La Grazia del Cuore Ardente in Missione

La Grazia del Cuore Ardente in Missione

OTTOBRE MISSIONARIO

“CUORI ARDENTI, PIEDI IN CAMMINO”
SPUNTI DI RIFLESSIONE PER L’ANNO PASTORALE 2023/2024
LO STILE DI EMMAUS COME STILE DI DISCERNIMENTO E ACCOMPAGNAMENTO
di Rosalba Manes
Consacrata dell’ordo virginum e biblista (Pontificia Università Gregoriana)
La Bibbia ebraica si conclude con questo invito al viaggio: «Chiunque di voi appartiene al suo
popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!» (2Cr 36,23). Qual è la meta del salire di ogni
membro del popolo di Dio? È detto poco prima nello stesso versetto: «Così dice Ciro, re di Persia:
“Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli
un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda”».
Il Signore vuole che Gerusalemme sia la meta di attrazione di tutto il suo popolo. A partire da
questa conclusione, si può affermare davvero che «la Bibbia ebraica si pone interamente sotto il
segno del pellegrinaggio»1. E siccome la Bibbia ebraica confluisce negli scritti cristiani, anche il
Nuovo Testamento è posto sotto questo segno. I cristiani sono pellegrini, senza fissa dimora. Essi,
come ricorda la Lettera a Diogneto, «vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a
tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e
ogni patria è straniera»2. I cristiani di ogni tempo e di ogni età sono pellegrini muniti di una ricca
collezione di parole, la Bibbia, che si offre sempre come casa “portatile”.
I giovani e la vita come viaggio
Anche la pericope evangelica di Luca relativa al viaggio dei discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35)
offre lo spunto per pensare la vita umana come un pellegrinaggio3. Le vite dei due discepoli, come
di tutti i personaggi che la Bibbia ci consegna, più che essere modelli, sono «vite in evoluzione»4,
investite in un pellegrinaggio che può essere percorso in modo spento oppure dinamico, a seconda
della compagnia e della meta. E questo ci fa pensare soprattutto alle vite dei giovani che sono così
tanto in evoluzione a motivo della crescita, della loro curiosità e del desiderio di mettersi alla
prova coinvolgendosi nelle esperienze più disparate.
Luca invita i suoi lettori a immedesimarsi con i suoi due pellegrini5, quasi ad offrire una
sintesi del suo vangelo6. Si tratta, però, di due pellegrini coinvolti in un viaggio drammatico, che si
1 J.-P. SONNET, Il canto del viaggio, Qiqajon, Magnano (Bi) 2009, 12.
2 A Diogneto, Città nuova, Roma 2008, V,5, 83.
3
«Con ogni probabilità, questo insistente richiamo al tema del cammino ha la sua spiegazione nel fatto che il
cammino di cui parla l’evangelista altro non è se non la vita del cristiano recepita a mo’ di pellegrinaggio e che esso ha
bisogno della presenza del Risorto per non diventare alienante e triste» (V. PASQUETTO, «L’apparizione del Risorto ai
discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35)», in M. LACONI E COLLABORATORI, Vangeli sinottici e Atti degli apostoli, Elle di ci,
Leumann (To) 1994, 438).
4 G. BONIFACIO, «Emmaus e il secondo annuncio», Esperienza e teologia 30 (2014), 26.
5 «Leggere la Bibbia sino in fondo è diventare pellegrini; diventare pellegrini biblici è accogliere il libro della
Scritture come guida delle nostre strade, divine e umane, da percorrere sino alla Gerusalemme di Dio» (J.-P. SONNET, Il
canto del viaggio, 12).
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SPUNTI DI RIFLESSIONE PER L’ANNO PASTORALE 2023/2024
muove, cioè, in direzione opposta a Gerusalemme. Essi, infatti, dopo aver smarrito l’entusiasmo
durante i tristi eventi della Passione, decidono di lasciarsi la città santa alle spalle, di dimenticare il
cammino fatto fino a quel momento, di tornare indietro, al punto di partenza, quando una parola
“altra” li aveva affascinati, interpellati e mossi a salire a Gerusalemme. Vogliono riabbracciare la
vita di un tempo, prima che la precarietà della sequela venisse a ritmare il cammino, prima di
investirsi in un percorso che ha condotto ad un vicolo cieco. I due partono risoluti verso Emmaus,
ma non è mai piacevole ritornare a casa senza premi o trofei e un senso di sconfitta fa capolino
interiormente: il cuore è gonfio di tristezza e il passo si fa pesante, lento.
Solo alla fine dell’intreccio narrativo, che ha un Sitz im Leben7 squisitamente liturgico, dopo
un incontro illuminante attraverso il quale il cuore si riaccende e gli occhi sono in grado di
riconoscere il Risorto e di vedere la novità, essi potranno riprendere lieti la marcia, consapevoli di
accogliere una chiamata e una missione rinnovate che hanno ancora una volta a che fare con
Gerusalemme, luogo dove germoglia la chiesa madre8.
Luca ci ricorda così che tutta la vita è un cammino di uscita incontro agli altri, un esodo dalla
tirannia dei bisogni, che porta a concentrarsi su di sé, alla ricerca appassionata della libertà da sé
per scoprire la forza del desiderio che allarga gli orizzonti, rende cercatori di senso e permette di
gustare la piena fioritura dei propri doni personali. La vita è un viaggio verso di sé, a contatto con
la propria vocazione più profonda, alla scoperta di un volto che interpella con la sua parola e con la
sua presenza, in un graduale apprendistato delle relazioni che porta chi non teme le salite e i
sentieri impervi alla scoperta della storia di alleanza e di salvezza di cui fa parte. La vita è un
viaggio meraviglioso che contempla, tuttavia, deragliamenti e battute d’arresto, prima di diventare
un «cammino di giustizia» (Sal 23,3) o «sentiero della vita» che è «gioia piena» e «dolcezza senza
fine» (Sal 16,11)
Chiamati a mettere «ali come aquile»
L’evangelista Luca offre ai destinatari della sua diḗghēsis («resoconto ordinato»)9 l’occasione
di riflettere sulla vita come occasione di incontro con un Dio pellegrino che non aspetta che la
creatura umana gli vada incontro, ma che si mette sulle sue tracce, la intercetta, l’accompagna
dispiegando la forza del suo eterno Io-con-te (cfr. Es 3,12; Sal 23,4) e si fa suo commensale (cf Gen
18,1-15).
6
«Lc 24 contiene… la storia biblica: leggendo questo capitolo, si attraversano tutte le promesse, tutte le
Scritture. Capitolo enciclopedico, gravido di tutto il passato: di Gesù e della storia che lo precedeva. […] Inizio e fine
del vangelo si corrispondono… In Lc 1, il narratore e l’angelo avevano invitato a rileggere la storia dei patriarchi e dei
profeti. In Lc 24, l’invito è lo stesso, esplicito stavolta; d’altronde non si tratta più di allusioni sparse qua e là, ma di una
rassegna completa: “E incominciando da Mosè e tutti i profeti, interpretò loro in tutte le Scritture ciò che lo riguardava”
(v. 27; cfr. anche v. 44)» (J.-N. ALETTI, L’arte di raccontare Gesù Cristo. La scrittura narrativa del vangelo di Luca,
Queriniana, Brescia 1991, 153).
7 Espressione tedesca che indica il «contesto vitale», cioè la situazione storica, sociale e culturale della comunità
primitiva.
8 I due discepoli di Emmaus «“descrivono” un cammino plausibile con cui confrontarsi, aprendo una possibilità
di incontro con il Risorto, che resta a disposizione di chi si lascia intrigare dal racconto» (G. BONIFACIO, «Emmaus e il
secondo annuncio», 27).
9 Si tratta del termine con cui l’evangelista in Lc 1,1, all’inizio del prologo, designa il suo vangelo.
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Dalla carenza di energia sperimentata da chi cammina con le sue sole forze il Dio pellegrino
dà a chi cammina in sua compagnia la possibilità di acquisire misteriosamente «ali come aquile»,
com’è descritto all’inizio del Libro della Consolazione di Isaia10. Questa forza supplementare,
queste «ali di aquile» (Es 19,4), la Sacra Scrittura desidera offrirle ai suoi lettori e in modo speciale
ai giovani perché diventino atleti dello Spirito del Risorto, pieni dell’energia che viene dalla Parola,
dall’Eucaristia e dalla comunione con gli altri.
Per questo il Sinodo dei giovani ha privilegiato l’icona biblica dei discepoli di Emmaus e l’ha
letta alla luce del cammino di accompagnamento dei giovani11. Il racconto evangelico che ne parla
non è tanto un racconto di apparizione ma piuttosto il «racconto della trasformazione di due
discepoli a partire dal riconoscimento del Risorto»12. Non il vedere qualcosa è al cuore del
racconto di Luca, ma il riconoscere qualcuno. Non sono, infatti, le cose che trasformano il cuore di
un giovane che si apre alla vita, ma un incontro con una Persona che si incide per sempre nella
memoria del cuore, creando un prima e un dopo. Si tratta di un’esperienza simile
all’innamoramento che aiuta a distinguere la vita da tutto ciò che è una sua copia sbiadita13 e
mette le ali ai piedi…
La delusione del vivere: i giovani in cerca di senso
Lc 24,13Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome
Emmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme.
Il racconto di Luca parte da due discepoli increduli e delusi che si stanno separando da
Gerusalemme e dalla comunità. Si potrebbe parlare di un cammino di «de-vocazione»14. Gli eventi
della Pasqua hanno scandalizzato i seguaci di Gesù, al punto che alcuni di loro decidono di mettere
una pietra sopra alla loro esperienza di discepolato per ritornare alla vita di un tempo. È il
sopravvento dello scoramento che prende quanti si sentono feriti da un’esperienza sulla quale
avevano proiettato tante attese, ma che poi ha lasciato l’amaro in bocca.
L’evangelista Luca ci parla, in particolare, di due discepoli che lasciano Gerusalemme per
riprendere la strada di casa, compiendo il viaggio inverso a quello che domina l’intero Vangelo di
Luca. Sono diretti ad Emmaus, città non molto lontana (forse 7 km), ancora oggi di difficile
identificazione15. Attratti dalla parola di Gesù ed estratti dal loro ambiente, avevano intrapreso il
cammino della sequela, riponendo nel maestro di Nazareth le loro attese e soprattutto le loro
10 «Egli dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato. Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti
inciampano e cadono; ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza
affannarsi, camminano senza stancarsi» (Is 40,29-31).
11 FRANCESCO, Christus vivit, Esortazione Apostolica Postsinodale ai giovani e a tutto il Popolo di Dio, LEV,
Città del Vaticano 2019, nn. 156; 236; 292; 296.
12 L. MANICARDI, Raccontami una storia. Narrazione come luogo narrativo, Messaggero, Padova 2012, 189.
13 «Se ti sei innamorato una volta, sai ormai distinguere la vita da ciò che è supporto biologico e sentimentalismo, sai
ormai distinguere la vita dalla sopravvivenza» (C. YANNARÁS, Variazioni sul Cantico dei cantici, Servitium, Milano
1997, 25).
14 Così viene chiamato il cammino dei due discepoli di Emmaus in L. MANICARDI, Raccontami una storia, 192.
15 Questo cammino da Gerusalemme a Emmaus appare anche simbolico: Emmaus è la cittadina dove Giuda
Maccabeo nel 167 a.C. aveva sconfitto Gorgia, generale di Antioco IV Epifane (cfr. 1Mac 3,40.57; 4,3), quindi luogo
della vittoria contro un nemico di Israele. Dalla città della Pasqua i due discepoli scelgono di dirigersi alla città della
vittoria e della prospettiva messianica.
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speranze messianiche. Dopo gli eventi della Pasqua, però, non restano in loro che delusione e
tristezza per un’operazione non andata a buon fine, per un piano naufragato nel peggiore dei
modi.
Non resta che dimenticare, rimuovere il dolore per il fallimento e tornare alle sicurezze di un
tempo, quando il senso del vivere era dettato dal bisogno di procurarsi i mezzi di sussistenza e
prepararsi un futuro di benessere. Vi è un regresso che porta il cuore all’oblio dell’esperienza
fallimentare per cercare sostegno nel “mondo conosciuto”. La delusione, infatti, è nemica della
memoria e quando la memoria sbiadisce si perde il senso della propria chiamata, si azzera anche
tutto il bene che si è potuto sperimentare e ci si sente attratti a vivere «soltanto di pane» (Dt 8,3;
cfr. Lc 4,4).
Questo è lo sconforto che porta molti giovani a passare frettolosamente da un’esperienza
all’altra, senza il coraggio e la pazienza di rileggere ogni evento per «distinguere ciò che è prezioso
da ciò che è vile» (Ger 15,19).
La grazia del condividere: superare il mutismo dei giovani
Lc 24,14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto.
Inizia il viaggio di ritorno. I due se ne vanno da Gerusalemme, quella città che avrebbe dovuto
profumare di pace – come dice il suo nome, che contiene la parola shalom – e che invece è satura
di odio. Imboccano la strada del ritorno, ma il silenzio fa paura e iniziano a conversare, accendono
il dialogo che libera la forza della compagnia che sola tiene a bada le angosce del cuore umano. È
la vittoria della relazione sul silenzio della solitudine, il trionfo della parola che sfida la morte, che
vuole aggrapparsi alla vita, nonostante la tristezza abbia preso il sopravvento nel cuore. Parlano i
due discepoli e parlano di tutto ciò che è accaduto nella città santa. Hanno voglia di parlare, forse
perché il silenzio li mette in un contatto troppo ravvicinato con la propria interiorità o forse
perché, pur volendosi sganciare al più presto dall’esperienza che li ha delusi, si sentono ancora
intimamente connessi ad essa.
La situazione iniziale del brano si caratterizza per un viaggio di ritorno scandito dalle parole di
una conversazione tra amici. Il parlare dei due discepoli presenta dei tratti particolari: Luca usa il
verbo omiléo, «discorrere», che proviene dal contesto liturgico (cfr. At 20,11), e il verbo syzetéo,
«cercare insieme», che evidenzia un conversare orientato a trovare una soluzione comune (cfr. At
15,7). Questo conversare manifesta la grazia di condividere, tenendo i cuori connessi l’uno
all’altro. Parlano i due amici, praticano l’arte salutare e salvifica del racconto16 e testimoniano che
c’è ancora un soffio di vita nel loro cuore indolenzito per via della grande delusione.
16 «la magia fondamentale della narrazione sta nella sua capacità di dare senso. Non è la cronaca dei fatti o la
mera registrazione di ciò che accade, ma solo la loro narrazione che produce senso e quindi rende vivibile e
sopportabile il mondo. Nel racconto i fatti divengono umani, cioè una trama di eventi significativi. Il racconto umanizza
il tempo. […] Così la vita si fa somigliante a un testo, a un tessuto, a un tappeto, per esempio, che è costituito da una
trama infinita di segni ciascuno dei quali, preso in se stesso, è privo di senso, ma che insieme agli altri forma un disegno
misterioso e affascinante. Il racconto crea ordine nel caos, crea unità fra le dimensioni del passato, del presente e del
futuro […] strappa l’uomo alla tirannia del presente…» (L. MANICARDI, Raccontami una storia, 25-26.27).
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Anche qui si coglie il bisogno impellente che i giovani hanno di raccontarsi esperienze,
problemi, paure, ignari a volte di non disporre tra coetanei di tutti i mezzi utili ad avanzare.
Parlano i due pellegrini che lasciano la città santa e gli altri amici, ma non come chi parla al vento.
Questa parola è suono che qualcuno riesce ad ascoltare…
La grazia del camminare insieme: vincere la solitudine e lo smarrimento dei giovani
Lc 24,15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con
loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi
discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?».
Il racconto lucano presenta una complicazione per via dell’apparizione di un terzo personaggio,
Gesù, che innesca la tensione drammatica del processo di riconoscimento. Mentre il lettore ne
conosce l’identità, i due discepoli la ignorano. Il Risorto, che è lo straniero per eccellenza, il
pellegrino che si lascia trovare mentre è vicino (cfr. Is 55,6) ed itinera lungo i nostri sentieri, in
cerca della pecora (cfr. Lc 15,4-7), della dracma (cfr. Lc 15,8-10) e dei figli (cfr. Lc 15,11-32)
smarriti, si fa loro compagno di viaggio, anche se “in borghese”. I loro occhi, però, non vedono o
meglio non sanno riconoscere e senza riconoscenza, si smarrisce anche la conoscenza del Maestro
e non è possibile il suo riconoscimento. Gli occhi dei discepoli sono chiusi alla fede, «incapaci di
leggere la storia alla luce della fede»17.
La pedagogia del Risorto sarà allora proprio quella di aiutarli a riconoscerlo, riaccendendo
gradualmente la memoria del cuore. Egli si accosta invitandoli a raccontarsi perché possano tirare
fuori il loro dolore e consegnarlo. Li stimola ulteriormente all’arte del racconto che permette di
dire, di dirsi e di dare senso. La narrazione, infatti, implica, per ogni persona e soprattutto per i
giovani, il coinvolgimento di tutte le facoltà personali alla ricerca dell’unità, della forma e del
senso, che spesso si nascondono nei dettagli della storia o nello sguardo di chi accoglie il racconto,
offrendo il suo tempo, donando se stesso. Essere attesi dallo sguardo di un altro è proprio per ogni
giovane la base per approdare a una comprensione nuova del proprio esistere e della propria
chiamata nella storia.
La grazia di raccontare e raccontarsi: intercettare gioie e dolori dei giovani
Lc24,17Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Cleopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero
a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19Domandò loro: «Che cosa?». Gli
risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti
a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per
farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe
liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma
alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo
trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano
17 L. MANICARDI, Raccontami una storia, 192.
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che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le
donne, ma lui non l’hanno visto».
Il pellegrino viene scambiato per uno straniero18 ignaro dei fatti. Egli allora sta al gioco e chiede
delucidazioni. Finge non per mentire, ma per guarire. Non vuole giocare con loro, ma aiutarli ad
esternare l’amarezza e riaccendere la memoria. Allora per liberarli dal senso di delusione, libera la
domanda: «Che cosa è successo?» e i due si fermano e mostrano la loro tristezza19 che incontra
finalmente un “luogo” dove poter essere depositata, consegnata: l’orecchio, il cuore, il tempo di
quel pellegrino.
La Christus vivit sottolinea la qualità dell’ascolto del Risorto e offre questo esempio come
prototipo a chiunque si accosti ai giovani per accompagnarli:
La prima sensibilità o attenzione è alla persona. Si tratta di ascoltare l’altro che ci sta
dando sé stesso nelle sue parole. Il segno di questo ascolto è il tempo che dedico
all’altro. Non è una questione di quantità, ma che l’altro senta che il mio tempo è suo:
il tempo di cui ha bisogno per esprimermi ciò che vuole. Deve sentire che lo ascolto
incondizionatamente, senza offendermi, senza scandalizzarmi, senza irritarmi, senza
stancarmi. Questo ascolto è quello che il Signore esercita quando si mette a
camminare accanto ai discepoli di Emmaus e li accompagna per un bel pezzo lungo una
strada che andava in direzione opposta a quella giusta (cfr Lc 24,13-35)20.
Alla domanda del pellegrino uno dei due, l’unico di cui si conosca il nome, Cleopa, imbastisce un
racconto sintetico del ministero di Gesù e della loro sequela, segnata dal ritmo della speranza, una
speranza che però la crocifissione ha spento del tutto e che i racconti della tomba vuota non sono
riusciti ad alimentare. Parla di Gesù di Nazaret, senza sapere che egli è suo compagno di viaggio.
Riprende le grandi tappe della sua vita: nome, luogo di origine, ministero, passione, identità dei
suoi avversari, tipo di morte. Identifica Gesù a «un profeta potente», solidarizza con i sommi
sacerdoti che chiama «nostri», parla di una pasqua priva di risurrezione cui fa cenno solo
rimandando a delle ipotesi (che i due non hanno voluto verificare) e termina con una speranza
naufragata nell’assenza di colui che era stato riconosciuto come un potenziale liberatore.
Cleopa allude a una storia ben precisa, senza però collegarla alla storia sacra. Richiama alla
mente, ma non risveglia la memoria. Sa parlare di Gesù, ma senza evangelizzare. Narra un vangelo
senza gioia e coinvolgimento emotivo, un resoconto cronachistico che lascia indifferenti21.
Cleopa somiglia a molti giovani di oggi che conoscono Cristo solo “per sentito dire”, che lo
nominano solo perché parte di una narrazione familiare trasmessa per via di «carne e sangue» e
non «per la potenza dello Spirito», che lo sentono morto o troppo lontano dalla loro esistenza così
18 Il verbo che Luca mette sulle labbra di Cleopa è paroikéō che indica la situazione di provvisorietà e di
estraneità del suo interlocutore, il fatto di dimorare in una terra straniera, come Abramo che «soggiornò (cioè si stabilì
come straniero) nella terra promessa come in una regione straniera» (Eb 11,9).
19 «Lo stato della loro “salute spirituale” traspare dai riflessi somatici: “scuri in volto”, “occhi impediti”. Sono
simbolicamente in una situazione di morte. Il loro stesso racconto riguardante Gesù appare come un necrologio, una
triste cronaca» (L. MANICARDI, Raccontami una storia, 192-193).
20 FRANCESCO, Christus vivit n. 292.
21 Dopo il primo momento in cui si mostra alquanto evasivo, Cleopa si lancia nel racconto e «dà il via alla sua
esposizione, che non è un semplice resoconto dei fatti, ma un’evidente presa di posizione circa Gesù, il suo operato e la
sua sorte: riferisce di un passato ormai finito (vv. 19-20), denuncia un futuro disatteso (v. 21), approda su un presente
segnato dallo sconcerto e dal dubbio (vv. 22-24). Quello che manca non è la ricchezza del vissuto, ma un criterio che gli
dia senso, come dimostra il brusco intervento del Risorto» (G. BONIFACIO, «Emmaus e il secondo annuncio, 34).
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lontana dal gergo con cui comunemente si narra la fede, un gergo che rigettano perché
moralistico, volto più a castigare che ad animare e a vivificare.
La grazia della comprensione della Pasqua: appassionare i giovani alle Scritture
Lc 24,25Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non
bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27E, cominciando
da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Solo dopo che i due di Emmaus hanno fatto l’autodiagnosi della loro perdita di speranza il
forestiero interviene e prende la parola. Dopo aver ascoltato e aver permesso loro di estrarre tutta
l’amarezza e il non senso, rimprovera i due di mancare di intelligenza e di sentimenti per aver
creduto alla parola dei profeti. I profeti avevano parlato della prova come costante della vita
umana e del Dio che salva non dalle prove, ma all’interno delle prove e inizia a leggere le Scritture
profetiche, mostrando l’intima connessione tra queste e la sua vita. Lo sconosciuto denuncia la
loro fatica di cogliere il filo rosso della storia della salvezza e inaugura un’esposizione cristologica
delle Scritture: il Messia annunciato dai profeti ama gli asini e non i cavalli, elimina i carri e l’arco di
guerra (cfr. Zc 9,9), è compassionevole verso il dolore e la sofferenza umana (cfr. Is 53,4).
Formando i discepoli alla sequela, il Maestro aveva parlato della sua passione come via per
accedere alla gloria. Perciò il forestiero li scuote perché dall’essere ripiegati sulla fine di una storia
si aprano al germogliare di una creazione nuova. È una narrazione ossigenata la sua che va oltre la
lettera per coglierne lo Spirito e che illumina gli occhi del cuore. La Pasqua si può comprendere
solo alla luce delle Scritture d’Israele che contengono una pedagogia dell’umano che si realizza
pienamente in Cristo: «la parola del comando orienta, la parola profetica interviene per cambiare,
la parola sapienziale legge la storia. Gesù non è nella tomba, dietro una pietra che chiude il
passato, ma nelle Scritture gravide di speranza e portatrici di futuro che egli solo è venuto a
compiere (cfr. Lc 4,21)»22.
Gesù conferma le parole della Scrittura, mettendone in luce il loro sensus plenior23: l’eventoCristo, cioè tutti gli eventi connessi alla sua persona, conferma l’agire salvifico del Dio di Israele nel
passato, segno che la sua morte di Croce è la consegna piena di Dio all’uomo e combacia con
l’intenzionalità originaria di Dio di donare all’uomo tutto se stesso in un amore che va fino alla
fine.
Il Risorto insegna ad ogni educatore ed educatrice, ad ogni padre e madre spirituale, l’arte di
comunicare con larghezza la Parola che nutre il cuore e di aiutare la persona a loro affidata «a
decifrare il linguaggio che Dio usa verso di lei e a scoprire negli eventi della vita la parola di Dio per
lei»24. I giovani in tal modo si sentono adottati da qualcuno che li ama e sa donare loro il suo
tempo, che sa consegnare loro parole di senso, che li fa volgere verso un Altro, il Padre, e li aiuta a
vedersi nell’unità e non più nella dispersione, a vedersi con gli occhi di Dio e a tessere la propria
storia con il tessuto della Chiesa, per non rimanere individui ma un organismo vivo, comunitario.
22 R. MANES, «Il cielo si aprì». Il Dio misericordioso e tenero di Luca, Cittadella, Assisi 2015, 149.
23 «è importante rilevare la costante connessione fra la comprensione delle Scritture e la croce… La Croce non è
predetta dalla Scritture ma è “conforme” ad esse. V’è una circolarità ermeneutica: le Scritture rinviano a Cristo e Cristo
rinvia alle Scritture. Nel prisma della Pasqua i discepoli comprendono Gesù alla luce delle Scritture, ma anche le
Scritture alla luce di Gesù» (M. CRIMELLA, Luca. Introduzione, traduzione e commento, San Paolo, Cinisello Balsamo
(Mi) 2015, 371).
24 M.I. RUPNIK, Nel fuoco del roveto ardente. Iniziazione alla vita spirituale, Lipa, Roma 1996, 62012, 97.
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La grazia di riconoscere il Vivente: insegnare ai giovani l’arte del discernimento
Lc 24,28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più
lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto».
Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione,
lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero.
L’ermeneutica di Gesù esercita un tale fascino sui due discepoli di Emmaus che, pur essendo
giunti a destinazione, non possono più staccarsi dallo straniero. Egli fa come per andarsene e i due
reagiscono e lo invitano a restare: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al
tramonto» (Lc 24,29). Lo invitano così a restare e a condividere il pasto con loro, momento sacro
per la cultura orientale per rifare le forze e consolidare il vincolo di amicizia.
La Christus vivit ricorda la potenza della convivialità o ospitalità che il Nuovo Testamento
chiama filoxenía (cfr. Rm 12,13; Eb 13,2): «Quando Gesù fa come se dovesse proseguire perché
quei due sono arrivati a casa, allora capiscono che aveva donato loro il suo tempo, e a quel punto
gli regalano il proprio, offrendogli ospitalità. Questo ascolto attento e disinteressato indica il
valore che l’altra persona ha per noi, al di là delle sue idee e delle sue scelte di vita»25.
Dopo aver ricevuto in dono il tempo di quello straniero, i due discepoli desiderano donare il
proprio: resta con noi è, al tempo stesso, una richiesta e un’offerta. È chiedere aiuto e,
contemporaneamente, dimenticarsi di sé per mettere al centro l’altro. È incominciare a sentire il
sapore del dono e il senso del proprio stare al mondo.
Il pellegrino accetta e la sua presenza, le sue parole e i suoi gesti provocano un forte
impatto. Gli occhi si aprono e lo riconoscono: «dinanzi a loro non vi è più un ospite sconosciuto,
ma quel crocifisso che la tomba non è riuscita a trattenere e che per restare con i suoi si è fatto
parola e pane»26. La fractio panis libera tutta la fragranza del dono di Cristo che scompare ma
accende nei due il fuoco della fede, con il quale possono scaldare il gelo della vita ed infiammare il
mondo.
Alla luce della Parola di Dio letta in chiave cristologica27 inizia l’arte del discernimento, la
capacità di fiutare la presenza del Risorto nella storia e nella propria vicenda esistenziale e di
sperimentarla, in comunione con i fratelli, all’interno della celebrazione liturgica che permette di
accedere sin d’ora alla vita del Regno, alla gloria destinata ai figli.
La grazia del cuore ardente: formare i giovani all’annuncio gioioso
Lc 24,31Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro
cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono
senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano
con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35Ed essi
i
25 FRANCESCO, Christus vivit, n. 292.
26 R. MANES, «Il cielo si aprì», 150.
27 Nelle Scritture spiegate da Cristo che ne è la chiave si trova «il modo di trarre le fila delle diversissime
esperienze umane, nel campo del bene e della verità, per riunificarle in un quadro coerente in cui l’annuncio della
Risurrezione appaia come il sigillo di Dio su un disegno di salvezza e non come un evento strano e inaspettato» (C.M.
MARTINI, L’evangelizzatore in san Luca, Ancora, Milano 2000, 153).
“CUORI ARDENTI, PIEDI IN CAMMINO”
SPUNTI DI RIFLESSIONE PER L’ANNO PASTORALE 2023/2024
narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Prima ancora che si aprissero gli occhi, il cuore aveva già iniziato a scaldarsi e a risvegliarsi,
alimentando quel fuoco che il Cristo è venuto a gettare sulla terra (cfr. Lc 12,49) e la cui fiamma si
propagherà a partire dall’evento dell’effusione dello Spirito a Pentecoste (cfr. At 2,3) come
potenza di Dio che divampa nella predicazione della Parola. Il fuoco ha sempre nelle Scritture una
coloritura teofanica, è cioè un elemento che nel racconto biblico dice l’irruzione di Dio (cfr. Es 3,2)
e la natura del suo amore (cfr. Ct 8,6).
Il Risorto appicca un fuoco nel cuore dei suoi, ma lui non è più visibile, perché egli non è quel
viandante: è il Risorto che vive e si fa sperimentare vivo nella vita stessa di chi crede in lui. Egli è
assente perché «non è più legato all’orizzonte terreno, non è più palpabile, visibile in maniera
fisica; eppure è ancora realmente presente e sperimentabile»28. Inoltre c’è un’importante
pedagogia che il Risorto dispiega come afferma la Christus vivit che ci ricorda che chi accompagna i
giovani deve «scomparire come scompare il Signore dalla vista dei suoi discepoli, lasciandoli soli
con l’ardore del cuore, che si trasforma in impulso irresistibile a mettersi in cammino»29.
È il segno sacramentale che permette di riconoscere il Signore non come uno di fuori che si
può vedere, ma come uno che abita dentro e scalda il cuore. Il riconoscimento del Risorto
trascende l’empiria superficiale: è un’esperienza di fede! Luca gioca sul contrasto tra gli occhi
“impediti” (v. 16) e gli occhi “spalancati” (v. 31). Tra le due situazioni irrompe la fede: «la presenza
del Signore è accessibile tramite la Parola ascoltata, tramite il pane spezzato e, più in generale, per
mezzo della fede»30.
Ed è proprio a partire dalla fede che si compie la trasformazione interiore dei discepoli che
non sono più prigionieri di segni miracolosi. Il gesto del pane spezzato, infatti, «allontana
definitivamente l’attesa idolatrica dei segni e permette ai discepoli di dire l’essenziale – la loro
trasformazione interiore all’ascolto della sua parola sulle Scritture – senza rattristarsi per la sua
scomparsa»31. Il binomio Parola-Pane eucaristico trasfigura il senso della sequela vissuta e
permette di riprendere la strada per tornare dai compagni e annunciare loro che il Maestro è vivo
e a farsi pane per loro32.
I discepoli passano così dall’abbattimento allo slancio, dal bisogno di vedere i segni al
desiderio di ascoltare e annunciare la parola, dall’attesa di un messia foriero di rivoluzione politica
o sociale e capace di spazzare via da Israele ogni presenza ostile all’accoglienza del dono d’amore
di Cristo che spinge a tornare a Gerusalemme, in mezzo agli altri, alla nuova famiglia dei credenti
in Cristo, nel clima fecondo e gioioso della lode e della comunione.
La Scrittura rimane sigillata senza la luce che promana dall’evento della morte e risurrezione
di Cristo e senza narratori, testimoni capaci cioè di attraversare la storia “sacramentalmente”,
28 G. RAVASI, I Vangeli, EDB, Bologna 2016, 431.
29 FRANCESCO, Christus vivit, n. 296.
30 M. CRIMELLA, Luca, 367.
31 J.-N. ALETTI, L’arte di raccontare Gesù Cristo, 162.
32
«Perché il Risorto sia veramente presente, non basta la partecipazione al rito. Questo diventa portatore di vita
se riesce a trasformare anche i commensali in pane che si spezza per i fratelli» (V. PASQUETTO, «L’apparizione del
Risorto ai discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35)», 439).
“CUORI ARDENTI, PIEDI IN CAMMINO”
SPUNTI DI RIFLESSIONE PER L’ANNO PASTORALE 2023/2024
aprendola a Dio e vivificandola attraverso il loro pellegrinaggio pieno di zelo e dedizione e la loro
parola incisiva e gravida di Spirito Santo.
Il Maestro è vivo e chiede ai giovani, che sono “la promessa del Padre”, di seguirlo lungo le
vie del mondo, non come individui che rifuggono nelle proprie sicurezze o nel benessere
personale, ma come comunione di fratelli e sorelle che sanno nutrire la memoria dell’incontro con
Cristo e ravvivarla mediante la preghiera, la testimonianza, la forza dei sacramenti e degli affetti e
che sanno accogliere «ali come aquile» per collaborare alla corsa di una Parola (cfr. 2Ts 3,1) che
non subisce mai battute d’arresto perché eterna.
Lc 24,13-35, capolavoro catechetico e didattico, invita noi formatori e accompagnatori a
lasciarci lavorare dallo Spirito per generare i giovani alla vita filiale di Cristo che si compie nel dono
di sé. Invita inoltre i giovani a scoprire la bella esperienza di affrontare il pellegrinaggio della vita
sapendosi sempre accompagnati33 in una pastorale feconda perché intesa come un processo
rispettoso, paziente, fiducioso e compassionevole34 e a sentirsi destinatari di una grande
attenzione e di un ascolto profondo35 che li renda capaci di udire il battito del Padre che, nel cuore
del Figlio, palpita per loro di amore eterno.
SOMMARIO
L’articolo propone una lettura narrativa del racconto di Emmaus (Lc 24,13-35) che privilegia il
tema del «viaggio» come metafora della vita e offre una serie di indicazioni preziose per ripensare
la necessità e l’urgenza di avviare i giovani all’arte del discernimento. Attraverso la prossimità
tipica di un accompagnamento che si realizza come un processo graduale e che contempla la
possibilità di una reale esperienza di generazione spirituale, il contatto con la Parola contenuta
nelle Scritture e rivelatrice di senso e l’esperienza sacramentale all’interno di un contesto
ecclesiale che testimoni un’alta qualità dei rapporti e di comunione, è offerta ai giovani
l’opportunità di coltivare sogni e desideri grandi e di aprirsi serenamente al futuro, sentendosi
depositari di una chiamata al dono di sé, a cui dare carne giorno per giorno.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2023

Cuori ardenti, piedi in cammino (cfr Lc 24,13-35)

Cari fratelli e sorelle!

Per la Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno ho scelto un tema che prende spunto dal racconto dei discepoli di Emmaus, nel Vangelo di Luca (cfr 24,13-35): «Cuori ardenti, piedi in cammino». Quei due discepoli erano confusi e delusi, ma l’incontro con Cristo nella Parola e nel Pane spezzato accese in loro l’entusiasmo per rimettersi in cammino verso Gerusalemme e annunciare che il Signore era veramente risorto. Nel racconto evangelico, cogliamo la trasformazione dei discepoli da alcune immagini suggestive: cuori ardenti per le Scritture spiegate da Gesù, occhi aperti nel riconoscerlo e, come culmine, piedi in cammino. Meditando su questi tre aspetti, che delineano l’itinerario dei discepoli missionari, possiamo rinnovare il nostro zelo per l’evangelizzazione nel mondo odierno.

1. Cuori ardenti «quando ci spiegava le Scritture». La Parola di Dio illumina e trasforma il cuore nella missione.

Sulla via da Gerusalemme a Emmaus, i cuori dei due discepoli erano tristi – come traspariva dai loro volti – a causa della morte di Gesù, nel quale avevano creduto (cfr v. 17). Di fronte al fallimento del Maestro crocifisso, la loro speranza che fosse Lui il Messia è crollata (cfr v. 21).

Ed ecco, «mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro» (v. 15). Come all’inizio della vocazione dei discepoli, anche ora nel momento del loro smarrimento, il Signore prende l’iniziativa di avvicinarsi ai suoi e camminare al loro fianco. Nella sua grande misericordia, Egli non si stanca mai di stare con noi, malgrado i nostri difetti, i dubbi, le debolezze, nonostante la tristezza e il pessimismo ci inducano a diventare «stolti e lenti di cuore» (v. 25), gente di poca fede.

Oggi come allora, il Signore risorto è vicino ai suoi discepoli missionari e cammina accanto a loro, specialmente quando si sentono smarriti, scoraggiati, impauriti di fronte al mistero dell’iniquità che li circonda e li vuole soffocare. Perciò, «non lasciamoci rubare la speranza!» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 86). Il Signore è più grande dei nostri problemi, soprattutto quando li incontriamo nell’annunciare il Vangelo al mondo, perché questa missione, in fin dei conti, è sua e noi siamo semplicemente i suoi umili collaboratori, “servi inutili” (cfr Lc 17,10).

Esprimo la mia vicinanza in Cristo a tutti i missionari e le missionarie nel mondo, in particolare a coloro che attraversano un momento difficile: il Signore risorto, carissimi, è sempre con voi e vede la vostra generosità e i vostri sacrifici per la missione di evangelizzazione in luoghi lontani. Non tutti i giorni della vita sono pieni di sole, ma ricordiamoci sempre delle parole del Signore Gesù ai suoi amici prima della passione: «Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33).

Dopo aver ascoltato i due discepoli sulla strada per Emmaus, Gesù risorto «cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc 24,27). E i cuori dei discepoli si riscaldarono, come alla fine si confideranno l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?» (v. 32). Gesù infatti è la Parola vivente, che sola può far ardere, illuminare e trasformare il cuore.

Così comprendiamo meglio l’affermazione di San Girolamo: «Ignorare le Scritture è ignorare Cristo» (In Is., Prologo). «Senza il Signore che ci introduce è impossibile comprendere in profondità la Sacra Scrittura, ma è altrettanto vero il contrario: senza la Sacra Scrittura restano indecifrabili gli eventi della missione di Gesù e della sua Chiesa nel mondo» (Lett. ap. M.P. Aperuit illis, 1). Perciò, la conoscenza della Scrittura è importante per la vita del cristiano, e ancora di più per l’annuncio di Cristo e del suo Vangelo. Altrimenti, che cosa si trasmette agli altri se non le proprie idee e i propri progetti? E un cuore freddo, potrà mai far ardere quello degli altri?

Lasciamoci dunque sempre accompagnare dal Signore risorto che ci spiega il senso delle Scritture. Lasciamo che Egli faccia ardere il nostro cuore, ci illumini e ci trasformi, affinché possiamo annunciare al mondo il suo mistero di salvezza con la potenza e la sapienza che vengono dal suo Spirito.

2. Occhi che «si aprirono e lo riconobbero» nello spezzare il pane. Gesù nell’Eucaristia è culmine e fonte della missione.

I cuori ardenti per la Parola di Dio spinsero i discepoli di Emmaus a chiedere al misterioso Viandante di restare con loro sul far della sera. E, intorno alla mensa, i loro occhi si aprirono e lo riconobbero quando Lui spezzò il pane. L’elemento decisivo che apre gli occhi dei discepoli è la sequenza delle azioni compiute da Gesù: prendere il pane, benedirlo, spezzarlo e darlo a loro. Sono gesti ordinari di un capofamiglia ebreo, ma, compiuti da Gesù Cristo con la grazia dello Spirito Santo, rinnovano per i due commensali il segno della moltiplicazione dei pani e soprattutto quello dell’Eucaristia, sacramento del Sacrificio della croce. Ma proprio nel momento in cui riconoscono Gesù in Colui-che-spezza-il-pane, «egli sparì dalla loro vista» (Lc 24,31). Questo fatto fa capire una realtà essenziale della nostra fede: Cristo che spezza il pane diventa ora il Pane spezzato, condiviso con i discepoli e quindi consumato da loro. È diventato invisibile, perché è entrato ora dentro i cuori dei discepoli per farli ardere ancora di più, spingendoli a riprendere il cammino senza indugio per comunicare a tutti l’esperienza unica dell’incontro con il Risorto! Così Cristo risorto è Colui-che-spezza-il-pane e al contempo è il Pane-spezzato-per-noi. E dunque ogni discepolo missionario è chiamato a diventare, come Gesù e in Lui, grazie all’azione dello Spirito Santo, colui-che-spezza-il-pane e colui-che-è-pane-spezzato per il mondo.

A questo proposito, occorre ricordare che un semplice spezzare il pane materiale con gli affamati nel nome di Cristo è già un atto cristiano missionario. Tanto più lo spezzare il Pane eucaristico che è Cristo stesso è l’azione missionaria per eccellenza, perché l’Eucaristia è fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa.

Lo ha ricordato il Papa Benedetto XVI: «Non possiamo tenere per noi l’amore che celebriamo nel Sacramento [dell’Eucaristia]. Esso chiede per sua natura di essere comunicato a tutti. Ciò di cui il mondo ha bisogno è l’amore di Dio, è incontrare Cristo e credere in Lui. Per questo l’Eucaristia non è solo fonte e culmine della vita della Chiesa; lo è anche della sua missione: “Una Chiesa autenticamente eucaristica è una Chiesa missionaria”» (Esort. ap. Sacramentum caritatis, 84).

Per portare frutto dobbiamo restare uniti a Lui (cfr Gv 15,4-9). E questa unione si realizza attraverso la preghiera quotidiana, in particolare nell’adorazione, nel rimanere in silenzio alla presenza del Signore, che rimane con noi nell’Eucaristia. Coltivando con amore questa comunione con Cristo, il discepolo missionario può diventare un mistico in azione. Che il nostro cuore brami sempre la compagnia di Gesù, sospirando l’ardente richiesta dei due di Emmaus, soprattutto quando si fa sera: “Resta con noi, Signore!” (cfr Lc 24,29).

3. Piedi in cammino, con la gioia di raccontare il Cristo Risorto. L’eterna giovinezza di una Chiesa sempre in uscita.

Dopo aver aperto gli occhi, riconoscendo Gesù nello «spezzare il pane», i discepoli «partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme» (cfr Lc 24,33). Questo andare in fretta, per condividere con gli altri la gioia dell’incontro con il Signore, manifesta che «la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 1). Non si può incontrare davvero Gesù risorto senza essere infiammati dal desiderio di dirlo a tutti. Perciò, la prima e principale risorsa della missione sono coloro che hanno riconosciuto Cristo risorto, nelle Scritture e nell’Eucaristia, e che portano nel cuore il suo fuoco e nello sguardo la sua luce. Costoro possono testimoniare la vita che non muore mai, anche nelle situazioni più difficili e nei momenti più bui.

L’immagine dei “piedi in cammino” ci ricorda ancora una volta la perenne validità della missio ad gentes, la missione data alla Chiesa dal Signore risorto di evangelizzare ogni persona e ogni popolo sino ai confini della terra. Oggi più che mai l’umanità, ferita da tante ingiustizie, divisioni e guerre, ha bisogno della Buona Notizia della pace e della salvezza in Cristo. Colgo pertanto questa occasione per ribadire che «tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile» (ibid., 14). La conversione missionaria rimane l’obiettivo principale che dobbiamo proporci come singoli e come comunità, perché «l’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa» (ibid., 15).

Come afferma l’apostolo Paolo, l’amore di Cristo ci avvince e ci spinge (cfr 2 Cor 5,14). Si tratta qui del duplice amore: quello di Cristo per noi che richiama, ispira e suscita il nostro amore per Lui. Ed è questo amore che rende sempre giovane la Chiesa in uscita, con tutti i suoi membri in missione per annunciare il Vangelo di Cristo, convinti che «Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per sé stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro» (v. 15). A questo movimento missionario tutti possono contribuire: con la preghiera e l’azione, con offerte di denaro e di sofferenze, con la propria testimonianza. Le Pontificie Opere Missionarie sono lo strumento privilegiato per favorire questa cooperazione missionaria a livello spirituale e materiale. Per questo la raccolta di offerte della Giornata Missionaria Mondiale è dedicata alla Pontificia Opera della Propagazione della Fede.

L’urgenza dell’azione missionaria della Chiesa comporta naturalmente una cooperazione missionaria sempre più stretta di tutti i suoi membri ad ogni livello. Questo è un obiettivo essenziale del percorso sinodale che la Chiesa sta compiendo con le parole-chiave comunione, partecipazione, missione. Tale percorso non è sicuramente un piegarsi della Chiesa su sé stessa; non è un processo di sondaggio popolare per decidere, come in un parlamento, che cosa bisogna credere e praticare o no secondo le preferenze umane. È piuttosto un mettersi in cammino come i discepoli di Emmaus, ascoltando il Signore Risorto che sempre viene in mezzo a noi per spiegarci il senso delle Scritture e spezzare il Pane per noi, affinché possiamo portare avanti con la forza dello Spirito Santo la sua missione nel mondo.

Come quei due discepoli narrarono agli altri ciò che era accaduto lungo la via (cfr Lc 24,35), così anche il nostro annuncio sarà un raccontare gioioso il Cristo Signore, la sua vita, la sua passione, morte e risurrezione, le meraviglie che il suo amore ha compiuto nella nostra vita.

Ripartiamo dunque anche noi, illuminati dall’incontro con il Risorto e animati dal suo Spirito. Ripartiamo con cuori ardenti, occhi aperti, piedi in cammino, per far ardere altri cuori con la Parola di Dio, aprire altri occhi a Gesù Eucaristia, e invitare tutti a camminare insieme sulla via della pace e della salvezza che Dio in Cristo ha donato all’umanità.

Santa Maria del cammino, Madre dei discepoli missionari di Cristo e Regina delle missioni, prega per noi!

Roma, San Giovanni in Laterano, 6 gennaio 2023, Solennità dell’Epifania del Signore.
 

FRANCESCO

Ottobre Missionario 2023

Ottobre Missionario 2023

Fare dell’umanità una sola grande famiglia

“Cuori ardenti, piedi in cammino”

Ci prepariamo a vivere ancora una volta il mese di ottobre, come cammino di animazione missionaria e di sensibilizzazione delle nostre comunità cristiane a partecipare e farsi carico della missione universale della Chiesa. Come educare le nostre comunità a questa apertura missionaria universale? La Chiesa, già da un secolo, ha adottato uno strumento pastorale che renda possibile la partecipazione di tutte le comunità e di tutti i credenti alla missione universale della Chiesa: si tratta delle Pontificie Opere Missionarie, attraverso le quali si intende creare tra tutti i cristiani del mondo uno spirito di fraternità universale nella preghiera e nella solidarietà, specialmente verso le Chiese più giovani e bisognose di sostegno. Ce lo ha raccomandato il Concilio Vaticano II, nel decreto Ad Gentes, nel quale le Pontificie Opere Missionarie sono raccomandate «sia per infondere nei cattolici, fin dalla più tenera età, uno spirito veramente universale e missionario, sia per favorire una adeguata raccolta di sussidi a vantaggio di tutte le missioni e secondo le necessità di ciascuna» (n. 38). Anche San Giovanni Paolo II, nella enciclica Redemptoris Missio ricorda espressamente che «le quattro Opere Missionarie – Propagazione della Fede, San Pietro Apostolo, Infanzia Missionaria e Unione Missionaria – hanno in comune lo scopo di promuovere lo spirito missionario universale in seno al popolo di Dio» (n. 84).

Il mese missionario trova dunque il suo apice nella celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale che ricorre nella penultima domenica del mese, ossia il 22 ottobre prossimo. In quella giornata ogni comunità cristiana si unisce spiritualmente a tutti i missionari inviati nel mondo ad annunciare il Vangelo fino agli estremi confini e, attraverso la raccolta di offerte a favore delle Pontificie Opere Missionarie, ogni parrocchia, rettoria, cappellania, ossia ogni comunità che celebra l’Eucarestia, contribuisce al sostegno di tutti i missionari sparsi nel mondo e di tutte le comunità più povere di mezzi, quelle che vivono in situazioni di assoluta minoranza e quelle che soffrono controversie e persecuzioni.

Per la Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno Papa Francesco ha scelto un tema che prende spunto dal racconto dei discepoli di Emmaus, nel Vangelo di Luca (cfr 24,13-35): «Cuori ardenti, piedi in cammino». Attraverso l’esperienza di questi due discepoli che, nell’incontro con Cristo risorto, si trasformano in attivi missionari, Papa Francesco richiama prima di tutto il valore della Parola di Dio per la vita dei battezzati: «La conoscenza della Scrittura è importante per la vita del cristiano, e ancora di più per l’annuncio di Cristo e del suo Vangelo» «Gesù infatti è la Parola vivente, che sola può far ardere, illuminare e trasformare il cuore». In un secondo passaggio del suo messaggio il papa ci sottolinea l’importanza dell’Eucarestia: «Occorre ricordare che un semplice spezzare il pane materiale con gli affamati nel nome di Cristo è già un atto cristiano missionario. Tanto più lo spezzare il Pane eucaristico che è Cristo stesso è l’azione missionaria per eccellenza, perché l’Eucaristia è fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa». Infine il Papa ci ricorda l’importanza del mantenere viva la missione con l’impegno di ciascuno e con la preghiera per le vocazioni missionarie: «L’immagine dei “piedi in cammino” ci ricorda ancora una volta la perenne validità della missio ad gentes, la missione data alla Chiesa dal Signore risorto di evangelizzare ogni persona e ogni popolo sino ai confini della terra».

Il mese missionario trova dunque il suo apice nella celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale che ricorre nella penultima domenica del mese, ossia il 22 ottobre prossimo.

“Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo.”
PAPA FRANCESCO

Dal libro: EVANGELII GAUDIUM. ESORTAZIONE APOSTOLICA “Mai si chiude, mai si ripiega sulle proprie sicurezze, mai opta per la rigidità autodifensiva. Sa che egli stesso deve crescere nella comprensione del Vangelo e nel discernimento dei sentieri dello Spirito, e allora non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada.”
PAPA FRANCESCO

“Ogni cristiano e ogni comunità è missionaria nella misura in cui porta e vive il Vangelo e testimonia l’amore di Dio verso tutti, specialmente verso chi si trova in difficoltà. Siate missionari dell’amore e della tenerezza di Dio!”

Papa Francesco

Introduzione al tema di don Giuseppe Pizzoli, direttore generale Fondazione Missio

ANDATE ED ANNUNCIATE

ANDATE ED ANNUNCIATE

OTTOBRE MISSIONARIO

Fede e testimonianza in Assisi

“Se in uno stadio, in una notte buia, una persona accende una luce, si intravvede appena, ma se gli oltre settantamila spettatori accendono ciascuno la propria luce, lo stadio si illumina. Facciamo che la nostra vita sia una luce di Cristo; insieme porteremo la luce del Vangelo all’intera realtà.”

Dal libro: EVANGELII GAUDIUM. ESORTAZIONE APOSTOLICA

Citazioni per incoraggiare all’annuncio evangelico

  • “Un evangelizzatore non dovrebbe avere costantemente una faccia da funerale!”
    PAPA FRANCESCO
  • Spesso ci accontentiamo di qualche preghiera, di una Messa domenicale distratta e non costante, di qualche gesto di carità, ma non abbiamo questo coraggio di “uscire” per portare Cristo. (Catechesi del Santo Padre in occasione dell’Udienza Generale, 27/03/2013 PAPA FRANCESCO)
  • “Lo Spirito Santo ci insegna, ci ricorda, e ci fa parlare, con Dio e con gli uomini. Non ci sono cristiani muti, muti di anima.” (Omelia del Santo Padre nella Cappella Papale nella Solennità di Pentecoste, 08/06/2014) PAPA FRANCESCO
  • “Quando una persona conosce veramente GesùCristo e crede in Lui, sperimenta la sua presenza nella vita e la forza della sua Risurrezione, e non può fare a meno di comunicare questa esperienza. E se questa persona incontra incomprensioni o avversità, si comporta come Gesù nella sua Passione: risponde con l’amore e con la forza della verità.”
  • (Discorso pronunciato prima della recita del Regina Caeli, 14/04/2013) PAPA FRANCESCO
  • “Se in uno stadio, in una notte buia, una persona accende una luce, si intravvede appena, ma se gli oltre settantamila spettatori accendono ciascuno la propria luce, lo stadio si illumina. Facciamo che la nostra vita sia una luce di Cristo; insieme porteremo la luce del Vangelo all’intera realtà.”
  • (Catechesi del Santo Padre in occasione dell’Udienza Generale, 12/06/2013)PAPA FRANCESCO
  • Uscite nelle strade a evangelizzare, annunciando il Vangelo. Ricordate che la Chiesa è nata “in uscita”, quella mattina di Pentecoste. Avvicinatevi ai poveri e toccate nella loro carne la carne ferita di Gesù. Lasciatevi guidare dallo Spirito Santo, con libertà.
  • Incontro con i partecipanti al Raduno promosso dal Rinnovamento nello Spirito Santo allo Stadio Olimpico di Roma, 01/06/2014PAPA FRANCESCO
  • “Camminare è aprire frontiere, uscire, aprire porte e cercare strade. Camminare… Non stare seduti; non installarsi, nel cattivo senso della parola. E’ vero, c’è bisogno di organizzare cose, ci sono lavori che esigono di stare tranquilli, però con l’anima, con il cuore e la testa camminare e cercare.”
  • Discorso del Santo Padre in occasione dell’Udienza ai partecipanti al Capitolo Generale dei Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria (Clarettiani), 11/09/2015 PAPA FRANCESCO
  • “E’ lo Spirito che ci fa fare la strada della memoria vivente della Chiesa. E questo chiede da noi una risposta: più la nostra risposta è generosa, più le parole di Gesù diventano in noi vita, diventano atteggiamenti, scelte, gesti, testimonianza. In sostanza lo Spirito ci ricorda il comandamento dell’amore, e ci chiama a viverlo.”
  • Omelia del Santo Padre nella Cappella Papale nella Solennità di Pentecoste, 08/06/2014PAPA FRANCESCO.
  • “Seminiamo e diamo testimonianza. La testimonianza è l’inizio di un’evangelizzazione che tocca il cuore e lo trasforma. “Le parole senza testimonianza non vanno, non servono! La testimonianza è quella che porta e dà validità alla parola”.
  • “Discorso del Santo Padre durante l’Udienza ai partecipanti all’Incontro internazionale “Il progetto pastorale di Evangelii gaudium”, 19/09/2014PAPA FRANCESCO
  • “La missione evangelizzatrice della Chiesa è essenzialmente annuncio dell’amore, della misericordia e del perdono di Dio, rivelati agli uomini mediante la vita, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo.”
  • Omelia del Santo Padre durante la Santa Messa di ringraziamento per la canonizzazione equipollente dei santi canadesi Francesco de Laval e Maria dell’Incarnazione Guyart Martin, 12/10/2014 PAPA FRANCESCO
  • “Il compito dell’evangelizzazione implica ed esige una promozione integrale di ogni essere umano.”
    PAPA FRANCESCO
  • “La missione di sempre: portare GesùCristo all’uomo e condurre l’uomo all’incontro con GesùCristoVia, Verità e Vita, realmente presente nella Chiesa e contemporaneo in ogni uomo.
  • ”Discorso del Santo Padre durante l’Udienza al Collegio Cardinalizio, 15/03/2013 PAPA FRANCESCO
  • “La fede nasce dall’ascolto, e si rafforza nell’annuncio.”
  • Omelia del Santo Padre nella Santa Messa celebrata nella Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura, 14/04/2013 PAPA FRANCESCO
  • “Noi tutti siamo semplici, ma importanti strumenti [di evangelizzazione]; abbiamo ricevuto il dono della fede non per tenerla nascosta, ma per diffonderla, perché possa illuminare il cammino di tanti fratelli.”
  • Discorso del Santo Padre durante l’Udienza ai partecipanti all’Assemblea Generale delle Pontificie Opere Missionarie, 17/05/2013 PAPA FRANCESCO
  • “Evangelizzare, annunciare Gesù, ci dà gioia; invece, l’egoismo ci dà amarezza, tristezza, ci porta giù; evangelizzare ci porta su.”
  • Catechesi del Santo Padre in occasione dell’Udienza Generale, 22/05/2013 PAPA FRANCESCO
  • “Siate uomini di frontiera, con quella capacità che viene da Dio. Ma non cadete nella tentazione di addomesticare le frontiere: si deve andare verso le frontiere e non portare le frontiere a casa per verniciarle un po’ e addomesticarle.”
  • Discorso del Santo Padre durante l’Udienza alla Comunità degli Scrittori de “La Civiltà Cattolica”, 14/06/2013 PAPA FRANCESCO.
  • “Una Chiesa che si chiude in se stessa e nel passato, una Chiesa che guarda soltanto le piccole regole di abitudini, di atteggiamenti, è una Chiesa che tradisce la propria identità. […] La Chiesa è apostolica perché preghiamo e perché annunciamo il Vangelo con la nostra vita e con le nostre parole.”
  • Catechesi del Santo Padre in occasione dell’Udienza Generale, 16/10/2013 PAPA FRANCESCO
  • “L’evangelizzazione, nel nostro tempo, sarà possibile soltanto per contagio di gioia.”
  • Messaggio del Santo Padre per la XXIX Giornata Mondiale della Gioventù del 13 Aprile 2014, 06/02/2014 PAPA FRANCESCO
  • “La Chiesa ha bisogno del vostro coraggio, per annunciare il Vangelo in ogni occasione opportuna e non opportuna, e per dare testimonianza alla verità. ”
  • Concistoro Ordinario Pubblico per la creazione di 19 nuovi Cardinali, 22/02/2014 PAPA FRANCESCO
  • “Non lesinate sforzi per aprire nuove vie al Vangelo, che raggiungano il cuore di tutti, affinché le persone scoprano quello che già alberga nel loro intimo: Cristo come amico e fratello.”
  • Discorso del Santo Padre in occasione della visita “Ad Limina Apostolorum” dei Presuli della Conferenza Episcopale di Spagna, 03/03/2014 PAPA FRANCESCO
  • “Non fermarsi: andare! Andare per le strade delle vostre città e dei vostri Paesi, e annunciare che Dio è Padre e che Gesù Cristo ve lo ha fatto conoscere, e per questo la vostra vita è cambiata: si può vivere da fratelli, portando dentro una speranza che non delude.”
  • Discorso del Santo Padre in occasione dell’Udienza all’Azione Cattolica Italiana, 03/05/2014 PAPA FRANCESCO
  • “Non perdete mai lo slancio di camminare per le strade del mondo, la consapevolezza che camminare, andare anche con passo incerto o zoppicando, è sempre meglio che stare fermi, chiusi nelle proprie domande o nelle proprie sicurezze.
  • ”Discorso del Santo Padre in occasione dell’Udienza ai Partecipanti all’Incontro promosso dalla Conferenza Italiana degli Istituti Secolari, 10/05/2014 PAPA FRANCESCO.
  • “Non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione! Vi invito ad immergervi nella gioia del Vangelo, ed alimentare un amore in grado di illuminare la vostra vocazione e missione. Vi esorto a fare memoria, come in un pellegrinaggio interiore, del “primo amore” con cui il Signore Gesù Cristo ha riscaldato il cuore di ciascuno”
  • “Qualunque ambiente, anche il più lontano e impraticabile, può diventare luogo dove far fruttificare i talenti. Non ci sono situazioni o luoghi preclusi alla presenza e alla testimonianza cristiana. La testimonianza che Gesù ci chiede non è chiusa, è aperta, dipende da noi.”
  • Discorso pronunciato dal Papa durante l’Angelus in Piazza San Pietro, 16/11/2014 PAPA FRANCESCO
  • “La missione di annunciare Cristo risorto non è un compito individuale: è da vivere in modo comunitario, con il collegio apostolico e con la comunità.
  • ”Omelia del Santo Padre durante la Santa Messa per la Canonizzazione di 4 Beate, 17/05/2015 PAPA FRANCESCO
  • La testimonianza più efficace e più autentica è quella di non contraddire, con il comportamento e con la vita, quanto si predica con la parola e quanto si insegna agli altri! Cari fratelli, insegnate la preghiera pregando; annunciate la fede credendo; date testimonianza vivendo!”
  • Omelia del Santo Padre in occasione della Celebrazione Eucaristica nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, 29/06/2015 PAPA FRANCESCO
  • Dal libro: APRITE LA MENTE AL VOSTRO CUORE “Evangelizzare è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare e insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del Cristo nella Santa Messa che è il memoriale della sua morte e della sua gloriosa resurrezione” PAPA FRANCESCO
  • “Portare il Vangelo è portare la forza di Dio per sradicare e demolire il male e la violenza; per distruggere e abbattere le barriere dell’egoismo, dell’intolleranza e dell’odio; per edificare un mondo nuovo.”
  • Omelia del Santo Padre durante la Santa Messa per la chiusura della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro, 28/07/2013 PAPA FRANCESCO
  • “A chi è cristiano compete sempre questa testimonianza evangelica: proteggere la vita con coraggio e amore in tutte le sue fasi. Vi incoraggio a farlo sempre con lo stile della vicinanza, della prossimità: che ogni donna si senta considerata come persona, ascoltata, accolta, accompagnata.”
  • Discorso del Santo Padre in occasione dell’Udienza al Movimento per la Vita italiano, 11/04/2014 PAPA FRANCESCO
  • “Non abbiate paura della gioia! Quella gioia che ci dà il Signore quando lo lasciamo entrare nella nostra vita, lasciamo che Lui entri nella nostra vita e ci inviti ad andare fuori noi alle periferie della vita e annunciare il Vangelo. Non abbiate paura della gioia. Gioia e coraggio!”
  • Discorso pronunciato dal Papa durante l’Angelus in Piazza San Pietro, 07/07/2013 PAPA FRANCESCO
  • “Essere Chiesa non significa gestire, ma uscire, essere missionari, portare agli uomini la luce della fede e la gioia del Vangelo.”
  • Discorso del Santo Padre in occasione della visita “Ad Limina Apostolorum” dei Presuli della Conferenza Episcopale dell’Austria, 30/01/2014 PAPA FRANCESCO.
  • “Uscire, partire, non vuol dire dimenticare. La Chiesa in uscita custodisce la memoria di ciò che nel Cenacolo è accaduto; lo Spirito Paraclito le ricorda ogni parola, ogni gesto, e ne rivela il senso.”
  • Omelia del Santo Padre durante la Santa Messa con gli Ordinari di Terra Santa al Cenacolo (Terra Santa), 26/05/2014 PAPA FRANCESCO
  • “Segno evidente della cattolicità della Chiesa è che essa parla tutte le lingue. E questo non è altro che l’effetto della Pentecoste: è lo Spirito Santo, infatti, che ha messo in grado gli Apostoli e la Chiesa intera di far risuonare a tutti, fino ai confini della terra, la Bella Notizia della salvezza e dell’amore di Dio.”
  • Catechesi del Santo Padre in occasione dell’Udienza Generale, 17/09/2014PAPA FRANCESCO
  • “Tutti noi battezzati, figli della Chiesa, siamo chiamati ad accogliere sempre nuovamente la presenza di Dio in mezzo a noi e ad aiutare gli altri a scoprirla, o a riscoprirla qualora l’avessero dimenticata. Si tratta di una missione bellissima, simile a quella di Giovanni Battista: orientare la gente a Cristo – non a noi stessi”!
  • Discorso pronunciato dal Papa durante l’Angelus in Piazza San Pietro, 14/12/2014 PAPA FRANCESCO.
  • “Attraverso il nostro Battesimo, siamo chiamati ad essere evangelizzatori e a testimoniare la buona novella di Gesù ovunque ci troviamo. Ma siamo chiamati anche ad andare oltre, ad essere una comunità evangelizzatrice, anche se questo può voler semplicemente dire aprire le porte delle nostre case e far entrare i nostri vicini.”Discorso del Santo Padre in occasione della Visita “ad Limina Apostolorum” dei Presuli della Conferenza Episcopale del Giappone, 20/03/2015 PAPA FRANCESCO.
  • “La pace sia con voi”. Sono le parole con le quali Gesù risorto salutò i suoi discepoli quando apparve in mezzo a loro nel Cenacolo, la sera di Pasqua. È Lui, il Signore, nostra forza e nostra speranza, che ci dona la sua pace, perché la accogliamo nel nostro cuore e la diffondiamo con gioia e con amore.
  • Video-messaggio di Papa Francesco alla vigilia del Viaggio Apostolico a Sarajevo (Bosnia ed Erzegovina), 02/06/2015 PAPA FRANCESCO
  • “Quando siamo stanchi o ci diventa pesante il compito di evangelizzare, è bene ricordare che la vita che Gesù ci offre risponde alle necessità più profonde delle persone, perché tutti siamo stati creati per l’amicizia con Gesù e per l’amore fraterno.”
  • Omelia del Santo Padre durante la Santa Messa a Ñu Guazú di Asunción – Viaggio Apostolico in Ecuador, Bolivia e Paraguay, 12/07/2015 PAPA FRANCESCO
  • Dal libro: EVANGELII GAUDIUM. ESORTAZIONE APOSTOLICA “Gesù vuole evangelizzatori che annuncino la Buona Notizia non solo con le parole, ma soprattutto con una vita trasfigurata dalla presenza di Dio.”
    PAPA FRANCESCO
  • “Non cediamo mai al pessimismo, a quell’amarezza che il diavolo ci offre ogni giorno; non cediamo al pessimismo e allo scoraggiamento: abbiamo la ferma certezza che lo Spirito Santo dona alla Chiesa, con il suo soffio possente, il coraggio di perseverare e anche di cercare nuovi metodi di evangelizzazione, per portare il Vangelo fino agli estremi confini della terra”
  • Discorso del Santo Padre durante l’Udienza al Collegio Cardinalizio, 15/03/2013 PAPA FRANCESCO
  • “Si può pensare che l’evangelizzazione dobbiamo programmarla a tavolino, pensando alle strategie, facendo dei piani. Ma questi sono strumenti, piccoli strumenti. L’importante è Gesù e lasciarsi guidare da Lui. Poi possiamo fare le strategie, ma questo è secondario.”
  • Risposta alle domande poste dai fedeli in occasione della veglia di Pentecoste con i movimenti, le nuove comunità, le associazioni e le aggregazioni laicali, 18/05/2013 PAPA FRANCESCO
  • “A volte sembra che si ripeta oggi quello che è accaduto a Babele: divisioni, incapacità di comprendersi, rivalità, invidie, egoismo. […] Portare il Vangelo è annunciare e vivere noi per primi la riconciliazione, il perdono, la pace, l’unità e l’amore che lo Spirito Santo ci dona. ”
  • Catechesi del Santo Padre in occasione dell’Udienza Generale, 22/05/2013PAPA FRANCESCO
  • “La diffusione del Vangelo non è assicurata né dal numero delle persone, né dal prestigio dell’istituzione, né dalla quantità di risorse disponibili. Quello che conta è essere permeati dall’amore di Cristo, lasciarsi condurre dallo Spirito Santo, e innestare la propria vita nell’albero della vita, che è la Croce del Signore.”
  • Omelia del Santo Padre durante la Santa Messa per la “Giornata dei Seminaristi, Novizi, Novizie e di quanti sono in Cammino Vocazionale”, 07/07/2013 PAPA FRANCESCO
  • “La fecondità pastorale, la fecondità dell’annuncio del Vangelo non è data né dal successo, né dall’insuccesso secondo criteri di valutazione umana, ma dal conformarsi alla logica della Croce di Gesù, che è la logica dell’uscire da se stessi e donarsi, la logica dell’amore.”
  • Omelia del Santo Padre durante la Santa Messa per la “Giornata dei Seminaristi, Novizi, Novizie e di quanti sono in Cammino Vocazionale”, 07/07/2013 PAPA FRANCESCO
  • “E’ dalla contemplazione, da un forte rapporto di amicizia con il Signore che nasce in noi la capacità di vivere e di portare l’amore di Dio, la sua misericordia, la sua tenerezza verso gli altri. E anche il nostro lavoro con il fratello bisognoso, il nostro lavoro di carità nelle opere di misericordia, ci porta al Signore”
  • Discorso pronunciato dal Papa durante l’Angelus in Piazza San Pietro, 21/07/2013 PAPA FRANCESCO
  • “La Chiesa ha le sue radici nell’insegnamento degli Apostoli, testimoni autentici di Cristo, ma guarda al futuro, ha la ferma coscienza di essere inviata – inviata da Gesù – , di essere missionaria, portando il nome di Gesù con la preghiera, l’annuncio e la testimonianza.”
  • Catechesi del Santo Padre in occasione dell’Udienza Generale, 16/10/2013 PAPA FRANCESCO
  • “Il Vangelo è il vero antidoto contro la miseria spirituale: il cristiano è chiamato a portare in ogni ambiente l’annuncio liberante che esiste il perdono del male commesso, che Dio è più grande del nostro peccato e ci ama gratuitamente, sempre, e che siamo fatti per la comunione e per la vita eterna.
  • ”Messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima 2014, 26/12/2013 PAPA FRANCESCO
  • “Siamo chiamati a diventare nel mondo un Vangelo vivente: con una vita santa daremo “sapore” ai diversi ambienti e li difenderemo dalla corruzione, come fa il sale.
  • Discorso pronunciato dal Papa durante l’Angelus in Piazza San Pietro, 09/02/2014 PAPA FRANCESCO
  • “Bisogna impegnarsi sulla preparazione del terreno, sulla larghezza della semina. Agire come fiduciosi seminatori, evitando la paura di chi si illude che il raccolto dipenda solo da sé, o l’atteggiamento disperato degli scolari che, avendo tralasciato di fare i compiti, gridano che ormai non c’è più nulla da fare.”
  • Discorso del Santo Padre alla Riunione della Congregazione per i Vescovi, 27/02/2014 PAPA FRANCESCO
  • “Una famiglia evangelizzata è un prezioso agente di evangelizzazione, soprattutto perché irradia le meraviglie che Dio ha operato in essa.
  • ”Discorso del Santo Padre in occasione della visita “Ad Limina Apostolorum” dei Presuli della Conferenza Episcopale di Spagna, 03/03/2014 PAPA FRANCESCO
  • “La Parola di Cristo in noi cresce quando noi la proclamiamo, quando noi la diamo agli altri! E questa è la vita cristiana. E’ una missione per tutta la Chiesa, per tutti i battezzati, per tutti noi.”
  • Parole di Papa Francesco durante la recita dell’Angelus, 14/03/2014 PAPA FRANCESCO
GMG Lisbona “In fretta si va”

GMG Lisbona “In fretta si va”

l’inno in italiano della Gmg 2023 di Lisbona

È la versione italiana di “Há Pressa no Ar” (C’è fretta nell’aria), inno della Giornata Mondiale della Gioventù Lisbona 2023, ispirata al tema della GMG Lisbona 2023

"In fretta si va": l'inno della Gmg 2023 di Lisbona in italiano

“In fretta si va”, è la versione italiana di “Há Pressa no Ar” (C’è fretta nell’aria), inno della Giornata Mondiale della Gioventù Lisbona 2023, ispirata al tema della GMG Lisbona 2023 («Maria si alzò e andò in fretta» (Lc 1,39).

Il Servizio Nazionale per la Pastorale giovanile della Cei ha affidato la versione italiana al musicista Valerio Baggio e al paroliere Valerio “Lode” Ciprì che ha tradotto il testo, entrambi già autori di celebri inni.

La voce italiana è della giovane cantante Benedetta Belotti.

L’inno della Gmg 2023 si sviluppa intorno al “sì” di Maria e della sua fretta di incontrare la cugina Elisabetta. “Há Pressa no Ar” ha testi di João Paulo Vaz, sacerdote, e musica di Pedro Ferreira, professore e musicista, entrambi della diocesi di Coimbra, nel centro del Portogallo. Gli arrangiamenti sono del musicista Carlos Garcia.

Il tema è stato registrato in due versioni in portoghese e nella versione internazionale (portoghese, inglese, spagnolo, francese e italiano). La versione italiana mantiene la musica originale, grazie alle parole di Valerio “Lode Ciprì” tra i fondatori del Gen Rosso, e resta aderente al testo originale mantenendosi assonante con esso. Nel cantare questo inno, i giovani di tutto il mondo sono invitati a identificarsi con Maria, rendendosi disponibili al servizio, alla missione e alla trasformazione del mondo.


“Maria si alzò e andò in fretta” (Lc 1,39): è questo il tema del Messaggio del Santo Padre ai giovani in occasione della XXXVII Giornata Mondiale della Gioventù, che sarà celebrata nelle Chiese particolari il prossimo 20 novembre 2022 e a livello internazionale a Lisbona dal 1 al 6 di agosto 2023.

La città della gioia

Una nuova esperienza legata alla GMG che unirà il Parco del Perdono e la Fiera delle Vocazioni.

Una nuova esperienza legata alla GMG di Lisbona è la Città della Gioia, un luogo che unirà il Parco del Perdono e la Fiera delle Vocazioni e dove scoprire Cristo attraverso esperienze di gioia cristiana. I giovani saranno provocati attraverso incontri, eventi, conversazioni, momenti di preghiera. Un modo per mettersi in discussione e confrontarsi con l’altro, con il diverso, sperimentando l’armonia, il perdono di Dio e la sua misericordia.

Un percorso insomma, ricco di stimoli dal Parco del Perdono dove ci saranno a disposizione 150 confessionali, alla Fiera Vocazionale in ci saranno testimonianze sulla vocazione

Maria si alzò e andò in fretta (Lc 1,39) è la citazione biblica scelta da Papa Francesco come motto della Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà per la prima volta in Portogallo, nella capitale Lisbona, dall’1 al 6 agosto 2023. La frase biblica apre il racconto della Visitazione (la visita di Maria alla cugina Elisabetta), episodio successivo all’Annunciazione (l’annuncio dell’angelo a Maria che sarebbe stata madre del Figlio di Dio, tema della GMG a Panama).

Durante l’Annunciazione l’angelo dice a Maria che sua cugina, ritenuta sterile, è incinta. Dopo aver risposto all’angelo Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola (Lc 1,38), è allora che Maria parte per Ain Karim, un villaggio vicino a Gerusalemme dove Elisabetta viveva e attendeva la nascita di Giovanni, che sarebbe diventato San Giovanni Battista.

Maria di Nazaret è la grande figura del cammino cristiano: ci insegna a dire di sì a Dio. Nell’episodio biblico della Visitazione l’atto di alzarsi in piedi presenta Maria sia come donna di carità sia come missionaria. Partire in fretta rappresenta l’atteggiamento indicato da Papa Francesco per la GMG di Lisbona: «che l’evangelizzazione dei giovani sia attiva e missionaria, perché così riconosceranno e testimonieranno la presenza del Cristo vivente».

Rivolgendosi in particolare ai giovani, e sfidandoli ad essere coraggiosi missionari, il Papa nell’Esortazione apostolica Christus vivit scrive: «Dove ci invia Gesù? Non ci sono confini, non ci sono limiti: ci invia a tutti. Il Vangelo è per tutti, non per alcuni» (CV 177).

A Lisbona ritroveremo insieme la gioia dell’abbraccio fraterno. Papa Francesco” La Gmg è un pellegrinaggio e non un semplice viaggio: è darsi l’opportunità di lasciarsi raccontare quanto siamo preziosi per il Signore, quanto gli stiamo a cuore; ed è scoprire che la Chiesa siamo noi, sognando di poter far qualcosa per renderla sempre più bella”.

Dal 28 al 30 aprile il Papa in Ungheria

Dal 28 al 30 aprile il Papa in Ungheria

Cristo è il nostro futuro è il motto di questo viaggio apostolico di Papa Francesco

Nel logo, l’elemento centrale è il Ponte delle Catene di Budapest, il più antico ponte ungherese che attraversa il Danubio. Simbolo della capitale e del Paese, in origine costruito per collegare le città di Buda e Pest, vuole rievocare il pensiero, più volte richiamato dal Papa, dell’importanza di costruire ponti tra gli uomini.

«Accogliendo l’invito delle autorità civili ed ecclesiali, Papa Francesco compirà un viaggio apostolico in Ungheria dal 28 al 30 aprile 2023, visitando la città di Budapest». Lo ha reso noto stamane una dichiarazione del direttore della Sala stampa della Santa Sede, Matteo Bruni.

Per il Pontefice si tratta di un ritorno nella capitale ungherese, dove si era già recato il 12 settembre 2021 per celebrare, nella piazza degli Eroi, la messa conclusiva del 52° Congresso eucaristico internazionale. Ma si era trattato di una sosta di poche ore — durante le quali aveva anche incontrato presso il museo delle Belle arti il presidente della Repubblica e il primo ministro, poi i vescovi  e infine i rappresentanti del Consiglio ecumenico delle Chiese e alcune comunità ebraiche del Paese — prima di ripartire alla volta di Bratislava, in Slovacchia.

Stavolta invece è stato organizzato un programma — anch’esso reso noto oggi — con le caratteristiche di un viaggio internazionale, il 41° del pontificato, secondo di questo 2023.

Il cuore del viaggio sarà poi il 29 aprile quando incontrerà i profughi nella chiesa di Santa Elisabetta d’Ungheria

Nei tre giorni che trascorrerà a Budapest, il Papa pronuncerà cinque discorsi e un’omelia, seguita dalla recita del Regina Caeli.

La partenza è prevista venerdì 28 dall’aeroporto di Fiumicino, con arrivo verso le 10 nello scalo internazionale della capitale ungherese, dove avrà luogo l’accoglienza ufficiale. Successivamente presso il Palazzo Sándor si svolgeranno, nel piazzale, la cerimonia di benvenuto e, all’interno, la visita di cortesia alla presidente della Repubblica. Seguiranno gli incontri con il primo ministro e, nell’ex monastero carmelitano, con le autorità, i rappresentanti della società civile e il corpo diplomatico. In quest’ultima circostanza è previsto il primo discorso del viaggio. Nel pomeriggio l’appuntamento con i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati, le consacrate, i seminaristi e gli operatori pastorali ungheresi nella concattedrale di Santo Stefano.

La giornata di sabato 29 inizierà con una visita privata ai bambini dell’istituto Beato László Batthyány-Strattmann. Dopodiché Francesco incontrerà poveri e rifugiati presso la chiesa di Santa Elisabetta d’Ungheria e, nel pomeriggio, dapprima i giovani presso la Papp László Budapest Sportaréna, quindi, in privato, i membri della compagnia di Gesù nella nunziatura apostolica.

Infine domenica 30 il Papa al mattino celebrerà la messa nella piazza Lajos Kossuth e nel pomeriggio incontrerà il mondo accademico e della cultura presso la facoltà di Informatica e Scienze bioniche dell’Università cattolica Péter Pázmány. Al termine, verso le 17.30, raggiungerà l’aeroporto per la cerimonia di congedo dall’Ungheria.

 Dal 28 al 30 aprile  il Papa in Ungheria  QUO-048

Idea Progettazione a cura di Marilena Marino Vocedivina.it