Chi sono i missionari? Sono sacerdoti, religiosi e religiose, laici e laiche chiamati a diffondere la fede “fino agli estremi confini della terra” (Atti 1,8).
L’origine teologica del termine “Missione” è la traduzione latina della parola greca “apostolo”. Nel Nuovo Testamento il verbo αποστέλλω (apostello) ricorre 131 volte, 119 delle quali solo nei Vangeli e negli Atti. Esso traduce l’ebraico shằlakh (שלה) stendere, inviare (in latito mittere, il cui participio passato è missio).
L’utilizzo del termine tuttavia prende corpo solo verso la metà del ‘500 con i Gesuiti: è infatti sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, ad aggiungere ai classici tre voti di povertà, castità e obbedienza, quello di obbedienza al Papa “circa missiones”, con il quale i gesuiti si mettono a disposizione del Papa per qualsiasi “missione” egli ritenga necessaria o utile per il bene della Chiesa.
Il Concilio Vaticano II segna un cambio di prospettiva radicale. Il termine «missionario» viene usato per tutti i battezzati, consapevoli che «in virtù del battesimo ricevuto, ogni membro del popolo di Dio è diventato discepolo missionario. Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione», testo di Papa Francesco, ripreso dal documento Ad Gentes (EG 120).
I missionari “ad gentes”
Tuttavia c’è una missione specifica: è quella che viene chiamata la missione “ad gentes”, rivolta a chi vive in terre lontane e ancora non conosce la buona notizia del Vangelo, ai popoli di prima evangelizzazione, alle Chiese sorelle giovani che stanno muovendo i primi passi.
Tale vocazione missionaria si manifesta nella totalità dell’impegno per il servizio dell’evangelizzazione: è un impegno che coinvolge tutta la persona e la vita, esigendo da uomini e donne una donazione senza limiti di forze e di tempo. È una consacrazione piena ad vitam.
Oggi il missionario/a è chiamato a dare la sua testimonianza a partire da una vita di fraternità e di comunione, rivolgendosi con particolare attenzione ai poveri, ai deboli, agli emarginati, alle vittime dell’ingiustizia e dell’oppressione, destinatari privilegiati del Regno.
Dobbiamo molto a quanti, uomini e donne, hanno seguito Gesù fino a donare la vita. L’agenzia Fides, organo di informazione delle Pontificie Opere Missionarie, pubblica ogni anno un elenco degli operatori pastorali rimasti uccisi, includendo sacerdoti, religiosi, religiose, volontari e volontarie laici.
Premio Cuore Amico. I Nobel missionari del 2021: ecco chi sono
Il Premio Cuore Amico va a monsignor Christian Carlassare, suor Filomena Alicandro e al missionario laico Riccardo Giavarini. Con il premio si finanziano i progetti in Sud Sudan, Bangladesh e Bolivia
Per la Giornata Missionaria Mondiale Cuore Amico ha assegnato il Premio Cuore Amico 2021 a tre «Nobel missionari» nel mondo; ecco le loro storie. Si tratta di un riconoscimento che non esalta non esalta l’ingegno umano, ma la testimonianza evangelica e l’amore agli ultimi. I premiati sono missionari e testimoni che si fanno carico della fragilità propria e degli altri, promuovendo la fraternità e l’amicizia sociale, e ancora testimoniando che la fede è in grado di dare impulso a iniziative e plasmare comunità.
Christian Carlassare, nato a Schio (VI), missionario comboniano nel Sudan del Sud, premiato Per l’unità e la pace. Ha 43 anni ed è il vescovo italiano missionario più giovane nel mondo. Nominato nei mesi scorsi da papa Francesco vescovo della diocesi di Rumbek in Sud Sudan, è sacerdote dal 2004 e nel Paese dal 2005. Per questo popolo, che ha vissuto un conflitto cominciato negli anni Cinquanta, le cui tensioni non si sono mai placate del tutto.
Il contributo del Premio Cuore Amico verrà utilizzato per sostenere l’opera nella Diocesi di Rumbek: progetti di riconciliazione e pace, sostegno alle famiglie in difficoltà, promozione della donna. Va ricordato inoltre che, in Sud Sudan, poche settimane prima della consacrazione, il 26 aprile 2021 monsignor Carlassare è stato ferito in un attentato proprio a Rumbek. La sua video testimonianza di quanto accaduto in Sud Sudan.
Secondo premio va a suor Filomena Alicandro, la decana delle suore Missionarie dell’Immacolata in Bangladesh. È giunta in questo Paese nel 1966 stabilendosi nella zona di Bonpara. Dopo qualche anno si è trasferita al nord, a Boldipukur dove, con le consorelle, ha vissuto il difficile periodo della guerra di indipendenza del Bangladesh dal Pakistan. Dal 1979 avvia una missione a Muladuli, in una zona carente di ogni cosa, come estrema è la povertà in cui versano le comunità tribali Paharia che la abitano.
Con il contributo del Premio Cuore Amico ristrutturerà gli ambienti del centro di cucito di Golpalpur e avvierà l’insegnamento del cucito e del ricamo nel villaggio di Dhayerpara, a nord del Paese, per le donne di etnia Mandi.
Va in Bolivia il terzo premio a Riccardo Giavarini, costruttore di speranza, missionario laico a El Alto, una città molto giovane, popolosa ed estremamente povera. Delinquenza, prostituzione, contrabbando di beni, di alcol e droga trovano qui terreno fertile, anche perché la mancanza di lavoro porta spesso a cercare denaro in qualunque modo. Giavarini, missionario laico originario di Telgate (Bergamo), vive nel paese latinoamericano dal 1976.
L’importo del Premio Cuore Amico verrà utilizzato per recuperare le produzioni agricole tradizionali boliviane (frutta, miele, fiori, caffè, piccoli allevamenti di animali, riforestazione) in una azienda agricola in via di ristrutturazione che si trova nella zona di Quilo Quilo. Insieme alle comunità indigene di quest’area, si realizzerà anche un impianto idrico e un serbatoio di raccolta. L’azienda darà lavoro a ragazzi e ragazze che escono dal carcere o che hanno avuto problemi legati allo sfruttamento sessuale.
Nella stessa giornata è stato assegnato il premio voluto dall’Associazione Carlo Marchini Onlus a una religiosa che, da tanti anni, presta la sua opera educativa e di sostegno dell’infanzia in Brasile. Il premio di 10mila euro va alla salesiana suor Jane Maria da Silva per l’impegno a favore di bambini e ragazzi in diverse missioni tra cui il centro di accoglienza Chiara Palazzoli a Nova Contagem, in Brasile, istituito grazie all’Associazione Carlo Marchini, e oggi nell’oratorio Madre Maddalena Morano, a Barbacena, sempre in Brasile.
Cuoreamico.org
Sesta di nove figli, suor Jane Maria da Silva è nativa dello Stato del Minas Gerais, in Brasile. Dopo aver compiuto la professione religiosa nell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice nel 1999 ha svolto la propria azione pastorale in diverse missioni in Brasile. Al centro della sua vita e della sua azione pastorale ci sono i bambini: la loro formazione e la formazione degli educatori che li seguono. Suor Jane si è sempre occupata del pieno sviluppo di ogni bambino e giovane affinché si realizzi grazie alla compresenza della propria famiglia e di una comunità sociale e spirituale accoglienti.
I ministeri nella Chiesa Documento pastorale dell’Episcopato italiano Approvato dalla X Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana. Rielaborato dalla Presidenza, in base agli emendamenti presentati dall’ Assemblea medesima. Le determinazioni, spettanti alle Conferenze Episcopali e che nel presente documento sono state specificate per la Chiesa in Italia, entreranno in vigore in tutto il territorio nazionale un mese dopo la pubblicazione sul “Notiziario della C.E.I.” e cioè il 15 novembre 1973. PREMESSE
– Il Concilio Vaticano II ha affermato che « lo Spirito Santo unifica la Chiesa nella comunione e nel ministero, la istruisce e la dirige con 157 158 diversi doni gerarchici e carismatici, la abbellisce con i suoi frutti» (LG, 4). La Chiesa, così orientata, e sollecitata anche dalla situazione attuale della sua vita nel mondo contemporaneo, compie una ricognizione dei carismi e dei ministeri, di cui lo Spirito del Signore l’ha arricchita e continua a farle dono. I due Motu proprio Ministeria quaedam e Ad pascendum avviano questa ricognizione e ‘Tlstrutturazione dei ministeri, in occasione anche della revisione degli Ordini Minori, voluta essa pure dal ConcHio (cfr. se, 62 e 28). Termina, con questi documenti, un’antica disciplina, che riguardava soltanto i futuri presbiteri, e sorge un nuovo ordinamento che investe le intere comunità cristiane e tutti i loro membri. Il Lettorato ‘e l’Accolitato cessano pertanto di essere solamente tappe verso il Presbiterato e funzioni transitorie assorbite poi dai presbiteri, ma divengono ministeri più variamente distribuiti all’interno del popolo di Dio; espletati da membri della Chiesa, operanti in diverse situazioni di vita, sempre corresponsabili della sua missione e compartecipi, con i vescovi, i presbiteri e i diaconi alla sua azione liturgica e alla sua presenza nel mondo.
– I due documenti mostrano il fondamento, costituito dalla fede e dal Battesimo, dei due ministeri del Lettorato e dell’Accolitato, e avviano una chiara distinzione tra questi ministeri radicati nel Battesimo, dei ,quali ogni fedele può essere incaricato, e i ministeri pr’Ovenienti dalla partecipazione all’Ordine sacro (cfr. MQ che cita LG, 10). L’obbligo attuale, infatti, di riCevere i due ministeri da parte dei cand1dati al Diaconato e al Presbiterato (MQ, XI) è giustificato soltanto da motivi pedagogici e dall’ oggetto stesso di questi uffici, che si esercitano in subordinata comunione col ministero sacro del Diaconato e del Presbiterato (MQ, V, VI), pur non ,essendo ad essi in m’Od’O assoluto necessari (MQ, XI). Inoltre viene prospettata la possibilità di altri ministeri, attribuibili a fedeli ,capaci e disposti (uomini e donne). Pur complementari, perciò, i due documenti vanno letti nella prospettiva diversa che è loro propria. Mentre il primo si rivolge a tutti i fedeli, il secondo riguarda specificamente coloro che ‘intendono entrare nell’Ordine sacro. Per essi i ministeri sono pedagogicamente «finalizzati» al sacerdozio (cfr. Card. G. GARRONE, in « L’Osservatore Romano », 4-10-1972).
– Per quanto attiene alla portata dottrinale ed ecclesiale dei due documenti, va sottolineata la coerenza con l’ecclesiologia del Concilio Vaticano II, di cui progressivamente sviluppano le potenzialità. a) L’ecclesiologia di comunione. Essa postula ‘la Chiesa articolata e servita da ministeri, non condensati in pochi suoi membri, bensì di- stribuiti con varietà e larghezza all’interno delle comunità; cosicché i diversi membri della Chiesa partecipano attivamente alla sua vita e alla sua missione, nella ricchezza e diversità dei doni dello Spirito. b) La sacramentalità della Chiesa. E’ Cristo e il suo mistero che nella Chiesa vive e perdura; la Chiesa altro non compie se non attualizzare questo mistero di salvezza mediante la Parola, il Sacrificio, i Sacramenti, mentre riceve in sé per la forza dello Spirito Santo, la vita di Cristo, da testimoniare nel mondo. La sottO’lineatura più rigorosa del legame dei ministeri con il ‘Battesimo e l’Eucaristia e del rapporto con l’OI1dinesacro esplicita chiaramente come « lo Spirito Santo opera la santificazione del popolo di Dio per mezzo del ‘ministero e dei sacramenti» (AA, 3)e come ‘la corretta « organizzazione» della vita della Chiesa non può mai discostarsi dall’economia sacramentale. c) La complementarietà del sacerdozio comune e del sacerdozio ministeriale. Secondo la Lumen gentium (n. lO) « il saceI1dozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati ‘l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognuno a ‘Suo proprio modo, partecipano all’unico sacerdozio di Cristo ». E’ questo uno dei principi bas1i lari che sorregge il contenuto dei due documenti. I due Motu proprio ne cercano una più palese traduzione per ‘la vita ,della Chiesa. d) La liturgia fonte e culmine della vita e dell’attività della Chiesa (cfr. SC, 10). La prospettiva della natura e dei compiti dei due ministeri del Lettorato e ~eH’Accolitato è determinata dal rapporto che essi vengono ad assumere nei confronti del mistero sacramentale, che culmina nella celebrazione eucaristica e si trasfonde nella vita. Così il lettore iche annuncia le Scritture non può non essere, nella comunità, catechista, evangelizzatore, testimone. E l’accolito, che, aocanto al diacono, è servitore dell’altare e collaboratore del presbitero, ministro dell’Eucaristia e della carità, è chiamato specialmente ad essere animatore di unione fraterna e promotore di culto a Dio in Spirito e verità. Si sottolinea così che non è una semplice funzione rituale quella che viene affidata ai ministeri, ma runa vera missione eocLesiale che dalla liturgia parte e alla liturgia ritorna, inserendosi però in tutta la vita della Chiesa, e in tutti i suoi momenti.
– I due Motu proprio forniscono indicazioni spirituali e pastorali assai importanti: a) I ministeri sono una grazia, che viene conferita a colui che ne è istituito. La Chiesa, in una celebrazione liturgica, con l’efficacia che le viene dallo Spirito, chiama sul lettore e sull’accolito « speciale benedizione 159 160 perché possano compi,ere fedelmente ‘il loro servizio» (Orazione dell’istituzione degli accoliti). Così questi servizi ‘liturgici e le conseguenti mansioni nella comunità cristiana, traggono ‘Vigore dall’istituzione che ne compie la Chiesa. b) I ministeri esigono -consapevolezza, in chi li assume; maturano e si nutrono mediante un costante sforzo ascetico, perché all’ufficio e alla grazia ricevuti deve corrispondere una coerente testimonianza ,di vita: «conoscere quel ,che si fa, imitare ciò che si tratta »; «l’esercizio del ministero vi stimoli ad una vita spirituale sempre più intensa» (Rito dell’istituzione degli accoliti). c) I ministeri sono conferiti come compito e missione -da espletare rea:lmente all’interno delle comunità della Chiesa. In nessun modo debbono essere sminuiti o come attribuzioni onorifiche, o come momenti episodici nella vita di un ,cristiano, o come prestazioni giustificate unicamente da necessità organizzative, o come semplici passaggi d’obbligo, senz’efficacia operativa, anteriori al Diaconato e Presbiterato. d) I min’isteri non sono solamente prestazioni rituali ma servizi all’intera vita della Chiesa. Da qui il criterio di discernimento per l’istituzione dei ‘lettori e accoliti; non unicamente una buona attitudine e preparazione ai riti, bensì un’idoneità ‘a espletarne il ministero conseguente e la disponibilità radicale ad essere e a fare nella Chiesa quamto il ministero comporta. E’ -una donazione di -sé quella che si richiede a colui che assume ii ministero; -il quale esige poi ‘continuità e disponibilità.
– Il documento Ministeria quaedam articola le sue norme su due ipotesi: a) Lettorato e Accolitato come ministeri permanenti e stabili, esercitati da laici, i ‘quali così assumono un ufficio qualificato all’interno della Chiesa. b) Lettorato e Accolitato come ministeri accolti e esercitati da candidati al Diaconato e al Presbiterato, che, nella grazia, nell’ascesi e nell’esercizio relativo ‘a questi ministeri, trovano elementi fondamentali del ministero dell’Ordine sacro e progressiva preparazione ad assumerne gli impegni.
– A riflettere attentamente, questa partecipazione all’identico e unico ministero del Lettorato e Accolitato da parte di chi è laico e da parte di chi è già dichiaratamente orientato all’Ordine sacro, può essere sorgente di prospettive assai importanti per la vita della Chiesa. a) Avverrà che l’area « del Libro, dell’Altare, della Chiesa» ·sarà di fatto più condivisa e più compartecipata dai presbiteri e dai laici. b) Si verificherà una minore estraneità del candidato presbitero e diacono nella comunità cristiana. c) Ci sarà la reale possibilità di riscontro della vita e dell’opera missionaria del futuro diacono o presbitero, proprio mediante l’esercizio vivo e concreto dei ministeri nella comunità. In prospettiva, pare che la stessa « pastorale delle vocazioni» possa prendere luce da questi documenti: è pensabile infatti che l’esercizio effettivo dei ministeri, nel vivo tessuto della comunità, evidenzi negli stessi lettori e accoliti laici ,la chiamata di Dio al Diaconato e al Presbiterato e la segnali al discernimento del Vescovo. Pa’rte prima I MINISTERI DEL LETTORATO E DELL’ACCOLITATO
– L’ufficio liturgico del iettore è la proclamazione delle letture nell’assemblea liturgica. Di conseguenza il lettore deve curare la preparazione dei fedeli alla -comprensione della parola di Dio ed educare nella fede i fanciulli e gli adulti. Ministero perciò di annunciatore, di catechista, di educatore alla vita sacramentale, di evangelizzatore a chi non conosce o misconosce il Vangelo. Suo impegno, perché al ministero corrisponda un’ effettiva idoneità e consapevolezza, deve essere quello di accogliere, conoscere, meditare, testimoniare la parola di Dio che egli deve trasmettere (cfr. MQ e Rito dell’istituzione del ‘lettore).
– L’ufficio liturgico dell’accolito è di aiutare’il presbitero e ‘il diacono n~lle azioni ‘liturgiche; di distribuire o di esporre, come ministro straordinario, l’Eucaristia. Di conseguenza, deve curare con impegno il servizio all’altare e farsi educatore di chiunque nella comunità presta il suo servizio alle azioni liturgiche. Il contatto che il suo ministero lo spinge ‘ad avere con «i deboli e gl’i infermi» (cfr. Rito de’lI’istituzione dell’accolito) lo stimola a farsi strumento dell’amore di Cristo e della Chiesa nei loro confronti. Suo impegno sarà, quindi, quello di conoscere e penetrare lo spirito della liturgia e le norme che la regolano; di acquis’fre un profondo amore per il popolo di Dio e specialmente per i sofferen ti.
– L’età éonveniente per l’assunzione di questi due ministeri viene stabilita a 21 anni. Prima di quest’età pare difficile un orientamento stabile della persona e un aoquisito rapporto pastorale del candidato con la comunità.
– L’accedere a questi ministeri suppone un’intensa vita di fede, un comprovato amore e capacità di servizio alla comunità della Chiesa, la decisione di dedicarsi con assiduità a questi compiti, la competenza sufficiente per svolgere i propri uffici liturgici, e insieme la decisa volontà di vivere la spiritualità, propria di questi ministeri.
– Le Chiese locali, mediante opportune iniziative, aiuteranno chi desidera prepararsi a questi ministeri. Il discernimento circa l’attitu161 162 dine e ‘l’avvenuta preparazione spirituale e qualificazione pastorale sarà compito de’l Vescovo. Infatti, ogni candidato che intende accedere ai mini’steri ne farà domanda al Vescovo «,cui spetta l’accettazione» (MQ, VIII/a) .. Sarà da curare contemporaneamente l’educazione delle comunità a evidenziare ,e a ricevere questi ministeri, affinché es’Si non restino un fatto privato dei candidati.
– L’istituzione di questi ministeri suppone, pertanto, sempre una vita di comunità molto dinamica: una Chiesa raccolta attorno alla parola di Dio e all’Eucaristia con la costante e viva tensione che la Parola « cresca, e si moltiplichi i’l numero dei ·discepoH » (At 6,7) mediante il «ministero delliEvangelo »; e gli uomini ,dall’Evangelo raggiunti, pos- ‘sano «offrire se stessi come sacrificio vivo, santo, gradito a Dio» (Rm 12,1).
– L’esercizio dei ministeri implica sempre un cammino progressivo, che può approdare in alcuni casi anche al Diaconato e al Presbiterato; tuttavia, ‘si dovrà evitare tJ’assommarsi di diversi ministeri nella medesima persona: diversamente sarebbe un contrastare !’istanza della varietà e distribuzione dei ministeri nel popolo di Dio, quale è messa in luce dal Motu proprio Ministeria quaedam.
– In ogni caso gli interstizi fra un conferimento e l’altro di ministeri diversi alla medesima persona siano almeno di un anno. Non deve infatti apparire troppo provvisorio e troppo personale l’esercizio del ministero, che invece ha bisogno di continuità e di consapevole accoglimento da parte dei fedeli.
– Il rito di istituzione dei ministeri sia compiuto con H massimo di signmcazione; ·si curi cioè la preparazione delle comunità in cui verranno istituiti; per quanto possibile, gli uffici commessi al lettore o all’accolito non vengano facilmente ‘affidati ad altri, con il rischio di estenuare l’O’biettiva missione. conferita.
– I VescO’vi avrannO’ cura di riunire periO’dicamente cO’IO’ro che sonO’ stati istituiti ‘lettO’ri e accoliti. E’ H VescO’vo infatti «l’economo della grazia del sommO’ S’acerdO’zio» (OraziO’ne consacro in rito bizantinO’): cO’me la «Chiesa è nel VescovO’ », ‘coosÌ ogni ministero cO’nverge e si connette cO’n il ministe:r:o episcO’pale. E la Chiesa è tanto più organica e dinamica quantO’ più la pluralità dei ministeri si effO’nde e si esercita in armonica coesione e integrazione pastorale.
– Come l’ammissione ai ministeri suppone la dichiarata abituale disponibilità del soggetto e la riconO’sciuta ‘sua idoneità, cosÌ i’l venir meno di queste due ‘oondizioni è motivo di sospensione o di esclusione dall’esercizio dei ministeri medesimi. Spetta al Vescovo o all’Ordinario dispensare temporaneamente o definitivamente,su domanda dell’interessato, ,dall’esercizio del mini’stero ricevuto. E’, ugualmente, dovere~diritto del Vescovo dichiarare in ultima istanza escluso dall’eserdzio del mini’stero chi se ne mostri pubblioamente indegno o per condotta morale o per deviazione dottrinale, nella comunità in cui è inserito. In ogni caso ‘la capacità e la buona reputazione del soggetto dovranno essere garan~ite nella for:ma più comunitaria possibile e con la testimonianza di chi nella comunità rappresenta l’Ordinario (Parroco o Superiore ).
– P.er meglio provvedere alle eventuali sospensioni o esclusioni dall’esercizio dei ministeri, ‘questi potrebbero essere conferiti « ad tempus» (tre o cinque anni), fermo restando che la facoltà di esercitarli è rinnovabHe, senza rinnovare il rito, e che il Vescovo può sempre dichiararne la decadenza per indegnità.
– E’ stato fatto presente il desiderio, largamente diffuso, dei religiosi «fratelli laici », di accedere ai ministeri del Lettoratoe dell’Accolitato. In proposito: a) sembra da respingere l’orientamento di un’istituzione generale dei due ministeri a tutti i religiosi. Sarebbe un’inflazione non richiesta ·dall’effettiva necessità di esercizio, contraria ai motivi che hanno ispirato la riforma del Motu proprio Ministeria quedam; b) pare più giusto il criterio di istituire coloro che all’interno delle famiglie religiose di fatto espleteranno questi ministeri,come anche coloro che saranno destinati ai servizio stabile in comunità ecclesiali.
– I ministeri conferiti ai laici, non aspiranti al Diaconato o al Presbiterato, siano esercitati nell’ambito della propria diocesi e, per i religiosi, anche nell’ambito del proprio istituto. Parte seconda I MINISTERI DEL LETTORATO E DELL’ACCOLITATO CONFERITI AI CANDIDATI AL DIACONATO E AL PRESBITERATO
– «La Chiesa non abolisce le tappe verso il sacerdozio; è pm giusto dire chees’Sa le conferma e consacra. Essa cerca di dare a queste tappe la forma e il carattere più proprio per farnedt:?lle vere tappe, cioè un mezzo per orientare ‘efficacemente ed esattamente i candidati al sacerdozio, nella direzione autentica dello stesso sacerdozio: si intende 163 164 farlo loro vivere già come anticipazione attraverso un intervento attivo nell’àmbito della parola divina e in quello dell’Eucaristia» (Card. G. GARRONE, in «L’Osservatore Romano », 4-10-1972).
– Non c’è dunque una doppia fisionomia, laicale o clericale, dei ministeri del Lettorato e dell’Accolitato in quanto tali: è diversa invece la prospettiva in cui si calloca, in questi ministeri, chi trova in essi il preciso modo di partecipare alla vita liturgica e apostolica della Chiesa; e di chi invece passa per l’esercizio di -questi ministeri nel momento determinante del suo cammino verso il Diaconato e il Presbiterato. C’è condivisione dell’identico ministero, ma in diversa vocazione: è anzi pensabile che l’esercizio dei ministeri sia, di sua natura, capace di suscitare chiamate al Diaconato eal Presbiterato: una« via verso l’imposizione delle mani ».
– Per i candidati al Presbiterato, i documenti Ministeria quaedam e Ad pascendum, mentre sottolineano la necessità di effettivo esercizio, nel popolo di Dio, dei ministeri, affermano con forza !’istanza di una prolungata e profonda preparazione ‘all’Ordine sacro (cfr. MQ, XI; Ad P: introduzione e l/c, II, VII/a). Si tratta dunque di ottemperare all’istanza della preparazione ascetica, teologica, pastorale, che suppone raccoglimento, continuità, studio, attività didattiche, contemperandola con l’istanza dell’effettivo esercizio graduale dei ministeri all’interno delle comunità della Chiesa.
– Si ravvisa, pertanto, nell’esercizio dei ministeri del Lettorato e dell’Accolitato, compiuto non solo nella comunità del seminario, ma anche nelle -diverse comunità della Chiesa, il fondamento di quelle esercitazioni pastorali, di cui -parla la Ratio institutionis sacerdotalis (nn. 97- 98; dr. OT, 21; La preparazione al sacerdozio ministeriale, 163). Questa presenza del candidato al Presbiterato, nelle comunità ecclesiali, non si giustificherà in tal modo come semplice tirocinio pastorale o esercitazione scolastica, ma si qualificherà come autentico ministero, sostenuto dalla grazia e offerto alla comunità. Non dualismo, dunque, tra esercizio dei ministeri e preparazione all’Ordine sacro, fra partecipazione alla comunità del seminario e par~ tecipazione alle varie comunità della Chiesa, bensì coordinamento, complementarietà, reciproca integrazione. , Questi orientamenti devono poi guidare le scelte circa i modi, quantità di tempo e prospettive esatte in cui collocare l’istanza dell’esercizio effettivo dei ministeri.
– Gli alunni del seminario, anteriormente alla domanda di ammissione al Lettorato, manifestino questa loro intenzione di ricevere a suo tempo l’Ordine del Diaconato e del Presbiterato al Vescovo, il quale con la sua aocettazione per iscritto e col rito di ammissione, notificherà loro la dedsione della Chiesa di sceglierli e di chiamarli quali candidati all’Ordine sacro. E’, questo, un momento di singolare importanza nella vita e nel cammino del candidato al Diaconato e al Presbiterato. Egli, dopo lunga e comunque matura riflessione, raccoglie la chiamata di Dio e si dichiara deciso a «’lasciarsi afferrare e segregare per l’Evangelo ». E la Chiesa, cioè il Vescovo, il presbiterio, le varie comunità, il seminario, la comunità diaconale, accogliendo molto seriamente questa dichiarazione, si impegnano a custodire, vigilare, sostenere, verificare e portare a compimento, fino all’imposizione delle mani, questa chiamata di Dio.
– Quest’accettazione del Vescovo comporta:
l’impegno di fornire i mezzi indispensabili per un’accurata formazione;
la cura per v’erÌ’ficare i segni della chiamata divina;
l’opportunità di comunicare al presbiterio questa domanda di futura aggregazione al collegio presbiterale, perché i sacerdoti e la comunità diocesana collaboI1ino alla preparazione dei candidati presbiteri.
– Il primo biennio di teologia è il tempo sufficiente e più indicato per significare al Vescovo e allc:t Chiesa fintenzione di !candidatura al Presbiterato. Entro tale biennio, e non prima, è da compiersi il rito dell’ammissione tra i candidati al Presbiterato.
– Il secondo e terzo anno del corso teologico sono il tempo idoneo per il conferimento del Lettorato, av,endo i candidati al Presbiterato possibilità di un accostamento sistematico e approfondito alla parola di Dio e all’ ecclesiologia; avendo modo di partecipare già attivamente alla vita pastorale della Chiesa; e potendo così trovare, intorno a questi motivi, l’ispirazione e la grazia per il cammino ascetico necessario (cfr. MQ, V).
– Fra il terzo e il quarto anno di teologia, potendo già il candidato approfondire il mistero eucaristico e le sue connessioni con la comunità della Chiesa (dr. MQ, VI), neg1i studi teologici e nel cammino ascetico, viene indicato il tempo idoneo per la recezione dell’Accolitato. In ‘questo modo Lettorato e Accolitato sarannoeseI1Citati effettivamente almeno per un anno dai candidati al Presbiterato.
– Durante tutto il periodo di preparazione al Diaconato e Presbiterato, il candidato deve, con molta cura, e con l’aiuto ,di chi lo segue nella formazione, vagliare la sua chiamata alla «verginità osservata per il Regno dei cieli» (Mt 19,12; cfr. PO, 16). L’impegno oehe egli assumerà pubblicamente, e in perpetuo, in un rito liturgico anteTiore al conferimento del Diaconato, sarà il segno del 165 166 dono accordato -da Dio e da lui accolto con piena adesione, a testimonianza del « mondo futuro» (cfr. PO, 16).
– I seminaristi, ,che lasciano il seminario, spontaneamente o no, decadono per ciò stesso dall’esercizio dei ministeri, salva la facoltà che ha il Vescovo di ‘riconfermarli, dietro richiesta dell’interessato e della comunità:qella quale ‘si inserisce.
– Il Diaconato abilita ad esercitare ‘lo « specifico ministero nella triplice direzione della carità, dell’evangelizzazione, della liturgia» (cfr. LG, 29; S. Diaconatus Ordinem, art. V): ‘- annovera fra i membri deHa Chiesa consacrati dall’Ordine sacro;
lega esistenza ,e missione del diacono al ministero del Vescovo;
deputa alla celebrazione e all’eventuale presidenza della preghiera 11 turgica.
– Il Diaconato transitorio, trascorso almeno ‘un anno dalla recezione dell’Accolitato, verrà ad essere conferito durante l’ultimo anno di teologia, mentre il candidato presbitero è inserito tuttora nella comunità del seminario e non ha ancora portato a termine gli studi teologici. Questo è possibile secondo la norma, che invece fa esplicito divieto di ordinare presbitero chi non ha ultimato il corso degli studi teologici (cfr. Ad pascendum, VII). In coerenza, però, con il principio fondamentale del Motu proprio Ministeria quaedam che suppone un reale ‘e prolungato -esercizio dei ministeri e per questo ne distanzia con opportuni interstizi ‘la recezione, parrebbe assai oonveniente che le singole Chiese locali studiassero concretamente le possibilità d’inserimento ,del ministero dei ,diaconi,futuri presbiteri, nella vita ,pastorale della ‘Comunità diocesana.
– Questo potrà ottenersi:
non riducendo il Diaconato a pochi mesi di esercizio, quasi solamente liturgico e rituale, ma ponendo un notevole intervallo fra ordinazione diaconale e presbiterale;
inserendo prdfondamente il diacono nella vita pastorale di comunità vive e operose in stretto rapporto con i confratelli diaconi e in frequente oontatto con il Vescovo;
guidando e sostenendo, mediante l’aiuto di sacerdoti e laid idonei, i primi passi ,di questo ministero ordinato, nella consapevolezza che lo s’tesso ministero presbiterale ricaverà, da questo ‘Sostegno e dalla relativa esperienza, non pochi benefici e un’ulteriore verifica, dopo gli anni del seminario.
– I candidati al Diaconato permanente, a norma del Motu proprio Ad pascendum (n. 11) «debbono ricevere … i ministeri di lettore e di accolito, ed esercitarli per un conveniente periodo di tempo, al fine di disporsi meglio ai futuri servizi della Parola e dell’Altare. Per i medesimi candidati la dispensa dal ricevere i ministeri è riservata alla Santa Sede ». .
– Viene in tal modo autorevolmente precisata, come norma non facilmente derogabile e opportunamente integrata, la saggia indicazione del documento dell’Episcopato italiano La restaurazione del Diaconato permanente in Italia (8 dicembre 1971). Con -l’ammissione del candidato al Diaconato permanente ai ministeri del Lettoratoe dell’A:ccolitatoe alloro conveniente esercizio, acquisterà infatti concretezza operativa e maggior fondamento ecclesiale il prescI’itto del n. 39 del citato documento: «I candidati al Diaconato dovranno dare prova di saper integraI’e la loro vita (e, se sposati, quella della loro famiglia) con la vita comunitaria, inserendosi in gruppi più vasti. Pare pertanto opportuno prevedere e sperimentare tempestivamente il loro inserimento concreto nell’esercizio del futuro ministero ».
– Valgono, anche per i candidati al Diaconato permanente, le norme circa l’età per l’ammissione ai ministeri e circa gli intervalli fra un ministero e l’altro. Il minimo di tre anni, prescritto per la preparazione al Diaconato permanente (cfr. documento citato, n. 37) consente un opportuno ritmo progressivo dal rito dell’ammissione all’assunzione del Lettorato e poi dell’Accolitato. Sarà tuttavia conveniente, a seconda ,dei casi, una maggiore estensione di tempo, per la maturazione spirituale ed ecclesiale dei candidati al Diaconato permanente.
«Innamorato di Cristo e del mondo». Don Luigi Giussani
L’Osservatore Romano mi ha chiesto un ricordo di don Giussani che è stato pubblicato venerdì 14 ottobre, il giorno prima del centesimo anniversario della nascita. Ne riporto il testo.
L’Osservatore RomanoInnamorato di Cristo e del mondo – Don Luigi Giussani a cento anni dalla nascita (MASSIMO BORGHESI)
In un articolo pubblicato su «La Repubblica» Giuliano Pisapia, ricordando i suoi anni al Liceo Berchet di Milano, ha recentemente rievocato lo «strano professore di religione “brutto e affascinante” che rompeva ogni schema cui eravamo abituati. Non ci riempiva di nozioni e rispondeva a tutte le nostre domande, ai nostri dubbi, insegnandoci un metodo. […] Don Gius, così lo chiamavano, ci ascoltava e cercava di comprendere le ragioni dell’altro. Dialogo e confronto anche critico, un metodo che non mi ha mai lasciato, un insegnamento rimasto nella mia vita come in quella di molti miei compagni di scuola. Il suo cattolicesimo, la sua testimonianza di fede non era la ripetizione mnemonica di insegnamenti e dogmi ma la volontà di vivere una fede vissuta sul campo. Un metodo che — l’ho scoperto qualche anno dopo — aveva affinato sin dai suoi primi anni di vita con un papà socialista e una mamma cattolica» (Tutto quello che ho imparato da don Giussani). La testimonianza di Pisapia, che è stato sindaco di Milano come indipendente di sinistra dal 2011 al 2016, è preziosa. Indica la stima e l’apprezzamento verso il sacerdote di Desio anche da parte di chi ha percorso strade molto lontane dalle sue.
Luigi Giussani, di cui il 15 ottobre si è celebrato il centenario della nascita, è stato probabilmente il più grande educatore nell’Italia della seconda metà del ’900. Alberto Savorana nella sua documentata Vita di don Giussani (Rizzoli, 2014) ricorda i tanti studenti, taluni divenuti famosi, che il sacerdote ebbe come allievi. Tutti colpiti dalla personalità del docente “brutto e affascinante” dalla voce roca che, con passione e intelligenza, li provocava a essere inquieti, a non accontentarsi, a misurarsi con Cristo come risposta al desiderio di vivere. Per lui, come scriveva, «la grandezza della fede cristiana, senza nessun paragone con qualsiasi altra posizione, è questa: Cristo ha risposto alla domanda umana. Perciò hanno un destino comune chi accetta la fede e la vive e chi, non avendo la fede, si annega dentro la domanda, si dispera nella domanda, soffre nella domanda». Risuonava qui un cuore agostiniano-pascaliano, un cuore che nel giovane seminarista di Venegono si era incontrato con il domandare inquieto che traluceva dalle poesie di Leopardi. Al giovane Giussani, Cristo appariva come la risposta al vuoto drammaticamente espresso dal poeta di Recanati. «Ho intuito — scriveva — con struggimento che quello che si chiama “Dio” – vale a dire il Destino inevitabile per cui un uomo nasce – è il termine dell’esigenza di felicità, è quella felicità di cui il cuore è insopprimibile esigenza». Era, in nuce, la problematica de Il senso religioso, il testo del 1957 che, ampliato e corretto, vedrà altre due edizioni nel 1966 e nel 1986. Problematica nuova allora nel panorama teologico, guardata con sospetto per i ricordi suscitati delle deviazioni moderniste, che Giussani affronta e imposta seguendo, in taluni punti fedelmente, la Lettera pastorale quaresimale alla diocesi ambrosiana Sul senso religioso, del 1957, scritta dall’allora arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini. In profonda sintonia con il suo arcivescovo, Giussani non si accontentava di un cristianesimo tradizionale, convenzionale e formalistico. Voleva una fede viva, una fede che corrispondeva alle esigenze profonde dell’animo umano. Per questo la proposta cristiana doveva portare alla scoperta di Cristo, del contenuto storico del Vangelo, della divino-umanità di Gesù.
Non era solo la sua personale sensibilità che lo portava a questo “cristocentrismo esistenziale”. Era anche il risultato dell’insegnamento di colui che Giussani riconoscerà come suo vero maestro a Venegono: don Gaetano Corti. Per Corti affinché un uomo possa credere in Cristo bisogna che lo conosca, e «per conoscerlo nella sua concreta personalità storica deve in certo modo frequentarlo, come l’hanno frequentato gli Apostoli e i primi discepoli che hanno tratto da questa esperienza diretta la loro fede in Lui. Anche oggi un uomo, per credere in Cristo, deve ripetere in certa maniera e misura l’esperienza dei primi suoi discepoli; deve come loro sentirLo parlare, vedere agire, operare miracoli, piangere, soffrire; morire; risuscitare, salire al cielo. In tal modo egli penetrerà poco a poco nell’anima di quell’uomo che si chiama Gesù, entrerà nel mondo intimo dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti». Per tutta la vita Giussani applicherà il metodo di don Gaetano Corti, lo declinerà in un’esperienza educativa unica nel panorama giovanile italiano, e poi internazionale, del dopoguerra. Con quel metodo raggiungerà tre generazioni: quella degli anni ’50, caratterizzata dal clima esistenzialista; quella degli anni ’70, segnata dalla politicizzazione integrale del vento della contestazione; quella degli anni ’90 immersa nella globalizzazione. In tutte lascerà la traccia del suo timbro di voce, del suo accento, del modo appassionato con cui parlava della vita e di Cristo. Un caso più unico che raro di personalità cristiana capace di perforare il muro determinato dalla secolarizzazione.
Comprende, come pochi altri, in profonda sintonia con ciò che scriveva Pier Paolo Pasolini, che il ’68 segna la fine di un mondo, anche di quello cristiano. Non indulge, per questo, al pessimismo. In lui è chiaro il giudizio che occorreva, nel cammino della fede, ripartire dall’inizio: «Come 2000 anni fa». Nel “Volantone” di Pasqua del 1982 si chiederà: «Come possiamo rispondere a questa domanda noi che non siamo stati alle nozze di Cana, che non abbiamo visto il paralitico guarire, che non abbiamo assistito al funerale di Naim, che non lo abbiamo seguito per tre giorni nella steppa, dimenticando persino il cibo? La familiarità con Lui da cui nasce l’evidenza della sua parola come unica che dia senso alla vita, come possiamo viverla? Il modo c’è: la compagnia che da Cristo è nata ha investito la storia; è la Chiesa, suo corpo, cioè modalità della sua presenza oggi. È perciò una familiarità quotidiana di impegno nel mistero della sua presenza entro il segno della Chiesa. Di qui può nascere l’evidenza razionale, pienamente ragionevole, che ci fa ripetere con certezza ciò che Lui, unico nella storia dell’umanità disse di sé: Io sono la via, la verità, la vita».
A partire dagli anni ’80 questa compagnia, questa “amicizia cristiana”, trova il suo inizio nell’incontro, incontro con testimonianze che rendono presente nella loro vita Gesù, che rendono presente il mistero. Grazie a Giussani categorie come “incontro”, “avvenimento”, “fatto cristiano”, “presenza ”, entrano dentro il lessico teologico, divengono usuali. Non sono solo “categorie”, sono i terminali di un’esperienza in atto che il sacerdote di Desio verificava a ogni passo. «L’avvenimento cristiano —scrive — si palesa, si rivela, nell’incontro con la leggerezza, la sottigliezza e l’apparente inconsistenza di un volto che si intravede nella folla: un volto come gli altri, eppure così diverso dagli altri che, incontrandolo, è come se tutto si semplificasse. Lo vedi per un istante, e andando via porti dentro di te il colpo di quello sguardo, come dicendo: “Mi piacerebbe rivederla quella faccia!”».
Negli ultimi anni la sua vecchiaia è segnata dal parkinson, da una malattia che lo mette costantemente alla prova. Conia una nuova definizione della fede: «La fede è riconoscimento “amoroso”. È una conoscenza amorosa». Amore e misericordia sono le parole che l’accompagnano nell’ultimo periodo. Confessa alla sua fisioterapista: «Sai che cosa ho capito ai miei 80 anni? Che la misericordia non è il perdono, ma l’amore all’origine. […] In quella drammatica scena, quando Giuda si presenta davanti a Gesù nell’orto degli ulivi, la prima parola che Gesù gli dice è “amico”. Non gli dice: “Io ti perdono ciò che stai per fare”. Lui afferma prima l’amore, per muovere la libertà dell’altro». Per questo si fa cantare O Jesu mi dolcissime, terminando con una preghiera: «Oh Gesù mio dolcissimo, amico, fratello, compagno, è con te che io cercherò di trascinarmi tutti gli uomini che incontrerò, di trascinarmeli con te Signore, perché il nulla non abbia nessun possesso a nostro carico». Don Giussani muore a Milano il 22 febbraio 2005.
Perle di saggezza del fondatore dell’Ordine dei Predicatori
Quando San Domenico ebbe la prima esperienza di missione in Francia, si rese conto che il metodo usato dai missionari nel Paese era totalmente inadeguato e che non davano testimonianza di vita cristiana.
Per questo propose insieme a un gruppo di compagni di dedicare la vita a evangelizzare in totale povertà, dando esempio di carità e seguendo le virtù cristiane per poter portare meglio la Parola di Dio a quanti non avevano mai avuto l’opportunità di ascoltarla.
L’Arca di San Domenico, il capolavoro la cui costruzione ha richiesto 5 secoli
Daniel R. Esparza
Realizzata a tappe e da alcuni dei più grandi scultori di tutti i tempi, l’opera contiene i resti mortali del santo spagnolo
L’Arca di San Domenico, situata nella basilica di San Domenico a Bologna, è un monumento funebre che contiene i resti mortali di San Domenico di Guzmán, fondatore dell’Ordine dei Predicatori.
L’opera ha richiesto circa 500 anni per essere terminata. Vi hanno lavorato alcuni dei più grandi scultori della storia dell’arte italiana, da Nicola Pisano a Michelangelo.
San Domenico
Nato alla fine del XII secolo a Caleruega, a un’ora a sud di Burgos, nel nord della Spagna, San Domenico morì a Bologna nel 1221, nell’allora convento della chiesa di San Nicolò delle Vigne. In seguito, la chiesa subì un ampliamento e prese il nome dal santo spagnolo, diventando basilica di San Domenico.
In un primo momento, il santo fu sepolto dietro l’altare della chiesa. Un decennio dopo, i suoi resti vennero spostati nel sobrio sarcofago di marmo sul pavimento della chiesa, che divenne presto un popolare luogo di pellegrinaggio. La maggior parte dei pellegrini, però, non poteva raggiungere la tomba del santo a causa del gran numero di persone in piedi a pregare giorno e notte. Era quindi necessario un monumento più grande, che potesse essere visto da lontano.
Il nuovo tumulo
I Domenicani chiesero al famoso scultore Nicola Pisano di realizzare un nuovo tumulo. Pisano è considerato l’ultimo scultore gotico e un pioniere del Rinascimento. L’artista progettò il nuovo monumento funerario e scolpì diverse figure sulla parte anteriore del sarcofago. Ben presto, tuttavia, dovette lasciare Bologna per andare a Siena a costruire il pulpito della cattedrale, essendo già famoso per il suo operato nel battistero di Pisa. Uno dei suoi assistenti, Lapo Di Ricevuto, completò la prima parte del monumento intorno al 1265.
La tomba fu trasferita al centro della chiesa nel 1411. Un gruppo di scultori guidati da Niccolò Da Bari aggiunse poi elementi all’Arca di San Domenico. Tra gli artisti c’era un giovane di nome Michelangelo, che aggiunse al monumento l’immagine di San Petronio.
La cappella venne ricostruita nel 1597 dal noto architetto Floriano Ambrosini, perché i frati desideravano una cappella migliore per ospitare i resti del loro fondatore e ricevere i numerosi pellegrini che percorrevano il Cammino Domenicano per arrivarci. L’affresco nella cupola dell’abside della nuova cappella, la Gloria di San Domenico, è opera del maestro classicista Guido Reni.
Attualmente, la basilica è l’ultima tappa del Cammino Domenicano, che inizia nella città natale del santo.
Le Perle Di San Domenico in Frasi
“L’annuncio cristiano, per il suo proprio vigore, tende a guarire, consolidare e promuovere l’uomo, a costituire una comunità fraterna, rinnovando la stessa umanità e dandole la sua piena dignità umana”
“La famiglia cristiana è ‘chiesa domestica’, prima comunità evangelizzatrice”
“La testimonianza di vita cristiana è la prima e insostituibile forma di evangelizzazione”
“Stai vedendo il frutto che ho ottenuto con la predicazione del Santo Rosario; fa’ lo stesso, tu e tutti coloro che amano Maria, per attirare in questo modo tutti i popoli alla piena conoscenza delle virtù”–
“Luoghi privilegiati delle missioni dovrebbero essere le grandi città, dove sorgono nuove forme di cultura e comunicazione”–
“Abbiate carità, conservate l’umiltà, possedete la povertà volontaria”–
“Nuove situazioni richiedono nuove vie per l’evangelizzazione”–
“Il grano ammassato marcisce e non porta frutto”
“Solo una Chiesa evangelizzata è in grado di evangelizzare”
“Maria è il modello di tutti i discepoli e gli evangelizzatori per la sua testimonianza di preghiera, di ascolto della Parola di Dio e di pronta e fedele disponibilità al servizio del Regno fino alla croce”–
«Chi guarda la Vergine Maria? Guarda tutti noi, ciascuno di noi. E come ci guarda? Ci guarda come Madre, con tenerezza, con misericordia, con amore»
RiflessioniMese Mariano Maria-Donna
Novità Libri
Papa Francesco ha sempre dichiarato la propria profonda devozione mariana, fin dall’inizio del suo pontificato; si tratta di una devozione che ha un profondo radicamento nell’educazione cristiana ricevuta in famiglia, ma che deve anche molto alla formazione gesuitica: sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, nella sua autobiografia (Il racconto del pellegrino) pone proprio in una notte trascorsa in veglia davanti a un’immagine della Madre di Dio, uno dei momenti decisivi della sua conversione definitiva a Cristo.
Non sorprenderà, dunque, ritrovarsi di fronte, in queste pagine a vari aspetti e modulazione della devozione a Maria di papa Bergoglio. Modulazioni che, nell’intento di questo volumetto, si offrono in tre momenti:
Il primo raccoglie alcune riflessioni del Papa sulla presenza della Vergine nel nostro tempo, come Madre della Chiesa, di Gesù e di noi tutti.
Il secondo riprende alcuni testi più brevi, offrendoli a mo’ di commento alla preghiera mariana per eccellenza, l’“Ave Maria”.
Il terzo offre al lettore le preghiere più belle che papa Francesco ha composto e recitato per momenti particolari della vita della Chiesa, del mondo e nostra.
Questo libro in regalo per voi è un piccolo compendio della cura con cui il Papa ci consegna il suo invito a non essere orfani, ma figli attenti e sereni di una Madre che non ci lascia mai soli.
Un libro “antologia”, che per la prima volta offre ai lettori un toccante percorso attraverso le più belle riflessioni e invocazioni rivolte da papa Francesco alla Madonna. Attraverso il linguaggio fortemente comunicativo e colloquiale di papa Francesco, il testo restituisce la profonda devozione del pontefice a Maria, nostra Madre, “che guarda tutti noi con tenerezza, misericordia e amore”
Papa Francesco-Le donne accedano ai ministeri del lettorato e dell’accolitato
Con un motu proprio Francesco abroga la limitazione dell’accesso ai due ministeri istituiti ai laici maschi. Nessuna relazione con il sacerdozio. Riconoscimento del contributo femminile all’annuncio
Le donne potranno accedere da ora in poi ai ministeri del lettorato e dell’accolitato nella Chiesa Cattolica. Senza che però questo debba essere confuso con una sia pur parziale apertura verso l’ordinazione sacerdotale. Con il motu proprio “Spiritus Domini”, infatti, il Papa ha modificato il primo paragrafo del canone 230 del Codice di Diritto canonico, stabilendo che le donne possano accedere a questi ministeri (la lettura della Parola di Dio durante le celebrazioni liturgiche o lo svolgimento di un servizio all’altare, come ministranti – chierichette o come dispensatrici dell’eucaristia), che essi vengano attribuiti anche attraverso un atto liturgico che li istituzionalizza. Nella nuova formulazione del canone si legge ora: “I laici che abbiano l’età e le doti determinate con decreto dalla Conferenza episcopale, possono essere assunti stabilmente, mediante il rito liturgico stabilito, ai ministeri di lettori e di accoliti”. Viene così abrogata la specificazione “di sesso maschile” riferita ai laici e presente nel testo Codice fino alla modifica odierna.
Francesco tuttavia specifica che si tratta di ministeri laicali“essenzialmente distinti dal ministero ordinato che si riceve con il sacramento dell’ordine”. E in una lettera indirizzata al Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Luis Ladaria, cita le parole di san Giovanni Paolo II secondo cui “rispetto ai ministeri ordinati la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale”. Per i ministeri non ordinati come il letterato e l’accolitato, però, “è possibile, e oggi appare opportuno – sottolinea il Pontefice -, superare tale riserva”. Il Papa spiega che “offrire ai laici di entrambi i sessi la possibilità di accedere al ministero dell’Accolitato e del Lettorato, in virtù della loro partecipazione al sacerdozio battesimale incrementerà il riconoscimento, anche attraverso un atto liturgico (istituzione), del contributo prezioso che da tempo moltissimi laici, anche donne, offrono alla vita e alla missione della Chiesa”.
Già da tempo, infatti, in moltissime chiese le donne leggono durante le celebrazioni e le bambine (soprattutto) svolgono il servizio di ministranti. Tuttavia questi ruoli venivano svolti, come ricorda anche Vatican News, senza un mandato istituzionale vero e proprio, in deroga a quanto stabilito da san Paolo VI, che nel 1972, pur abolendo i cosiddetti “ordini minori”, aveva deciso di mantenere riservato l’accesso aquesti ministeri alle sole persone di sesso maschileperché li considerava propedeutici a un eventuale accesso all’ordine sacro.
Francesco, invece, recepisce quanto richiesto anche da diversi Sinodi dei vescovi e menzionando il documento finale del Sinodo per l’Amazzonia osserva come “per tutta la Chiesa, nella varietà delle situazioni, è urgente che si promuovano e si conferiscano ministeri a uomini e donne… È la Chiesa degli uomini e delle donne battezzati che dobbiamo consolidare promuovendo la ministerialità e, soprattutto, la consapevolezza della dignità battesimale”.
Ministero istituito, non ordinato
Come sottolinea il Papa nella Lettera che accompagna il motu proprio, al cardinale Ladaria Ferrer prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il lettorato e l’accolitato sono ministeri “istituiti”, cioè affidati con atto liturgico del vescovo, dopo un adeguato cammino, «a una persona che ha ricevuto il Battesimo e la Confermazione e in cui siano riconosciuti specifici carismi». Sono altro rispetto ai ministeri “ordinati”, che hanno invece origine in uno specifico Sacramento: l’Ordine sacro. Si tratta dei ministeri ordinati del vescovo, del presbitero, del diacono.
Motu Proprio. Così il Papa riconosce ruolo essenziale e servizio reso dalle donne
«Vi sono diversi carismi ma uno è lo Spirito; vi sono diversi ministeri ma uno solo è il Signore», scrive Paolo nella Prima Lettera ai Corinti (12,4-5) e proprio nel nome dello Spirito, papa Francesco inizia il Motu Proprio pubblicato ieri «circa l’accesso delle donne ai ministeri del Lettorato e dell’Accolitato» (che modifica il primo paragrafo del canone 230 del Codice). Seguendo la tradizione della Chiesa, che ha chiamato sin dalle origini «ministeri le diverse forme che i carismi assumono quando sono pubblicamente riconosciuti e sono messi a disposizione della comunità e della sua missione in forma stabile», Francesco ha ritenuto di occuparsi del tema ecclesiale dei carismi, specialmente di quelli più numerosi e vari di cui godono i laici, visto che questi costituiscono «l’immensa maggioranza del popolo di Dio» (EG 102).
Ha ritenuto di dover riconoscere ai carismi dei laici e delle donne la dignità di un nome e, quindi, di un mandato, di una stabilità e di un’autorità che permetta loro di poter spendere il Dono ricevuto da Dio, e riservato a tutti i battezzati, in un servizio concreto, costruttivo, di responsabilità nella comunità cristiana. Quanto consiste, appunto, nel ‘ministero’. Negare, del resto, a un battezzato di fare questo, significa pretendere di soffocare la Grazia e rendere quella persona un membro inerte del Corpo mistico di Cristo. È la preoccupazione di Francesco che ribadisce «l’urgenza di riscoprire la corresponsabilità di tutti i battezzati nella Chiesa e in particolare la missione del laicato» che è stata, poi, reclamata anche nel Sinodo per la regione pan-amazzonica (2019).
Ora si viene al punto, mettendo il focus sui diversi ministeri, per dare «una loro migliore configurazione e un più preciso riferimento alla responsabilità che nasce, per ogni cristiano, dal Battesimo e dalla Confermazione». Distinguendo con precisione tra ministeri ordinati e non ordinati e concentrando l’interesse su questi ultimi. Si tratta, insomma, degli antichi «ordini minori» i quali, sinora erano, però, consentiti solo agli uomini in quanto tappe di un percorso che portava – e porterà ancora per gli uomini – a quelli «maggiori ». Ed ecco la novità: se per i ministeri ordinati la Chiesa «non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale» (cfr. san Giovanni Paolo II, Ordinatio sacerdotalis, 1994), per i ministeri non ordinati «è possibile, e oggi appare opportuno superare tale riserva ». Le donne possono, dunque, essere stabilite come Lettori e Accoliti, accompagnando, almeno quel percorso che compiono gli uomini verso i ministeri ordinati del diaconato e del sacerdozio. Anche a esse è garantita un’adeguata preparazione e il discernimento dei pastori. È un accesso, pertanto, dovuto allo Spirito Santo, secondo le Scritture e nell’alveo della teologia cattolica. Importante per le donne le quali da una parte si vedono riconosciuto un ‘servizio’ che molte già svolgevano, dall’altra acquistano «un’incidenza reale ed effettiva nell’organizzazione, nelle decisioni più importanti e nella guida delle Comunità ». Urgente per la Chiesa che non può più fare a meno del concorso qualificato delle donne nella sua ‘uscita’ di evangelizzazione e non può neppure permettersi di ignorare o perdere le donne stesse.
Rosanna Virgili
Preghiera a Maria, donna missionaria
Santa Maria, donna missionaria, concedi alla tua Chiesa il gaudio di riscoprire, nascoste tra le zolle del verbo mandare, le radici della sua primordiale vocazione. Aiutala a misurarsi con Cristo, e con nessun altro: come te, che, apparendo agli albori della rivelazione neotestamentaria accanto a Lui, il grande missionario di Dio, lo scegliesti come unico metro della tua vita.
Quando la Chiesa si attarda all’interno delle sue tende dove non giunge il grido dei poveri, dalle il coraggio di uscire dagli accampamenti. Quando viene tentata di pietrificare la mobilità del suo domicilio, rimuovila dalle sue apparenti sicurezze. Quando si adagia sulle posizioni raggiunte, scuotila dalla sua vita sedentaria. Mandata da Dio per la salvezza del mondo, la Chiesa è fatta per camminare, non per sistemarsi.
Nomade come te, mettile nel cuore una grande passione per l’uomo. Vergine gestante come te, additale la geografia della sofferenza. Madre itinerante come te, riempila di tenerezza verso tutti i bisognosi. E fà che di nient’altro sia preoccupata che di presentare Gesù Cristo, come facesti tu con i pastori, con Simeone, con i magi d’oriente, e con mille altri anonimi personaggi che attendevano la redenzione.
Santa Maria, donna missionaria, noi ti imploriamo per tutti coloro che avendo avvertito, più degli altri, il fascino struggente di quella icona che ti raffigura accanto a Cristo, l’inviato speciale del Padre, hanno lasciato gli affetti più cari per annunciare il Vangelo in terre lontane.
Sostienili nella fatica. Ristora la loro stanchezza. Proteggili da ogni pericolo. Dona ai gesti con cui si curvano sulle piaghe dei poveri i tratti della tua verginale tenerezza. Metti sulle loro labbra parole di pace. Fa che la speranza con cui promuovono la giustizia terrena non prevarichi sulle attese sovrumane di cieli nuovi e terre nuove. Riempi la loro solitudine. Attenua nella loro anima i morsi della nostalgia. Quando hanno voglia di piangere, offri al loro capo la tua spalla di madre.
Rendili testimoni della gioia. Ogni volta che ritornano tra noi, profumati di trincea, fà che possiamo attingere tutti al loro entusiasmo. Confrontandoci con loro, ci appaia sempre più lenta la nostra azione pastorale, più povera la nostra generosità, più assurda la nostra opulenza. E, recuperando su tanti colpevoli ritardi, sappiamo finalmente correre ai ripari.
Santa Maria, donna missionaria, tonifica la nostra vita cristiana con quell’ardore che spinse te, portatrice di luce, sulle strade della Palestina. Anfora di Spirito, riversa il suo crisma su di noi, perché ci metta nel cuore la nostalgia degli estremi confini della terra.
E anche se la vita ci lega ai meridiani e ai paralleli dove siamo nati, fà che ci sentiamo egualmente sul collo il fiato delle moltitudini che ancora non conoscono Gesù. Spalanca gli occhi perché sappiamo scorgere le afflizioni del mondo. Non impedire che il clamore dei poveri ci tolga la quiete.
Tu che nella casa di Elisabetta pronunciasti il più bel canto della teologia della liberazione, ispiraci l’audacia dei profeti. Fa che sulle nostre labbra le parole di speranza non suonino menzognere. Aiutaci a pagare con letizia il prezzo della nostra fedeltà al Signore.
E liberaci dalla rassegnazione.
Don Tonino Bello
Idea Progettazione a cura di Marilena Marino Vocedivina.it