10 film per meditare con il Papa in questa Quaresima

10 film per meditare con il Papa in questa Quaresima

Dieci parabole moderne per approfondire il tema “L’altro è un dono”

Seguendo il Messaggio per la Quaresima 2017 di papa Francesco, il sacerdote gesuita messicano Sergio Guzmán ha pubblicato sulla pagina web dell’agenzia cattolica SIGNIS una recensione di dieci film che possono servire ad approfondire il tema del Messaggio papale, “La Parola è un dono. L’altro è un dono”.

Basandosi su questo documento e intercalandolo con la trama, padre Guzmán, che scrive dalla città messicana di Monterrey, raccomanda “alcune pellicole che, come parabole, possono aiutarci a riflettere sulla nostra vita, su come stiamo vivendo e come possiamo tornare a Dio e agli altri con tutto il cuore”.

fellini

La Strada, di Federico Fellini (Italia, 1954, 104 min.)

Questo film ci parla di un amore fino all’estremo (cfr. Gv 13,1). Gelsomina (Giulietta Masina) viene venduta dalla madre al circense e brutale Zampanò (Anthony Quinn). Nonostante l’atteggiamento aggressivo e violento dell’uomo, la ragazza si sente attratta dallo stile di vita della strada, soprattutto quando il suo padrone la inserisce nello spettacolo. Anche se vari dei personaggi che incontra le offrono di unirsi a loro, Gelsomina non si separa dal suo amato. Nel Messaggio per la Quaresima, papa Francesco dice: “Ogni vita che ci viene incontro è un dono e merita accoglienza, rispetto, amore. La Parola di Dio ci aiuta ad aprire gli occhi per accogliere la vita e amarla, soprattutto quando è debole”. Gelsomina, la ragazza della strada, il pagliaccio dallo sguardo tenero, è maestra in questo.

hitchcock

Il ladro, di Alfred Hitchcock (USA, 1956, 105 min.)

Il film racconta una storia reale: quella di Christopher Emmanuel Balestrero, un uomo accusato di un crimine che non ha commesso. Richiama l’attenzione il significato dei suoi nomi: Christopher, ovvero “colui che porta Cristo”, ed Emmanuel, “Dio con noi”. Con un’eccellente intepretazione di Henry Fonda, vediamo quest’uomo buono (onesto, felicemente sposato, padre esemplare) portato da una parte all’altra come Gesù nella sua passione (cfr. Lc 22-23). Davanti al tribunale, in alcune scene toccanti, possiamo esclamare: “Davvero quest’uomo era giusto” (Lc 23, 47). Una film, come tanti di Hitchcock, che non ci lascia tranquilli e può portarci a riflettere su ciò che ci dice papa Francesco: “La Quaresima è un tempo propizio per aprire la porta ad ogni bisognoso e riconoscere in lui o in lei il volto di Cristo”.

Pasolini

Il Vangelo secondo Matteo, di Pier Paolo Pasolini (Italia, 1964, 130 min.)

Un capolavoro della cinematografia che presenta con rispetto, emotività e realismo la vita di Gesù in base al Vangelo di San Matteo. Con poche risorse, attori non professionisti, utilizzando scenografie minime, con una colonna sonora che va dalle Messe di Bach e Mozart al blues, Pasolini crea una storia convincente di Gesù. Il film segue in modo lineare i 28 capitoli di Matteo, dall’Annunciazione alla Resurrezione. Non potremo mai sapere esattamente come fosse Gesù di Nazareth, ma il Gesù che ci presenta Pasolini convince, commuove e ci può aiutare ad avvicinarci al volto pieno d’amore, tenerezza e compassione di Gesù.

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Gran Torino Trailer Italiano

Gran Torino, di Clint Eastwood (USA, 2008, 116 min.)

Walt Kowalski (Clint Eastwood) è un vedovo che vive con la cagna Daisy a Highland Park (Michigan), un quartiere di recente “invaso” da immigrati di provenienza asiatica (comunità hmong). Walt si mostra sempre freddo e di malumore con i nuovi vicini, fino a quando scopre un ragazzo di nome Thao Vang Lor (Bee Vang) che cerca di rubare la sua macchina Gran Torino. Vedremo la trasformazione del personaggio e come tutto il film possa essere una parabola cristiana. “La giusta relazione con le persone consiste nel riconoscerne con gratitudine il valore. Anche il povero alla porta del ricco non è un fastidioso ingombro, ma un appello a convertirsi e a cambiare vita. Il primo invito che ci fa questa parabola è quello di aprire la porta del nostro cuore all’altro, perché ogni persona è un dono, sia il nostro vicino sia il povero sconosciuto”, ci dice il papa nel suo Messaggio.

Chocolat, di Lasse Hallström (Regno Unito, 2000, 121 min.)

Il vento del Nord - Chocolat

La pellicola rimanda al 1959 – anno in cui papa Giovanni XXIII sogna e annuncia la celebrazione di un Concilio –, e lo spettatore viene portato in un villaggio grigio e freddo della campagna francese. Nella chiesa del paese, a porte chiuse, il sacerdote annuncia l’inizio della Quaresima ed esorta al digiuno e alla penitenza. Dal pulpito il sacerdote chiede e si chiede: “Dove troveremo la verità? Dove si inizia a cercarla?” Prima di terminare la sua omelia, un forte vento apre le porte e irrompe in tutta la chiesa. In questo periodo di Quaresima, una donna e sua figlia arrivano in paese e aprono una cioccolateria. Mangiare o non mangiare, uscire o rinchiudersi, accogliere o respingere sono i dilemmi che dovranno affrontare i protagonisti di questa storia.

¿Quién sabe cuánto cuesta hacer un ojal?, di Ricardo Larraín (Cile, 2005, 60 min.)

Il film racconta la storia di Sant’Alberto Hurtado dalla sua infanzia e giovinezza fino all’ingresso nella Compagnia di Gesù. Tutto accade agli inizi del Novecento, quando il giovane Alberto si interroga sul senso della sua vita, della sua fede come cristiano, della sua vocazione. Entriamo rapidamente in sintonia con lui: lo vediamo andare in campagna, all’università o dalle sarte povere che aiuta, chiacchierare con sua madre, uscire con gli amici, pregare e digiunare. Risuonano qui le parole del Santo Padre: “La Quaresima è il momento favorevole per intensificare la vita dello spirito attraverso i santi mezzi che la Chiesa ci offre: il digiuno, la preghiera e l’elemosina. Alla base di tutto c’è la Parola di Dio, che in questo tempo siamo invitati ad ascoltare e meditare con maggiore assiduità”.

De Niro

Casino, di Martin Scorsese (USA-Francia, 1995, 184 min.)

Ace Rothstein (Robert de Niro) è un allibratore, amministratore di un casinò. Egli stesso racconta la sua storia: “In mezzo al deserto guadagniamo denaro, è il risultato di tutte queste luci brillanti, dei viaggi regalati per cortesia, di champagne, suites gratis, donne ed alcool. Tutto è disposto perché vi prendiamo il denaro. Questa è la verità su Las Vegas”. Rothstein pensa di aver ricevuto un paradiso in terra, ma la verità, come vedremo nel corso della pellicola, è diversa. “Dice l’apostolo Paolo che “l’avidità del denaro è la radice di tutti i mali» (1 Tm 6, 10). Essa è il principale motivo della corruzione e fonte di invidie, litigi e sospetti. Il denaro può arrivare a dominarci, così da diventare un idolo tirannico”, leggiamo nel Messaggio del papa.

Quarto Potere, di Orson Welles (USA, 1941, 119 min.)

Charles Foster Kane (Orson Welles) è un miliardario, magnate della stampa, che negli ultimi anni della sua vita ha vissuto solo nella sua sontuosa residenza Xanadu. Muore nel suo letto pronunciando la parola “Rosebud” mentre una palla di neve gli cade dalle mani e si scioglie. Il giornalista Jerry Thompson (William Allad) indaga sulla vita privata di Kane per scoprire il significato dell’ultima parola che ha pronunciato. Tutto il film ruota intorno a questo enigma. “Per l’uomo corrotto dall’amore per le ricchezze non esiste altro che il proprio io, e per questo le persone che lo circondano non entrano nel suo sguardo. Il frutto dell’attaccamento al denaro è dunque una sorta di cecità”, ci dice papa Francesco nel suo Messaggio. Riflettiamo: come ha vissuto Kane? Cosa lo ha accecato nella vita? A cosa anela prima di morire?

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Fratello sole, sorella luna, di Franco Zeffirelli (Italia, 1972, 130 min.)

Fratello Sole, Sorella Luna - Conversione 1

È un film pieno di colore, bellezza e poesia sulla vita di San Francesco d’Assisi (1181-1226). In poco più di due ore possiamo vedere Francesco quando torna ammalato e trascinando i piedi dopo una guerra, quando ricorda la sua vita piena di lusso, quando scende nella tintoria del padre e si commuove fino alle lacrime di fronte alla miseria di chi vi lavora, quando inizia la sua conversione e si spoglia dei suoi abiti per vivere in povertà e con più libertà, quando va in campagna e ricostruisce una vecchia chiesa, quando ispira molti giovani a vivere il Vangelo. Francesco (Fratello sole) e Chiara (Sorella luna) sono due grandi santi che possono offrirci molta luce, colore e speranza in questo periodo in cui papa Francesco ci invita a vedere l’altro come un dono.

Le chiavi del regno, di John M. Stahl (USA, 1944, 137 min.)

Un classico del genere religioso interpretato da Gregory Peck che ci presenta con rispetto ed emotività la vita di un sacerdote cattolico dedito alla missione, umile, aperto, di buonumore e con un gran cuore. Il film trabocca ecumenismo, misericordia, tolleranza e carità creativa. Vedendo questo film pensiamo a quando il papa ci dice: “La Quaresima è il tempo favorevole per rinnovarsi nell’incontro con Cristo vivo nella sua Parola, nei Sacramenti e nel prossimo. Il Signore – che nei quaranta giorni trascorsi nel deserto ha vinto gli inganni del Tentatore – ci indica il cammino da seguire. Lo Spirito Santo ci guidi a compiere un vero cammino di conversione, per riscoprire il dono della Parola di Dio, essere purificati dal peccato che ci acceca e servire Cristo presente nei fratelli bisognosi”.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

https://it.aleteia.org/2017/03/10/10-film-meditare-quaresima-papa-francesco/

Contiene il segreto per imparare ad amare l’altro

Contiene il segreto per imparare ad amare l’altro

Da

 Elisa Pallotta

 –Amarsi non è sempre facile e immune da intoppi o incomprensioni. Questa bellissima lettera attribuita ad un celebre Santo spiega come amare anche nei momenti più difficili. 

Oggi sempre di più le crisi di coppia vengono viste come motivo di allontanamento: ecco come poterle risolvere.

coppia
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Qual è la strada del vero amore

Chi starà leggendo sarà con ogni probabilità qualcuno in cerca dell’amore, che ama l’amore, o che è in una situazione di coppia in cui, come tutti, potrebbe riscontrare delle difficoltà. Questa dinamica è ricorrente e Dio, anche in questo, ci aiuta indicandoci sempre la strada dell’amore vero, attraverso le sue vie infinite, e parlando al nostro cuore.

A chi non è mai capitato in tal senso di avere momenti di crisi? È Sant’Agostino in questo percorso ad insegnarci  che l’amore che ama davvero non ha bisogno di tante parole, e che l’esserci, soprattutto nelle sventure, è la dimostrazione più grande del proprio amore.

Invita l’uomo a non essere orgoglioso, né invidioso delle qualità della propria donna: spesso non lo ammettiamo ma sentimenti di questo genere, paure di essere da meno, sono frequenti anche nelle coppie che si amano!

Il Santo riesce ad arrivare fino in fondo all’animo umano e slatentizza gli angoli bui, alla luce dell’amore di Dio.

L’invito che fa all’uomo è quello di non imporsi mai, ma di far capire le sue ragioni semplicemente comportandosi in modo da fornire il giusto esempio alla sua famiglia. La donna deve essere amata, non solo perché sarà all’uomo di rifugio nel momento del bisogno, ma perché “se l’amore sarà forte ogni destino vi farà sorridere. Amala come il sole che invochi al mattino. Rispettala come un fiore che aspetta la luce dell’amore. Sii questo per lei”. 

La lettera che ci insegna come amare

“Giovane amico, se ami questo è il miracolo della vita. Entra nel sogno con occhi aperti e vivilo con amore fermo. Il sogno non vissuto è una stella da lasciare in cielo. Ama la tua donna senza chiedere altro all’infuori dell’eterna domanda che fa vivere di nostalgia i vecchi cuori. Ma ricordati che più ti amerà e meno te lo saprà dire.

Guardala negli occhi affinché le dita si vincolino con il disperato desiderio di unirsi ancora; e le mani e gli occhi dicano le sicure promesse del vostro domani. Ma ricorda ancora, che se i corpi si riflettono negli occhi, le anime si vedono nelle sventure.

Non sentirti umiliato nel riconoscere una sua qualità che non possiedi. Non crederti superiore poiché solo la vita dirà la vostra diversa sventura.

Non imporre la tua volontà a parole, ma soltanto con l’esempio. Questa sposa, tua compagna di quell’ignoto cammino che è la vita, amala e difendila, poiché domani ti potrà essere di rifugio.

E sii sincero giovane amico, se l’amore sarà forte ogni destino vi farà sorridere. Amala come il sole che invochi al mattino.

Rispettala come un fiore che aspetta la luce dell’amore. Sii questo per lei, e poiché questo deve essere lei per te, ringraziate insieme Dio, che vi ha concesso la grazia più luminosa della vita!”

(Sant’Agostino)

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Che cosa dice la Bibbia sul combattimento spirituale?

Che cosa dice la Bibbia sul combattimento spirituale?

Quando si affronta il tema del combattimento spirituale, si commettono due errori principali: o diamo un’importanza eccessiva a certe cose o le sottovalutiamo. Alcuni danno la colpa di ogni peccato, di ogni conflitto e di ogni problema ai demòni che devono essere scacciati. Altri ignorano completamente la dimensione spirituale e il fatto che la Bibbia c’insegni che il nostro combattimento è contro potenze spirituali. La chiave per il combattimento spirituale di successo sta nel trovare l’equilibrio biblico. Talvolta Gesù scacciò i demòni dalle persone e, talaltra, le guarì senza alcuna menzione dell’aspetto demoniaco. L’apostolo Paolo insegna ai cristiani a far guerra al peccato in se stessi (Romani 6) e a muovere guerra contro il maligno (Efesini 6:10-18).

È scritto in Efesini 6:10-12: “Del resto, fortificatevi nel Signore e nella forza della sua potenza. Rivestitevi della completa armatura di Dio, affinché possiate star saldi contro le insidie del diavolo; il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti”. Questo testo c’insegna alcune verità cruciali: (1) possiamo essere forti sono nella potenza del Signore; (2) è l’armatura di Dio che ci protegge; (3) il nostro combattimento è contro le forze spirituali della malvagità di questo mondo di tenebre.

(1) Un esempio potente di questo è quello dell’arcangelo Michele in Giuda 9. Michele, probabilmente il più potente fra tutti gli angeli di Dio, non sgridò Satana nella sua potenza, ma disse: “Ti sgridi il Signore!”. Apocalisse 12:7-8 riferisce che, negli ultimi tempi, Michele sconfiggerà Satana. Lo ripeto: quando si trovò a scontrarsi con Satana, Michele lo sgridò nel nome e nell’autorità di Dio, non nei propri. È solo mediante la nostra relazione con Gesù Cristo che noi, come cristiani, abbiamo tutta l’autorità su Satana e sui suoi demòni. È solo nel Suo Nome che il nostro rimprovero ha tutto il potere.

(2) Efesini 6:13-18 ci dà una descrizione dell’armatura spirituale che ci dona Dio. Dobbiamo stare saldi con (a) la cintura della verità, (b) la corazza della giustizia, (c) le calzature del Vangelo della pace, (d) lo scudo della fede, (e) l’elmo della salvezza, (f) la spada dello Spirito e (g) la preghiera mediante lo Spirito. Che cosa rappresentano questi pezzi dell’armatura spirituale, per noi, nel nostro combattimento spirituale? Dobbiamo dire la verità contro le menzogne di Satana. Dobbiamo riposare nel fatto che siamo dichiarati giusti a motivo del sacrificio di Cristo per noi. Dobbiamo proclamare il Vangelo a prescindere da quanta opposizione incontriamo. Non dobbiamo vacillare nella fede, per quanto forti siano gli attacchi che riceviamo. La nostra difesa fondamentale è la sicurezza che abbiamo della nostra salvezza e il fatto che le forze spirituali non possono rubarcela. La nostra arma offensiva dev’essere la Parola di Dio, non le nostre opinioni e i nostri sentimenti personali. Dobbiamo seguire l’esempio di Gesù riconoscendo che alcune vittorie spirituali sono possibili solo mediante la preghiera.

Gesù è il nostro esempio definitivo per il combattimento spirituale. Osserva come Gesù affrontò i diretti attacchi di Satana: “Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. E, dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. E il tentatore, avvicinatosi, gli disse: ‘Se tu sei Figlio di Dio, ordina che queste pietre diventino pani’. Ma egli rispose: ‘Sta scritto: Non di pane soltanto vivrà l’uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio’. Allora il diavolo lo portò con sé nella città santa, lo pose sul pinnacolo del tempio, e gli disse: ‘Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; poiché sta scritto: Egli darà ordini ai suoi angeli a tuo riguardo, ed essi ti porteranno sulle loro mani, perché tu non urti con il piede contro una pietra’. Gesù gli rispose: ‘È altresì scritto: Non tentare il Signore Dio tuo. Di nuovo il diavolo lo portò con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria, dicendogli: ‘Tutte queste cose ti darò, se tu ti prostri e mi adori’. Allora Gesù gli disse: ‘Vattene, Satana, poiché sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a Lui solo rendi il culto’. Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli si avvicinarono a lui e lo servivano” (Matteo 4:1-11). Il modo migliore per combattere Satana è quello mostratoci da Gesù e che consiste nel citare la Scrittura, perché il diavolo non può impugnare la spada dello Spirito, la Parola del Dio vivente. Riassumendo, quali sono le chiavi per avere successo nel combattimento spirituale? Primo, dobbiamo confidare nella potenza di Dio, non nella nostra. Secondo, dobbiamo sgridare nel nome di Gesù, non nel nostro. Terzo, dobbiamo proteggerci con la completa armatura di Dio. Quarto, dobbiamo muovere guerra con la spada dello Spirito — la Parola di Dio. “Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati” (Romani 8:37).

Sei schiavo delle opinioni degli altri? Ecco la soluzione per liberartene

Sei schiavo delle opinioni degli altri? Ecco la soluzione per liberartene

Da

 Elisa Pallotta

 –

Capita a molti di indossare delle maschere, ritenute utili a farci apprezzare dagli altri. In questo modo, però, corriamo il rischio di snaturarci, senza ottenere ciò che desideriamo: cioè che le persone a cui teniamo possano ricambiare genuinamente il nostro affetto.

Ognuno ha bisogno di essere amato, ma di esserlo per ciò che è, in maniera autentica e incondizionata. Quanto invece dipendiamo da ciò che pensano gli altri di noi?

Paura giudizio altrui
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Questo fenomeno, in termini analoghi, è detto “rispetto umano”, e si tratta di una terminologia che, nell’ambito della fede, descrive proprio ciò che subentra quando si dipende da quello che pensano gli altri di noi.

Santa Caterina da Siena (1347-1380), in una sua lettera ai sacerdoti Giovanni Sabbatini e don Taddeo dei Malavolti, affermava: “Nel nome di Gesù Cristo Crocifisso e della dolce Maria. Carissimi figli in Cristo Gesù. Io, Caterina, serva dei servi di Gesù Cristo, vi scrivo nel suo sangue prezioso, desiderosa di vedervi cavalieri forti, senza nessun rispetto umano.

Così vuole il nostro dolce Redentore, vuole cioè che noi temiamo di disobbedire a Lui e non agli uomini del mondo; come egli disse: ‘Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo; temete, piuttosto, di disobbedire a me, perché l’anima e il corpo vostro non cada nell’inferno’”.

Dobbiamo cercare di piacere a Dio, più che agli altri

L’antidoto più immediato a questo atteggiamento della mente è proprio il considerare come Dio ci chieda di piacere a Lui e non agli altri: per quanto potremo amare ed essere amati, niente ci darà la gioia di una comunione piena con Dio, e la consapevolezza del suo di amore.

Questo atteggiamento, che al giorno d’oggi viene inquadrato in un contesto psicologico di affettività e emotività in qualche modo assoggettate all’altro, può avere radici profonde anche dal punto di vista spirituale: le ferite che ci sono state causate sono spesso motivo di debolezza anche nel cammino di fede.

È indubbio che una tale condizione di subordinazione alle opinioni altrui su di sé denoti uno stato di profonda sofferenza; tuttavia questo atteggiamento interiore non va assecondato, invece va combattuto alla luce di un percorso interiore e di fede.

Come evitare di cadere nel rispetto umano

Essere impegnati, ad esempio, sul piano umano e sociale, sentirsi utili e riusciti (essere attivi in parrocchia, fare volontariato, essere padroni di sé…), sono tutti esempi di elementi che possono portare a non necessitare più di quell’”iniezione di autostima” che spesso necessitiamo dagli altri.

In questo Gesù ci dice chiaramente: “Tutte le cose dunque che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro, perché questa è la legge ed i profeti” (Mt 7,12).

In questo modo, avremo anche per noi la stessa gioia che doniamo, e saremo noi protagonisti attivi, non più passivi, della nostra vita.

Cos’è il rispetto umano

Riguardo al rispetto umano, il gesuita belga Cornelio a Lapide (1567-1637) scriveva: “Cosa indegna e vile è il rispetto umano, e non ve n’è altra che tanto degradi, abbassi e disonori l’uomo… Colui che ne è schiavo, non merita più il nome di uomo, ma il suo luogo è tra le banderuole che segnano la direzione dei venti; poiché non sa fare altro che questo… Una tale persona è sommamente spregevole… Che cosa è che la trattiene? Un motto, un sarcasmo, una beffa, un segno… Oh! che piccolezza di spirito, che viltà di cuore!

Ne arrossiamo noi medesimi in segreto, e non ci sentiamo l’animo di superare simili bagattelle!… Cerchiamo pure di nascondere e di orpellare con altri nomi questa fiacchezza, questa viltà, ma invano… Noi temiamo le censure del mondo, degli increduli, degli empi, degli ignoranti, degli accidiosi, dei dissoluti…

Noi temiamo di acquistarci nome di spiriti deboli e pregiudicati, se pratichiamo la religione; e non vediamo che somma debolezza è non praticarla. Qual cosa più vergognosa e più degradante, che la vergogna di comparire quello che si deve essere? Siamo canzonati; ma cosa vi è di più frivolo che le beffe? Chi è che si burla di noi? Quale ne è il merito, il credito, la scienza, la virtù? E noi osiamo vantarci coraggiosi, di animo grande, di carattere generoso?”.

Saper essere sé stessi

Ecco che questo tipo di atteggiamento non è in primis rispettoso di noi stessi, perché ci costringe a portare un pesante macigno di maschere, a costo di apparire migliori, e chi ci relazionerà con noi non vedrà come siamo ma come vogliamo apparire.

Non dobbiamo dimenticarci mai che non si può piacere a tutti, che Dio ci ama così come siamo e che la libertà è forse il dono più grande che ci ha dato, perché ci consente di essere felici. Quindi, senza dimenticarci ciò che ci ha indicato Gesù, abbiamo tutto il diritto di esprimerci per quello che siamo. “Ama”, direbbe Sant’Agostino, “e fa’ ciò che vuoi”.

Poesia “Quando sarai vecchia”

Poesia “Quando sarai vecchia”

“Quando sarai vecchia” di William Butler Yeats: la poesia dell'amore perduto

Le poesie di William Butler Yeatspremio Nobel per la Letteratura nel 1923, sono poesie autunnali, che si adattano perfettamente alla sottile malinconia che pervade questa stagione. Sembrano essere il preludio di qualcosa, proprio come il vento d’autunno porta con sé un presagio d’inverno soffiando tra le foglie ormai fragili degli alberi.

C’è una poesia in particolare che pare incarnare l’essenza più pura della malinconia: parla della vecchiaia, dunque della vita che lentamente sfiorisce, ma anche di un amore immortale. Si intitola When You Are Old, traducibile in italiano come Quando sarai vecchia e nel testo originale è lenta come una ballata, sembra essere suonata dalle corde struggenti di un violino.
Procede per immagini folgoranti: c’è un camino acceso e una donna seduta in poltrona con un libro in mano; la donna è ormai anziana, le sue mani sono solcate da rughe, gli occhi hanno perso la luce di un tempo; in seguito la poesia si eleva a un livello spirituale, metafisico sino a chiudersi dinnanzi all’immensità indefinibile di un cielo stellato, “uno sciame di stelle” eternamente luccicante come una passione che sempre brucia nel cuore e non lo consuma.

La lirica fu pubblicata nella seconda raccolta poetica di William Butler Yeats, The Rose (1893). Nel testo l’autore si rivolge direttamente alla donna amata e la invita a proiettare la sua mente nel futuro, a quando non sarà più bella e affascinante, solo in quel momento capirà chi l’ha amata veramente senza affidarsi al valore effimero e transitorio della bellezza.
When You Are Old è tuttora considerata una delle più belle poesie d’amore perché intreccia temi importanti quali la passione amorosa, il rifiuto, la giovinezza, al sentimento ineffabile del tempo che scorre.

Scopriamo testoanalisi e commento della poesia di Yeats.
Riportiamo anche il testo originale per mantenere intatta la cadenza musicale della lirica del poeta irlandese che, purtroppo, nella traduzione perde le sue melodiose assonanze.

Quando sarai vecchia di William Butler Yeats: testo

Quando sarai vecchia e grigia e dal sonno onusta,
e sonnecchierai col capo tentennante accanto al fuoco,
prendi questo libro e lenta leggi,
e sogna il dolce sguardo
che avevano un tempo i tuoi occhi, e la loro ombra profonda.

In molti amarono i tuoi attimi di felice grazia
e amarono la tua bellezza con amore falso o vero,
ma un uomo solo amò la tua anima pellegrina,
e amò le pene del tuo viso mentre incessante mutava.

Piegati ora accanto all’ardente griglia del camino
e sussurra, con tristezza, come l’amore scomparve,
e vagò alto sopra le montagne,
e nascose il suo viso in uno sciame di stelle.

Quando sarai vecchia di William Butler Yeats: testo originale

When you are old and grey and full of sleep,
And nodding by the fire, take down this book,
And slowly read, and dream of the soft look
Your eyes had once, and of their shadows deep;

How many loved your moments of glad grace,
And loved your beauty with love false or true,
But one man loved the pilgrim soul in you,
And loved the sorrows of your changing face;

And bending down beside the glowing bars,
Murmur, a little sadly, how Love fled
And paced upon the mountains overhead
And hid his face amid a crowd of stars.

Quando sarai vecchia di William Butler Yeats: analisi e commento

Fondamentalmente Quando sarai vecchia può essere letta come una poesia sul rimpianto. Yeats in questi versi parla di un amore perduto.
La lirica si apre con un’esortazione: il poeta invita la donna amata a figurarsi la sua vecchiaia, quando la sua bellezza giovanile sarà in parte sfiorita e i suoi occhi avranno uno sguardo più severo, meno sognante. In quel momento, dice, rimpiangerà l’amore che lui gli aveva offerto un tempo che ormai è volato via, andando oltre le cime delle alte montagne, si è dissolto nel cielo in uno scintillio di stelle.

L’intero componimento è strutturato nel modo di far percepire al lettore la scena con tutti e cinque i sensi: ci sono le fiamme del camino che emanano calore, poi l’impatto visivo della donna che è “grigia” – con un colore per metonimia rimanda all’anzianità del corpo – e “sonnolenta”, attributo fisico che allude alla stanchezza della vecchiaia.
La seconda strofa presenta un potente flashback: il poeta ricorda la donna com’era in gioventù, bella, luminosa e affascinante, circondata da amici e spasimanti. Tutti amavano il suo volto giovane e il suo sorriso; ma uno solo amava lo smarrimento della sua anima “pellegrina” e indomabile. Quell’anima tenace è tutto ciò che ora sopravvive nella vecchiaia, quel che identifica la donna ben oltre la chioma di capelli grigi e lo sguardo opaco.

Il verso più bello di Yeats è quello in cui il poeta dice:

And loved the sorrows of your changing face.

L’amore del poeta per la donna era così assoluto che non amava soltanto il suo viso animato dal momento gioioso del sorriso, ma persino nelle pene, nelle sofferenze che talvolta lo sfiguravano conducendolo al pianto. In poche ma evocative parole Yeats disse alla donna di averla amata più intensamente nei suoi momenti di tristezza; pensiero che ricorda la dedica di Umberto Saba alla moglie Lina “per le altezze l’amai del suo dolore”.

Nella terza strofa si ritorna al momento presente/futuro in cui la donna è anziana e si piega sulla grata ardente del camino, sopraffatta da una malinconia indefinibile. In questa atmosfera Yeats inserisce la figura retorica più potente, la personificazione dell’amore “When love fled”, immagina che l’amore sia volato via come se fosse dotato di un proprio corpo e di un proprio spirito.
C’è questo concetto del lento mutare di tutte le cose che è uno dei temi fondanti della poesia: il volto della donna si trasfigura dalla giovinezza alla vecchiaia, la bellezza appassisce e, infine, c’è l’amore non corrisposto che vola lontano eppure non muore, anzi, continua a splendere.
In pochi versi William Butler Yeats riesce a racchiudere il malinconico fluire del tempo, fotografandolo nei suoi mutamenti: prima che come una poesia d’amore, dunque, When You Are Old può essere letta come una poesia sul tempo.

L’amore dunque se n’è andato, ma non è svanito del tutto. Il poeta immagina che abbia superato le cime delle montagne sino a raggiungere il cielo brillando in alto, tra le stelle, dove sopravvivono le cose che i mortali hanno perduto e che sono condannati a rimpiangere ogni giorno della loro vita.