«Siano tranquilli quelli che ti amano! Sia pace nelle tue mura e sicurezza nei tuoi palazzi!»” (Salmo 122:6-7)
“Le tue porte, Gerusalemme, saranno ricostruite con zaffiro e smeraldo, le tue mura saranno fatte di pietre preziose. Le tue torri, Gerusalemme, saranno d’oro e tutti i tuoi bastioni di oro puro. Le vie di Gerusalemme saranno lastricate con pietre preziose. Dalle porte di Gerusalemme si alzeranno inni di gioia, tutte le sue case canteranno: ‘Alleluia! Sia benedetto il Dio d’Israele’. I fedeli benediranno sempre il Signore che è santo.”
Gerusalemme è una città unica al mondo, ricca di storia, cultura e spiritualità. Visitare Gerusalemme significa immergersi in un’atmosfera senza tempo, dove si incontrano le tre grandi religioni monoteiste: ebraismo, cristianesimo e islam.
Provo a descrivervi i luoghi principali di questa città affascinante e suggestiva.
La Città Vecchia
Il cuore di Gerusalemme è la Città Vecchia, circondata da mura antiche e divisa in quattro quartieri: ebraico, musulmano, cristiano ed armeno. Qui si trovano alcuni dei siti più sacri e importanti per le tre fedi, come il Muro del Pianto, la Spianata delle Moschee e la Basilica del Santo Sepolcro. La Città Vecchia si può esplorare a piedi, seguendo le strette vie lastricate di pietra, i vicoli colorati dai bazar e le tracce della storia millenaria di Gerusalemme.
Il Muro del Pianto
Il Muro del Pianto o Muro Occidentale è l’unico reperto rimasto del Secondo Tempio di Gerusalemme (516 aC-70 dC)
Il Muro del Pianto è il luogo più sacro per gli ebrei, poiché rappresenta l’unico resto del Tempio di Gerusalemme distrutto dai Romani nel 70 d.C. Il Muro è lungo 488 metri, ma solo una parte è visibile nella piazza che lo fronteggia. Qui gli ebrei si recano per pregare e inserire dei bigliettini con le loro richieste tra le fessure delle pietre. Il venerdì sera si assiste alla cerimonia dello Shabbat, il giorno sacro della settimana.
Il lamento dell’esiliato a Babilonia dopo la caduta di Gerusalemme nel 587 a.C.
La Spianata delle Moschee
La Spianata delle Moschee è il terzo luogo più sacro per l’islam dopo La Mecca e Medina. Qui sorgeva il Tempio di Salomone ed è qui che il profeta Maometto salì al cielo secondo la tradizione musulmana. La Spianata ospita due splendide moschee: la Cupola della Roccia, con la sua cupola dorata che domina il panorama della città, e la Moschea di Al-Aqsa, con i suoi archi decorati. L’accesso alla Spianata è consentito solo ai musulmani; gli altri visitatori possono ammirarla dal Monte degli Ulivi o dalla Porta dei Magrebini.
La Basilica del Santo Sepolcro
La Basilica del Santo Sepolcro è il luogo più sacro per i cristiani, poiché custodisce il sepolcro di Gesù Cristo e il Golgota (Calvario), il luogo della sua crocifissione. La Basilica è un complesso architettonico che racchiude diverse cappelle gestite da varie confessioni cristiane (ortodossa greca, cattolica romana, armena apostolica ecc.). All’interno si possono ammirare opere d’arte di grande valore storico-artistico come l’Edicola del Santo Sepolcro o l’Altare del Golgota.
Santo Sepolcro
La Città Nuova
Oltre alla Città Vecchia ci sono altre zone interessanti da visitare nella parte moderna di Gerusalemme. Una di queste è il Mercato Mahane Yehuda, un vivace mercato all’aperto dove si possono trovare frutta fresca, verdura, spezie, dolci, prodotti tipici e molto altro ancora. Un altro luogo da non perdere è Yad Vashem, il Museo dell’Olocausto che documenta la tragedia degli Ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale attraverso testimonianze, foto, video e oggetti personali. Infine, si può salire sul Monte degli Ulivi per godere di una vista panoramica sulla città e visitare alcuni siti religiosi come il Giardino dei Getsemani e la Tomba della Vergine Maria.
Tomba della Vergine Maria.
Giardino del Getsemani
Gerusalemme è una città che suscita emozioni intense e contrastanti in chi la visita. È il luogo sacro per le tre grandi religioni monoteiste: ebraismo, cristianesimo e islam e anche il teatro di conflitti storici e attuali che ne minacciano la pace e la convivenza. Ma è anche una città ricca di bellezza, cultura e spiritualità, che offre al visitatore esperienze uniche e indimenticabili.
Voglio condividere con voi le emozioni che ho provato nel vedere i luoghi più significativi di Gerusalemme, sperando di trasmettervi un po’ dello stupore di questa città anche se è impossibile raccontare tutti i posti che ho visitato, ognuno degno di essere descritto come si deve ma questo è solo un piccolo approccio iniziale…ne citerò alcuni..
La prima tappa è stata la Città Vecchia, circondata da mura imponenti e divisa in quattro quartieri: armeno, cristiano, ebraico e musulmano. Entrando dalla Porta di Giaffa si respira subito l’atmosfera antica e multiculturale della città. Si cammina tra vicoli stretti e affollati, dove si incontrano negozi di souvenir, bancarelle di spezie, chiese, sinagoghe e moschee.
Souvenir, bancarelle di spezie
Uno dei luoghi più emozionanti è il Muro del Pianto (o Kotel), l’unico resto del Tempio di Gerusalemme distrutto dai Romani nel 70 d.C. È il luogo più sacro per gli Ebrei, che vi si recano per pregare e inserire dei bigliettini con le loro richieste tra le fessure delle pietre. Ho provato un senso di rispetto e commozione nel vedere tanta devozione e speranza.
Un altro luogo che mi ha colpito è la Basilica del Santo Sepolcro (o Chiesa della Resurrezione), il luogo dove secondo la tradizione cristiana Gesù fu crocifisso, sepolto e risorto. La basilica è un complesso architettonico composto da diverse cappelle gestite da varie confessioni cristiane. Al suo interno si trovano il Golgota (il luogo della crocifissione), l’Edicola (la tomba vuota di Gesù) e la Pietra dell’Unzione (dove fu preparato il corpo di Gesù per la sepoltura). Ho provato una forte emozione nel toccare questi luoghi così carichi di storia e fede.
Infine ho visitato la Spianata delle Moschee (o Monte del Tempio), il terzo luogo più sacro per i Musulmani dopo La Mecca e Medina. Qui sorgono due splendide moschee: la Cupola della Roccia (dove secondo la tradizione islamica Maometto salì al cielo) e la Moschea al-Aqsa (la prima direzione della preghiera islamica prima della Mecca). Ho provato una sensazione di meraviglia nel vedere i colori brillanti delle cupole dorate e dei mosaici azzurri.
Gerusalemme è una città che mi ha fatto vivere emozioni contrastanti: da una parte ho sentito la gioia di scoprire luoghi ricchi di significato spirituale; dall’altra ho avvertito il dolore di vedere le ferite ancora aperte dei conflitti tra popoli diversi. Spero che un giorno Gerusalemme possa essere davvero una città di pace.
Per concludere voglio condividere con voi alcuni versetti della sacra scrittura che parlano di Gerusalemme, la città santa e amata da Dio. Gerusalemme è il luogo dove si è manifestata la gloria di Dio, dove ha stabilito il suo tempio, dove ha inviato il suo Figlio Gesù Cristo per la salvezza del mondo. Gerusalemme è anche il simbolo della Chiesa e della patria celeste, verso cui siamo pellegrini sulla terra.
Ecco alcuni versetti che ho scelto per voi:
“Ma io ho posto il mio re sul Sion mio santo monte”. (Salmo 2:6)
“Gerusalemme è edificata come città salda e compatta. Là salgono insieme le tribù, le tribù del Signore: è legge per Israele rendere grazie al nome del Signore.” (Salmo 122:3-4)
“Prega per la pace di Gerusalemme: «Siano tranquilli quelli che ti amano! Sia pace nelle tue mura e sicurezza nei tuoi palazzi!»” (Salmo 122:6-7)
“Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio; perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustizia; come uno sposo che si cinge il diadema e come una sposa che si adorna di gioielli. Poiché come la terra fa germogliare i suoi germogli e come un giardino fa spuntare i suoi semi così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le nazioni. Per amore di Sion non tacerò e per amore di Gerusalemme non mi darò pace finché non sorga come stella la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada.” (Isaia 61:10 – 62:1)
Per amore di Sion non mi terrò in silenzio, per amore di Gerusalemme non mi darò pace, finché non sorga come stella la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada(Ap 21, 2)
I pellegrinaggi a Gerusalemme
“Tre volte all’anno celebrerai una festa in mio onore. Osserva lafesta dei Pani non lievitati: nella ricorrenza del mese di Abib, il mese in cui sei uscito dall’Egitto, devi mangiare per sette giorni pane non lievitato, come io ti ho comandato. Nessuno osi presentarsi al mio santuario a mani vuote. Osserva la festa della Mietitura, quando inizi a raccogliere quel che hai seminato nel tuo campo. Osserva la festa del Raccolto, al termine dell’anno quando raccoglierai il frutto dei tuoi lavori nei campi. In queste tre feste annuali gli uomini si presenteranno a me, il Signore vostro Dio, nel mio santuario”. – Es 23:14-
Tre Feste annuali dovevano essere celebrate, per ordine di Dio, a Gerusalemme. Da tutta Israele, almeno gli uomini dovevano recarsi in pellegrinaggio nella città santa. Queste tre occasioni riguardavano:
Primo pellegrinaggio. Pasqua e Festa dei Pani Azzimi, dal 15 al 21 nissàn.
Secondo pellegrinaggio. Festa di Pentecoste, detta anche Festa delle Settimane e Festa della Mietitura, nel mese di sivàn.
Terzo pellegrinaggio. Festa delle Capanne, detta anche Festa del Raccolto, dal 15 al 21 tishrì.
Queste tre Feste fanno parte delle “solennità del Signore”, da celebrarsi “come sante convocazioni” (Lv 23:2). La parola resa “solennità” è nel testo ebraico מֹועֲדֵי (moadè), stato costrutto di מֹועֲדִים (moadìm), che può essere resa “appuntamenti”: si tratta dei momenti d’incontro con Dio, delle sue sante Festività. In Sl 104:19 è detto che Dio “ha fatto la luna per stabilire i מֹועֲדִים [moadìm]”. La versione PdS traduce “per segnare il tempo”; NR, “per stabilire le stagioni”; TNM, “per i tempi fissati”. La verità è che Dio ha fatto la luna per indicare i מֹועֲדִים (moadìm), le sue sante solennità. Le Feste bibliche vanno quindi osservate secondo il calendario lunare biblico.
Il popolo d’Israele era protetto da Dio stesso mentre la popolazione si recava a Gerusalemme per i tre pellegrinaggi: “Io scaccerò davanti a te delle nazioni e allargherò i tuoi confini; nessuno oserà appropriarsi del tuo paese, quando salirai, tre volte all’anno, per comparire alla presenza del Signore, che è il tuo Dio” – Es 34:24.
Il fatto che siano comandati di compiere questi tre pellegrinaggi in modo specifico gli uomini, non esclude (e, di fatto, non escluse) la partecipazione dell’intera famiglia. Da 1Sam 1:7, ad esempio, sappiamo che Anna madre di Samuele partecipava.
Queste tre Feste erano intimamente legate alla raccolta (Es 23:14-17). La Festa dei Pani Azzimi iniziava il 15 nissàn e coincideva con la raccolta dell’orzo; il giorno dopo il sabato settimanale (nostra domenica) che cadeva durante questa Festa (Lv 23:15), il sommo sacerdote doveva agitare dinanzi a Dio un covone di spighe tratto dalle primizie della raccolta dell’orzo. La Festa delle Settimane o Pentecoste cadeva il 50° giorno, nuovamente domenica (per noi), dopo quella domenica in cui si offriva il covone; era la Festa “delle primizie della mietitura del frumento” (Es 34:22). La Festa delle Capanne o della raccolta iniziava il 15° giorno del mese di etanìm o tishrì e concludeva allegramente l’anno agricolo. Erano quindi occasioni adatte perché le famiglie al completo facessero festa. – Dt 16:14,15.
“Che gioia quando mi dissero: ‘Andremo alla casa del Signore!’. E ora i nostri passi si fermano alle tue porte, Gerusalemme”. – Sl 122:1,2,
Una di queste occasioni, narrata dal Vangelo, vide Yeshùa dodicenne partecipare al pellegrinaggio a Gerusalemme per la Pasqua, secondo l’uso ebraico (Lc 2:42). Giuseppe Flavio calcolò l’ammontare della folla per la Pasqua a circa tre milioni di persone (Guerra Giudaica, 6,9,3). Proprio perché le famiglie partecipavano con tutta la parentela, quando la carovana con i genitori di Yeshùa ripartì, non ci si rese subito conto che lui mancava. Poteva essere con qualche parente o amico della comitiva (ormai aveva dodici anni). Fu solo alla prima tappa che, non trovandolo, tornano a Gerusalemme, dove lo ritrovarono al Tempio. – Lc 2:48.
Le Festività sacre di Dio davano modo agli israeliti di riservare del tempo per rendere culto a Dio e per meditare sulla sua santa Legge, stando insieme come popolo. Avevano anche occasione di viaggiare e di conoscere la Terra che Dio aveva dato loro. Quei pellegrinaggi erano davvero motivo di contentezza. Dopo che Gerusalemme fu distrutta, il profeta descrive il profondo abbattimento della popolazione richiamando la mancanza delle Feste: “Le strade di Sion sono in lutto perché nessuno va più alle feste, le sue piazze sono deserte”, “[Dio] ha ridotto il suo tempio a un giardino devastato, ha demolito il luogo dove incontrava il suo popolo. Il Signore ha fatto dimenticare in Sion le feste e il sabato” (Lam 1:4;2:6, PdS). Allo stesso modo, le Feste sono prese a immagine della condizione migliore. Il profeta annuncia: “Tu, popolo di Dio, canterai come in una notte di festa. Sarai gioioso come quando, al suono del flauto, sali alla montagna del Signore, la Roccia d’Israele”. – Is 30:29
Essendo la società ebraica agricola, gli israeliti dipendevano dalla benedizione di Dio sulla terra. Le tre grandi Feste che richiedevano il pellegrinaggio a Gerusalemme, avvenivano all’inizio della primavera (mietitura dell’orzo), nella tarda primavera (mietitura del frumento) e a fine estate (resto del raccolto). Erano occasioni non solo di grande allegria ma anche di profonda gratitudine verso Dio che aveva assicurato la pioggia necessaria perché il paese fosse produttivo. Dio aveva promesso al suo popolo: “Nella terra in cui andate ci sono monti e valli, e il suolo è irrigato dalla pioggia. Il Signore, vostro Dio, si prende cura di questa terra e la rende sempre rigogliosa dall’inizio alla fine dell’anno. Se ubbidirete veramente agli ordini che oggi vi comunico: se amerete il Signore, vostro Dio, e lo servirete con tutto il cuore e con tutta l’anima, egli farà scendere la pioggia sui vostri campi nella stagione giusta, in autunno e in primavera, e voi ne ricaverete frumento, vino e olio. Il Signore farà crescere nei pascoli l’erba per il vostro bestiame. Avrete sempre da mangiare e da saziarvi!”. – Dt 11:11-15.
Riusciamo a immaginare la grande impressione che doveva fare Gerusalemme in piena festa? Mentre si saliva alla città santa, che è a un’altitudine di circa 700 m, la capitale d’Israele era già visibile a distanza. L’emozione cresceva. Più grande impressione doveva fare il Tempio che spiccava meraviglioso e imponente. L’emozione cresceva quando il suono delle trombe segnava l’inizio delle cerimonie sacre.
Spero che questi versetti ci faccianoo riflettere sulla bellezza e l’importanza di Gerusalemme nella storia della salvezza.
Tutta la Sacra Scrittura è piena di tesori nascosti nella Parola di Dio!
Canto dei pellegrini. Salmo di Davide. Che gioia quando mi dissero: ‘Andremo alla casa del Signore!’. E ora i nostri passi si fermano alle tue porte, Gerusalemme. Gerusalemme, città ben costruita, raccolta entro le tue mura! A te salgono le tribù, le tribù del Signore. Qui Israele deve lodare il nome del Signore. Qui, nel palazzo di Davide, siedono i re a rendere giustizia. Pregate per la pace di Gerusalemme. Dite: ‘Sicurezza per chi ti ama, pace entro le tue mura, prosperità nei tuoi palazzi!’. Per amore dei miei parenti e vicini io dico: ‘Pace su di te!’. Per amore della casa del Signore, nostro Dio, voglio chiedere per te ogni bene.
Isaia 2:3
Molti popoli vi accorreranno, e diranno: «Venite, saliamo al monte del SIGNORE, alla casa del Dio di Giacobbe; egli ci insegnerà le sue vie, e noi cammineremo per i suoi sentieri». Da Sion, infatti, uscirà la legge, e da Gerusalemme la parola del SIGNORE.
Salmi 122:6
Pregate per la pace di Gerusalemme! Quelli che ti amano vivano tranquilli.
Salmi 128:5
Il SIGNORE ti benedica da Sion! Possa tu vedere la prosperità di Gerusalemme tutti i giorni della tua vita.
Salmi 137:6
resti la mia lingua attaccata al palato, se io non mi ricordo di te, se non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia.
Cantico 2:7
Figlie di Gerusalemme, io vi scongiuro per le gazzelle, per le cerve dei campi, non svegliate, non svegliate l’amore mio, finché lei non lo desideri!
Cantico 8:4
Figlie di Gerusalemme, io vi scongiuro, non svegliate, non svegliate l’amor mio, finché lei non lo desideri!
Isaia 33:20
Contempla Sion, la città delle nostre solennità! I tuoi occhi vedranno Gerusalemme, soggiorno tranquillo, tenda che non sarà mai trasportata, i cui picchetti non saranno mai divelti, il cui cordame non sarà mai strappato.
Salmi 122:6
Pregate per la pace di Gerusalemme! Quelli che ti amano vivano tranquilli.
Cantico 5:8
Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, se trovate il mio amico, che gli direte? Che sono malata d’amore.
Idea Progettazione di Marilena MarinoVocedivina,it
La Cena Pasquale in ebraico si chiama Seder di Pesach. Seder significa “ordine” in quanto si consuma secondo un ben preciso ordine rituale, che – in estrema sintesi – è il seguente: Kadesh – la Benedizione sul Vino, Karpas – “l’Antipasto”, Yachatz: si spezza la matzà. Si intingono le erbe, si prende l’uovo, si usa l’acqua salata e poi l’agnello: tutto ha un significato.
La Pasqua Ebraica si celebra al tramonto del 14^ giorno del mese di Nissan del calendario ebraico (luni-solare)
Pesach, la memoria della Pasqua ebraica tramandata a tavola
Ci dice il Vangelo: “Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua ebraica, i discepoli dissero a Gesù: dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?”. Tutti noi, quando si parla della cena pasquale, abbiamo in mente le bellissime opere d’arte che nei secoli l’hanno rappresentata, prima fra tutte l’Ultima Cena di Leonardo.
Gesù fece l’ultima cena non come viene comunemente raffigurata, tutti seduti attorno ad una tavola imbandita, con una tovaglia ben stirata, bicchieri e bottiglie di vetro e così via. Dobbiamo tenere presente infatti che Gesù ed i suoi discepoli erano dei girovaghi, l’equivalente di senza fissa dimora di oggi, che transitando a piedi nel deserto, si presentavano sporchi, polverosi ed accaldati. Venivano allora messi dei tappeti per terra ove si sedevano distesi sulla sinistra.
Secondo il rito ebraico infatti i commensali si adagiavano sul lato sinistro, per evidenziare il fatto che erano uomini liberi. Nei tempi antichi infatti, soltanto le persone libere potevano adagiarsi mentre mangiavano. Ma andiamo avanti con il Vangelo: “Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua. Seguitelo. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta: là preparate per noi”.I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro il Maestro e prepararono per la Pasqua”. Gesù viene così a trovarsi in mezzo alla fiera del bestiame, condotto a Gerusalemme dalle colline circostanti ed alle spezie portate dalle carovane fin dalla Mesopotamia.
I pellegrini che venivano ospitati da famiglie del luogo, consumavano nelle case la cena. Tutti gli altri per strada, nelle piazze od in campagna. Quando scendeva la sera, migliaia di agnelli venivano arrostiti nei cortili delle case, nelle vie, intorno alle tende. E mangiavano tutti insieme, ricchi e poveri, uomini e donne, servi e padroni. La Pasqua ebraica si chiama “Pesach”, che significa “passaggio” ed in Israele dura 7 giorni. Si celebra la notte in cui l’Angelo Sterminatore passò sull’Egitto, uccidendo tutti i suoi primogeniti, uomini e animali. Era la decima piaga, quella che dette il colpo di grazia all’ottusa chiusura del faraone e lo costrinse a lasciar andare gli ebrei per la loro strada. Era l’inizio della loro liberazione.
Scrive Renzo Infante (esperto in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico, con dottorato alla Pontificia Università Gregoriana) “Nei testi sulla Pasqua, Giuseppe Flavio sottolinea la dimensione di grande festa popolare, che radunava folle immense in Gerusalemme. Egli stimò che il numero dei giudei saliti a Gerusalemme per l’ultima Pasqua al tempo di Nerone fosse di circa 2.500.000”. La Pasqua ebraica non va però confusa con la Festa degli Azzimi (si festeggia infatti il giorno dopo), vuol essere un ricordo della fuga dall’Egitto, quando gli Ebrei furono costretti a scappare con urgenza e non ebbero così il tempo per lasciare lievitare il pane per il viaggio. Il pane azzimo infatti è un pane che non è stato fermentato ed al quale non è stato aggiunto lievito.
La Pasqua Ebraica si celebra al tramonto del 14^ giorno del mese di Nissan del calendario ebraico (luni-solare), dunque con l’arrivo del 15 di Nissan, come stabilito dalla Torah: “Nel primo mese, il giorno quattordici del mese, alla sera, voi mangerete azzimi“. Ma qual’è il Mese di Nissan? Ce lo dice la Bibbia:“Sarà per voi il capo dei mesi, sarà il primo fra i mesi dell’anno”. La parola Nissan ha un’origine dal termine “Nes”, Miracolo, in quanto in tutto il mese si celebra l’evento più miracoloso della storia del popolo d’Israele: l’uscita dall’Egitto con la conseguente acquisizione della libertà assoluta. Il mese di Nissan è definito dalla tradizione talmudica il mese della redenzione, in quanto, come il popolo di Israele è stato redento dalla schiavitù in Egitto al tempo di Mosè, così sarà redenta l’intera Umanità durante questo mese. Comunemente cade nei mesi di marzo-aprile ed è a data variabile.
La Cena Pasquale in ebraico si chiama Seder di Pesach. Seder significa “ordine” in quanto si consuma secondo un ben preciso ordine rituale, che – in estrema sintesi – è il seguente:
Si inizia con Kadesh – la Benedizione sul Vino. I quattro bicchieri di vino che si bevono durante il Seder, secondo il Talmud, sono il simbolo delle seguenti quattro promesse di riscatto date da Yahvè (Dio) a Mosè: vehotzetì – vi sottrarrò dalle tribolazioni dell’Egitto; vehitzaltì – vi salverò dal loro servaggio; vegaaltì – vi libererò con braccio disteso; velakachtì – vi prenderò quale Popolo, a Me. Si usa il vino perché è simbolo di gioia e di felicità. Dopo Kadesh vi è Urchatz, il Lavaggio Rituale delle mani. Si lavano le mani, versando acqua tre volte sulla mano destra e poi tre volte sulla mano sinistra. Questo è uno dei primi atti che vengono compiuti, anche allo scopo di attirare la curiosità dei bambini presenti.
Segue Karpas: “l’Antipasto”. Si intinge un piccolo pezzo di cipolla, patata o sedano nell’acqua salata e prima di mangiarlo si recita la benedizione sulle verdure. L’acqua salata rappresenta le lacrime amare degli antenati ebrei in Egitto.
C’è poi Yachatz: si spezza la matzà (il pane azzimo) in due, in ricordo di quando Yahvè divise in due il Mar Rosso, per consentire ai Figli di Israele di attraversarlo all’asciutto. A questo punto, venivano invitati i poveri ad unirsi al Seder.
Durante il pasto Pasquale si prendono le erbe amare e si intingono nel charoset, pasta di colore scuro fatto di frutta e noci, che ricorda l’argilla fatta dagli ebrei in Egitto, per la fabbricazione di mattoni. Le erbe amare ricordano l’amarezza della schiavitù in Egitto. E si mangia, a seguire, un uovo sodo intinto nell’acqua salata. L’uovo sodo, non avendo spigoli, evidenzia che non c’è né un inizio, né una fine. E’ quindi il simbolo dell’eternità della vita. E poi c’e’ l’agnello pasquale, che va mangiato in ricordo di quanto avvenne alla vigilia della fuga dall’Egitto: “Ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per consumare un agnello, si assocerà al suo vicino, al più prossimo della casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello, secondo quanto ciascuno può mangiarne”.
Ci sono poi le benedizioni, gli inni e le lodi , nella certezza che il Seder sia ben accetto dall’Onnipotente. Il seder finisce, per gli ebrei della diaspora, in esilio, dicendo: “Leshanà habaà biYrushalayim” tradotto: “L’anno prossimo a Gerusalemme!”
Benedizione del pasto
Benedetto Colui dei cui beni abbiamo mangiato e per la cui grande bontà viviamo!
Adattamento della traduzione di Dante Lattes
realizzata da David Pacifici
testo ebraico
(chi benedice)
Maestri! Signori! Benediciamo Colui dei cui beni abbiamo mangiato!
(i presenti)
Benedetto Colui dei cui beni abbiamo mangiato e per la cui grande bontà viviamo!
(chi benedice)
Benedetto sii Tu, Eterno, Dio nostro, Re del mondo, Colui che alimenta tutto l’universo: con la Sua bontà, con grazia, con pietà e con misericordia dà cibo ad ogni creatura, poiché la Sua pietà è infinita. Per la Sua grande bontà non ci mancò mai né mai ci mancherà alimento, per virtù del Suo Nome grande, poiché Egli alimenta, nutre e benefica tutti e procura il cibo per tutte le Sue creature che Egli creò. Benedetto sii Tu, o Eterno, che dai alimento a tutto il creato.
Ti ringraziamo, o Eterno Dio nostro, perché concedesti ai nostri padri una terra attraente, feconda e spaziosa, perché ci traesti, o Eterno, dalla terra d’Egitto e ci liberasti dal luogo della schiavitù; per il Tuo patto che suggellasti nella nostra carne, per la tua Torà che ci insegnasti, per le Tue norme che ci rendesti note, per la vita, per l’amore, per la pietà che ci accordasti, per il cibo con cui Tu ci alimenti e ci nutri, di continuo, ogni giorno, in ogni stagione, in ogni ora.
Per tutte queste cose, o Eterno, Dio nostro, noi Ti rendiamo grazie e Ti benediciamo, sia benedetto il Nome Tuo dalla bocca di ogni essere vivente, ogni giorno, in perpetuo, come è scritto nella Torà: “Mangerai e ti sazierai e benedirai l’Eterno tuo Dio per il bel paese che ti ha dato”. Benedetto sii Tu, o Eterno, per la terra e per il cibo.
Abbi pietà, o Eterno, Dio nostro, d’Israel tuo popolo, di Jerushalaim tua città, del monte Sion che è sede della Tua maestà, del regno del casato di David Tuo Mashiah, della grande e sacra Casa dedicata al Tuo Nome! Dio nostro, Padre nostro, sii Tu il nostro pastore, sii Tu a darci il cibo, a porgerci il nutrimento, a fornirci l’alimento, a provvedere ai nostri bisogni. Liberaci presto, o Eterno, Dio nostro, da tutte le nostre ansie. Fa che non abbiamo bisogno, o Eterno, Dio nostro, né dei doni degli esseri mortali né dei loro prestiti, ma soltanto della Tua mano piena, aperta, santa e generosa sì che non abbiamo mai a vergognarci né a rimanere mortificati.
Se è sabato si dice: Fa, o Eterno, Dio nostro, che attingiamo un senso di vigore e di pace dall’adempimento dei Tuoi precetti e dall’osservanza del settimo giorno, di questo Sabato grande e sacro, poiché esso è per Te giorno grande e sacro, destinato alla cessazione del lavoro ed al riposo, con sentimento di amore, secondo il comandamento della Tua volontà. Concedi noi, o Eterno, Dio nostro, il sereno riposo che Tu desideri in modo che la sventura, il dolore e l’ansia non turbino il nostro giorno di pace. Concedi a noi di vedere Sion, la Tua città, riconfortata, e Jerushalaim, Tua santa città, ricostruita poiché Tu sei il Signore della salvezza, il Signore della consolazione.
Ricostruisci Jerushalaim, città santa, presto ai giorni nostri.
Benedetto sii Tu, o Eterno, che con un atto di pietà ricostruisci Jerushalaim. Così sia.
Benedetto sii Tu, o Eterno, Dio nostro, Re del mondo; Tu che sei l’unico Dio, il padre nostro, il nostro Re, il nostro onnipotente Signore, il nostro creatore, il nostro redentore, il nostro autore, il nostro santo, il santo di Giacobbe, il nostro pastore, il pastore di Israel, il Re buono e benefico verso ogni essere,Colui che quotidianamente ci ha dimostrato, ci dimostra e ci dimostrerà la Sua benevolenza, che ci ha colmato, ci colma e ci colmerà sempre di grazia, di amore, di pietà, di sollievo, di salvezza, di prosperità, di benedizione, di salute, di conforto, di nutrimento, di alimento, di pietà, di vita, di pace e di ogni bene. Egli non ci privi d’alcun bene.
Il Misericordioso regni sopra di noi in perpetuo.
Il Misericordioso Sia benedetto in cielo ed in terra.
Il Misericordioso
Altra Benedizione cibo testo ebraico
Ti ringraziamo, o Eterno Dio nostro, perché concedesti ai nostri padri una terra attraente, feconda e spaziosa, perché ci traesti, o Eterno, dalla terra d’Egitto e ci liberasti dal luogo della schiavitù; per il Tuo patto che suggellasti nella nostra carne, per la tua Torà che ci insegnasti, per le Tue norme che ci rendesti note, per la vita, per l’amore, per la pietà che ci accordasti, per il cibo con cui Tu ci alimenti e ci nutri, di continuo, ogni giorno, in ogni stagione, in ogni ora.
Per tutte queste cose, o Eterno, Dio nostro, noi Ti rendiamo grazie e Ti benediciamo, sia benedetto il Nome Tuo dalla bocca di ogni essere vivente, ogni giorno, in perpetuo, come è scritto nella Torà: “Mangerai e ti sazierai e benedirai l’Eterno tuo Dio per il bel paese che ti ha dato”. Benedetto sii Tu, o Eterno, per la terra e per il cibo.
Abbi pietà, o Eterno, Dio nostro, d’Israel tuo popolo, di Jerushalaim tua città, del monte Sion che è sede della Tua maestà, del regno del casato di David Tuo Mashiah, della grande e sacra Casa dedicata al Tuo Nome! Dio nostro, Padre nostro, sii Tu il nostro pastore, sii Tu a darci il cibo, a porgerci il nutrimento, a fornirci l’alimento, a provvedere ai nostri bisogni. Liberaci presto, o Eterno, Dio nostro, da tutte le nostre ansie. Fa che non abbiamo bisogno, o Eterno, Dio nostro, né dei doni degli esseri mortali né dei loro prestiti, ma soltanto della Tua mano piena, aperta, santa e generosa sì che non abbiamo mai a vergognarci né a rimanere mortificati.
Fa, o Eterno, Dio nostro, che attingiamo un senso di vigore e di pace dall’adempimento dei Tuoi precetti e dall’osservanza del settimo giorno, di questo Sabato grande e sacro, poiché esso è per Te giorno grande e sacro, destinato alla cessazione del lavoro ed al riposo, con sentimento di amore, secondo il comandamento della Tua volontà. Concedi noi, o Eterno, Dio nostro, il sereno riposo che Tu desideri in modo che la sventura, il dolore e l’ansia non turbino il nostro giorno di pace. Concedi a noi di vedere Sion, la Tua città, riconfortata, e Jerushalaim, Tua santa città, ricostruita poiché Tu sei il Signore della salvezza, il Signore della consolazione.
Ricostruisci Jerushalaim, città santa, presto ai giorni nostri.
Benedetto sii Tu, o Eterno, che con un atto di pietà ricostruisci Jerushalaim. Così sia.
Benedetto sii Tu, o Eterno, Dio nostro, Re del mondo; Tu che sei l’unico Dio, il padre nostro, il nostro Re, il nostro onnipotente Signore, il nostro creatore, il nostro redentore, il nostro autore, il nostro santo, il santo di Giacobbe, il nostro pastore, il pastore di Israel, il Re buono e benefico verso ogni essere, Colui che quotidianamente ci ha dimostrato, ci dimostra e ci dimostrerà la Sua benevolenza, che ci ha colmato, ci colma e ci colmerà sempre di grazia, di amore, di pietà, di sollievo, di salvezza, di prosperità, di benedizione, di salute, di conforto, di nutrimento, di alimento, di pietà, di vita, di pace e di ogni bene. Egli non ci privi d’alcun bene.
Il Misericordioso regni sopra di noi in perpetuo.
Il Misericordioso Sia benedetto in cielo ed in terra.
Il Misericordioso sia lodato in tutte le generazioni e sia glorificato in noi per l’eternità e sia esaltato in noi, sempre, in perpetuo.
Il Misericordioso ci alimenti con decoro.
Il Misericordioso spezzi il giogo che ci sta sul collo e ci riconduca a fronte alta, alla nostra terra.
Il Misericordioso mandi una copiosa benedizione in questa casa e su questa mensa, alla quale abbiamo mangiato.
Il Misericordioso ci mandi il profeta Elia, ricordato in bene, ad annunciarci con gioia redenzioni e consolazioni.
Il Misericordioso benedica il (mio padre e mio maestro) padrone di questa casa e la (mia madre e mia maestra) padrona di questa casa; li benedica insieme con la loro famiglia, con i loro figli e con tutto ciò che essi hanno; benedica noi e tutto ciò che abbiamo; nello stesso modo in cui furono benedetti i nostri padri Abramo, Isacco e Giacobbe, in ogni loro opera, da ogni parte
Per concludere ricordiamo che Il rito del pane e del vino è di antichissima tradizione ebraica ed è interessante evidenziare che si seguiva in particolare tutti i giorni nella Comunità degli Esseni di Qumran. Era infatti previsto che in ogni gruppo di 10 uomini vi fosse almeno un Sacerdote fra di loro e che quando si riunivano a cena si disponessero a tavola secondo la scala gerarchica.
A tavola veniva servito sia del pane che del vino. Il primo a toccarli doveva essere il Sacerdote, che li benediceva. E così si legge nei rotoli trovati nel Mar Morto: “E allorché disporranno la tavola per mangiare il pane o il vino per bere, il sacerdote stenderà per primo la sua mano, per benedirli”. Scrive a questo proposito David Flusser: “C’è qualche influenza essena sulla Messa cristiana e sull’Eucaristia, se si guarda alla somiglianza di ordine e significato tra il pasto esseno e l’Eucaristia cristiana, con successione di pane e vino”.
David Flusser (1917 – 2000) è stato professore di Cristianesimo Primitivo e Giudaismo del Secondo Tempio, alla Hebrew University di Gerusalemme. E’ unanimamente considerato il massimo esperto mondiale in materia. Ma va sottolineato, infine, che anche Melchisedec, re di Salem (si ritiene Gerusalemme), offrì “pane e vino”, come fece Gesù nell’ultima cena. Recitano infatti così le Sacre Scritture: “Quando Abramo fu di ritorno, dopo la vittoria su Chedorlaomer e dei re che erano con lui, il re di Sodoma gli uscì incontro nella Valle di Save, cioè la Valle del re. Intanto Melchisedec, Re di Salem offrì pane e vino”.
Il piatto del Seder di Pesach (in ebraico: קערה? , ke’ara) è un piatto di specifica fattura contenente cibi simbolici che vengono consumati o solamente mostrati durante questa celebrazione. Lo scopo del piatto è quello di tramandare e valorizzare le tradizioni del popolo ebraico attraverso il cibo. Il piatto è progettato per esprimere l’unicità della celebrazione pasquale. Un altro possibile scopo è quello di tenere gli ingredienti vicini tra loro, pronti per la notte del Seder di Pesach.
I cibi simbolici
Ciascuno dei sei elementi disposti sul piatto ha un significato specifico allo scopo di ripercorrere, attraverso il pasto rituale, la storia della Pasqua ebraica e dell’esodo dall’Egitto. I tre matzos, corrispondenti al settimo elemento simbolico, non sono considerati una vera e propria parte del piatto del Seder di Pesach. I sei elementi tradizionali del piatto del Seder di Pesach sono:
Maror e Chazeret
Maror e Chazeret – Questi termini ebraici si riferiscono a erbe amare, che simboleggiano appunto la durezza e l’amarezza della schiavitù sofferta dagli ebrei in Egitto. Nella tradizione ebraica ashkenazita l’indivia, la lattuga romana fresca (entrambe rappresentanti la durezza delle invasioni romane) o il rafano possono essere consumate come Maror, per obbedire al comandamento di mangiare erbe amare durante il Seder di Pesach. Il termine Chazeret corrisponde ad altre erbe amare, tra le quali di solito figura sempre la lattuga romana, utilizzata nella preparazione del korech, un “panino” pasquale .
Charoset
Charoset – Una miscela dolce di colore marrone che rappresenta la malta e i mattoni usati dagli schiavi ebrei per costruire i granai o le piramidi d’Egitto. Nelle case degli ebreiashkenaziti, il Charoset viene tradizionalmente preparato con noci tritate, mele grattugiate, cannella e vino rosso dolce.
Karpas
Karpas – Il termine si riferisce a tipi di verdure diverse dalle erbe amare. Queste hanno lo scopo di rappresentare speranza e rinnovamento. La verdura scelta viene immersa in acqua salata all’inizio della celebrazione. Di solito vengono utilizzati prezzemolo o altre verdure di colore verde.[1] Alcuni sostituiscono il prezzemolo con cipollotto tritato (a rappresentare l’amarezza della schiavitù in Egitto) o con patate (che rappresentano la dura condizione patita dagli ebrei nei ghetti nella Germania nazista e in altri paesi europei). Le gocce che cadono dopo aver immerso le verdure nell’acqua salata sono una rappresentazione visiva delle lacrime, un ricordo simbolico del dolore provato dagli schiavi ebrei in Egitto. Di solito, in uno Shabbat o un pasto festivo, durante la celebrazione del kiddush, la prima cosa da mangiare dopo aver bevuto il vino è il pane. Durante il Seder di Pesach, invece, la prima cosa consumata dopo il kiddush è una verdura. Segue immediatamente la famosa domanda, Ma Nishtana: “Perché questa notte è diversa da tutte le altre?”
L’elemento del Karpas simboleggia anche la primavera, dato che gli ebrei celebrano la Pasqua in questa stagione.
Zeroah
Zeroah – (traslitterato Z’roa) solitamente uno stinco d’agnello arrostito. È un pezzo particolare, in quanto unico elemento di carne del piatto. Rappresenta il “Korban Pesach” (o sacrificio pasquale) di un agnello il cui sangue fu “spruzzato” dagli israeliti schiavi in Egitto sulle porte delle proprie case, in modo che Dio “passasse oltre” quelle abitazioni durante la decima piaga.[2]
Beitzah
Beitzah – Un uovo bollito, a simboleggiare il korban chagigah (il sacrificio festivo) che veniva offerto al tempio di Gerusalemme, viene poi arrostito al forno e consumato come parte del pasto del Seder. Sebbene sia il sacrificio di Pesach che quello del chagigah fossero in origine di carne, oggi per il chagigah si utilizza un uovo, simbolo del lutto (le uova sono tradizionalmente la prima pietanza servita dopo un funerale ebraico), richiamando il sentimento di dolore per la distruzione del Tempio di Gerusalemme e la conseguente impossibilità di offrire proprio lì i sacrifici ordinati nei testi sacri in occasione della Pasqua. L’uso dell’uovo nel Seder di Pesach viene attestato per la prima volta in un commento del rabbino Moses Isserles riportato nel Shulchan Aruch, testo normativo ebraico del XVI secolo, ma il periodo preciso in cui iniziò tale usanza è sconosciuto.[3] L’uovo non viene comunque utilizzato durante la parte cerimoniale “ufficiale” del Seder. Alcuni ne mangiano uno sodo immerso in acqua salata o aceto come antipasto. L’uovo è anche il simbolo del cerchio della vita: nascita, riproduzione e morte.
Piatto del Seder di Pesach
Molti dei piatti decorativi e artistici del Seder di Pesach, venduti nei negozi d’arte cerimoniale ebraica, possiedono già gli spazi separati per la suddivisione delle varie pietanze simboliche.
Tavola apparecchiata per il Seder con sopra: il tipico piatto del Seder di Pesach, acqua salata; matza; del vino kosher e una copia del testo Haggadah per ciascuno degli ospiti.
I Tre Matzot
Il sesto elemento simbolico sul tavolo Seder di Pesach è un altro piatto contenente tre matzot interi, impilati e separati l’uno dall’altro da tovaglioli. Il matzah centrale viene spezzato e una metà viene messa da parte per essere consumato successivamente come afikoman. La parte superiore e l’altra metà del matzot centrale vengono poi utilizzate per l’hamotzi (la benedizione del pane), e il matzah inferiore viene successivamente utilizzato per la preparazione del korech (“panino” di Hillel).
Acqua salata
L’acqua salata non fa tradizionalmente parte del Piatto del Seder, ma viene comunque posta sul tavolo in un recipiente a sé. Tuttavia, viene a volte utilizzata come uno dei sei elementi tradizionali al posto del chazeret. L’acqua salata sta a rappresentare le lacrime degli israeliti ridotti in schiavitù.
Varianti
Piatto del Seder con un’arancia.
Aceto – Gli ebrei tedeschi e persiani includono tradizionalmente l’aceto per il piatto del Seder, accanto all’elemento fondamentale del karpas . Il karpas viene dunque immerso in aceto e non in acqua salata.
Olive – Ad alcuni piatti seder viene aggiunta un’oliva per esprimere solidarietà ai palestinesi. Nel 2008, il Jewish Voice for Peace lanciò un appello per aggiungere un’oliva in ricordo delle piante d’ulivo sradicate in Palestina. L’aggiunta di questo elemento al piatto come appello alla pace tra Israele e Palestina è ben vista da alcuni ebrei.
Arancio – Alcuni ebrei includono nel piatto un’arancia. L’arancia è simbolo di fertilità e fruttuosità. La sua presenza nel piatto sta a rappresentare il concetto che tutti gli ebrei, incluse alcune categorie particolarmente emarginate.
La colazione di Pasqua: origini, tradizioni e pietanze
La tradizione della colazione di Pasqua nella cultura italiana
La tradizionalissima “colazione di Pasqua”. Si tratta, infatti, di una ricchissima colazione che vede l’unione di dolce e salato. Questa ha origini antiche ed è una tradizione ancora rispettata.
La colazione di Pasqua
La colazione di Pasqua è una tradizione antica che assume caratteristiche e forme diverse in base al territorio in cui ci troviamo. Nelle tradizioni locali ogni colazione possiede le sue peculiarità
Alcuni prodotti hanno un alto valore simbolico, sono un segno che si lega alla tradizione cristiana. La Pasqua nel calendario liturgico cade sempre a Primavera, quando la natura si sta risvegliando in tutto il suo vigore, diventando segno di rinascita. L’Uovo è l’ingrediente per eccellenza.
Fin dall’antichità aveva un forte valore simbolico (l’uovo cosmico, legato ai miti della creazione del mondo e dell’Universo), nella tradizione cristiana è il segno della Resurrezione. Il suo guscio rappresenta il sepolcro, da cui Cristo resusciterà, l’interno dell’uovo è segno di forza, di potenza, della nuova vita. Nel Medioevo nasce la tradizione di regalarsi le uova (vere), mentre la tradizione golosa dell’uovo di cioccolato è molto recente, a partire dal XIX secolo.
Poi abbiamo il Pane, Il chicco di grano se non muore non genera frutto. Evidente quindi il richiamo alla morte e resurrezione. E’ il simbolo dell’Eucaristia, il pane spezzato dell’Ultima Cena. Per il pane abbiamo molte varianti sia per cottura, sia per eventuali ingredienti aggiunti nella lievitazione o nella forma. Così da avere prodotti unici nel gusto e nell’aspetto, da essere tramandati fino ai giorni nostri.
La grande varietà di ricette locali ci porta a trovare lo stesso prodotto realizzato dolce o salato, alto o basso, con ingredienti in più o in meno, e questa diversità la si può riscontrare anche tra località limitrofe.
Nelle tradizioni locali, riscopriamo la storia, i simboli e la passione tramandata da famiglia a famiglia. Un identità unica, tutta da scoprire attraverso i luoghi e i sapori.
Il tavolo è apparecchiato e decorato a tema pasquale, con posate e piatti utilizzati per l’occasione. Su questo le portate sono miste: si passa dal dolce al salato e dal salato al dolce. Ma perché si fa la colazione e non il pranzo? La motivazione, molto antica, deriva dalla necessità di mangiare molto per celebrare la fine del digiuno compiuto durante la quaresima. E cosa si mangia esattamente? I piatti che si possono trovare sulla tavola di una colazione di pasqua variano da un tipico salame denominato corallina, le uova sode , i formaggi, le torte salate, ma anche quelle dolci. E ancora la frittata con asparagiselvatici, il latte, il the e il caffe. Per i più tradizionalisti non può mancare la coratella, ovvero interiora di abbacchio, accompagnata dai carciofi, e l’agnello. E per concludere non può non esserci la colomba e l’uovo di cioccolato.
Idea Progettazione Articolo di Marilena Marino Vocedivina.it
L’11 febbraio 1858 la Madonna apparve per la prima volta a Bernardette Subirous nella grotta di Massabielle, tra i Pirenei francesi. Da allora, questo luogo è divenuto meta incessante di pellegrinaggi da ogni parte del mondo. Sono circa una settantina i miracoli di guarigione giudicati inspiegabili e riconosciuti dalla Chiesa che l’11 febbraio, per volontà di San Giovanni Paolo II, celebra la Giornata mondiale del malato
Ogni anno Lourdes è meta incessante di circa 5 milioni di ammalati che invocano protezione e conforto. La grotta in mezzo ai Pirenei francesi evoca le apparizioni mariane più famose della storia, riconosciute ufficialmente dalla Chiesa. Avvennero nel 1858 ed ebbero come protagonista una ragazza di quattordici anni, Bernadette Soubirous. La Vergine le apparve per ben diciotto volte in una grotta, lungo il fiume Gave. Le parlò nel dialetto locale, le indicò il punto in cui scavare con le mani per trovare quella che si rivelerà una sorgente d’acqua, al contatto con la quale sarebbero scaturiti molti miracoli. Tutto ebbe inizio giovedì, 11 febbraio 1858, quando Bernadette si recò a raccogliere legna secca nel greto del fiume Gave, insieme ad una sorella e ad una loro amica. Un rumore che proveniva dal cespuglio che si trovava nella grotta attirò la ragazzina alla quale apparve la Vergine presentandosi come Immacolata concezione e confermando quindi il dogma del concepimento immacolato di Maria promulgato da papa Pio IX l’8 dicembre 1854, quattro anni prima.
Per questo l’11 febbraio la Chiesa celebra la memoria della Madonna di Lourdes alla quale San Giovanni Paolo II volle associare la Giornata Mondiale del Malato. Le apparizioni di Lourdes vennero ufficialmente riconosciute dal vescovo di Tarbes il 18 febbraio del 1862. Ben presto fu eretta una grande chiesa così come la Vergine aveva richiesto. Lourdes divenne subito il più celebre dei luoghi mariani. Un ufficio speciale (le Bureau médical) fu incaricato di vagliare scientificamente le guarigioni che iniziarono a verificarsi immediatamente. Di miracoli finora ne sono stati riconosciuti una settantina, ma di fatto sono molti di più. Ancora più numerose sono le conversioni.
IL RACCONTO DELLE PRIME APPARIZIONI
Quella mattina dell’11 febbraio 1858 era un giovedì grasso e a Lourdes faceva tanto freddo. In casa Soubirous non c’era più legna da ardere. Bernadette, che allora aveva 14 anni, era andata con la sorella Toinette e una compagna a cercar dei rami secchi nei dintorni del paese. Verso mezzogiorno le tre bambine giunsero vicino alla rupe di Massabielle, che formava, lungo il fiume Gave, una piccola grotta. Qui c’era “la tute aux cochons”, il riparo per i maiali, un angolo sotto la roccia dove l’acqua depositava sempre legna e detriti. Per poterli andare a raccogliere, bisognava però attraversare un canale d’acqua, che veniva da un mulino e si gettava nel fiume. Toinette e l’amica calzavano gli zoccoli, senza calze. Se li tolsero, per entrare nell’acqua fredda. Bernadette invece, essendo molto delicata e soffrendo d’asma, portava le calze. Pregò l’amica di prenderla sulle spalle, ma quella si rifiutò, scendendo con Toinette verso il fiume. Rimasta sola, Bernadette pensò di togliersi anche lei gli zoccoli e le calze, ma mentre si accingeva a far questo udì un gran rumore: alzò gli occhi e vide che la quercia abbarbicata al masso di pietra si agitava violentemente, per quanto non ci fosse nell’aria neanche un alito di vento. Poi la grotta fu piena di una nube d’oro, e una splendida Signora apparve sulla roccia.
La Signora aveva l’aspetto di una giovane di sedici o diciassette anni. Vestita di bianco, con una fascia azzurra che scendeva lungo l’abito, portava sulla testa un velo bianco che lasciava intravedere appena i capelli ricadendo all’indietro fino all’altezza della fascia. Dal braccio le pendeva un grande rosario dai grani bianchi, legati da una catenella d’oro, mentre sui piedi nudi brillavano due rose, anch’esse di un oro lucente. Istintivamente, Bernadette s’inginocchiò, tirando fuori la coroncina del Rosario. La Signora la lasciò fare, unendosi alla sua preghiera con lo scorrere silenzioso fra le sue dita dei grani del Rosario. Alla fine di ogni posta, recitava ad alta voce insieme a Bernadette il Gloria Patri. Quando la piccola veggente ebbe terminato il Rosario, la bella Signora scomparve all’improvviso, ritirandosi nella nicchia, così come era venuta. Tre giorni dopo, il 14 Febbraio, Bernadette – che ha subito raccontato alla sorella e all’amica quanto le è accaduto, riferendo della cosa anche in casa – si sente chiamata interiormente verso la grotta di Massabielle, munita questa volta di una bottiglietta di acqua benedetta che getta prontamente sulla S. Vergine durante la nuova apparizione, perché, così le è stato detto, su queste cose non si sa mai e potrebbe anche essere il diavolo a farle un tiro mancino… La Vergine sorride al gesto di Bernadette e non dice nulla. Il 18 febbraio, finalmente, la Signora parla. “Non vi prometto di farvi felice in questo mondo – le dice – , ma nell’altro. Volete farmi la cortesia di venire qui per quindici giorni?”. La Signora, quindi, confida a Bernadette tre segreti la giovane deve tenere per sé e non rivelare mai a nessuno.
La Francia, patria del Positivismo
La Provvidenza non sceglie a caso il luogo in cui manifestarsi in maniera così dirompente. Siamo nella Francia del XIX secolo, in cui trionfa la filosofia positivista secondo cui l’uomo, nella sua bontà o, al contrario, nella sua cattiveria, è interamente determinato dall’essere inserito in una società che sia, appunto, buona o cattiva. Maria a Lourdes sovverte tutto questo, ricordando l’esistenza del peccato originale e del libero arbitrio. Dunque, prima di agire sulla società, dice Maria, bisogna agire sul cuore dell’uomo. Bisogna convertirsi.
11 febbraio 1858
Per lanciare al mondo il suo messaggio di preghiera e carità, la Madonna sceglie Bernadette, una pastorella di 14 anni. Fa molto freddo a Lourdes quel giorno, così la giovane, assieme alla sorella e a un’amica, va a raccogliere legna dalle parti della grotta di Massabielle. Rimasta indietro rispetto alle altre, all’improvviso avverte come un colpo di vento, ma non vede le cime degli alberi scuotersi, poi una grande luce e, attraverso questa, la figura bianchissima di una giovane. Non le parla, la Signora, ma le insegna a fare correttamente il segno della croce e insieme, in silenzio, recitano il Rosario. Al termine della preghiera la visione scompare.
“Io sono l’Immacolata Concezione”
Tre giorni dopo, il 14 febbraio, Bernadette sente il desiderio irrefrenabile di tornare alla grotta, ma lo fa portando con sé dell’acqua benedetta. Quando la Signora appare, cerca di aspergerla, ma lei resta lì, sorride e insieme ricominciano a recitare il Rosario. È il 18 febbraio la prima volta che la Signora parla a Bernadette e le raccomanda di tornare per 15 giorni, di dire ai sacerdoti di recarsi in quel luogo in processione e di edificarvi una chiesa. Il 25 febbraio la Signora chiede a Bernadette di mangiare l’erba e di scavare: così scaturirà l’acqua della fonte miracolosa in cui ancora oggi i malati si immergono pregando per la propria guarigione. Finalmente, il 25 marzo, festa dell’Annunciazione, la Madonna si rivela: “Sono l’Immacolata Concezione”, dice, e Bernadette lo ripete al parroco. Non poteva sapere, una pastorella, che il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria era stato stabilito appena quattro anni prima da Papa Pio IX. Sono tante le cose che Maria rivela a Bernadette nei loro incontri, ma soprattutto indica a lei e al mondo il Cielo e la santità come unico obiettivo della vita terrena e la penitenza per l’eliminazione dal mondo del peccato come unico mezzo che l’uomo ha per raggiungerla.
Lourdes, santuario mariano internazionale
Le apparizioni di Lourdes hanno attirato a Massabielle fin dall’inizio molti curiosi, con l’inevitabile bagaglio di scetticismo. La stessa Bernadette fu sottoposta a esami medici e interrogata dalle autorità ecclesiastiche, finché Maria non concesse che si verificassero degli eventi prodigiosi in modo che alcuni credessero. Fu costruita una chiesa, e nel 1862 arrivò dal vescovo di Tarbes la lettera pastorale con cui Lourdes fu consacrata alla sua vocazione di santuario mariano internazionale.
Ciò che Dio ha fatto durante le mie vacanze estive e probabilmente anche le tue( Tratto da un racconto)
Il peccato riporta le sue piccole vittorie, ma il Dio dell’amore è molto più grande..
Non sono riuscito a dormire l’ultima notte del nostro soggiorno di agosto al campeggio KOA fuori dal Glacier National Park, dove la nostra famiglia stava festeggiando una riunione. È stata una settimana da capogiro. Seguendo il consiglio di amici, avevamo guidato dal Kansas attraverso il Wyoming fino al Montana e avevamo alloggiato nei campeggi dei parchi nazionali Grand Tetons e Yellowstone.
Così sono andato a fare una passeggiata alle 4 del mattino e ho pensato a cosa Dio ha fatto durante le mie vacanze estive.
Innanzitutto, ho visto l’amore di Dio nel mondo naturale.
La vacanza è arrivata dopo che ho registrato l’episodio del mio podcast Extraordinary Story incentrato sulle parole di Gesù sui gigli del campo, che un autore chiama “una passeggiata attraverso il Giardino dell’Eden al fianco del meraviglioso Creatore, una passeggiata curativa intesa a apri i nostri occhi e cura l’inquietudine del nostro cuore attraverso la contemplazione del mondo naturale che ci circonda”.
Quel giorno, ho capito cosa intendeva sulla Going-to-the-Sun Road del Montana, con scogliere a strapiombo che torreggiano su di noi da un lato e precipitano in un abisso dall’altro. Le nebbie si muovevano al rallentatore oltre i sempreverdi e l’acqua bianca scendeva a cascata lungo scogliere frastagliate. Continuava a venirmi in mente una frase, così l’ho detta ad alta voce nel furgone: “Dio ha creato tutto questo pensando a noi”.
Questo è innegabilmente vero.
Dio ha dato agli esseri umani la capacità unica di apprezzare la bellezza – e poi ha reso la terra straordinariamente bella perché ci ama. O meglio, poiché Egli è fuori dal tempo, ciò a cui assistiamo in ogni momento è il suo atto creativo originale, che travolge noi e tutti nella storia con la verità della sua bellezza e bontà.
In secondo luogo, ho visto l’amore di Dio nella mia famiglia.
In realtà, Dio non solo ci benedice con il suo atto creativo, ma ci invita a farlo. Insieme alla bellezza della natura nel Giardino dell’Eden, Dio ha donato al suo popolo l’amore sponsale che doveva “essere fecondo e moltiplicarsi”.
Per me, ciò significava che mentre camminavo per il campeggio di notte, passavo davanti a figli, figlie, nipoti, zii, cugini e suoceri addormentati.
Alla cena di riunione di famiglia di quel giorno, avevo visto parenti in magliette Harley-Davidson chiacchierare con gli amministratori della scuola Montessori, guardalinee chiacchierare con dirigenti aziendali e adolescenti giocare con entusiasmo al “mostro di lava” nel parco giochi con nipoti e nipoti.
La famiglia passa in secondo piano per gran parte dell’anno, ma durante le vacanze si vede quanto sia potente.
Terzo: ho visto quanto è fragile tutto ciò.
Bisogna ammettere che mentre assistevo alla maestosità della bellezza della montagna, la vedevo attraverso i finestrini sporchi di un furgone disseminato di involucri di snack alla frutta, bottiglie d’acqua, tovaglioli e il contenuto di borse per pannolini rovesciate. I boschi erano disseminati di una raccolta meno concentrata dello stesso tipo di cose, incluso almeno un involucro di snack che è esploso fuori dalla mia porta e in aria, più velocemente di quanto potessi correre.
E, a parte il mio unico commento su Dio, la nostra conversazione familiare era per lo più fatta di forti lamentele per i piedi puzzolenti, valutazioni rabbiose dell’egoismo degli altri e discussioni su ciò che qualcuno diceva e su come lo diceva .
Per quanto il nostro viaggio abbia evocato il Giardino dell’Eden, ha anche reso molto chiaro che il Giardino dell’Eden è scomparso, scambiato con il peccato.
Quarto: ho visto il cielo.
A nord, dove eravamo noi, il sole resta alto fino a molto tardi in agosto. Durante la mia passeggiata alle 4 del mattino, mi sono reso conto che era la prima volta che ero uscito nel buio più totale, ho alzato lo sguardo e ho visto il vasto cielo pieno di stelle.
Aristotele guardò queste stelle e decise di voler vivere la sua vita in armonia con il logos, l’ordine dell’universo, la logica al centro delle cose. Ma voleva farlo attraverso il miglioramento personale, non il dono di sé.
San Giovanni guardò questo cielo e scrisse “il Verbo si fece carne” – il Logos si fece uomo. Dopo che abbiamo distrutto il Giardino che ci ha donato, Gesù ha fatto per noi la via del ritorno riversandosi sulla croce e nei sacramenti. Ora, unendo la nostra donazione alla sua, possiamo risorgere dai nostri peccati e unirci all’Amore che è alla radice di tutto.
Dante guardò le stesse stelle al termine del suo lungo viaggio e disse: “Qui la mia visione esaltata perdette la sua potenza e il mio desiderio fu trascinato dall’Amore che muove le stelle”.
Il peccato ottiene le sue piccole vittorie, ma il Dio dell’amore è molto più grande e combatte al nostro fianco per la bellezza, la verità e la bontà in ogni passo del cammino. Questo è ciò che Dio ha fatto durante le mie vacanze estive.
“Accogliendo l’invito di Sua Altezza lo Sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan, Presidente degli Emirati Arabi Uniti”, Papa Francesco si recherà, “come annunciato”, a Dubai, dal 1° al 3 dicembre, in occasione della prossima Conferenza degli Stati Parte alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP-28). A dichiararlo ai giornalisti è il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni.
Il Papa alla Cop28 di Dubai per rilanciare l’appello ad un’azione urgente per il clima
Per la prima volta alla “Conferenza delle Parti”, per la seconda negli Emirati Arabi Uniti dopo il viaggio del 2019 ad Abu Dhabi, Francesco sarà presente dall’1 al 3 dicembre tra i leader del mondo per ribadire appelli, aspettative e speranze già espressi nella Laudate Deum
Il “grido” di Francesco perché il mondo si impegni a dare una risposta alla crisi climatica, il grido, cioè, lanciato nella Laudato si’ e poi cristallizzato nella Laudate Deum, risuonerà a dicembre a Dubai. Nel futuristico emirato, città di opulenza e architetture ultra moderne, tra i maggiori esportatori di energia fossile ma, al contempo, grande investitore in energie rinnovabili, si svolgerà la Cop28, il più importante appuntamento dell’anno organizzato dall’Onu in cui i leader mondiali dovranno fare il punto su progressi e ritardi in quella che il Papa, mutuando San Francesco, definisce “la cura della nostra Casa comune”.
La “Conferenza delle Parti” aprirà i battenti il prossimo 30 novembre fino al 12 dicembre e questa ventottesima edizione vedrà per la prima volta la partecipazione di un Pontefice, Francesco, al suo secondo viaggio negli Emirati Arabi Uniti, dopo la trasferta ad Abu Dhabi del febbraio 2019 che è stata occasione della firma della storica Dichiarazione sulla Fratellanza Umana.
Il viaggio internazionale, il 45.mo del pontificato e il sesto del 2023, è stato confermato oggi dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni. “Accogliendo l’invito di Sua Altezza lo sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan, presidente degli Emirati Arabi Uniti, Sua Santità Papa Francesco si recherà, come annunciato, a Dubai, dal 1° al 3 dicembre 2023, in occasione della prossima Conferenza degli Stati Parte alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (COP-28)”, si legge nel comunicato, senza ulteriori informazioni sul programma.
L’annuncio di Francesco
Già il Papa stesso aveva annunciato la sua presenza nella recente intervista al Tg1: “Sì, andrò a Dubai. Credo che partirò il 1° dicembre fino al 3 dicembre. Starò tre giorni lì”, ha detto Francesco ricordando che proprio una Cop, la numero 21 del 2015 svoltasi a Parigi, aveva dato l’impulso per la stesura dell’enciclica sociale Laudato si’.
“Io ricordo che quando sono andato a Strasburgo, al Parlamento europeo, e il presidente Hollande ha mandato la ministra dell’ambiente Ségolène Royal a ricevermi e lei mi ha chiesto: ‘Ma lei sta preparando qualche cosa sull’ambiente? Lo faccia prima dell’incontro di Parigi’. Io ho chiamato alcuni scienziati qui, che si sono affrettati, è uscito Laudato si’ che è uscito prima di Parigi. E l’incontro di Parigi è stato il più bello di tutti. Dopo Parigi tutti sono andati indietro e ci vuole coraggio per andare avanti in questo”, ha raccontato Jorge Mario Bergoglio.
Ora, alla luce della Laudate Deum pubblicata il 4 ottobre scorso, giorno della memoria liturgica del Santo d’Assisi dal quale ha preso il nome e la missione, Francesco vuole farsi presente anche fisicamente a questo importante consesso internazionale sul quale, peraltro, gravano le recenti tensioni in Europa e in Medio Oriente.
Il Papa ha dedicato uno intero capitolo della esortazione apostolica all’appuntamento di Dubai: “Cosa ci si aspetta dalla Cop28 di Dubai?” è il titolo e in esso si condensano le attese e le speranze del Vescovo di Roma che guarda alla realtà di Dubai dove, afferma, “le compagnie petrolifere e del gas ambiscono lì a nuovi progetti per espandere ulteriormente la produzione”. “Dire che non bisogna aspettarsi nulla sarebbe autolesionistico, perché significherebbe esporre tutta l’umanità, specialmente i più poveri, ai peggiori impatti del cambiamento climatico”, scrive.
Punto di svolta
“Se abbiamo fiducia nella capacità dell’essere umano di trascendere i suoi piccoli interessi e di pensare in grande, non possiamo rinunciare a sognare che la Cop28 porti a una decisa accelerazione della transizione energetica, con impegni efficaci che possano essere monitorati in modo permanente”, si legge ancora nella esortazione papale. “Questa Conferenza può essere un punto di svolta, comprovando che tutto quanto si è fatto dal 1992 era serio e opportuno, altrimenti sarà una grande delusione e metterà a rischio quanto di buono si è potuto fin qui raggiungere”.
Le preoccupazioni del Papa erano state condivise anche da Sultan Al Jaber, ministro dell’Industria e della tecnologia avanzata degli Emirati Arabi e presidente della Cop28., che Papa Francesco ha ricevuto l’11 ottobre scorso nel Palazzo Apostolico. In una intervista con i media vaticani, Al Jaber esprimeva l’apprezzamento degli Emirati Arabi Unirti per il “fermo sostegno” del Papa “a un’azione positiva per il clima al fine di promuovere il progresso umano” e ribadiva pure l’impegno del suo Paese “a fare tutto il possibile per unire le parti, garantire l’inclusività, ottenere impegni e azioni chiari e fornire un’azione climatica ambiziosa per le persone in tutto il mondo”. Quindi delineava il “punto fermo” che guida i partecipanti alla Conferenza, “mantenere l’aumento della temperatura entro 1,5 gradi Celsius”, e l’obiettivo principale: “Ridurre 22 gigatonnellate di emissioni entro il 2030”. “Il cambiamento climatico ci sta già influenzando”, diceva il ministro, “dobbiamo adattarci a questo cambiamento”.
È la versione italiana di “Há Pressa no Ar” (C’è fretta nell’aria), inno della Giornata Mondiale della Gioventù Lisbona 2023, ispirata al tema della GMG Lisbona 2023
"In fretta si va": l'inno della Gmg 2023 di Lisbona in italiano
“In fretta si va”, è la versione italiana di “Há Pressa no Ar”(C’è fretta nell’aria), inno della Giornata Mondiale della Gioventù Lisbona 2023, ispirata al tema della GMG Lisbona 2023 («Maria si alzò e andò in fretta» (Lc 1,39).
Il Servizio Nazionale per la Pastorale giovanile della Cei ha affidato la versione italiana al musicista Valerio Baggio e al paroliere Valerio “Lode” Ciprì che ha tradotto il testo, entrambi già autori di celebri inni.
La voce italiana è della giovane cantante Benedetta Belotti.
L’inno della Gmg 2023 si sviluppa intorno al “sì” di Maria e della sua fretta di incontrare la cugina Elisabetta. “Há Pressa no Ar” ha testi di João Paulo Vaz, sacerdote, e musica di Pedro Ferreira, professore e musicista, entrambi della diocesi di Coimbra, nel centro del Portogallo. Gli arrangiamenti sono del musicista Carlos Garcia.
Il tema è stato registrato in due versioni in portoghese e nella versione internazionale (portoghese, inglese, spagnolo, francese e italiano). La versione italiana mantiene la musica originale, grazie alle parole di Valerio “Lode Ciprì” tra i fondatori del Gen Rosso, e resta aderente al testo originale mantenendosi assonante con esso. Nel cantare questo inno, i giovani di tutto il mondo sono invitati a identificarsi con Maria, rendendosi disponibili al servizio, alla missione e alla trasformazione del mondo.
“Maria si alzò e andò in fretta” (Lc 1,39): è questo il tema del Messaggio del Santo Padre ai giovani in occasione della XXXVII Giornata Mondiale della Gioventù, che sarà celebrata nelle Chiese particolari il prossimo 20 novembre 2022 e a livello internazionale a Lisbona dal 1 al 6 di agosto 2023.
La città della gioia
Una nuova esperienza legata alla GMG che unirà il Parco del Perdono e la Fiera delle Vocazioni.
Una nuova esperienza legata alla GMG di Lisbona è la Città della Gioia, un luogo che unirà il Parco del Perdono e la Fiera delle Vocazioni e dove scoprire Cristo attraverso esperienze di gioia cristiana. I giovani saranno provocati attraverso incontri, eventi, conversazioni, momenti di preghiera. Un modo per mettersi in discussione e confrontarsi con l’altro, con il diverso, sperimentando l’armonia, il perdono di Dio e la sua misericordia.
Un percorso insomma, ricco di stimoli dal Parco del Perdono dove ci saranno a disposizione 150 confessionali, alla Fiera Vocazionale in ci saranno testimonianze sulla vocazione
Maria si alzò e andò in fretta (Lc 1,39) è la citazione biblica scelta da Papa Francesco come motto della Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà per la prima volta in Portogallo, nella capitale Lisbona, dall’1 al 6 agosto 2023. La frase biblica apre il racconto della Visitazione (la visita di Maria alla cugina Elisabetta), episodio successivo all’Annunciazione (l’annuncio dell’angelo a Maria che sarebbe stata madre del Figlio di Dio, tema della GMG a Panama).
Durante l’Annunciazione l’angelo dice a Maria che sua cugina, ritenuta sterile, è incinta. Dopo aver risposto all’angelo Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola (Lc 1,38), è allora che Maria parte per Ain Karim, un villaggio vicino a Gerusalemme dove Elisabetta viveva e attendeva la nascita di Giovanni, che sarebbe diventato San Giovanni Battista.
Maria di Nazaret è la grande figura del cammino cristiano: ci insegna a dire di sì a Dio. Nell’episodio biblico della Visitazione l’atto di alzarsi in piedi presenta Maria sia come donna di carità sia come missionaria. Partire in fretta rappresenta l’atteggiamento indicato da Papa Francesco per la GMG di Lisbona: «che l’evangelizzazione dei giovani sia attiva e missionaria, perché così riconosceranno e testimonieranno la presenza del Cristo vivente».
Rivolgendosi in particolare ai giovani, e sfidandoli ad essere coraggiosi missionari, il Papa nell’Esortazione apostolica Christus vivit scrive: «Dove ci invia Gesù? Non ci sono confini, non ci sono limiti: ci invia a tutti. Il Vangelo è per tutti, non per alcuni» (CV 177).
A Lisbona ritroveremo insieme la gioia dell’abbraccio fraterno. Papa Francesco” La Gmg è un pellegrinaggio e non un semplice viaggio: è darsi l’opportunità di lasciarsi raccontare quanto siamo preziosi per il Signore, quanto gli stiamo a cuore; ed è scoprire che la Chiesa siamo noi, sognando di poter far qualcosa per renderla sempre più bella”.