenzo De Bartholomaeis, nella sua indagine Laudi drammatiche e rappresentazioni sacre (Firenze, Le Monnier, 1943), menzionando come stadio preliminare al teatro sacro i passi dialogati del Responsoriale romano (sec. VII-VIII) per il periodo dell’Avvento e della Quaresima, individua  i primi abbozzi dei drammi liturgici proprio nei tropi, specialmente in quelli creati nell’abbazia di San Gallo, in Svizzera. Ed è un nome che, primo fra tutti, viene individuato: è quello di Tuotilo di San Gallo, indicato anche come Tutilo o Tutilone (850 circa – 915 circa), monaco e compositore tedesco, che – prendendo spunto dal testo romano dell’ufficio notturno della Pasqua –  crea un vero e proprio dramma teatrale: è il famoso Quem quaerintis in sepulcro o Christicolae?, prima forma drammatico-liturgica conosciuta nel rituale cristiano, che narra la visita al Santo Sepolcro delle tre Marie e l’annuncio dato dall’angelo dell’avvenuta Resurrezione. Il dialogo in quattro versi – che di norma veniva recitato dai canonici durante l’introito della messa di Pasqua – veniva interpretato da quattro sacerdoti: tre per i personaggi delle Marie e uno per sostenere il ruolo dell’angelo.   

Con il tempo i drammi liturgici divennero sempre più lunghi e complessi e vennero, dunque, separati dalle funzioni religiose perché neanche le chiese più grandi erano più in grado di ospitare la folla che si radunava intorno a questi spettacoli. Fu allora che il dramma si trasferì all’esterno, sui gradini dei sagrati delle chiese, anche se cominciarono ad insorgere dei dubbi da parte delle autorità ecclesiastiche per il forte impatto delle rappresentazioni sulla vita del popolo. 

A partire dal XII secolo, accanto ai drammi liturgici, si affiancano – così – nuove strutture drammaturgiche: sono i Misteri, nuova forma teatrale che – assieme alla musica – viene espressa non più nella lingua ufficiale della Chiesa, il latino, bensì in lingua volgare.  La testimonianza iconografica più importante, in questo senso, è la raffigurazione della cosiddetta Passione di Valenciennes: in questa rappresentazione convivono la casa della Madonna per l’Annunciazione, il Tempio della Presentazione, il Palazzo di Erode, il Paradiso e l’Inferno. Per realizzare ciò si provvedeva a una lunga sequela di costruzioni chiamate edicole – definite così per la loro forma tondeggiante – aperte in direzione dello sguardo dello spettatore. 

Nel corso del Seicento e Settecento si sviluppa un’altra forma teatrale che dai precedenti sviluppi drammaturgici prende spunto: sono gli Oratori che vanno a sostituire progressivamente le monodie medievali e rinascimentali. Anche in questo caso, è la Passione di Cristo ad essere il tema più rappresentato. Di questo nuovo filone teatrale, emergono in particolare due sottocategorie: la prima vedeva l’impiego di testi tratti – con profondo rigore – dai Vangeli, accompagnati da arie o musiche; mentre la seconda sottocategoria attingeva sempre alle Sacre Scritture, ma queste erano solo uno spunto tematico  per poi sviluppare la trama in modo originale e indipendente.

All’epoca della Riforma, tra diverse rappresentazioni sacre, possiamo ricordare in particolar modo una Passione messa in scena a Zurigo da Jakob Ruf, scrittore della Germania meridionale, che rimase fedele al testo biblico, rinunciando ad episodi a effetto.  Dal 1570 circa, l’ortodossia calvinista criticò duramente lo sfarzo degli accessori scenici e l’esaltazione del Cristo sofferente, condannando la messinscena dei drammi biblici come un’eresia. Il divieto di rappresentazioni teatrali decretato a Ginevra nel 1617 e a Zurigo nel 1624 contribuì alla riduzione dell’attività teatrale nel XVII secolo. 

Sul finire dell’Ottocento si assiste ad un vero e proprio recupero del sacro in teatro che, nel Novecento, troverà poi uno sviluppo inatteso. Autori come Strindberg, Claudel, Maeterlinck, Hofmannsthal ed Eliot si cimentano in testi dove la Sacra Scrittura trova nuovamente spazio: testi lontani dalle sacre rappresentazioni medievali, ovviamente, ma che testimoniano quanto il tema della fede sia importante per la letteratura. 

Sacre rappresentazioni, drammi liturgici, misteri: una tradizione millenaria che nel nostro oggi sta trovando sempre maggiore rilevanza grazie ai molteplici festival teatrali dedicati al tema del sacro. Ma non solo: a queste rassegne si affiancano non pochi comuni italiani che, proprio durante la Settimana Santa, allestiscono piazze e strade per accogliere storiche rappresentazioni della Passione di Cristo. 

di Antonio Tarallo

di Marilena Marino

L’uomo ha sempre avvertito il bisogno di socializzare e riunirsi in gruppi, non solo per motivi di sopravvivenza, ma anche allo scopo di celebrare il rito, il mito e la caccia, che sono stati individuati dagli antropologi teatrali quali luoghi di origine del teatro.

Dopo la caduta dell’Impero (476) gli spettacoli vengono proibiti dalla Chiesa. Il teatro scompare.

Verso l’anno 1000 si sviluppa il teatro sacro, che si svolge all’interno della Chiesa, durante la Settimana Santa per rappresentare la Passione. la sacra rappresentazione e forme analoghe di teatro si hanno in Francia, Spagna e Inghilterra.

Parallelamente, nelle corti feudali, si sviluppano intrattenimenti laici e forme di teatro popolare.

Il teatro religioso

I primi spettacoli teatrali mettevano in scena episodi tratti dalle Sacre Scritture. Si svolgevano per le strade, sul sagrato della chiesa, nella piazza ed erano finalizzati all’edificazione e all’istruzione dei fedeli. Per coinvolgere gli spettatori, la rappresentazione (jeu) utilizzava un linguaggio semplice e piano, che talvolta accoglieva espressioni popolari. La prima opera drammatica in volgare francese è l’anonimo Jeu d’Adam (circa 1150), tratto alquanto liberamente dall’episodio della Genesi.

Nel Medioevo l’Europa si trovò senza un vero e proprio centro culturale e politico e nessun autore ebbe la rilevanza degli antichi. Mentre il mondo classico si era distinto per i suoi prestigiosi centri di cultura come Atene, Roma e Bisanzio e grandi autori quali Euripide e Menandro, il mondo medioevale si caratterizzò per lo stato-nazione composto da una confederazione di comunità autonome. Gli autori furono spesso anonimi, ma non mancano interessanti figure di letterati, come Rosvita, una monaca tedesca del X secolo, le cui sei opere ci danno una visione unica del teatro di quel periodo.

Tale passaggio comportò una certa discontinuità nel mondo teatrale europeo. Il cristianesimo antico, infatti, mostrò un aperto dissenso nei confronti del teatro e lo condannò perché lo considerava fonte di oscenità e menzogne, come testimoniano i documenti pontifici diffusi durante il Medioevo. I chierici, per esempio, ebbero la proibizione di frequentare istrioni e giocolieri. L’attività teatrale, però, prosperava e non era possibile eliminarla, si doveva limitarla o assimilarla volgendo la situazione a proprio favore.
Si decise allora di spostare il dramma dai luoghi deputati all’ippodromo dove gli spettacoli con animali e le competizioni sportive potevano essere completati con le recite dei mimi. Un altro provvedimento fu quello di non elargire più fondi statali a favore del teatro.
Il processo di assimilazione ebbe più successo della limitazione e il cristianesimo si impose sul paganesimo: le feste pagane si tramutarono in feste cristiane, i templi diventarono chiese e i santuari pagani furono adibiti a cimiteri. Durante le funzioni religiose fu inserita la musica antifonaria e alcuni passi del Vangelo vennero messi in scena e commentati dal sacerdote.

annunciazione

Una forma particolare di dramma che si diffuse in Europa durante il Medioevo fu la sacra rappresentazione nella quale venivano raffigurate vicende a sfondo religioso, come l’Annunciazione o la Passione, e storie attinte dalla Bibbia. Il teatro medioevale si sviluppò progressivamente dalle chiese e accolse forme drammatiche differenti mescolate fra loro (cristiane e pagane), unite dal rituale proprio delle cerimonie liturgiche, effettuate sia in chiesa che nelle feste stagionali popolari in appropriati momenti del calendario.
Le prime recite fatte all’interno delle chiese ben presto ebbero bisogno di uno spazio scenico più ampio per soddisfare l’esigenza di utilizzare scenografie multiple, dove si presentavano contemporaneamente più scene della vita di Cristo.

Si costruirono dei palcoscenici nei sagrati all’esterno delle chiese che diedero l’opportunità di mettere in scena anche rappresentazioni teatrali con tematiche profane e alcune recite furono fatte anche nelle piazze. Per dare maggiore spettacolarità alle rappresentazioni, ai palcoscenici furono aggiunti semplici ma efficaci trucchi scenici, ingranaggi e botole.
Dopo il 1300 le confraternite si accollarono l’onere di organizzare gli spettacoli, aiutati dalle corporazioni che si preoccupavano di costruire e arredare le scene. In genere i palchi venivano costruiti con assi di legno, collocate in modo diverso, in circolo o in linea retta, a seconda della rappresentazione.
Nonostante la rottura con la drammaturgia classica, la messa in scena dei drammi medioevali mostrò quanto il mondo medioevale fosse ancora legato al mondo romano. I papi romani presero il posto degli imperatori romani ma furono simili a loro in alcuni aspetti rilevanti: uso della lingua latina, controllo del territorio, conflittualità dei diversi gruppi in lotta per la conquista del potere. Accanto ai drammi biblici, nel Medioevo europeo furono rappresentati i drammi sacri sulla vita dei santi che presero il posto degli dei greco-romani: i miracoli o il martirio di un santo, inglese o francese che fosse, divennero popolari quanto i drammi biblici.

L’aspetto più interessante di queste rappresentazioni consisteva nella natura locale e particolare del culto del santo: i fedeli avvertivano la necessità di festeggiare il proprio santo patrono con rappresentazioni teatrali, orazioni e bancarelle di mercato; le chiese si trasformavano in luoghi di pellegrinaggio dove venivano esposte le reliquie dei santi; le associazioni artigiane dedicavano una cappella al proprio santo protettore; anche i re ricorsero ai santi nazionali, come fece Giorgio d’Inghilterra.
Lo sviluppo del culto dei santi e delle attività teatrali che vennero messe in scena per farli conoscere e amare, contribuì a costruire l’identità di gruppo. Nel Medioevo le processioni ricoprirono un ruolo importante nella vita della città medioevale, come lo era stato per i cortei nei centri urbani nell’antichità, dove gli attori camminavano per le vie accompagnati da carri su cui venivano messi in scena momenti particolari della vita di Dioniso.
Quando Cristo prese il posto di Dioniso, furono mostrate in processione scene attinte dalla Bibbia, che si trasformarono poi in rappresentazioni teatrali. Con il passare del tempo, il teatro si spostò nella città stessa e gli spettacoli furono recitati all’aperto nella stagione estiva, con la partecipazione dell’intera comunità, o al coperto nelle ricche abitazioni in inverno.

giullare a corte

Le rappresentazioni teatrali fecero ancora parte di cerimonie religiose e la chiesa diede la propria disponibilità nei locali al chiuso per ospitare eventi comunitari di tutti i generi. Una figura caratteristica del Medioevo fu quella dei giullari, dei veri e propri performer capaci di trasformare corpo o viso a secondo dell’attività scenica: giocolieri, saltimbanchi, ballerini, acrobati, cantastorie e motteggiatori erano diffusi in tutta la zona neolatina. La loro figura, condannata dalla Chiesa, va ricollegata a quella del mimo o dell’istrione romano.
Attori professionisti a tutti gli effetti, si guadagnavano da vivere intrattenendo il popolo nelle piazze o rallegrando gli invitati ad un banchetto o ad un festino.
Le ragioni del crollo del teatro medioevale nelle diverse parti d’Europa furono complesse: più che di una mancanza d’interesse si trattò di una repressione crescente nelle nazioni cattoliche causata anche da fattori politici ed economici.

La passione di Cristo è uno dei temi più ricorrenti e affascinanti del teatro religioso e popolare. Si tratta di una forma di espressione artistica che ha origini antiche e che si è diffusa in diverse regioni d’Italia e del mondo, assumendo caratteristiche diverse a seconda dei contesti storici, culturali e geografici.

La passione di Cristo consiste nella rievocazione scenica degli ultimi giorni della vita terrena di Gesù, dalla sua entrata trionfale a Gerusalemme fino alla sua crocifissione, morte e resurrezione. Attraverso il linguaggio teatrale, si intende trasmettere il messaggio evangelico e suscitare emozioni e riflessioni nel pubblico.

Tra le rappresentazioni più famose e antiche della passione di Cristo in Italia, possiamo citare quella di Sordevolo (BI), che si svolge ogni cinque anni dal 1815, quella di Cantiano (PU), che risale al secolo di San Francesco, e quella ispirata ai dipinti del Caravaggio, che mette in evidenza la forza e la fragilità del corpo di Cristo.

Queste rappresentazioni coinvolgono centinaia di attori non professionisti, che si preparano con dedizione e impegno per mesi o addirittura anni. Le scenografie sono spesso imponenti e realistiche, ricostruendo i luoghi della Gerusalemme dell’anno 33 d.C., come il palazzo di Erode, il Sinedrio, il Pretorio di Pilato, il Giardino del Getsemani, il Cenacolo e il Monte Calvario.

Le rappresentazioni della passione di Cristo sono spettacoli corali che coinvolgono tutta la comunità locale, sia come attori sia come spettatori. Si tratta di un’esperienza culturale e spirituale che unisce fede e arte, tradizione e innovazione. Ogni edizione è unica e irripetibile, capace di emozionare ed educare le generazioni presenti e future.

Strumenti per la Consegna: 3 – Come superare l’Ansia di parlare in pubblico

Strumenti per la Consegna: 3 – Come superare l’Ansia di parlare in pubblico

Pillole dal Libro: LA BOCCA DI DIO  di  Marilena Marino

L’ansia di parlare in pubblico è comune a tutti. Ma sentirsi a proprio agio di fronte a un pubblico è qualcosa che possono raggiungere tutti certamente. Devi imparare a presentarti con sicurezza e concentrato anche davanti ad un numero maggiore di persone.

Come superare l’ansia di parlare in pubblico?

Prepararsi! La preparazione è fondamentale. Leggi le Letture ad alta voce più e più volte.

Assicurati di farlo ad alta voce. Essere a proprio agio con il suono della tua voce è fondamentale per stare di fronte a un pubblico.

La pratica rende davvero perfetti e, in questo caso, la pratica ti dà la sicurezza di cui hai bisogno anche per superare l’ansia della prestazione pubblica che devi affrontare.

Quando arriva il giorno fatidico, trascorri alcuni minuti respirando profondamente. Ripetendo frasi positive creerai un senso di fiducia in te stesso per superare la prova.

Una volta davanti all’Assemblea, fai un ultimo respiro e inizia. Ricorda che le persone presenti vogliono ascoltare quello che leggi. Non desiderano che tu cada in imbarazzo, ma piuttosto sperano che tu legga bene coinvolgendoli. Concentrati sulla Parola e la sua importanza e noterai come la tua ansia svanisce.

Se incespichi durante la lettura, fermati semplicemente per riprendere i tuoi pensieri, fai un respiro profondo e vai avanti da lì.

Un altro passo per non avere problemi nel leggere all’Assemblea è attraverso la pratica e l’esperienza. Quanto meglio conoscerai quello che devi leggere, tanto più ti sentirai sicuro.

Sappi che l’Assemblea non è contro di te. Ma in effetti, sono proprio dalla tua parte, hanno bisogno del tuo servizio, desiderano che tu gli serva nel migliore dei modi questa grazia della Parola!

Con questi piccoli consigli e un pò di pratica, sarai sulla buona strada per essere un fantastico proclamatore in pochissimo tempo! Soprattutto, avrai vinto una paura che molte persone non hanno mai superato. Questo di per sé è un risultato di cui puoi essere orgoglioso.

La Parola che proclami deve raggiungere i cuori e affascinare le menti dell’Assemblea. Più tempo dedichi a studiare le letture e metterle in pratica, più sarai in grado di presentarle in modo efficace.

Molte ansie derivano dal chiedersi come ti vede quella gente la nella sala. Se ti senti a tuo agio con i movimenti del corpo, questo calmerà le tue paure e ti permetterà di concentrarti maggiormente per raggiungere i cuori e le menti dei tuoi ascoltatori.

Ci sono tanti sintomi di paura del pubblico o ansia da comunicazione quanti sono i modi per superarli. Potresti trovarti con i palmi sudati, la bocca asciutta, un aumento della frequenza cardiaca, mal di testa, tensione muscolare, bisogno di urinare, gambe o braccia tremolanti, vuoto nello stomaco, vampate di calore o balbuzie.

La paura del pubblico ha effetti diversi e personali per coloro che ne soffrono.

Allora come la superi? Come domini la tua paura? Ci sono diversi trucchi che puoi utilizzare per prevenire il panico. Individuare le situazioni, che hanno causato l’incipit della paura di parlare in pubblico, ti aiuterà a comprenderla e superarla.

In primo luogo, accetta che la paura sia normale. Riconoscere e accettare di avere un pò di paura può aiutarti. La maggior parte delle persone ammetterà di essere almeno un pò nervosa quando parla di fronte a una folla. Non sei strano “TU”; e la tua paura non è inconcepibile ma è comune a moltissimi.

Le radici di questa paura possiamo trovarle in questi ambiti:

Paure infantili: esperienze di rifiuto, di bullismo, isolamento dai contatti sociali o sofferenza nelle relazioni interpersonali; questi fattori possono amplificarsi in traumi di chiusura nell’età adulta. Così da bambino ti sentivi insicuro in situazioni come: rispondere a domande in classe, leggere un testo ad alta voce o far vedere i compiti all’insegnante.

Ma anche nella prima adolescenza, quando i ragazzi prendono coscienza del loro aspetto: peso, pelle, capelli, come si vestono, cambiamento del corpo; così l’insicurezza di se stessi può fare emergere imore di fronte alle persone.

Eccesso di perfezionismo: in una società opulenta si mette al primo posto l’apparenza, e così aumenta anche la paura e l’imbarazzo di mostrarsi incapaci a raggiungere lo standard di perfezione preteso dalla società.

Le persone tendono a non ammettere la possibilità di commettere errori e questo grande livello di esigenza si riflette in un alto grado di ansia.

La timidezza: il 40% della popolazione dichiara di essere timida ed ha la sensazione di non meritare l’attenzione o la considerazione degli altri. Ma la timidezza ha anche dei vantaggi: il timido è solito fare tutto in modo molto metodico e con maggiore concentrazione rispetto agli estroversi. Si sente insicuro del risultato delle sue azioni, e le pianifica e le esegue con molta attenzione.

Esclusione dal gruppo: l‘importanza data al giudizio degli altri causa la paura di parlare in pubblico. Da millenni l’uomo tende a ricercare accettazione e apprezzamento per non essere rifiutato e allontanato dal suo gruppo sociale e così il nostro cervello si è evoluto identificando come una minaccia l’eventualità di essere emarginati dal proprio gruppo.

vocedivina

Per superare la paura di parlare in pubblico devi conoscere alcune soluzioni.

Se questa difficoltà di esporsi è meno critica e si verifica solo nel momento di parlare in pubblico, il “recupero” ad uno stato normale è possibile anche con l’autodisciplina e l’esercizio, abilità che possono essere apprese e controllate.

Ecco alcune linee di suggerimenti che puoi cercare in autonomia di praticarle. Sono consigli validi non solo per il Lettore della Parola ma per ogni persona che deve superare la paura del pubblico in qualsiasi ambito sociale o lavorativo.

Sfrutta la paura del pubblico.

La paura provoca adrenalina, che ti fa parlare più chiaramente e reagire più rapidamente quando le cose vanno male.

I problemi si verificano solo se lasci che la tua paura di domini e ti controlli. Prova a immaginare la tua paura come “eccitazione” invece che come ansia.

Sei entusiasta di andare all’ambone a proclamare la parola di Dio? Se riesci a premere questo interruttore, e “buttarti” la paura passerà da “ostacolo” al tuo lavoro a una “risorsa” potente per fare quello che devi fare.

Sii consapevole dei sintomi che il corpo manifesta.

Impara a riconoscere i sintomi, elencati sopra; con la consapevolezza di quello che ti sta succedendo riprendi il controllo della tua situazione.

Distruggi i pensieri negativi e sostituiscili con pensieri positivi.

Esercitati quanto più puoi.

Pratica. Pratica. Pratica. Più sei preparato, più ti sentirai sicuro.

Se ti trovi in una sala piccola, e guardare direttamente il tuo pubblico ti provoca più paura, una soluzione è guardare la parete di fondo della stanza; o qualche stratagemma di soffermarti più spesso negli sguardi delle persone che ti seguono e ti ascoltano con molto interesse.

Usa tecniche di rilassamento.

Tecniche di rilassamento come l’immaginazione guidata e la meditazione guidata possono essere utili per metterti in uno stato rilassato prima del servizio che devi fare, ci sono anche molte registrazioni audio sul web di motivatori che ti guidano con la loro voce ad un rilassamento progressivo anche in pochi minuti.

Se rendi il rilassamento una parte della tua routine quotidiana, dovresti riuscire più facilmente a rilassarti nel momento che ne hai più bisogno.

Ricorda però che mostrare anche un pò di ansia ti renderà più umano. Tutti vogliono essere perfetti, ma sono le persone imperfette della nostra vita che troviamo più interessanti.

Concentrati sul Respiro.

Fai ampi respiri, prima di parlare. Più ossigeno affluirà al tuo cervello ed al tuo corpo e più sarai performante e sicuro. Concentrandoti nella respirazione quasi certamente allontanerai dalla testa tutti i pensieri auto limitanti che ti assalgono.

La respirazione è basilare per acquisire maggiore controllo del tuo organismo ed una buona respirazione si tradurrà anche in una voce più forte e sicura.

Quando parli, respira con il naso. Questo diminuirà il problema della bocca secca o impastata che è una delle maggiori preoccupazioni dello speaker ansioso.


Parla ad alta voce con te stesso.

Parlare ad alta voce aumenta le prestazioni delle persone.

Conversare con se stessi aiuta a recuperare i ricordi, migliora la concentrazione e dà fiducia in sé, aiuta le persone a sentirsi meglio ed avere più fiducia nell’affrontare le sfide.

Se ti senti ansioso, pronuncia frasi costruttive come: “Pietro, sai che puoi superare questa paura” o “Maria, puoi superare questo ostacolo e ti farai del bene“.

Non memorizzare ma allenati sul contenuto da dire.

Questo è un punto centrale per perdere la paura di parlare in pubblico e riuscire a dare una prestazione distesa ed equilibrata.

Il successo dipende da come ti prepari prima; se non lo fai sicuramente vai incontro ad un fallimento.

Quindi devi padroneggiare il tuo argomento. L‘impreparazione non può tenerti in ostaggio della paura.

Filmati e riguarda la tua “performance” e vedi dove puoi migliorare.

Ripassa leggendo ad alta voce i punti principali del lavoro che devi svolgere, cura con attenzione sopratutto l’inizio e la fine che sono i momenti più critici e registrati in video. Osserva le tue espressioni, ascolta la tua voce. Nota se la tua immagine è adeguata e se trasmetti fiducia.

Fai questo esercizio qualche volta analizzando dove puoi migliorare.

Leggi o Parla lentamente.

Quando siamo ansiosi si tende a parlare velocemente. Allora tu esercitati a Rallentare. È uno dei suggerimenti migliori per perdere la paura del pubblico, e cioè sforzarsi di parlare lentamente e con calma, in modo che il cervello riceva informazioni di sicurezza, fiducia, confidenza.

Una Lettura perfetta o un Discorso perfetto non esistono

Se ti metti in testa di essere PERFETTO e puntare a raggiungere standard irraggiungibili non farai altro che aumentare la tua ansia.

Devi solo cercare di fare del tuo meglio, cercando certo di migliorarti il più possibile senza pretendere di essere perfetto.

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Questo articolo è stato estratto dal libro “La Bocca di Dio” di Marilena Marino. 
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«Donna de Paradiso» lauda drammatica di Jacopone da Todi

«Donna de Paradiso» lauda drammatica di Jacopone da Todi

Vivere La Quaresima aspettando la Pasqua attraversando il Triduo Pasquale

Rossini: Stabat Mater - 1. Stabat Mater dolorosa

La Donna de Paradiso di Jacopone da Todi Donna de paradiso è una poesia religiosa atribuita a Iacopone da Todi. Si tratta di un componimento in volgare, una lauda drammatica, chiamato anche Il pianto della Madonna, ed è pensato come un dialogo ai piedi della croce, nel quale Maria mostra tutto il suo dolore per la perdita di suo figlio.

«Donna de Paradiso
lo tuo figliolo è priso
Iesù Cristo beato.

Accurre, donna e vide
che la gente l’allide;
credo che lo s’occide,
tanto l’ho flagellato.»

(Donna de Paradiso, 1-7)
Rappresenta un concitato dialogo tra il nunzio (san Giovanni Evangelista), Gesù, la Madonna e la folla durante gli ultimi momenti della vita di Cristo. Il metro utilizzato è quello della ballata sacra con quartine di settenari rimati AAAY e una ripresa rimata XXY. Il componimento è diviso in una terzina iniziale oltre a 33 quartine che rappresentano il numero degli anni che aveva Cristo alla sua morte e le strofe dedicate alla passione sono tre, simbolo della Trinità.

Ha una grande rilevanza storico-linguistica per il particolare uso del volgare: si alterna un registro basso (il cosiddetto sermo cotidianus) per i personaggi Maria e Gesù, a un registro colto e latineggiante per la folla e il nunzio.

Cristo si rivolge alla Madonna chiamandola mamma le tre volte che si rivolge a lei direttamente, e mate quando parla di lei a Giovanni.

La lauda drammatica
Donna de Paradiso è l’esempio più famoso di lauda drammatica, nonché in assoluto la prima lauda drammatica costruita interamente sotto forma di dialogo (Gesù-Maria-il nunzio).

Il carattere polifonico, di poesia a più voci, è strettamente associato a una concitazione narrativa che esprime i sentimenti drammatici e contrastanti da cui la scena è dominata: stupore, dolore, odio, amore. Fino a distendersi nell’ultima e più lunga battuta pronunciata da Maria, in una sofferta e quasi ininterrotta invocazione, dove si sommano il più tenero affetto e il dolore più straziante.

All’interno della lauda il personaggio di Maria assume particolare rilievo e viene rappresentata essenzialmente nella sua umanità di madre. La Madonna appare come una donna disperata per la vicenda del figlio, la cui condanna e morte le sono del tutto incomprensibili, dal momento che Cristo «non fece follia», «a torto è accusato», «non ha en sé peccato». La madre vede il proprio figlio martirizzato, «ensanguinato» e vuole allora morire con lui, salendo sulla stessa croce sul quale Cristo è riposto. La sua disperazione compare nel famoso corrotto, lamento funebre, nel quale con i più dolci appellativi si rivolge alla sua creatura che non è riuscita a sottrarre al martirio.

La Madonna non coglie nella sua morte l’esperienza necessaria per la redenzione dell’umanità dal peccato originale, ma solo l’aspetto terreno di terribile sofferenza.

Anche Cristo rivela attenzioni da figlio nei confronti della madre, che affida alle cure amorevoli di Giovanni, esortandola a restare in vita per servire i «compagni ch’al mondo» ha «acquistato», ma c’è in Cristo quella consapevolezza della sua missione salvifica che manca alla semplice donna del popolo.

Compito del nunzio è quello di riferire alla donna tutto quanto accade intorno alla croce; svolge con scrupolo il suo compito di cronista, non risparmiando alla madre nessuna delle torture inflitte al figlio e senza una sua partecipazione emotiva al dramma.

Due soli sono gli interventi del popolo presente alla scena ed entrambi con la funzione di affermare che in nome della legge Gesù deve essere punito, condannato.

Lo stile ha una notevole forza espressiva: scansione rapida delle frasi e prevalenza della coordinazione nella sintassi; l’uso dell’anafora (la parola figlio). Le frasi esclamative hanno il verbo all’infinito e la forma interrogativa è piena d’incertezza e di tensione. L’uso del tempo verbale al presente conferisce sia immediatezza sia eternità all’evento della passione.

È evidente da queste osservazioni che l’alta materia della Passione dal piano teologico è scesa a quello umano e spettacolarizzato; questo consente al pubblico, a cui è destinata la lauda, di identificarsi nel dramma della madre e del figlio e di parteciparvi. Iacopone nel descrivere la Passione di Cristo segue fedelmente i testi sacri della tradizione cristiana (le Sacre Scritture ed i Vangeli); inoltre la drammaticità che permea la sua opera è analoga a quella presente in alcune opere dell’arte figurativa contemporanea, come dimostra l’osservazione, ad esempio, della Crocifissione di Cimabue, conservata nella basilica superiore di San Francesco d’Assisi. La poesia viene citata da Fabrizio De André (Le nuvole) nel brano Ottocento.

(Laude, 70)

È il più celebre testo di Jacopone, uno dei primi esempi (se non il primo in assoluto) di “lauda drammatica” in quanto propone un dialogo tra più personaggi sulla crocifissione di Cristo, al centro della quale vi è il dolore di Maria per il martirio del proprio figlio (gli altri interlocutori sono Gesù stesso, la folla degli ebrei e un fedele che descrive le fasi del supplizio, probabilmente l’apostolo Giovanni). Il mistero dell’incarnazione di Cristo è espresso attraverso la pena tutta umana della madre per le sofferenze a Lui inflitte, per cui il racconto della Passione diventa un dramma concreto e naturalissimo accentuato dal movimento drammatico delle voci che si susseguono. Jacopone ha affrontato il tema del dolore della Vergine per la morte di Cristo anche nell’inno latino “Stabat Mater”, a lui generalmente attribuito.








































































































«Donna de Paradiso,
lo tuo figliolo è preso
Iesù Cristo beato.Accurre, donna e vide
che la gente l’allide;
credo che lo s’occide,
tanto l’ò flagellato».«Come essere porria,
che non fece follia,
Cristo, la spene mia,
om l’avesse pigliato?».«Madonna, ello è traduto,
Iuda sì ll’à venduto;
trenta denar’ n’à auto,
fatto n’à gran mercato».«Soccurri, Madalena,
ionta m’è adosso piena!
Cristo figlio se mena,
como è annunzïato».«Soccurre, donna, adiuta,
cà ’l tuo figlio se sputa
e la gente lo muta;
òlo dato a Pilato».«O Pilato, non fare
el figlio meo tormentare,
ch’eo te pòzzo mustrare
como a ttorto è accusato».«Crucifige, crucifige!
Omo che se fa rege,
secondo la nostra lege
contradice al senato».«Prego che mm’entennate,
nel meo dolor pensate!
Forsa mo vo mutate
de que avete pensato».

«Traiàn for li latruni,
che sian soi compagnuni;
de spine s’encoroni,
ché rege ss’è clamato!».

«O figlio, figlio, figlio,
figlio, amoroso giglio!
Figlio, chi dà consiglio
al cor me’ angustïato?

Figlio occhi iocundi,
figlio, co’ non respundi?
Figlio, perché t’ascundi
al petto o’ si lattato?».

«Madonna, ecco la croce,
che la gente l’aduce,
ove la vera luce
déi essere levato».

«O croce, e que farai?
El figlio meo torrai?
E que ci aponerai,
che no n’à en sé peccato?».

«Soccurri, plena de doglia,
cà ’l tuo figliol se spoglia;
la gente par che voglia
che sia martirizzato».

«Se i tollit’el vestire,
lassatelme vedere,
com’en crudel firire
tutto l’ò ensanguenato».

«Donna, la man li è presa,
ennella croc’è stesa;
con un bollon l’ò fesa,
tanto lo ’n cci ò ficcato.

L’altra mano se prende,
ennella croce se stende
e lo dolor s’accende,
ch’è plu multiplicato.

Donna, li pè se prènno
e clavellanse al lenno;
onne iontur’aprenno,
tutto l’ò sdenodato».

«Et eo comenzo el corrotto;
figlio, lo meo deporto,
figlio, chi me tt’à morto,
figlio meo dilicato?

Meglio aviriano fatto
ch’el cor m’avesser tratto,
ch’ennella croce è tratto,
stace descilïato!».

«O mamma, o’ n’èi venuta?
Mortal me dà’ feruta,
cà ’l tuo plagner me stuta,
ch’el veio sì afferato».

«Figlio, ch’eo m’aio anvito,
figlio, pat’e mmarito!
Figlio, chi tt’à firito?
Figlio, chi tt’à spogliato?».

«Mamma, perché te lagni?
Voglio che tu remagni,
che serve mei compagni,
ch’êl mondo aio aquistato».

«Figlio, questo non dire!
Voglio teco morire,
non me voglio partire
fin che mo ’n m’esc’ el fiato.

C’una aiàn sepultura,
figlio de mamma scura,
trovarse en afrantura
mat’e figlio affocato!».

«Mamma col core afflitto,
entro ’n le man’ te metto
de Ioanni, meo eletto;
sia to figlio appellato.

Ioanni, èsto mea mate:
tollila en caritate,
àginne pietate,
cà ’l core si à furato».

«Figlio, l’alma t’è ’scita,
figlio de la smarrita,
figlio de la sparita,
figlio attossecato!

Figlio bianco e vermiglio,
figlio senza simiglio,
figlio, e a ccui m’apiglio?
Figlio, pur m’ài lassato!

Figlio bianco e biondo,
figlio volto iocondo,
figlio, perché t’à el mondo,
figlio, cusì sprezzato?

Figlio dolc’e placente,
figlio de la dolente,
figlio àte la gente
mala mente trattato.

Ioanni, figlio novello,
morto s’è ’l tuo fratello.
Ora sento ’l coltello
che fo profitizzato.

Che moga figlio e mate
d’una morte afferrate,
trovarse abraccecate
mat’e figlio impiccato!».

Fedele: «Donna del cielo, tuo figlio, Gesù Cristo beato, è catturato.



Accorri, donna e vedi che la gente lo colpisce; credo che lo stiano uccidendo, tanto lo hanno flagellato.»



Maria: «E come potrebbe essere che abbiano catturato Cristo, la mia speranza, visto che non ha commesso peccato?»


Fedele: «Madonna, egli è stato tradito; Giuda l’ha venduto, avendone in cambio trenta denari; ne ha tratto un gran guadagno».



Maria: «Aiutami, Maddalena, mi è arrivata addosso la pena! Mio figlio Cristo è portato via, come è stato annunciato».



Fedele: «Soccorrilo, donna, aiutalo, poiché sputano addosso a tuo figlio e la gente lo sta portando via; lo hanno consegnato a Pilato».



Maria: «O Pilato, non fare torturare mio figlio, poiché io ti posso dimostrare che è accusato a torto».


Folla: «Crocifiggilo, crocifiggilo! Un uomo che si proclama re, secondo la nostra legge, contravviene ai decreti del senato».



Maria: «Vi prego di ascoltarmi, pensate al mio dolore! Forse ora cambiate idea rispetto a ciò che avete pensato».



Folla: «Tiriamo fuori [liberiamo] i ladroni, che siano suoi compagni di pena; lo si incoroni di spine, visto che si è proclamato re!».


Maria: «O figlio, figlio, figlio, figlio, giglio amoroso! Figlio, chi dà conforto al mio cuore angosciato?



Figlio dagli occhi che danno gioia, figlio, perché non mi rispondi? Figlio, perché ti nascondi dal petto dove sei stato allattato?».



Fedele: «Madonna, ecco la croce che è portata dalla folla, ove Cristo (la vera luce) dovrà essere sollevato».



Maria: «Croce, cosa farai? Prenderai mio figlio? E di cosa lo accuserai, visto che non ha commesso alcun peccato?».



Fedele: «Soccorrilo, o tu che sei piena di dolore, poiché il tuo figliolo è spogliato; sembra che la folla voglia che sia martirizzato».


Maria: «Se gli togliete i vestiti, lasciatemi vedere come lo hanno tutto insanguinato, infliggendogli crudeli ferite».



Fedele: «Donna, gli hanno preso una mano e l’hanno stesa su un braccio della croce; l’hanno spaccata con un chiodo, tanto gliel’hanno conficcato.


Gli prendono l’altra mano e la stendono sull’altro braccio della croce, e il dolore brucia, ancora più accresciuto.


Donna, gli prendono i piedi e li inchiodano al legno; aprendogli ogni giuntura, lo hanno tutto slogato».



Maria: «E io inizio il lamento funebre; figlio, mia gioia, figlio, chi ti ha ucciso [togliendoti a me], figlio mio delicato?



Avrebbero fatto meglio a strapparmi il cuore, visto che è posto anch’esso in croce e sta lì straziato!».



Cristo: «Mamma, dove sei venuta? Mi infliggi una ferita mortale, poiché il tuo pianto, che vedo così angosciato, mi uccide».


Maria: «Figlio, io ne ho ben ragione, figlio, padre e marito! Figlio, chi ti ha ferito? Figlio, chi ti ha spogliato?».



Cristo: «Mamma, perché ti lamenti? Voglio che tu rimanga qui, che assisti i miei compagni che ho acquistato nel mondo».



Maria: «Figlio, non dire questo! Voglio morire con te, non voglio andarmene finché mi esce ancora voce.


Possiamo noi avere un’unica sepoltura, figlio di mamma infelice, trovandoci nella stessa sofferenza, madre e figlio ucciso!».



Cristo: «Mamma col cuore afflitto, ti affido nelle mani di Giovanni, il mio discepolo prediletto; sia tuo figlio acquisito.



Giovanni, ecco mia madre: prendila con affetto, abbine pietà, poiché ha il cuore così trafitto».



Maria: «Figlio, l’anima ti è uscita dal corpo, figlio della smarrita, figlio della disperata, figlio avvelenato [ucciso]!



Figlio bianco e rosso, figlio senza pari, figlio, a chi mi rivolgo? Mi hai davvero abbandonata!


Figlio bianco e biondo, figlio dal volto gioioso, figlio, perché il mondo ti ha così disprezzato?



Figlio dolce e bello, figlio di una donna addolorata, figlio, la gente ti ha trattato in malo modo.



Giovanni, figlio acquisito, tuo fratello è morto. Ora sento il coltello [la pena del martirio] che fu profetizzato.



Che la madre muoia insieme al figlio, afferrati dalla stessa morte, trovandosi abbracciati, madre e figlio entrambi crocifissi!»

Interpretazione

  • Il testo ha la forma metrica di una ballata di versi settenari, con una ripresa di tre versi (rima YYX) e 33 strofe di quattro versi ciascuna (rima AAAX). Sono presenti rime siciliane ai vv. 1-2 (Paradiso / preso), vv. 28-29 (crucifige / rege), vv. 37-38 (compagnuni / encoroni), vv. 48-49 (croce / aduce), vv. 60-61 (vestire /  vedere), vv. 104-105 (afflitto / metto). Una rima imperfetta è ai vv. 76-77, corrotto / deporto.
  • La passione di Cristo è rappresentata nella sua crudezza e nella sua umanità, poiché Gesù è mostrato come un uomo che soffre e il cui corpo è flagellato e sottoposto a crudeli ferite. Altrettanto umana la figura della Madonna, il cui dolore è quello di una madre che soffre a vedere il figlio torturato senza colpa (all’inizio Maria tenta inutilmente di convincere la folla e Pilato dell’innocenza del figlio). Nelle prime strofe la sua voce si alterna a quella di un fedele (forse S. Giovanni, cui Cristo affida la madre alla fine del testo) che descrive i momenti più strazianti del martirio e invita Maria a soccorrere il figlio; interviene poi la voce della folla che incita alla crocifissione, secondo lo stereotipo medievale del popolo ebreo deicida, quindi animato dal desiderio di martirio verso Cristo.
  • Il testo si compone di 33 quartine (esclusa la ripresa) che corrispondono agli anni di Cristo quando venne crocifisso, mentre la descrizione del suo corpo inchiodato alla croce si concentra nei vv. 64-75, dunque nelle tre strofe centrali del componimento, con una perfetta simmetria e la simbologia religiosa del numero tre.
  • La prima parte della lauda contiene soprattutto la descrizione della Via crucis con le urla della folla all’indirizzo di Gesù e gli oltraggi al suo corpo, mentre nella seconda parte (dopo che Cristo è stato inchiodato alla croce) ha grande spazio il dolore di Maria, che si abbandona a un “corrotto” (lamento funebre) commovente e straziante: la Vergine si rivolge direttamente al figlio, sottolinea la sua innocenza e il fatto che sia martirizzato senza colpa, ne fa l’elogio con una serie di epiteti esornativi (l’anafora “figlio” è ripetuta per quattro quartine consecutive, vv. 112-127, poi Maria lo chiama “bianco e vermiglio”, “bianco e biondo”, “volto iocondo”). Il suo dolore è quello tutto umano di una donna che vede il figlio morire e vorrebbe essere uccisa insieme a lui, mente alla fine resta piangente ai piedi della croce.

Strumenti per la Consegna: 2 – Come funziona la voce? – Seconda Parte

Strumenti per la Consegna: 2 – Come funziona la voce? – Seconda Parte

Pillole dal Libro: LA BOCCA DI DIO  di  Marilena Marino

Per leggere bene bisogna controllare la respirazione.

Prima di tutto devi respirare bene; imparare a effettuare una buona respirazione è fondamentale per l’emissione corretta delle parole.

In particolare nella lettura ad alta voce è importante controllare l’espirazione cioè lo svuotamento lento e controllato dei polmoni partendo dall’addome.

Per ottenere una lettura scorrevole bisogna cercare di far corrispondere le pause di respirazione a quelle suggerite dalla punteggiatura e dal significato del testo; per esempio quando arrivi al punto fermo, che richiede una pausa più lunga, approfittane per riempire bene i polmoni.

Prima di leggere inspira profondamente; mentre poi parli, lascia uscire lentamente l’aria dalla bocca controllandola senza “sprecare” il fiato.

 

Modi per allenare la tua respirazione

Un buon modo per imparare come funziona il diaframma è sedersi reclinati (inclinati) con le braccia incrociate.

Rimani seduto per un poco e senti come le tue braccia si muovono verso l’alto mentre inspiri e verso il basso mentre espiri. Ora inspira ed emetti un suono…

Sentirai che le tue braccia non scenderanno fino in fondo come facevano quando stavi espirando.

Questo perché il diaframma si attiva non appena inizi ad emettere il suono. Rimarrà più basso per controllare il flusso d’aria.

Il controllo del respiro produce sempre una emissione vocale migliore.

Brevi suggerimenti per la salute vocale

Se TIENI ALLA TUA VOCE, è molto utile conoscere un pò di salute vocale, cioè quella che viene chiamata “igiene vocale”.

Ci sono alcune cose da fare e da non fare quando si soffre di raucedine o di voce affannata:

1. Devi bere molta acqua! Tieni l’acqua sempre pronta. In questo modo manterrai la bocca, la gola e le corde vocali lubrificate, il che manterrà la tua voce fluida. Non usare il ghiaccio, perché l’acqua fredda non è bene per il tuo corpo.

2. Lascia riposare la tua voce! Limita il tuo parlare il più possibile!

3. NON usare caramelle o altre cose che contengono mentolo! Questa caramella può avere un buon sapore e ti dà la sensazione che aiuta la tua gola ma aumenterà il gonfiore delle tue corde vocali e dei tessuti intorno ad essa! Poiché il mentolo secca i tessuti della gola, questi tessuti reagiranno producendo più gonfiore e muco. La tua voce si deteriorerà invece di migliorare!

4. NON mangiare e bere cibi e bevande acide. L’acido aumenterà il reflusso dallo stomaco e irriterà i tessuti della gola. Fai attenzione a cosa e quando mangi. Impara a conoscere il tuo stomaco e il tuo sistema digestivo.

5. Alcuni cibi possono effettivamente aiutare la tua voce. Come alcuni tè, una mela verde o dei limoni.

6. Evita le bibite gassate, la panna e l’alcool. La caffeina e lo zucchero danno una carica energetica temporanea.

7. C’è un metodo per diminuire il gonfiore delle corde vocali: mettere una cannuccia in una bottiglia d’acqua. Prova a canticchiare una canzone mentre soffi delle bolle nell’acqua con la cannuccia. Canticchia dolcemente, non provare a cantare ad alta voce! Assicurati di farlo con le guance piene d’aria! Con questo esercizio crei un flusso d’aria verso il basso sulle corde vocali. Funzionerà come un massaggio. Dopo un minuto o due puoi già sentire la differenza!

8. Prova a fare esercizi tonificanti. Invece di cercare cibo o bevande per aumentare la tua energia e prontezza, prova a fare qualcosa che ti aiuti a far circolare il sangue e coinvolgere la mente. Prova le flessioni, su e giù per le scale, il jumping jack o anche qualche risata sincera. Ma attenzione a NON sudare o restare senza fiato. Hai solo bisogno di quanto basta per far arrivare il sangue al cervello e riscaldare i nervi.

9. Libera i tuoi seni nasali. Puoi respirare meglio e ottenere più ossigeno. Prova a soffiarti il naso, libera il tuo naso con qualche spray nasale.

10. Applica un balsamo per le labbra. L’acqua potabile mantiene la bocca asciutta ed evita molti rumori della bocca, ma l’acqua, da sola, potrebbe non aiutare le labbra. Le labbra secche aderiscono meglio e provocano rumori schioccanti e possono persino ostacolare il discorso.

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11. Riscalda la tua voce. Proprio come non è bello, con le temperature invernali, guidare l’auto accendendo il motore e mettendosi subito in marcia, non è nemmeno bene iniziare a parlare o cantare per molto tempo senza un poco di riscaldamento. Anche le cose piccanti possono aiutare, per stimolare la circolazione ma sono reazioni personali e potrebbero anche influenzare negativamente la tua voce.

12. Devi avere qualcosa per scaricare la tensione. Questo non è un disturbo o una malattia mentale essere agitati. Molte persone si “agitano”, e non solo quando sono a disagio. Scaricando la tensione in qualche modo, manterrà fuori di te le preoccupazioni e questo potrebbe persino aiutare alcune persone a concentrarsi di più!

13. Libera la mente. Lascia i tuoi problemi, le centinaia di messaggi di posta mai smaltiti, le idee per nuovi progetti e altre “faccende” al di fuori del momento in cui proclami la Parola.

14. Respira lentamente e profondamente… giusto? Sì, dovremmo respirare lentamente, ma spesso non lo facciamo. Siamo nervosi o eccessivamente eccitati e non respiriamo bene quando parliamo. Questo non solo ci farà rimanere senza fiato mentre parliamo, ma ridurrà anche la quantità di ossigeno che la circolazione invia al cervello.

15. Avere una buona postura. La postura influenza la tua voce e il tuo umore. Distenditi e sarai letargico, sta dritto e così proietterai le tue parole in modo più sicuro verso l’obiettivo. Stare in piedi mantiene tutto il tuo corpo allineato. Sarai in grado di impegnarti con più energia quando inizierai a parlare appoggiato da una buona postura.

Lo scopo di un riscaldamento vocale!

Se fai questa domanda a cantanti e direttori d’orchestra, ti daranno più di una ragione. C’è di più che solo un riscaldamento dei muscoli. Una cosa molto importante è che il tuo supporto per il respiro deve essere sempre attivo.

Quindi gli esercizi di respirazione sono importanti per permettere ai muscoli di sentire / ricordare com’è parlare ad alta voce con un adeguato supporto del respiro.

Non c’è una routine di riscaldamento uguale per ogni persona. Dipende dalle sue capacità vocali, dal suo tipo di voce, dalle sue capacità fisiche, ecc.

Quindi la cosa migliore che puoi fare è creare la tua “ricetta” degli esercizi preferiti che ti aiuteranno a trovare il giusto box di strumenti per riscaldare la tua voce.

La maggior parte del suono che produci entra nell’orecchio “dall’interno”. Vale a dire, il suono della tua voce raggiunge il tuo orecchio viaggiando attraverso la gola, la bocca, il naso, i muscoli, le ossa, ecc.

È fortemente distorto o diverso quando entra nell’orecchio! Quindi quello che percepisci della tua voce dall’interno NON è la realtà della tua voce! Questo diventa evidente quando ascoltiamo una registrazione della nostra voce. L’effetto che percepiamo ascoltando la registrazione è che: non sembra la tua voce!

La tua voce “suona” in modo molto diverso quando ti senti in una registrazione.

Una delle maggiori deformazioni della tua stessa voce, ha a che fare con il desiderio di sentire un calore e una pienezza ascoltando la tua voce. La deformazione percepita ti impedisce di sentire il suono completo della voce, che forse suona “più sottile” di quanto non sia in realtà.

La maggior parte dei lettori non si rende conto di come usano la propria voce, e che forse la usano nel modo sbagliato. Con il risultato di richiedere uno sforzo maggiore del dovuto.

Quindi è fondamentale che inizi a sviluppare l’abitudine di SENTIRE, percepire “sensorialmente” la tua voce invece di ascoltarti superficialmente.

Un modo per controllare te stesso è fare registrazioni private personali di te che declami, o meglio affrontare questo problema confrontandosi con un buon insegnante di dizione o recitazione.

  "Questo libro è dedicato a tutte le persone che desiderano imparare ad avere profonda consapevolezza delle PAROLE della Bibbia e riuscire a proclamarle con autorevolezza e sicurezza"
Racchiude 35 anni di esperienza nella Chiesa condensati in 430 pagine di puro valore. 
Non perdertelo per niente al mondo!"

Questo articolo è stato estratto dal libro “La Bocca di Dio” di Marilena Marino. 
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Chiara Amirante | Come Gesù ci libera da ansie, paure e pensieri negativi

Chiara Amirante | Come Gesù ci libera da ansie, paure e pensieri negativi

Davanti a domande che quasi tutti si sono posti almeno una volta nella vita, ci sono risposte molto nette che riportano al cuore della nostra fede, ma che tuttavia non sempre sono chiare nella propria coscienza. 

Lo spiega la fondatrice e presidente di “Nuovi Orizzonti” Chiara Amirante nel suo ultimo libro intitolato “La pace interiore. Liberarsi dall’ansia, dalle paure e dai pensieri negativi”.

Chiara Amirante
Chiara Amirante – photo web source

Il libro della Amirante nasce dalla constatazione che la pandemia ha stravolto duramente le vite di tanti, ha spiegato l’autrice all’agenzia dei vescovi Sir. Purtroppo però, concentrandosi ogni giorno sui bollettini del Cts e sulle conseguenze fisiche della malattia, ci si è purtroppo dimenticati di molti aspetti spirituali estremamente importanti. Che secondo l’autrice hanno dato vita a un’altra pandemia: “quella del malessere dell’anima”.

Le difficoltà di questo tempo e il modo per affrontarle

In particolare tra i più giovani, sempre più vittime di depressioni e disturbi di ansia e non solo. Per cui mai come oggi è di fondamentale importanza capire come dare risposta a tutto questo. “Sono partita dalla mia esperienza, da ciò che io per prima ho vissuto in questi 30 anni, da ciò che ho condiviso venendo a contatto con ragazzi provenienti da esperienze traumatiche, difficili, estremamente dolorose”, ha spiegato la Amirante parlando del libro.

Storie di “ragazzi che avevano deciso di morire e che oggi invece testimoniano la speranza pur vivendo, anche oggi a volte, situazioni drammatiche”. In questo, come in altri suoi titoli precedenti, la fondatrice di Nuovi Orizzonti ha cercato cioè di “mettere nero su bianco un percorso di guarigione del cuore”. “Io per prima ho dovuto imparare a gestire l’impatto con il dolore, anche quando è così grande da spezzarti il cuore”, ha raccontato.

LEGGI ANCHE: Udienza generale | Come dà la pace il mondo e come la dà Gesù?

Quanti infatti non si sono mai chiesti, ad esempio, “come custodire la pace nei momenti difficili che la vita ci riserva”, “come non restare in balia di pensieri o stati d’animo negativi” oppure “cosa fare per non lasciarci sopraffare dall’ansia e dalle paure”? La risposta, per la Amirante, è molto chiara. “La guarigione, ogni guarigione passa per l’amore”, spiega. “Sperimentare di essere perdonati, ma soprattutto sperimentare di essere amati, così come siamo, fa tutta la differenza del mondo. Il bisogno di amare e di essere amati è quello che più di altri ci incalza, specialmente in questo tempo segnato dal consumismo”.

La certezza dei cristiani che mai li abbandona

Un tempo che la Amirante ha descritto come “straordinario e terribile al tempo stesso”, in cui si è vittime di una cultura dell’usa e getta e dove però purtroppo vi sin annidano molti terribili mali. Come “le tante ferite che a volte ci portano a chiudere il cuore, segnato dal tradimento, dall’abbandono”. Ma per i cristiani c’è una forza e una Presenza che non abbandona mai, e che ci viene ricordata durante la Settimana Santa.

È quella “dell’eterno amore del Padre per ciascuno di noi”. “Solo fare l’esperienza di un Dio che è amore, che ci ama incondizionatamente, ci aiuta ad affrontare le tante critiche che il mondo vomita ogni giorno su di noi”, ha spiegato la scrittrice al Sir, mettendo però al centro la possibilità di “un’esperienza rigenerante, attraverso la quale Spirito Santo guarisce tutto ciò che condiziona la nostra vita”. Grazie a cui “scopriamo di essere una meraviglia stupenda e che dentro di noi c’è qualcosa di molto bello”.

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“Essere amati significa scoprire che ogni persona è una meraviglia, che porta in sé una bellezza straordinaria, qualcosa di unico e irripetibile”, spiega quindi la fondatrice del noto movimento cattolico, lanciando in conclusione “un invito alla preghiera, indispensabile per alimentare sempre la nostra relazione con Dio, e poi indicazioni semplici di comportamento, accompagnate da pratici esercizi, con i quali dobbiamo allenarci giorno dopo giorno, imparando a comprendere che la nostra felicità non dipende solo e soltanto dalle situazioni, seppur drammatiche, che viviamo e si consumano intorno e dentro di noi, ma soprattutto, che abbiamo sempre una possibilità diversa per decidere come viverle e come affrontarle al meglio”.

Strumenti per la Consegna: 2 – Come funziona la voce? – Prima Parte

Strumenti per la Consegna: 2 – Come funziona la voce? – Prima Parte

Pillole dal Libro: LA BOCCA DI DIO  di  Marilena Marino

Ci sono tre elementi:

Respiro e la pressione dell’aria

Laringe con le corde vocali

Risonanza, la gola e la bocca

1 – Le tue corde vocali producono il suono quando passa l’aria dai tuoi polmoni.

2 – La gola, la bocca e le cavità nasali aggiungono quindi “risonanza” al suono.

3 – La tua lingua e le tue labbra alla fine producono vocali e consonanti, parole.

Da non sottovalutare la funzione del tuo udito mentre parli, una funzione di feedback di controllo.

Le corde vocali si trovano nella laringe. L‘aria dai polmoni passa attraverso le corde vocali e queste inizieranno a vibrare. Questa vibrazione produce il suono. Le corde vocali possono essere allungate per ottenere toni più alti. Possono anche diventare più spesse e più sottili.


Gli organi articolatori principali delle vocali sono rappresentati dalla lingua e dalle labbra. Per le consonanti sono le labbra, i denti, la lingua, il palato, la faringe.

Alcune consonanti come la “T” o la “F” dette sorde vengono prodotte in assenza di vibrazione delle corde vocali; mentre altre dette sonore come la “D” o la “B” richiedono la vibrazione delle corde vocali. Per sperimentare se le corde vocali vibrano mentre si emette un suono basta porre una mano sulla gola.

Le corde vocali, reagiscono alla quantità di aria che passa. Ecco perché il supporto del respiro è un elemento molto importante nella tecnica vocale. Il supporto del respiro riguarda la gestione del flusso d’aria, se lo fai bene le tue corde vocali riceveranno la quantità d’aria perfetta di cui hanno bisogno per vibrare liberamente modellandole nel modo migliore che vuoi.

Molti hanno sentito parlare di cose come “sostegno del respiro”, “gola rilassata”, ecc. Ma quali di queste tecniche vocali sono essenziali per sviluppare un modo sano di parlare?

La regola fondamentale è:

La voce deve SEMPRE esprimersi nella sua zona naturale.

Quindi nessuna tensione, nessun dolore, nessuno sforzo tranne che per sostenere il respiro!

I prossimi quattro passaggi sono necessari per ottenere un parlato sano:

Mascella rilassata –

Gola aperta –

Posizione della laringe –

Supporto per il respiro –

È difficile imparare queste tecniche da soli, ma se inizi a parlare tenendo conto di questi suggerimenti di base, scoprirai che gestire la tua voce diventa più facile, e la stessa voce diventa più libera, più potente e più bella!

Molte persone tendono a usare la voce con la mascella tesa. Questo perché hanno la sensazione di avere il controllo sul suono. Ma è vero il contrario perché ci sono molti muscoli che collegano la mascella e la gola. Alcuni di loro passano per la laringe, così quando questi muscoli sono tesi, eserciteranno una pressione sulla laringe e impediranno alla laringe stessa di muoversi liberamente.

Assicurati di non spingere la mascella in avanti. Ma questa dovrebbe essere completamente rilassata. La mascella si deve sempre muovere in modo rilassato quando usi la punta della lingua e le tue labbra per pronunciare.

Aprire la gola non significa solo rilassarsi. C’è di più che devi fare per dare alle tue corde vocali più spazio possibile. Ma oltre a dare spazio alle corde vocali, aumenterai anche la risonanza generale allargando la gola.

Uno dei modi migliori per dare corpo alla tua voce è sorridere, certo proclamando la Parola non puoi sempre sorridere ma usa un sorriso interiore e allarga la gola!

Anche la tua respirazione così diventa più efficace.

La giusta posizione della laringe in gola è fondamentale se vuoi usare la voce in modo sano. Quando deglutisci, puoi sentire la tua laringe muoversi verso l’alto. Quando sbadigli, puoi sentirla muoversi più in basso.

La posizione giusta è neutra, vale a dire non è ne alta e ne bassa, questo è il modo migliore. È la posizione che la maggior parte delle persone usa quando parla.

Il supporto del respiro riguarda la gestione della pressione dell’aria sotto le corde vocali. Il tuo diaframma ha un ruolo molto importante nel processo di supporto del respiro

Quando inspiri, il diaframma si abbassa e l’aria scorre nei tuoi polmoni. Quando espiri senza emettere suoni, il diaframma si rilassa e si solleva, l’aria esce dai polmoni.

Quando non emetti alcun suono, le corde vocali si aprono e l’aria può uscire liberamente dai polmoni. Il supporto del respiro serve in un certo senso a mantenere l’aria nei polmoni, creando la giusta quantità di pressione necessaria mantenendo il flusso d’aria leggero senza intoppi.

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La Respirazione nella lettura:

Dopo esserci osservati e aver preso l’impegno con noi stessi di migliorare, in una misura, piccola o grande che sia, possiamo procedere verso quella che è la “cura” della nostra respirazione.

Abbiamo visto il percorso che la voce fa per arrivare ad essere parola di Dio attraverso un pò la storia contenuta nelle Sacre Scritture, ma adesso dovremmo vedere anche come questa parola di Dio, attraverso la voce, giunge ad incarnarsi nell’individuo in maniera così forte e vitale da poter essere tramandata a chi ci ascolta all’esterno.

È molto importante imparare ad effettuare una respirazione corretta e sufficientemente profonda; solo così si riesce ad emettere una voce valida sia qualitativamente che quantitativamente. Ricorda, inoltre, che una buona respirazione può favorire il rilassamento e quindi aiutare a vincere la paura e la tensione.

La respirazione è molto importante non solo per parlare, o quando si riprende fiato per far sì che parlando non si esaurisca l’aria nei polmoni e il discorso venga interrotto sul più bello perché manca il fiato.

Questa va praticata con degli esercizi che si fanno nei corsi di dizione, di public speaking per chi parla in pubblico.

Nel caso di lettori, oratori e catechisti, è fondamentale, per esempio, prendersi delle pause mentre si legge, inspirare fiato rapidamente ed espirare lentamente, non solo per concentrarsi su se stessi, ma anche per vincere l’ansia, per organizzare soprattutto il discorso che deve essere portato avanti in una catechesi ecc.

Se è vero che la mancanza di tono nella voce, di un timbro non curato, la mancanza di pronuncia perfetta, e il mangiarsi le parole, sono degli handicap che non favoriscono l’articolazione necessaria, è anche vero che una respirazione sbagliata può impedire al messaggio di essere veicolato e trasmesso in modo chiaro e sufficientemente potente.

Se si è abituati a parlare velocemente, senza fare nessuna pausa, senza dare a quella parola il giusto accento, otteniamo solo di impedire alla Parola di raggiungere le persone in mezzo all’Assemblea, e così rischiamo che questa non sia sufficientemente capita.

Mangiarsi le parole”, può nascere da una barriera interna, dalla timidezza, da certi complessi che ci trasciniamo dietro dall’infanzia sicuramente. Un semplice consiglio potrebbe essere quello di prendere una sedia e mettersi seduti per qualche minuto, in una stanza silenziosa: prima di andare a fare un discorso, o affrontare la platea, cercando di concentrarsi in silenzio inspirando l’aria, trattenendola per qualche secondo, chiudendo anche gli occhi, magari, e poi buttandola fuori lentamente.

Ripetendo l’esercizio un pò di volte, non solo potrai entrare in un clima anche di rilassatezza, di concentrazione, ma questo favorirebbe sicuramente la presa di coscienza che stai entrando in contatto con il tuo corpo, e che il tuo corpo è importante, non solo esteticamente, ma perché, prendi consapevolezza che, come la bocca, anche il corpo veicola il messaggio.

Le tecniche di respirazione sono utili per generare sicurezza, concentrarsi sul pensiero da dire, generare la calma sufficiente per affrontare una situazione particolare e abbattere queste terribili barriere che ti impediscono di parlare in pubblico.

Il fiato che immagazzini da fuori e giunge all’interno va gestito con sapienza in tempi scanditi e opportuni; con il moto dell’inspirazione, ad esempio, permetti all’aria di fermarsi dentro per qualche secondo e così sarai pronto in un secondo momento a consentire al diaframma di attivarsi, come un mantice, per “ributtarla” fuori lentamente attraverso le corde vocali.

In questo modo, possiamo capire quanto la respirazione raggiunga tutta la parte inferiore del corpo e non solo quella superiore, sembra questo qualcosa di scontato ma nella realtà tutti sono abituati a respirare solo “parzialmente”, gestendo il respiro solo a metà.

La respirazione totale, completa è quella che permette all’individuo di recuperare tutta la potenzialità dell’aria che circola nel nostro corpo producendo così il massimo beneficio per la voce.

Respirare in questo modo consente di tenere, per esempio, un’intera frase lunga in bocca senza singhiozzare mentre si parla o si legge, favorisce la concentrazione per organizzare il pensiero senza farsi prendere dall’ansia, è senza dubbio di grande aiuto per chi deve tenere un discorso, una catechesi, ma anche per chi deve solo leggere ad alta voce.

È vero che la mancanza di tono, la mancanza di un timbro curato, la mancanza di pronuncia esatta, mangiarsi le parole, il ritmo, possono essere degli ostacoli che non favoriscono l’elaborazione del messaggio in maniera corretta, ma è anche vero che anche una respirazione sbagliata o gestita male è responsabile di un suono confuso che impedisce alla parola di essere articolata in maniera consona ed efficiente.

Soprattutto in questi tempi così frenetici in cui si corre sempre, ci si ferma poco, si riflette anche poco, la mancanza di concentrazione non viene presa in considerazione: non siamo abituati mai a fermarci e a fare delle pause nella nostra vita. Mangiamo di fretta, ci alziamo di fretta, corriamo di fretta, ci vestiamo di fretta, facciamo tutto in fretta, e leggiamo anche di fretta!

Recuperare questi momenti di pausa offre una maggiore potenza al nostro personale modo di esprimerci, quando parliamo, quando leggiamo o quando cantiamo. Se sappiamo gestire, il fiato, questa tecnica ci permette di regalare alle frasi quella giusta cadenza di cui i lettori devono appropriarsi.

  "Questo libro è dedicato a tutte le persone che desiderano imparare ad avere profonda consapevolezza delle PAROLE della Bibbia e riuscire a proclamarle con autorevolezza e sicurezza"
Racchiude 35 anni di esperienza nella Chiesa condensati in 430 pagine di puro valore. 
Non perdertelo per niente al mondo!"

Questo articolo è stato estratto dal libro “La Bocca di Dio” di Marilena Marino. 
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Strumenti per la Consegna: 1 – Introduzione alle Risorse per la Consegna

Strumenti per la Consegna: 1 – Introduzione alle Risorse per la Consegna

Pillole dal Libro: LA BOCCA DI DIO  di  Marilena Marino

In questa terza parte approfondiremo alcune tecniche che possono essere come degli “utensili” particolari per riuscire a presentare e consegnare a chi ci ascolta la parola di Dio.

Il controllo accurato di questi… “congegni” possono consentire al lettore di:

Analizzare e scoprire gli indizi lasciati dallo scrittore, che rivelano le caratteristiche dell’intenzione che Dio ha suggerito allo scrittore.

Esaminare questa ispirazione per arrivare ad una comprensione strutturata, personale e chiara del messaggio di Dio.

Approfondire a tal punto la Parola in modo da immergersi nel contenuto del messaggio per sentire e vivere effettivamente questa ispirazione, accompagnando la comprensione del lettore da una modalità come “accademica” a una dimensione molto più spirituale e sentita dal cuore.

Questo approccio serio, tecnico e spirituale ottiene in chi ascolta:

Un vero progresso umano e ascetico, contribuisce realmente alla conversione, ispira negli ascoltatori un desiderio di cambiamento morale, fino a motivali ad uscire e progressivamente essere testimoni ed evangelizzatori tra le persone prossime della loro comunità sociale.

Ma per poter utilizzare la voce è necessario prenderne coscienza e sapere come funziona, qual è il “tuo” registro vocale e come curarla e prevenire problemi che questo “strumento personale” può avere.

In questa parte cercherò di spiegarti come produciamo il suono con le nostre corde vocali. Questa presa di coscienza ti aiuterà a controllare il tuo strumento di comunicazione dandogli la considerazione che merita.

Per prima cosa dobbiamo capire che la nostra voce è UNICA ed è riconoscibile in mezzo a milioni di esseri umani; a volte notiamo delle caratteristiche simili nel timbro, nel modo, negli accenti, ma la nostra voce si forma nel nostro corpo e si proietta verso gli altri all’esterno per comunicare con loro.

Quindi la voce è un mezzo veramente importante per la nostra vita sociale, ma nello stesso tempo questo nostro personale strumento non viene considerato molto e per questo per niente educato al meglio delle sue possibilità e, sempre a causa di questa trascuratezza, la nostra voce potrebbe assumere delle deformazioni o dei suoni imperfetti poco comprensibili, spesso cantilenanti, noiosi ed opachi che rendono la comunicazione con l’altro veramente approssimativa e carente sotto molti aspetti.

Oltre a questi tipici difetti di espressività, si aggiunge il nostro modo di presentare i “contenuti del messaggio” in forme ripetitive, esagerate, poco coerenti o anche inventate che aggiungono elementi critici che rendono la nostra comunicazione verbale veramente inascoltabile.

Quindi, prima di capire come funziona il nostro originale strumento di comunicazione, sarebbe meglio analizzare la nostra modalità di trasmissione dei contenuti ed evitare di esagerare, scongiurare di confondere chi ascolta, scambiare le opinioni personali con i fatti concreti e controllare che le nostre “trasmissioni” siano sincere, chiare, oneste e puntuali come farebbe… un serio giornalista.

Verificare che il linguaggio sia veramente nostro e non che riportiamo come un registratore concetti e parole di altre persone, che magari non sono ben verificate e sicure.

Evitiamo quindi spettegolamenti inutili o addirittura la replica inconsapevole di bugie di altri; cerchiamo di essere “autentici”, personali ed affermare solo cose di cui siamo sicuri della loro fondatezza e veridicità.

 

vocedivina

Altra cosa negativa è quella di parlare incolpando gli altri o peggio essere dei giudici che sentenziano su tutto; senza arrivare ai famosi dialoghi a scarico di responsabilità di “Adamo ed Eva”, cerchiamo di riuscire ad essere integri, coerenti, persone affidabili che fanno quello che hanno detto.

E infine, altra cosa difficilissima, allontanarsi dal lamento nel parlare, o dall’essere negativi e fare in modo che le caratteristiche della nostra voce trasportino soprattutto amore verso gli altri e un desiderio non di affermare con prepotenza noi stessi ma di avere l’intenzione di essere di aiuto a chi ci ascolta.

Premesso ciò che riguarda il contenuto di quello che diciamo, possiamo ora impegnarci a migliorare la nostra voce in modo che i nostri personali ed originali concetti e i nostri contenuti siano supportati da una voce che aiuta e sostiene questi valori verbali che diffondiamo nel mondo circostante.

In questa terza parte troverete altre tecniche che rappresentano come gli utensili” che il falegname o l’idraulico portano sempre con sè per usarli nei momenti opportuni o nelle occasioni più impreviste.

Quindi come dicevo inizieremo prendendo consapevolezza del nostro apparato fonatorio analizzando ogni singolo elemento espressivo della voce, completandolo con alcuni esercizi particolari ed alcuni suggerimenti pratici.

L’esercitazione con la lettura ad alta voce ci accompagnerà e darà sicurezza nel parlare in pubblico, migliorerà la nostra eloquenza e in pratica contribuirà al miglioramento complessivo delle nostre comunicazioni.

Questa avventura ci aiuterà non solo per la lettura della parola di Dio, ma avrà effetti migliorativi anche nella vita di tutti i giorni, se parleremo o leggeremo qualche pagina di letteratura classica ad un nostro amico, ad un figlio, o leggendo per gli altri, per i bambini o per i malati.

Questa formazione ci aiuterà a perfezionare ed approfondire gli argomenti di qualsiasi libro, prendere consapevolezza dell’uso più appropriato che possiamo aggiungere all’espressività delle parole stampate e dargli vita comunicativa all’esterno.

Per concludere questa semplice parte iniziale motivazionale, possiamo rimarcare ancora che tutta la nostra vita è condizionata dalle relazioni che instauriamo con gli altri e con gli “ambienti” che frequentiamo; tutte le relazioni sono create e mantenute soprattutto attraverso la nostra voce e dal modo in cui la “proiettiamo” agli altri.

Ma la maggior parte delle persone considera la voce come qualcosa di naturale, automatico e immodificabile, e spesso non viene considerata per niente come invece strettamente collegata al proprio corpo e strettamente dipendente dal nostro pensiero e diretta espressione della propria creatività.

Questo concetto… di essere “automatica” e naturale… non ci suggerisce per niente l’idea che viceversa possiamo modificare la nostra voce e il nostro modo di produrla con allenamenti, esercizi, esperienze e impegno della nostra volontà.

Questo è quello che proviamo a fare, a “smuovere”, “stimolare”, “scuotere” con questa terza parte del libro!

 

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Evoluzione tecnologica e digitale, conversione?

Evoluzione tecnologica e digitale, conversione?

A colloquio con il francescano padre Paolo Benanti, autore del libro “Tecnologia per l’uomo” in uscita con il numero di Famiglia Cristiana dal 21 ottobre in edicola e in parrocchia: “Occorre uno sviluppo nel rispetto dei biosistemi, che però non accadrà naturalmente, ma solo se l’innovazione avrà a cuore il bene comune”.

Stefano Stimamiglio

Frate francescano del Terzo Ordine Regolare, 48 anni, padre Paolo Benanti è uno dei massimi esperti nella Chiesa degli aspetti etici e bioetici di tematiche di punta e quanto mai attuali: dalla gestione dell’innovazione a quello dell’impatto di internet e del Digital Age sul mondo contemporaneo, dalle biotecnologie e la biosicurezza alle neuroscienze e le neurotecnologie. Alla vigilia della 49^ edizione delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani di Taranto (21-24 ottobre 2021) intitolata “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. #tuttoèconnesso” e di fronte alla prospettiva di ingenti investimenti con il PNRR, il tema della tecnologia e del suo uso in chiave di futuro e ambiente è particolarmente interessante.

Padre Paolo, parlando di tecnica e di futuro, se una causa della crisi ambientale può esserci stato con il contributo della tecnologia, che cosa può fare essa per ovviare al futuro?

«Occorre non rimanere in un orizzonte ristretto e, pensando alla rivoluzione industriale, al consumo eccessivo di risorse e all’inquinamento di questi decenni – di cui oggi tanto si parla – vedere solo un problema legato alla tecnologia. Essa è presente fin dagli arbori dell’uomo, siamo in effetti l’unica specie che cambia l’habitat in cui vive usando la tecnica. La medusa, tanto per fare un esempio, e ogni altra specie vivente, non fa altrettanto ma si adatta all’ambiente attraverso successive mutazioni genetiche del DNA, che permettono in questo modo la sua sopravvivenza. Tutto questo lo capiamo meglio se riconosciamo che gli altri esseri viventi hanno tutto quello che serve per vivere, ma l’uomo no. L’uomo presenta un’eccedenza…».

Cosa intende per “eccedenza”?

«Intendo dire che l’uomo vive un “di più” rispetto alla sua costituzione biologica. Tale condizione è quella, per esempio, che ci fa prendere appunti durante una conferenza. La nostra condizione biologica – cioè la nostra memoria – non basta per contenere quanto ascoltiamo e abbiamo quindi bisogno di alcuni artefatti tecnologici, come la penna e il quaderno o un pc, per trattenere, esprimere e trasmettere quanto ascoltato. L’uomo, dunque, non si rapporta alla realtà in maniera solo biologica, ma anche attraverso le mediazioni offerte dagli artefatti tecnologici. La tecnologia è il modo con cui l’uomo trattiene, incanala ed esprime la sua eccedenza rispetto alla sua condizione biologica. È grazie all’artefatto tecnologico se, come specie, siamo diventati un fenomeno globale. Infatti, stando a quanto osservano gli antropologi, la nostra specie si è spostata dall’Africa meridionale, la culla della nostra origine, verso nord, colonizzando così tutto il mondo. Abbiamo raggiunto in questo modo ogni luogo in una maniera unica, dando mostra di quella che è una nostra unicità come specie. Fino a quel momento, infatti, ogni specie biologica abitava in un clima particolarmente adatto ad essa».

La tecnologia è, dunque, un fenomeno antico quanto l’uomo…

«Si, proprio perché questa eccedenza fa parte dell’unica dignità dell’uomo da sempre. La tecnologia, che accompagna l’eccedenza dell’umano rispetto alla sua mera biologia fin dall’inizio, è un’esperienza antica ma è sempre il cuore dell’uomo che ne decide l’utilizzo. La clava, ad esempio, poteva essere utile per aprire le noci di cocco ma anche per uccidere. Ogni utensile può essere utilizzato per il bene o per il male. Tutto passa – ripeto – attraverso il filtro del cuore dell’uomo: è, quindi, fondamentalmente una questione etica».

Cosa dire del sospetto verso la tecnica che alcuni nutrono?

«L’evoluzione tecnologica a servizio del mercato si è spinta a tal punto che per la prima volta ha cambiato la faccia del mondo, con tutti i rischi di sopravvivenza della specie umana di cui sentiamo parlare ogni giorno. L’inquinamento incontrollabile è un grosso tema legato però alla miopia che c’è stata dietro all’utilizzo degli artefatti tecnologici, nel senso di una ricerca smodata di guadagno da parte di molti agenti. Oggi abbiamo a disposizione strumenti digitali a tal punto evoluti, che ci aiutano a vedere con chiarezza l’impatto della tecnologia sull’ambiente e a orientarci bene verso una maggiore sostenibilità, garantendo uno sviluppo nel rispetto dei biosistemi. Questo processo, però, non accadrà naturalmente, ma solo se l’innovazione digitale e tecnologica avrà a cuore il bene dell’uomo, quello che nella dottrina sociale della chiesa chiamiamo “bene comune».

Dunque, innovazione e futuro sostenibile. Ma come?

«Dobbiamo idealmente metterci al posto di chi ha avviato la cosiddetta “rivoluzione industriale” nell’Ottocento. Cosa diremmo noi, che siamo i loro pronipoti, a costoro se potessimo andare indietro nella storia? Cosa consiglieremmo loro per evitare di trovarci al punto in cui siamo in termini di degrado ambientale e sfruttamento sconsiderato delle risorse? Bene, le stesse domande dobbiamo porci noi oggi, che siamo gli autori della rivoluzione digitale attualmente in atto, come se fossimo i nostri pronipoti fra un secolo: cosa fare perché la tecnologia digitale serva veramente per il bene dell’uomo? Quale sana cultura promuovere che sia in grado di orientare la risposta?».

Come è inscrivibile allora un’etica nella tecnologia? Dipende dalle leggi, dall’uso dei singoli uomini? O da cosa?

«Non basta né una legge né tanto meno un mero appello, ma un’azione di tutta la società civile. Si tratta di far partire una vera rivoluzione culturale, la stessa di cui parlano tanto le encicliche “Fratelli tutti” e “Laudato sì”. Non si può, quindi, in generale essere né “tecno-ottimisti” né “tecno-pessimisti”, ma solo “tecno-etici”. Alla base di ogni decisione c’è, infatti, quello che in latino si chiama “manicum”, l’impugnatura che fa da legame tra la mano dell’uomo e lo strumento che usa. Esso è in sé neutro, è la mano dell’uomo, che agisce per il bene o per il male, a determinare l’uso dello strumento. L’educazione, in questo senso, è fondamentale».

Qui c’entra anche la fede…

«Sì, decisamente. La fede è chiamata a dialogare con le culture umanistiche e con quelle tecniche perché l’innovazione digitale oggi si trasformi in vero sviluppo per il bene dell’uomo. I famosi algoritmi e i “big data”, cioè le grandi masse di dati da cui si possono estrapolare informazioni o risposte a singoli macro problemi, sono strumenti eccezionali sia per ridurre, ad esempio, gli sprechi di energia, necessari per la salvezza del pianeta e il bene dell’uomo, sia, al contrario, per incrementare al massimo i guadagni delle industrie elettriche. Dipende – ripeto – sempre dall’uso della mano dell’uomo».

La Chiesa quale contributo può dare in questo campo?

«Lo sta facendo ad esempio attraverso il “Call for an AI Ethics”, un documento sviluppato dalla Pontificia Accademia per la Vita, Microsoft, IBM, FAO e Ministero dell’Innovazione Italiano per supportare un approccio etico all’Intelligenza artificiale e promuovere un senso di sempre maggiore responsabilità tra organizzazioni non governative, governi, istituzioni e aziende del settore privato per creare un futuro in cui l’innovazione digitale e il progresso tecnologico siano al servizio del genio e della creatività umana, e quindi al servizio dell’uomo, e non della loro graduale sostituzione, con tutti i rischi che questo comporta

«Maschio e femmina li creò»

«Maschio e femmina li creò»

Quattro anni fa il Vaticano smontava la teoria del gender

Nel febbraio 2019, la Congregazione per l’educazione cattolica firmava un importante documento, intitolato «Maschio e femmina li creò», che in 57 punti mostrava il carattere innaturale, antiscientifico e perfino antiecologico dell’ideologia del gender.

Pochissimi ricordano che quattro anni fa, nel febbraio 2019, il Vaticano firmò un fondamentale documento (poi pubblicato nel giugno di quell’anno), di natura sia etica che pedagogica, intitolato con parole che per alcuni andrebbero espunte dal dizionario: «Maschio e femmina li creò». Il sottotitolo era: «Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione».

Il tono di fondo del testo è misurato e riflessivo, secondo la dinamica dialogica fatta propria dalla Chiesa di papa Francesco. E tuttavia il documento, firmato dal cardinal Giuseppe Versaldi a nome della Congregazione per l’educazione cattolica, faceva chiarezza su tante questioni importanti e decisive che oggi sono diventate ancor più impellenti e ineludibili.

Si pensi al mondo della scuola e alla pretesa del cambio di nome da parte dello studente che si auto-percepisce del sesso opposto, la cosiddetta carriera alias; si pensi alla stessa prassi medica che ormai ha sdoganato una serie di farmaci per correggere la natura umana. Gli ormoni che bloccano la differenziazione sessuale dei minorenni e le chirurgie alla Frankenstein, le quali, come se nulla fosse, asportano organi sani (ovaie, seni, testicoli, utero, etc.), se in contrasto con la “transizione di genere” desiderata. Ma anche lo Stato e la legge civile sono vittime del totalitarismo arcobaleno che si diffonde ovunque, non solo a Sanremo. «Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla differenza biologica fra maschio e femmina» (n. 22).

Il documento, in 29 pagine e 57 punti, mostra quanto c’è di innaturale, antiscientifico e se vogliamo antiecologico nelle ideologie del gender, in quanto esse vorrebbero dimostrare che l’identità sessuale, «ha più a che fare con una costruzione sociale che con un dato naturale o biologico» (n. 8). La storia insegna che i periodi di maggiore crisi etica coincidono con quelli di maggiori dubbi sulla validità delle acquisizioni scientifiche ed empiriche. Si vedano i deliri razziali nazisti, “scientificamente” fondati sulla misurazione dei crani di varie tribù. Oppure i deliri classisti sovietici, per cui perfino le teorie cosmologiche di Georges Lemaître e Albert Einstein andavano rigettate perché frutto di “scienza borghese”. Il gender, nel quadro dell’edonismo assoluto e del relativismo etico imperante, fa esattamente lo stesso. Azzera la biologia, la psicologia, l’anatomia, la genetica e le altre scienze. E se mi sento queer, o gender fluid, bisessuale o poliamoroso, affari miei. Anzi, si pretende che lo Stato assecondi le mie pulsioni.

Secondo il Vaticano, in una «crescente contrapposizione tra natura e cultura», in cui per paradosso è la natura il nemico dei finti green, si legittima come normale una «dimensione fluida, flessibile, nomade» di sessualità. Senza nulla di stabile, neppure, ad esempio, i ruoli di padre e madre nella famiglia. Anzi essi sarebbero da rimuovere, perché frutto di pregiudizio sociale, moralismo cattolico, “Ur-fascismo” (Eco). In questa logica, si apre al “poliamore”, ovvero un’unione affettiva con «più di due individui» (n. 13). Progresso o ritorno alla tribù? Il matrimonio, su cui si fonda la famiglia che la nostra Costituzione definisce «società naturale», sarebbe un mero «retaggio della società patriarcale» (n. 14).

Andrebbe riletto e ristudiato con attenzione l’intero documento, qui ci limitiamo ad alcuni tratti salienti. Dopo la legittimazione dell’ideologia del gender da parte degli Stati e delle nazioni civili, che cosa resterebbe della missione educativa dei genitori e della scuola? Nulla di concreto. Solo la (sempre più insignificante) non discriminazione. Tranne, in verità, verso chi vuole la Tradizione, verso cui ogni tolleranza è bandita. Anche il particolare anti-materialismo (gnostico) dell’ideologia del gender è imbarazzante. Dire che il genere sessuale è svincolato dalla corporeità vuol dire che il corpo è “materia inerte”, manipolabile all’infinito. Anche per questo la filosofia del gender, se piace alla sinistra radicale e agli anarchici alla Cospito, garba anche alle lobby farmaceutiche, use alla manipolazione. Più si manipola e si trasforma, vendendo prodotti sempre più costosi, meglio è.

Papa Francesco, più citato che letto, insegna che «apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere se stessi» (citazione al n. 35). Frase che indica un concetto capitale. Altro che mutilare il corpo delle parti sgradite per sentirsi liberi. Non si può infine risanare e restaurare l’ambiente naturale, senza risanare in parallelo la società degli umani. E non si può risanare la società, senza promuovere la famiglia secondo natura. L’unica istituzione perenne, universale, educativa, che richiede in modo equo e paritario, l’impegno duraturo di un uomo (XY) e di una donna (XX).

O con la scienza, la natura e il Vangelo o con i capricci di un mondo senza Dio. Tertium, purtroppo o per fortuna, non datur.
 di Fabrizio Cannone https://lanuovabq.it/it/quattro-anni-fa-il-vaticano-smontava-la-teoria-del-gender

Documento vaticano sul gender: sì al dialogo sugli studi, no all’ideologia

Uno strumento per affrontare il dibattito sulla sessualità umana e le sfide che emergono dall’ideologia gender, in un tempo di emergenza educativa. Questo vuol essere il documento “Maschio e femmina li creò. Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione” a firma del cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, e dell’arcivescovo Vincenzo Zani, segretario del Dicastero

Debora Donnini – Città del Vaticano

L’obiettivo del documento “Maschio e femmina li creò. Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione” è di sostenere quanti sono impegnati nell’educazione delle nuove generazioni ad affrontare “con metodo” le questioni oggi più dibattute sulla sessualità umana, alla luce del più ampio orizzonte dell’educazione all’amore. In particolare è diretto alle comunità educative delle scuole cattoliche e a quanti, animati da una visione cristiana, operano nelle altre scuole, a genitori, alunni, personale ma anche a vescovi, a sacerdoti e religiosi, a movimenti ecclesiali e associazioni di fedeli. La Congregazione per l’Educazione Cattolica, che ha preparato il testo, parla di “un’emergenza educativa”, in particolare sui temi dell’affettività e della sessualità davanti alla sfida che emerge da “varie forme di un’ideologia, genericamente chiamata gender, che nega la reciprocità e le differenze tra uomo e donna, “considerate come semplici effetti di un condizionamento storico-culturale”. L’identità verrebbe, quindi, consegnata ad “un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo”. Si parla di “disorientamento antropologico” che caratterizza il clima culturale del nostro tempo, contribuendo anche a destrutturare la famiglia. Un’ideologia che, tra l’altro, “induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina”, si evidenzia citando Amoris laetitia. Questo il contesto in cui si colloca il Documento che vuole promuovere, appunto, una “metodologia articolata nei tre atteggiamenti dell’ascoltare, del ragionare e del proporre”. Un testo che si ispira al documento “Orientamenti educativi sull’amore umano. Lineamenti di educazione sessuale” del 1983 ed è anche arricchito da citazioni di Papa Francesco, Benedetto XVI, San Giovanni Paolo II, ma anche del Concilio Vaticano II, della Congregazione per la Dottrina della Fede e di altri documenti.

Dialogo con ascolto, ragionamento e proposta

Nell’intraprendere la via del dialogo sulla questione del gender nell’educazione, il Documento opera una distinzione fra “l’ideologia del gender e le diverse ricerche sul gender portate avanti dalle scienze umane”, notando che l’ideologia “pretende, come riscontra Papa Francesco, di ‘rispondere a certe aspirazioni a volte comprensibili’ ma cerca ‘di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini’ e quindi preclude l’incontro”, mentre non mancano delle ricerche sul gender che cercano di approfondire adeguatamente il modo in cui si vive nelle diverse culture la differenza sessuale tra uomo e donna. Il Documento specifica quindi che “è in relazione con queste ricerche che è possibile aprirsi all’ascolto, al ragionamento e alla proposta”.

Nel breve excursus storico sull’avvento delle concezioni gender nel XX secolo, si rileva come all’inizio degli anni ’90 si sia arrivati perfino a “teorizzare una radicale separazione fra genere (gender) e sex (sesso), con la priorità del primo sul secondo. Tale traguardo viene visto come una tappa importante dell’evoluzione dell’umanità, nella quale ‘si prospetta una società senza differenze di sesso’”. E in “una crescente contrapposizione fra natura e cultura”, le proposte gender confluiscono nel “queer”, cioè in una “dimensione fluida”, “al punto da sostenere la completa emancipazione dell’individuo da ogni definizione sessuale data a priori, con la conseguente scomparsa di classificazioni considerate rigide”.

Punti di incontro e criticità

Quindi, il Documento individua “alcuni possibili punti di incontro per crescere nella comprensione reciproca” nel quadro delle ricerche sul gender. Si apprezza l’esigenza di educare i bambini a rispettare ogni persona nella sua peculiare e differente condizione in modo che “nessuno, a causa delle proprie condizioni personali (disabilità, razza, religione, tendenze affettive, ecc.), possa diventare oggetto di bullismo, violenze, insulti e discriminazioni ingiuste”. Si sottolinea che un altro punto di crescita nella comprensione antropologica sono “i valori della femminilità, che sono stati evidenziati nella riflessione sul gender”. Si rileva l’immensa disponibilità delle donne a spendersi nei rapporti umani, specie a vantaggio dei più deboli: le donne realizzano “una forma di maternità affettiva, culturale e spirituale, dal valore veramente inestimabile, per l’incidenza che ha sullo sviluppo della persona e il futuro della società”.

In merito alle criticità che si presentano nella vita reale, si evidenzia che le teorie gender – specialmente le più radicali – portano ad un allontanamento dalla natura: “identità sessuale e famiglia” divengono fondate su “una malintesa libertà del sentire e del volere”. Il Documento si sofferma, poi, sugli argomenti razionali che chiariscono la centralità del corpo come “elemento integrante dell’identità personale e dei rapporti familiari”: “il corpo è soggettività che comunica l’identità dell’essere”. Il dimorfismo sessuale, cioè la differenza sessuale fra uomo e donna, è infatti comprovato dalle scienze, ad esempio dai cromosomi. Si rileva anche “il processo di identificazione è ostacolato dalla costruzione fittizia di un ‘genere neutro’ o ‘terzo genere’”. Ci si richiama poi ad alcuni esempi di analisi filosofica. La formazione dell’identità si basa proprio sull’alterità: nel confronto con il “tu”, si riconosce il proprio “io”. Ad assicurare la procreazione è proprio la complementarietà fisiologica, basata sulla differenza sessuale, mentre il ricorso a tecnologie riproduttive può consentire la generazione ma comporta “manipolazioni di embrioni umani”, mercificazione del corpo umano, riduzione del bambino a “oggetto di una tecnologia scientifica”. Ricordata anche l’importante prospettiva di un dialogo fra fede e ragione.

Proporre l’antropologia cristiana

Il terzo punto è l’offerta della proposta che nasce dall’antropologia cristiana. Il primo passo consiste nel riconoscere che l’uomo possiede una natura che non può manipolare a piacere. Questo è il fulcro dell’ecologia integrale dell’uomo. Si ricorda, quindi il “maschio e femmina li creò” della Genesi e che la natura umana è da comprendere alla luce dell’unità di anima e corpo, in cui si integra la dimensione orizzontale della comunione interpersonale e quella verticale della comunione con Dio. In merito all’educazione si sottolinea, quindi, che il diritto-dovere educativo della famiglia non può essere totalmente delegato né usurpato da altri, che il bambino ha diritto a crescere con una mamma e un papà e che proprio all’interno della famiglia possa essere educato a riconoscere la bellezza della differenza sessuale. Da parte sua la scuola è chiamata a interagire con la famiglia in modo sussidiario e a dialogare rispettandone la cultura. In questo processo educativo, centrale è a anche ricostruire un’alleanza fra scuola, famiglia e società, che possono articolare “percorsi di educazione all’affettività e alla sessualità finalizzati al rispetto del corpo altrui”, per accompagnare i ragazzi in maniera sana e responsabile. In questo senso si mette in luce l’importanza che i docenti cattolici ricevano una preparazione adeguata sui diversi aspetti della questione del gender e siano informati sulle leggi in vigore e in discussione nei propri Paesi.

Via del dialogo percorso per trasformare incomprensioni in risorse

Nelle conclusioni si ribadisce che “la via del dialogo – che ascolta, ragiona e propone – appare come il percorso più efficace per una trasformazione positiva delle inquietudini e delle incomprensioni in una risorsa per lo sviluppo di un ambiente relazionale più aperto e umano” mentre “l’approccio ideologizzato alle delicate questioni del genere, pur dichiarando il rispetto delle diversità, rischia di considerare le differenze stesse in modo statico, lasciandole isolate e impermeabili l’una dall’altra”. Si ricorda anche che lo Stato democratico non può ridurre la proposta educativa a pensiero unico, sottolineando la legittima aspirazione delle scuole cattoliche a mantenere la propria visione della sessualità umana. Infine, si ricorda anche, per i centri educativi cattolici, l’importanza di “un percorso di accompagnamento discreto e riservato”, con cui si vada incontro anche “a chi si trova a vivere una situazione complessa e dolorosa”. La scuola deve, quindi, proporsi come un ambiente di fiducia, “specialmente in quei casi che necessitano tempo e discernimento” e creare “le condizioni per un ascolto paziente e comprensivo, lungi da ingiuste discriminazioni”. 

https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2019-06/documento-gender-congregazione-educazione-cattolica.html

Comprensione della Parola: 6 – Strategie per la Consegna della Parola

Comprensione della Parola: 6 – Strategie per la Consegna della Parola

Pillole dal Libro: LA BOCCA DI DIO  di  Marilena Marino

L’espressività viene dal lettore che si impegna in questa missione importante per la propria vita e la vita degli altri; ci mette tutto il suo carisma, il suo cuore per trasmettere con emozione le vicende bibliche.

Certo, non tutti i lettori hanno lo stesso carisma di svolgere questo compito, alcuni sono bravi naturalmente, altri sono diventati efficaci con l’impegno, la dedizione e lo studio.

Quando il lettore riesce a sintetizzare tutte le idee e gli strumenti tipici del suo carisma, aiuta l’ascoltatore ad arrivare al massimo della comprensione.

Il Carisma del lettore, certo, non è per tutti, ma con il dovuto impegno la maggior parte di voi sarà in grado di trovare la propria modalità e perfezionarla. Devi solo impegnarti e superare la paura e la vergogna della esposizione al pubblico e la paura di commettere errori di lettura imbarazzanti.

Una delle cose che mi chiedono più spesso i miei allievi e che è uno dei maggiori punti di frustrazione, è quella di come leggere in modo realistico, autorevole ed efficace, senza nel contempo sentirsi impacciati, rigidi e poco convincenti.

Questo servizio viene svolto in modo gratuito, ma questo non significa che deve essere assegnato a caso a persone che non si sono impegnate per guadagnarsi questo ruolo.

Questo libro è proprio per aiutarti a “rimboccare le maniche”, come si dice in gergo, e vedere come tu puoi migliorare la tua capacità interpretativa nella lettura ad alta voce.

Alcune persone possono essere attratte dalla gratificazione di salire sull’ambone quasi come fosse uno spettacolo, ma il problema è proprio questo quando entri in una “modalità finta” o una “lettura recitata” o spettacolarizzata.

Se fai questo non stai svolgendo bene la tua missione ma stai rovinando la parola di Dio con modi innaturali, egoistici e non sinceri.

Così come un attore di teatro non può agire in un modo sincero e libero se non conosce le sue battute e non si è preoccupato di studiarle e ricordarle, anche il lettore deve abituarsi a conoscere leggere e studiare seriamente la parola di Dio, meglio ancora attraverso un cammino spirituale serio.

E così come gli attori neofiti cadono nella trappola di ripetere più volte le loro battute finte, ripetute nello stesso modo, in una lettura scolastica, riga per riga; così il lettore provetto non può improvvisarsi in una lettura banale “riga per riga!” che diventa finta e non produce nessun effetto spirituale di cambiamento in chi ascolta.

Ad esempio ci sono 100 modi diversi per dire “dove sei stato?”…

Immagina di dirlo ad un fratello o dirlo al coniuge che è stato via senza telefonare, o dirlo a un familiare che torna a casa dopo ore di assenza, ecc.

La partecipazione emotiva che metteremo in questa semplice frase sarà ben diversa. Questo esempio era per dire che a maggior ragione non puoi proclamare la Parola senza averla approfondita e vissuta seriamente.

Allo stesso modo molti durante la lettura restano fermi, quasi paralizzati, con gli occhi fissi al libro; ma questa paralisi non è molto naturale e non è per niente comunicativa.

Il linguaggio del corpo è essenziale nell’interpretazione, pertanto esercitati a leggere ad alta voce inserendo dei movimenti naturali semplici con la testa, o usare lo sguardo verso gli ascoltatori nelle piccole pause fra una frase e l’altra, certo niente di estremo e stravagante ma semplici movimenti che rafforzano la comunicazione.

Questo perché non stai leggendo in modo privato e individuale ma stai proiettando la forza della parola di Dio verso chi ti ascolta, e lo devi fare con tutti i mezzi comunicativi che ti sembrano adeguati e nello stesso tempo equilibrati.

Svolgendo questo compito devi aver chiaro: cosa stai facendo, qual’è l’obiettivo che vuoi raggiungere e le modalità da mettere in campo per questo servizio.

Il ciclo delle letture nelle liturgie è strutturato in modo da ripresentarsi identico a distanza di qualche anno, ma ogni volta ci trova “diversi” come persone e quella Parola ci espone ad una luce spirituale ancora diversa.

Ogni lettura all’interno della stessa liturgia è coordinata con le altre verso un tema o un obiettivo preciso. Nello stesso tempo, ogni tema della liturgia di ogni giorno è coordinato con quello del giorno precedente, del giorno seguente e del periodo liturgico dell’anno.

Quindi, prima di affrontare la lettura, bisogna capire in quale tempo liturgico siamo, quali altre letture ci sono state il giorno precedente o nella domenica precedente; a volte questo tema, questo obiettivo potrebbe non essere così evidente e quindi dobbiamo lavorare e trovare indizi per scoprirlo.

La nostra modalità di lettura deve quindi aiutare gli ascoltatori a seguire il filo del pensiero e del ragionamento che il ciclo delle letture vuole suggerire.


Per scoprire concetti e parole importanti del periodo liturgico
prova a leggere le letture della domenica precedente o dei giorni feriali precedenti individuando parole, frasi e concetti che si sono ripetuti nel periodo; questo aiuterà la comprensione del contesto generale del periodo e ti favorirà verso la giusta interpretazione.

La parola di Dio può avere una difficoltà che non va sottovalutata.

Sappiamo che gli scrittori hanno trascritto le ispirazioni spirituali nelle loro lingue madri, ma poi questi scritti sono stati tradotti in altre lingue e con passaggi intermedi di altre lingue più conosciute a quei tempi e, infine, nel corso dei secoli, sono stati tradotti nella nostra lingua contemporanea.

Questa serie di passaggi può rappresentare un ostacolo, perché nelle traduzioni, alcune volte, certe parole sono di difficile interpretazione, hanno significati diversi nelle varie lingue e, quindi, ci possono essere traduzioni poco coerenti. Non intendo che ci siano dei grandi errori nella Bibbia, ma possono presentarsi parole tradotte che per questioni storiche e culturali non rispecchiano alla perfezione il contenuto originario.

Altre volte lo stile dello scrittore o del traduttore può presentarsi con espressioni colloquiali che erano in uso ai suoi tempi e che però hanno perso il fedele senso ai nostri giorni.

Spesso la scrittura è molto sintetica e alcune parole o idee vengono tralasciate e il risultato non è sempre molto chiaro di come lo scrittore originale intenda esprimere la parola di Dio o come noi possiamo poi leggerla ad alta voce.

Una strategia tecnica da provare è questa modalità:

1 – Esercitati ad aggiungere nella lettura o negli spazi dove si percepisci un vuoto, delle parole o delle frasi che chiariscano meglio la situazione descritta nella Parola.

2 – Poi leggi ripetutamente il passaggio della lettura con gli aggettivi o le parole che hai inserito e aggiunto; riascolta così quel discorso modificato che si completerà con un’idea interpretativa più fluente e significativa.

3 – Ora togli ogni aggiunta personale e rileggi il brano nella sua “forma originale”, ma cerca di “mantenere” le sensazioni e le espressioni che le aggiunte ti avevano suggerito prima.

vocedivina

Un piccolo Esempio: Vangelo di Giovanni cap 9,1:


Passando, vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?. Rispose Gesù: Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo. Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva”.

Ecco come potresti aggiungere delle frasi o delle parole perché la comprensione sia per te più intuitiva:

Passando, fuori dalle mura di Gerusalemme, vide un uomo sporco abbandonato cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono perché non riuscivano a dare una spiegazione: “Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?”. Rispose Gesù con benevola autorità: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano evidenti i miracoli e manifestate le opere di Dio. Poi con compassione amore ed incoraggiamento Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno e sono qui con voi ; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo”. Detto questo, chinato e come raccolto in preghiera sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e commosso e pieno di amore gli disse: “Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe” – che significa Inviato. Quegli andò pieno di speranza, si lavò e tornò euforico e sconvolto dalla sorpresa che ci vedeva.

Dopo questi inserimenti, rileggi più volte il brano ad alta voce con le parole che hai inserito per rendere la lettura più “sensata alla tua comprensione”. Ripetendo il brano con le parole aggiunte il concetto della stessa diventerà per te più chiaro e le tue impostazioni vocali cambieranno in base alla connotazione ampliata che hai inserito.

Facendo questo esercizio ascolta bene la tua interpretazione, il tuo tono di voce, le variazioni sul ritmo, le pause che fai e quali parole o frasi enfatizzi o comprimi naturalmente e via dicendo.

Rileggi quindi più volte, finché la lettura esca in modo naturale, in modo sicuro ed espressivo; questo esercizio ti darà una più chiara e ambientata comprensione della Parola che stai leggendo e che stai cercando di proclamare con la giusta interpretazione.

Per finire ora prova a proclamare il BRANO ORIGINALE (cioè quello senza le tue aggiunte); vedrai che la tua lettura conserverà i toni espressivi, il ritmo e le pause che avevi immesso nella tua interpretazione variata con gli inserimenti.


Il risultato di questo esercizio sarà che la lettura diverrà più espressiva, fiduciosa, profonda nella sua comprensione, e suonerà più naturale.

Anche l’Assemblea percepirà il brano in modo più completo e saranno più in grado di capire la Parola. Questo sicuramente avrà un effetto importante ed efficace sulla trasformazione e la conversione delle loro vite.

Un’altra considerazione sempre per esemplificare lo stesso concetto è quello riguardo alla lettura delle preghiere elevate al Signore.

Nella Bibbia innumerevoli passi si rivolgono a Dio con preghiere, ma spesso i lettori che proclamano queste parole ad alta voce lo fanno come se fosse una “richiesta” e con una voce autoritaria, quasi come fosse una “pretesa” esigente e, raramente, con l’umiltà del “povero”.

Leggendo questi brani superficialmente sembra piuttosto che stabiliamo noi cosa Dio ci dovrebbe… “fare”. Ma nella realtà è sempre Dio che si preoccupa per noi e sa molto bene cosa è bene per noi, e spesso è qualcosa di completamente diverso da quello che pensiamo.

Certo come figli è umano alzare preghiere al cielo per fargli sapere ciò che ci sembra sia utile per noi.

Ma siccome la sua volontà è sempre migliore della nostra, la lettura di queste preghiere nella Bibbia dovrebbe esprimersi e suonare all’orecchio come se fossimo sinceramente disponibili che la “sua” volontà si compia in noi.

Una tecnica da sperimentare è quella di aggiungere “mentalmente” certe parole mentre si legge come: “per favore”, “ti supplico”, “ti prego Dio aiutami” ecc. adottando un tono di voce umile, rispettoso, reverenziale.

Provate questo suggerimento.


Ultime raccomandazioni: leggere con fiducia è molto importante per una buona comunicazione. Studiare e ricercare è una componente fondamentale per il lettore al fine di costruire una fiducia personale e una efficace comprensione della Parola.

Quando il lettore riesce a sviluppare una immersione seria nella Parola pone delle solide basi per comunicare all’Assemblea con sicurezza, fiducia e autorità.

Dall’altro versante se gli ascoltatori percepiscono fiducia e sicurezza nella voce del lettore possono aprire il proprio orecchio con fede alla Parola proclamata e pongono una maggiore attenzione ai contenuti che vengono letti.

Una buona abitudine per il lettore è quella di approfondire certe singole parole in cui ci si imbatte nel brano sacro.

Se si è insicuri su qualche parola, perché magari viene poco usata, è consigliabile prendere un dizionario biblico e approfondirla; anche se l’hai sentita ben descritta da qualcuno che sembra esperto, ti consiglio, per sentirti ancor più sicuro, di fare delle ricerche personalmente, questo ti dà una sicurezza assoluta sul significato di ogni parola.

Lo stesso atteggiamento vale per la pronuncia corretta di alcune parole o nomi un pò difficili che possiamo incontrare nella Bibbia. Questa è una specifica responsabilità del lettore.

Ogni approfondimento arricchisce la comprensione favorisce nuove sfaccettature dei significati. Questo atteggiamento di “andare a fondo” riesce ad ampliare le sensazioni e il sentimento che un certo brano o parola possono darti e questo, in definitiva, può aiutarti seriamente nella scelta della modalità di lettura.

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Questo articolo è stato estratto dal libro “La Bocca di Dio” di Marilena Marino. 
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