Dolcetto o Scherzetto?

Dolcetto o Scherzetto?

«HALLOWEEN: COSA RISPONDERE AI BAMBINI CHE CHIEDONO “DOLCETTO O SCHERZETTO”?»

«Come ogni anno in occasione di Halloween sentirò suonare alla mia porta ragazzini festanti con costumi da film dell’orrore Come devo reagire, da cristiano?»

Quest’anno, come ogni anno, la sera del 31 ottobre, in occasione di Halloween, sentirò suonare alla mia porta dei ragazzini festanti – e magari travestiti con costumi da film dell’orrore – che mi diranno “dolcetto o scherzetto?”. Come devo considerare questa ricorrenza alla luce della mia fede? 

La tradizione di Halloween ha origine dall’antica festa dei Celti chiamata “Samhain”, che segnava la fine dell’estate con l’ultimo raccolto e l’inizio dell’inverno. Nella notte che precedeva il nuovo anno pensavano che il confine tra il mondo dei vivi e dei morti si confondesse, tanto che i fantasmi potessero aggirarsi nel mondo dei vivi e disturbare le loro attività. Così la notte del 31 ottobre accendevano falò sacri e indossavano costumi grotteschi, tipicamente costituiti da teste e pelli di animali, per spaventarli e allontanarli dai loro campi. Al termine, riaccendevano il focolare domestico, che avevano spento la sera stessa, dal falò sacro per proteggersi durante l’inverno. Per un popolo legato all’instabilità naturale e al ciclo delle stagioni queste pratiche erano un’importante fonte di conforto prima delle oscurità invernali.

Nell’VIII secolo, papa Gregorio III designò il 1° novembre come momento per onorare tutti i santi. La celebrazione era chiamata “All-Hallows” e la notte che la precede, il 31 ottobre, iniziò a essere appellata “All-Hallows’ Eve”, contratto poi in “Halloween”. Nel corso del tempo si è evoluta in una festa mondana, come il “dolcetto o scherzetto”, l’intaglio delle lanterne, i raduni festosi o l’indossare costumi. Occorre avere presenti le diverse posizioni su questa festa tra chi ne intravvede un culto idolatrico o addirittura satanico, come gli esorcisti sulla base della loro esperienza, e chi la vive con la dimensione della festa, da cui adulti e bambini sono attratti, con cibi e maschere, perché i loro amici, non necessariamente credenti, partecipano a questo evento sociale. Ed esercitare quindi, a seconda delle circostanze che ci si trova a vivere, il dovuto discernimento.

Sullo sfondo rimane, comunque, la narrazione di popoli e culture che attraverso i loro miti esprimevano l’universale bisogno di confrontarsi con la tragicità della morte tramite forme sociali esorcizzanti e, per certi versi, “normalizzanti” dell’esistenza. Su tale scia, per lo più oggi soffocata da una versione consumistica, ci possiamo domandare se la morte più che essere celebrata in maniera pagana, nel nostro tempo salutista e di intrattenimento mediatico sia stata semplicemente bandita dall’ordinario e relegata come tabù negli ospedali, nei luoghi di culto o nei circoli per filosofi pessimisti. In ogni caso la “vera salute”, che il Vangelo ci insegna essere nel “di più della fede”, supera (con tutto il rispetto) i miti e le credenze popolari attingendo alla morte e risurrezione di Cristo (mai disgiunte tra loro). È questo quello che viene celebrato nel ricordo dei santi (1° novembre) e dei defunti (2 novembre), sempre in riferimento alla figura del Salvatore, l’unico al quale chiedere la buona morte e la vita eterna, non solo per sé ma per tutti.

In tale senso, anche la prassi della visita ai propri cari al cimitero non è solo ricordare le esperienze passate con il defunto che ora non c’è più, ma diventa espressione di fede e atto di misericordia spirituale. Anzi, intercedere per il “futuro celeste” dei nostri cari – nelle preghiere di suffragio e nel ricordo nella santa Messa – è tanto utile a loro quanto a noi, che nel medesimo tempo ricordiamo le nostre radici terrene per aspirare alla stessa mèta del cielo.

https://www.famigliacristiana.it/articolo/un-opportuno-discernimento-in-occasione-di-halloween.aspx?

Ottobre Missionario 2023

Ottobre Missionario 2023

Fare dell’umanità una sola grande famiglia

“Cuori ardenti, piedi in cammino”

Ci prepariamo a vivere ancora una volta il mese di ottobre, come cammino di animazione missionaria e di sensibilizzazione delle nostre comunità cristiane a partecipare e farsi carico della missione universale della Chiesa. Come educare le nostre comunità a questa apertura missionaria universale? La Chiesa, già da un secolo, ha adottato uno strumento pastorale che renda possibile la partecipazione di tutte le comunità e di tutti i credenti alla missione universale della Chiesa: si tratta delle Pontificie Opere Missionarie, attraverso le quali si intende creare tra tutti i cristiani del mondo uno spirito di fraternità universale nella preghiera e nella solidarietà, specialmente verso le Chiese più giovani e bisognose di sostegno. Ce lo ha raccomandato il Concilio Vaticano II, nel decreto Ad Gentes, nel quale le Pontificie Opere Missionarie sono raccomandate «sia per infondere nei cattolici, fin dalla più tenera età, uno spirito veramente universale e missionario, sia per favorire una adeguata raccolta di sussidi a vantaggio di tutte le missioni e secondo le necessità di ciascuna» (n. 38). Anche San Giovanni Paolo II, nella enciclica Redemptoris Missio ricorda espressamente che «le quattro Opere Missionarie – Propagazione della Fede, San Pietro Apostolo, Infanzia Missionaria e Unione Missionaria – hanno in comune lo scopo di promuovere lo spirito missionario universale in seno al popolo di Dio» (n. 84).

Il mese missionario trova dunque il suo apice nella celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale che ricorre nella penultima domenica del mese, ossia il 22 ottobre prossimo. In quella giornata ogni comunità cristiana si unisce spiritualmente a tutti i missionari inviati nel mondo ad annunciare il Vangelo fino agli estremi confini e, attraverso la raccolta di offerte a favore delle Pontificie Opere Missionarie, ogni parrocchia, rettoria, cappellania, ossia ogni comunità che celebra l’Eucarestia, contribuisce al sostegno di tutti i missionari sparsi nel mondo e di tutte le comunità più povere di mezzi, quelle che vivono in situazioni di assoluta minoranza e quelle che soffrono controversie e persecuzioni.

Per la Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno Papa Francesco ha scelto un tema che prende spunto dal racconto dei discepoli di Emmaus, nel Vangelo di Luca (cfr 24,13-35): «Cuori ardenti, piedi in cammino». Attraverso l’esperienza di questi due discepoli che, nell’incontro con Cristo risorto, si trasformano in attivi missionari, Papa Francesco richiama prima di tutto il valore della Parola di Dio per la vita dei battezzati: «La conoscenza della Scrittura è importante per la vita del cristiano, e ancora di più per l’annuncio di Cristo e del suo Vangelo» «Gesù infatti è la Parola vivente, che sola può far ardere, illuminare e trasformare il cuore». In un secondo passaggio del suo messaggio il papa ci sottolinea l’importanza dell’Eucarestia: «Occorre ricordare che un semplice spezzare il pane materiale con gli affamati nel nome di Cristo è già un atto cristiano missionario. Tanto più lo spezzare il Pane eucaristico che è Cristo stesso è l’azione missionaria per eccellenza, perché l’Eucaristia è fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa». Infine il Papa ci ricorda l’importanza del mantenere viva la missione con l’impegno di ciascuno e con la preghiera per le vocazioni missionarie: «L’immagine dei “piedi in cammino” ci ricorda ancora una volta la perenne validità della missio ad gentes, la missione data alla Chiesa dal Signore risorto di evangelizzare ogni persona e ogni popolo sino ai confini della terra».

Il mese missionario trova dunque il suo apice nella celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale che ricorre nella penultima domenica del mese, ossia il 22 ottobre prossimo.

“Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo.”
PAPA FRANCESCO

Dal libro: EVANGELII GAUDIUM. ESORTAZIONE APOSTOLICA “Mai si chiude, mai si ripiega sulle proprie sicurezze, mai opta per la rigidità autodifensiva. Sa che egli stesso deve crescere nella comprensione del Vangelo e nel discernimento dei sentieri dello Spirito, e allora non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada.”
PAPA FRANCESCO

“Ogni cristiano e ogni comunità è missionaria nella misura in cui porta e vive il Vangelo e testimonia l’amore di Dio verso tutti, specialmente verso chi si trova in difficoltà. Siate missionari dell’amore e della tenerezza di Dio!”

Papa Francesco

Introduzione al tema di don Giuseppe Pizzoli, direttore generale Fondazione Missio

Catechesi e Annuncio

Catechesi e Annuncio

Una parola per la tua vita

L’estate è finita, il sole a mezzogiorno è ancora caldo ma l’aria si fa già frizzante. Ottobre segna l’arrivo dell’autunno, sebbene alcune zone abbiano temperature ancora miti, le piogge e il freddo sono ormai arrivati.

Questo è il momento per ripulire per bene l’orto da tutte le coltivazioni estive ormai finite. Estirpare le piante, vangare il terreno, concimarlo con un buon compost e procedere con la semina delle nuove piantine.

Siamo in tempo di semina: bisogna preparare la vigna, dissodare la terra, stare attenti alla manutenzione del vigneto e prepararlo all’anno successivo. Ottobre infatti sarà il mese giusto per pianificare lo spazio per le semine d’autunno.

Insomma, è un bell’impegno! C’è da ripulire per bene da tutte le coltivazioni estive ormai finite, estirpare le piante, vangare il terreno, concimare.

C’è tanto da fare in questo mese di Ottobre! Anche nella vigna del Signore bisogna preparare, concimare, dissodare il terreno per preparare il cuore a d accogliere questo seme della Parola di Dio che viene a fare nuove tutte le cose!

Per questo anche il campo di Dio è pronto per ricevere il seme della speranza che potrà germogliare a suo tempo, dando frutti abbondanti!

Nella vigna del Signore ci sono tutti questi preparativi da fare: prepararsi all’Annuncio della Buona Notizia per tutti!

Ottobre è il mese missionario per eccellenza, per questo si è pensato di seminare in abbondanza la Parola di Dio, attraverso un ciclo di catechesi che inizieranno il 16 Ottobre 2023 presso la Parrocchia d Santa Maria degli Angeli in Assisi.

Si parla di ” un ristoro” in questo passo del Vangelo di Matteo 11,28 che sembra proprio come un vero e proprio seme concimato nelle zolle di un cuore: pare tacere ma poi, piano piano, timidamente, è già pronto per venire alla luce.

Progressivamente, spunta fuori.

Occorre preparare, però, bene la terra, predisporsi, affinchè questo semino, che è l’Annuncio della Parola di Dio si depositi nelle persone. Crescendo, piano piano, questi germoglia, fino a dare “ristoro”, sollievo, speranza..”

Venite a me”, dice il Signore, venite, cioè, ad ascoltare questo Annuncio, prepara il tuo cuore, estirpa quelle piante che ti impediscono di dissodare la tua anima, per accogliere questo piccolo, grande, seme di speranza, questa Parola di Dio, attraverso dei testimoni che ti annuncino come e dove puoi, nella vita, trovare questo ” ristoro” che tanto cerchi nella vita ma che forse ancora non hai ancora trovato!

Lo Stile Evangelico

Non si tratta di un annunzio generico a grande diffusione, ma è tremendamente incarnato: ci si espone personalmente, si incontrano delle persone, si porta una parola di pace, perché “il Regno di Dio è giustizia, pace e gioia nello Spirito santo” (Rm 14,17). E chi annuncia non vanta meriti, non avanza pretese ma gioisce nel vedere all’opera la grazia di Dio.

“Il Regno di Dio si è avvicinato a voi”: questo si compie in Gesù, il Veniente ora e sempre. Il Dio che salva, il Dio che porta vita, speranza dove non c’è più futuro.

Questo annuncio non è neutrale, non lascia tutto come prima. Accoglierlo vuol dire porsi su una via di vita!

Dal 16 Ottobre 2023 Catechesi per giovani e adulti

Ogni Lunedì e Giovedì A Santa Maria degli Angeli in Assisi alla ore 20.45

Centro Pastorale Parrocchiale, via Capitolo delle stuoie

Vieni e Vedi!

Il Figlio Prodigo

Il Figlio Prodigo

In Scena il riadattamento della famosa parabola del Vangelo (Lc. 15,11-32)

I ragazzi della Parrocchia di San Giovanni Battista in Ferro di Cavallo- Perugia, hanno portato in scena la famosa Parabola del Figliol Prodigo tratto dal Vangelo di Luca. Attraverso il teatro, questo gruppo di ragazzi, desiderano lanciare un messaggio d’amore e di speranza rivolto a tutti. L’amore, si sa, è la molla che fa girare il mondo, da sempre, ma c’è un amore più grande di tutti che è l’amore di un padre con la P maiuscola: Dio. Inarrestabile, invincibile, sempre pronto a cercare ovunque e comunque i propri figli e, in generale, l’uomo, il sentimento viscerale tra Dio e la sua creatura, non si arrende davanti a nessun ostacolo, non si scandalizza, spera sempre in una possibilità. In questo caso il Figliol Prodigo, che rappresenta anche ciascun uomo che va per i suoi sentieri e cerca ostinatamente di cavarsela solo con le proprie forze, ritrova poi, tornando indietro sui suoi passi, un accesso privilegiato nel cuore del Padre che lo accoglie a braccia spalancate; infatti Dio, che attende alla porta la sua creatura, spiando in lontananza il suo ritorno verso casa, è sempre misericordia, dolcezza, illimitato perdono e disarmante amore!

Non resta altro che andare a vedere questo coinvolgente Musical che i ragazzi della compagnia di Perugia stanno in questo tempo portando in giro un po’ ovunque: sarà senz’altro una riuscita rappresentazione che seminerà nel cuore del pubblico grandi sentimenti di speranza ricolmi di gratuita testimonianza evangelica.

Rembrandt, il ritorno del figliol prodigo

Esiste anche un famoso dipinto ispirato a una di queste parabole. Si tratta di un quadro a olio su tela del celebre pittore olandese RembrandtRitorno del Figliol Prodigo. Il quadro venne dipinto nel 1668 ed è oggi conservato nel Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo.

Siamo alla fine della parabola, quando il figlio ingrato torna a casa. È vestito di stracci, spezzato nel corpo e nell’anima dai propri vizi e dalle conseguenze dei propri errori. Sta in ginocchio davanti al padre, pentito, consapevole del proprio fallimento e della propria mediocrità, resa ancora più bruciante dalla presenza di quello che con ogni probabilità è suo fratello maggiore, sulla destra della scena, che lo guarda e lo giudica.
Il padre no. Non c’è giudizio nei suoi gesti, non c’è condanna nel suo sguardo che avvolge il figlio più giovane. Solo amore e perdono. I suoi occhi sono quelli di un cieco, come se li avesse consumati per guardare i propri figli, per seguire con apprensione le loro vicissitudini. Un altro dettaglio importante sono le sue mani, posate sulle spalle del figlio inginocchiato: una mano maschile, una femminile, come se nell’amore egli diventasse padre e madre nello stesso tempo. Ancora, il cranio del figlio è rasato, come si conviene a un penitente, ma anche come quello di un neonato. Nell’amore del padre misericordioso, nel suo perdono che va oltre ogni colpa, il giovane rinasce a nuova vita. La luce, che avvolge le due figure centrali, i colori, tutto concorre per esprimere la solennità del momento, la trascendenza quasi mistica che l’amore opera su padre e figlio. Rembrandt, profondamente religioso, trascorse tutta la propria vita tra vizio e redenzione, e forse questo quadro ha voluto essere il suo testamento spirituale e il suo atto di contrizione.

statua gesu misericordioso 30-5 cm resina colorata

Papa Francesco, che ha raccontato la parabola in diverse occasioni, ha ribattezzato il figliol prodigo come il giovane furbo. In effetti a volte si perde di vista il significato del termine prodigo, che non significa ritrovato, come alcuni credono, ma spendaccione! Il Sommo Pontefice ha saputo rendere quanto mai attuale la parabola, portando il giovane figlio ribelle come esempio di tutti i ragazzi che credono di poter prendere la propria strada, ignorando le regole e i consigli dei genitori, salvo poi dover tornare sui propri passi quando le cose si mettono male. E a questo punto interviene il Padre, Dio, che non solo non accusa il figlio ingrato del suo fallimento, ma anzi lo riaccoglie con una grande festa. “Dio è molto buono, approfitta dei nostri fallimenti per parlarci al cuore” ha affermato il Papa, mostrando come anche un fallimento, un errore diventa un’occasione di perdono e amore.

S Pio Da Pietrelcina

S Pio Da Pietrelcina

“Gli anni si sono susseguiti senza che noi ci domandassimo come li avevamo impiegati.

Siate come piccole api spirituali, le quali non portano nel loro alveare altro che miele e cera. La vostra casa sia tutta piena di dolcezza, di pace, di concordia, di umiltà e di pietà per la vostra conversazione.

Tanto hai quanto speri. Spera molto, avrai molto” Padre Pio

“S Pio Da Pietrelcina: un faro di fede e speranza.”

Poteri e miracoli di Padre Pio - Porta a porta 19/09/2018

Introduzione

San Pio da Pietrelcina, noto anche come Padre Pio, è stato un frate cappuccino italiano vissuto nel XX secolo. Nato il 25 maggio 1887 a Pietrelcina, in provincia di Benevento, Padre Pio è diventato uno dei santi più amati e venerati della Chiesa cattolica. Durante la sua vita, ha sperimentato fenomeni mistici come le stimmate, le visioni e la bilocazione. È stato anche un famoso consigliere spirituale e confessore, dedicando gran parte del suo tempo a guidare le persone sulla via della santità. Padre Pio è morto il 23 settembre 1968 a San Giovanni Rotondo, dove è stato sepolto. La sua figura continua ad essere un punto di riferimento per i fedeli di tutto il mondo, che lo considerano un esempio di fede, umiltà e amore verso Dio e il prossimo.

La vita e l’opera di San Pio da Pietrelcina

S Pio Da Pietrelcina
San Pio da Pietrelcina, noto anche come Padre Pio, è stato un frate cappuccino italiano che ha vissuto nel XX secolo. Nato il 25 maggio 1887 a Pietrelcina, un piccolo paese in provincia di Benevento, Pio è diventato uno dei santi più amati e venerati della Chiesa cattolica.

La vita di San Pio è stata segnata da numerosi eventi straordinari e misteriosi. Fin da giovane, ha mostrato una profonda devozione religiosa e un forte desiderio di dedicarsi completamente a Dio. A 15 anni, ha deciso di entrare nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e ha iniziato il suo percorso di formazione spirituale.

Durante il suo noviziato, Pio ha sperimentato le prime manifestazioni dei fenomeni mistici che lo avrebbero accompagnato per tutta la vita. Ha riferito di visioni, estasi e stigmate, le ferite simili a quelle di Cristo sulla croce. Questi fenomeni hanno attirato l’attenzione dei suoi superiori e dei fedeli, ma Pio ha cercato di vivere queste esperienze in modo discreto e umile.

Dopo essere stato ordinato sacerdote nel 1910, Padre Pio è stato inviato al convento di San Giovanni Rotondo, dove ha trascorso gran parte della sua vita. Qui ha dedicato se stesso alla preghiera, alla penitenza e all’assistenza spirituale dei fedeli. Molte persone sono venute da lui per chiedere consigli, conforto e guarigione.

Padre Pio è stato anche un grande confessore. Passava molte ore al giorno nel confessionale, ascoltando le confessioni dei fedeli e offrendo loro la misericordia di Dio. La sua capacità di leggere nel cuore delle persone e di offrire parole di conforto e speranza ha fatto di lui un punto di riferimento per molti.

La fama di Padre Pio si è diffusa rapidamente e ha attirato l’attenzione di molte persone, tra cui anche alcuni scettici. Alcuni lo hanno accusato di frode e di essere un impostore, ma Pio ha sempre respinto queste accuse e ha continuato a dedicarsi alla sua missione spirituale.

Durante la sua vita, Padre Pio ha fondato il “Gruppo di preghiera” e ha promosso la devozione al Sacro Cuore di Gesù. Ha incoraggiato i fedeli a pregare, a fare penitenza e ad amare il prossimo. Ha anche sostenuto l’importanza della confessione e della comunione frequente come mezzi per avvicinarsi a Dio.

Padre Pio è morto il 23 settembre 1968, ma la sua eredità spirituale è ancora viva oggi. È stato canonizzato da Papa Giovanni Paolo II nel 2002 e il suo corpo è stato esposto nella chiesa di San Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo, diventando un luogo di pellegrinaggio per milioni di persone ogni anno.

La vita e l’opera di San Pio da Pietrelcina sono un esempio di fede, umiltà e amore per Dio e per il prossimo. La sua devozione e il suo impegno nel servire gli altri hanno ispirato e continuano a ispirare milioni di persone in tutto il mondo. La sua santità è stata riconosciuta dalla Chiesa cattolica e la sua figura è diventata un simbolo di speranza e di consolazione per molti.

I miracoli attribuiti a San Pio da Pietrelcina

San Pio da Pietrelcina, noto anche come Padre Pio, è stato un frate cappuccino italiano che ha vissuto nel XX secolo. Durante la sua vita, è stato testimone di numerosi miracoli che sono stati attribuiti alla sua intercessione divina. Questi miracoli hanno contribuito a consolidare la sua reputazione come santo e a ispirare la devozione di milioni di persone in tutto il mondo.

Uno dei miracoli più noti attribuiti a San Pio è la guarigione di una donna affetta da un tumore al cervello. La donna, dopo aver ricevuto la benedizione di Padre Pio, ha sperimentato una remissione completa del tumore. Questo caso è stato ampiamente documentato e ha portato a un aumento della fede e della devozione verso San Pio.

Un altro miracolo attribuito a San Pio è la guarigione di un uomo affetto da una grave malattia cardiaca. L’uomo, che era stato dichiarato incurabile dai medici, ha pregato intensamente a San Pio per la sua intercessione. Dopo aver ricevuto la benedizione di Padre Pio, l’uomo ha sperimentato un miglioramento improvviso delle sue condizioni e alla fine è stato dichiarato completamente guarito.

Un altro caso di guarigione miracolosa attribuita a San Pio riguarda un bambino affetto da una malattia genetica rara. I genitori del bambino hanno portato il loro caso a San Pio, pregando per la sua intercessione. Dopo aver ricevuto la benedizione di Padre Pio, il bambino ha mostrato un miglioramento significativo delle sue condizioni e alla fine è stato dichiarato completamente guarito.

Non sono solo le guarigioni fisiche a essere attribuite a San Pio, ma anche i miracoli spirituali. Molti credenti sostengono di aver ricevuto grazie e benedizioni dopo aver pregato a San Pio. Questi miracoli spirituali includono la conversione di peccatori, la liberazione da dipendenze e la guarigione delle ferite emotive.

Un altro aspetto interessante dei miracoli attribuiti a San Pio è la sua capacità di bilocarsi. Ci sono numerosi resoconti di persone che affermano di aver visto Padre Pio in luoghi diversi contemporaneamente. Questi resoconti sono stati ampiamente documentati e hanno contribuito a rafforzare la credenza nella sua santità.

È importante sottolineare che la Chiesa cattolica ha un rigoroso processo di indagine per confermare i miracoli attribuiti ai santi. Prima che un miracolo possa essere ufficialmente riconosciuto, deve essere sottoposto a un’attenta valutazione da parte di esperti medici e teologi. Solo dopo che il miracolo è stato giudicato autentico, viene riconosciuto dalla Chiesa.

In conclusione, i miracoli attribuiti a San Pio da Pietrelcina sono numerosi e hanno avuto un impatto significativo sulla vita di molte persone. Le guarigioni fisiche e spirituali, insieme alla sua capacità di bilocarsi, hanno consolidato la sua reputazione come santo e hanno ispirato la devozione di milioni di persone in tutto il mondo. La Chiesa cattolica ha riconosciuto ufficialmente molti di questi miracoli, confermando così la santità di San Pio. La sua eredità continua a vivere attraverso la devozione dei fedeli e la sua influenza spirituale.

La spiritualità di San Pio da Pietrelcina

San Pio da Pietrelcina, noto anche come Padre Pio, è stato un frate cappuccino italiano che ha vissuto nel XX secolo. È considerato uno dei santi più amati e venerati della Chiesa cattolica, grazie alla sua profonda spiritualità e alla sua vita di santità.

La spiritualità di San Pio da Pietrelcina era caratterizzata da una profonda devozione a Dio e una totale dedizione alla preghiera. Fin dalla giovane età, Padre Pio ha dimostrato una grande passione per la vita religiosa e ha intrapreso il cammino verso la santità. Ha trascorso molte ore in preghiera, sia in solitudine che in comunità, cercando di avvicinarsi sempre di più a Dio.

Uno degli aspetti distintivi della spiritualità di San Pio da Pietrelcina era la sua profonda fede nella presenza reale di Gesù nell’Eucaristia. Egli credeva fermamente che il pane e il vino consacrati durante la Messa si trasformassero nel corpo e nel sangue di Cristo. Questa convinzione lo ha spinto a celebrare la Messa con grande devozione e a incoraggiare i fedeli a partecipare attivamente alla liturgia.

Padre Pio era anche noto per la sua devozione alla Madonna. Egli aveva una grande fiducia nella protezione e nell’intercessione della Vergine Maria e incoraggiava i suoi devoti a rivolgersi a lei con fiducia e amore. La sua devozione alla Madonna era così profonda che spesso recitava il Rosario più volte al giorno, invitando i fedeli a unirsi a lui in questa preghiera mariana.

La spiritualità di San Pio da Pietrelcina era anche caratterizzata da una profonda umiltà e umanità. Nonostante i numerosi doni spirituali che ha ricevuto, tra cui la capacità di leggere le anime e il dono della bilocazione, Padre Pio si considerava solo un povero frate cappuccino al servizio di Dio. Ha sempre cercato di vivere in umiltà e di servire gli altri con amore e compassione.

La preghiera era il fondamento della vita spirituale di San Pio da Pietrelcina. Egli credeva che la preghiera fosse il mezzo principale per entrare in comunione con Dio e per ottenere la sua grazia. Padre Pio incoraggiava i suoi devoti a pregare costantemente, sia attraverso la recita del Rosario che attraverso la preghiera personale. Egli credeva che la preghiera fosse un dialogo con Dio e che attraverso di essa si potesse ottenere la forza e la guida necessarie per affrontare le sfide della vita.

La spiritualità di San Pio da Pietrelcina ha ispirato milioni di persone in tutto il mondo. La sua vita di santità e la sua profonda devozione a Dio sono un esempio per tutti coloro che cercano di vivere una vita di fede e di amore. La sua eredità spirituale continua a influenzare le persone oggi, incoraggiandole a cercare una relazione più profonda con Dio e a vivere secondo i valori del Vangelo.

In conclusione, la spiritualità di San Pio da Pietrelcina era caratterizzata da una profonda devozione a Dio, una totale dedizione alla preghiera, una grande fede nell’Eucaristia e una profonda umiltà. La sua vita di santità e la sua eredità spirituale continuano a ispirare e a guidare le persone oggi, offrendo un esempio di come vivere una vita di fede e di amore. San Pio da Pietrelcina è veramente un santo amato e venerato dalla Chiesa cattolica e dalla gente di tutto il mondo.

L’eredità di San Pio da Pietrelcina nella Chiesa cattolica

San Pio da Pietrelcina, noto anche come Padre Pio, è stato un frate cappuccino italiano che ha lasciato un’impronta indelebile nella Chiesa cattolica. Nato nel 1887 a Pietrelcina, in provincia di Benevento, Pio è diventato famoso per i suoi stigmi, le ferite che riproducevano le piaghe di Cristo sulla croce. Questo fenomeno misterioso ha attirato l’attenzione di molti fedeli e ha contribuito a consolidare la sua reputazione di santo.

La vita di San Pio è stata caratterizzata da una profonda devozione e da un impegno totale verso Dio. Fin da giovane, ha manifestato una grande passione per la preghiera e la vita religiosa. Dopo aver completato gli studi, è entrato nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e ha preso i voti nel 1904. Da quel momento in poi, ha dedicato la sua vita alla preghiera, alla penitenza e all’assistenza spirituale dei fedeli.

Uno degli aspetti più significativi dell’eredità di San Pio è la sua spiritualità. Era un fervente sostenitore della preghiera e dell’adorazione e incoraggiava i suoi seguaci a coltivare una relazione personale con Dio. La sua profonda devozione e la sua capacità di comunicare con il divino hanno ispirato molte persone a riscoprire la fede e a vivere una vita più vicina a Dio.

Inoltre, San Pio era noto per la sua straordinaria capacità di ascolto e di consolazione. Molte persone si rivolgevano a lui per trovare conforto e sostegno nelle loro difficoltà. La sua empatia e la sua compassione verso gli altri erano evidenti in ogni suo gesto e parola. Nonostante le sue numerose responsabilità, Pio ha sempre trovato il tempo per ascoltare le preoccupazioni degli altri e offrire loro parole di conforto e speranza.

Un altro aspetto importante dell’eredità di San Pio è la sua dedizione alla penitenza. Egli credeva che la sofferenza potesse essere offerta a Dio come un atto di amore e di espiazione per i peccati. Ha incoraggiato i suoi seguaci a abbracciare la croce e ad accettare le difficoltà come un mezzo per crescere spiritualmente. Questo insegnamento ha avuto un impatto significativo sulla spiritualità cattolica, ispirando molte persone a vivere una vita di sacrificio e di amore verso gli altri.

San Pio è stato anche un grande promotore della confessione e della riconciliazione. Era convinto che il sacramento della confessione fosse un dono prezioso che permetteva ai fedeli di ricevere il perdono di Dio e di ristabilire la loro relazione con Lui. Ha incoraggiato le persone a confessare i loro peccati regolarmente e a cercare la riconciliazione con Dio e con gli altri. La sua influenza in questo campo è stata così significativa che molti credenti hanno riscoperto la bellezza e l’importanza della confessione sacramentale.

Infine, l’eredità di San Pio si manifesta anche attraverso le numerose opere di carità che ha fondato. Durante la sua vita, ha creato ospedali, case per anziani e orfanotrofi per aiutare coloro che erano in difficoltà. La sua dedizione verso i più bisognosi è stata un esempio tangibile dell’amore di Dio per l’umanità e ha ispirato molte persone a seguire il suo esempio.

In conclusione, l’eredità di San Pio da Pietrelcina nella Chiesa cattolica è vasta e significativa. La sua spiritualità profonda, la sua compassione verso gli altri, la sua dedizione alla penitenza e alla confessione, e le sue opere di carità hanno ispirato e continuano ad ispirare milioni di persone in tutto il mondo. La sua vita e il suo insegnamento sono un faro di speranza e di amore per tutti coloro che cercano Dio e desiderano vivere una vita di fede autentica.

Conclusione

San Pio da Pietrelcina è stato un frate cappuccino italiano, noto per i suoi doni mistici e per la sua devozione alla preghiera. È considerato uno dei santi più amati e venerati del XX secolo. La sua vita è stata segnata da numerosi miracoli e stigmate, che hanno attirato l’attenzione di molti fedeli. La sua profonda spiritualità e la sua dedizione alla sofferenza hanno ispirato e continuano a ispirare milioni di persone in tutto il mondo. La sua canonizzazione nel 2002 ha confermato la sua santità e la sua influenza duratura sulla Chiesa cattolica. In conclusione, San Pio da Pietrelcina è un esempio di fede e di amore verso Dio e verso il prossimo, e la sua vita continua ad essere un’ispirazione per molti.

La Festa del Corpus Domini

La Festa del Corpus Domini

Le Infiorate più belle d’Italia

Il Corpus Domini viene festeggiato in molte città italiane con l’Infiorata, una serie di composizioni artistiche realizzate con i petali, i gambi e altre parti dei fiori. In alcuni luoghi la materia prima è diversa, ad esempio a Camaiore (MS) viene utilizzata la segatura colorata (chiamata “pula”), ma comunque il significato non cambia: generalmente i tappeti floreali rappresentano il mistero dell’Eucarestia, scene o personaggi religiosi e il fiore, che simboleggia la parte più pura dell’uomo, esprime l’avvicinamento al mistero del pane che diventa “corpo del Signore“.

La festa del Corpus Domini venne istituita nel 1264 dal Papa Urbano IV in seguito al miracolo di Bolsena (per approfondimenti leggi qui) ed è proprio nella cittadina viterbese che avvenne la prima processione e ancora oggi si tiene l’Infiorata su un tappeto di fiori lungo ben 3 km!
Sebbene la Solennità del Corpus Domini si celebri il giovedi successivo alla SS. Trinità (ossia due settimane dopo Pentecoste) in tutta Italia si festeggia la domenica successiva.
Le più belle e famose sono le Infiorate di Spello (PG), l’Infiorata di Bolsena (VT), l’Infiorata di Genzano (RM), l’Infiorata di Fucecchio (FI), l’Infiorata Sampietrese a San Pier Niceto (ME), la Festa dell’Infiorata a Potenzoni di Briatico (VV), l’Infiorata del Corpus Domini a San Bartolomeo in Galdo (BN) e quella di Alatri (FR), la più grande del mondo!

Tutte queste si svolgono generalmente la domenica del Corpus Domini ed il sabato precedente, ad eccezionedi  quella di Genzano che si tiene la settimana successiva.

Si svolge in un periodo diverso invece la bellissima Infiorata di Noto (SR).

Oggi si può dire con tutta tranquillità che gli appassionati Infioratori Spellani lavorano tutto l’anno al fine di preparare nel migliore dei modi la manifestazione. Le meravigliose Infiorate (tappeti e quadri) che si offrono agli sguardi ammirati dei numerosi visitatori italiani e stranieri sono il risultato di un complesso e difficile lavoro che richiede giorni, settimane e addirittura mesi di paziente e sapiente lavoro di molte persone, che a gruppi si distribuiscono i compiti e si attivano con indispensabile armonia di intenti.

Tra le fasi preliminari più importanti e impegnative dell’evento ci sono la ricerca e la raccolta di fiori e poi la mondatura, la selezione e la conservazione dei petali. In ogni stagione vengono raccolti i fiori e le erbe del Monte Subasio e dell’Appennino umbro-marchigiano; si tolgono pazientemente i petali che vengono gelosamente conservati. Naturalmente la parte più impegnativa del lavoro di raccolta e di preparazione dei fiori avviene nella stagione primaverile. Nei giorni che precedono il CORPUS DOMINI si assiste ad una vera e propria mobilitazione generale di nutrite squadre di Infioratori, i quali si disperdono lungo i pendii del Subasio, per i campi e le piane delle verdi vallate Umbre. Durante la raccolta dei fiori, altri cittadini e soprattutto le signore più anziane trascorrono le serate nei pianterreni freschi, separando i petali in base ai vari colori e tritando finemente le erbe profumate.

Questo lavoro diventa sempre più febbrile e coinvolgente man mano che si approssima la festa del CORPUS DOMINI. Alla vigilia di questa giornata, sin dal primo pomeriggio, le strade di Spello interessate al percorso della Processione vengono chiuse al traffico e letteralmente invase da gruppi di cittadini e di visitatori di ogni età. 

Per prima cosa si predispongono impianti di illuminazione adeguati e si provvede poi ad allestire collaudati sistemi di protezione (strutture antipioggia e antivento) sui tratti di strada interessati, e ciò per evitare che imprevedibili condizioni atmosferiche avverse possano disturbare o compromettere il lavoro degli Infioratori.

Dopo queste operazioni preliminari si inizia ad eseguire il disegno sul fondo stradale, utilizzando all’uopo le tecniche più disparate: dal disegno a mano libera allo spolvero, dallo stampo metallico alla forma di cartoncino. 

Eseguiti i disegni, secondo tecniche diverse, si procede infine a depositare i petali variopinti, al fine di conferire le tonalità cromatiche desiderate e ottenere gli effetti artistici voluti. Durante il pomeriggio e tutta la notte del sabato che precede la festa, gli infioratori lavorano sulle strade, chini a terra, per disegnare, deporre e disporre milioni e milioni di petali capaci di produrre quei magici capolavori che sanno di arte antica e moderna, carichi di suggestioni emotive e culturali, collegati ai temi della tradizione religiosa e anche della più viva attualità.

I lavori durano l’intera notte e soltanto alle 9,00 del mattino le strade risultano ricoperte da un unico tappeto policromo e profumato: uno spettacolo unico a vedersi. Basti pensare che in un unico percorso floreale vengono mediamente realizzati circa 70 Infiorate tra tappeti – ciascuno dai 12 ai 15 metri di lunghezza, con una superficie minima di 15 mq – e quadri di grandi dimensioni – dai 25 ai 90 mq .L’unicità del carattere della manifestazione è certamente dato dalla tecnica di esecuzione che consiste nell’uso esclusivo di elementi vegetali non trattati con agenti chimici o conservativi né con coloranti artificiali o polverizzati; in questo modo il petalo, adagiato sul suolo stradale, (non si può incollare) regna sovrano in un insieme coinvolgente di colori e profumi.L’esecuzione delle opere avviene direttamente sul fondo stradale non soggetto ad alcun trattamento: i soggetti e le decorazioni sono sempre rinnovati, si allacciano alla grande tradizione della Pittura Umbra, dal Rinascimento al 700, e a volte il discorso figurativo si apre anche alle maggiori testimonianze dell’arte moderna.

Con il passaggio del Sacro Corteo guidato dal Vescovo che porta l’ostensorio, si chiude un’esperienza di altissimo impegno artistico, di solidarietà civile, culturale e umana, di tensione etica e religiosa che si concretizza in una smagliante armonia di colori. Infatti, le diverse fasi dell’INFIORATA, che vanno dalla progettazione a tavolino fino alla pratica esecuzione dei tappeti artistici, coinvolgono attivamente circa duemila persone. 

È questa un’occasione in cui tutti possono apportare utili contributi per la migliore riuscita dell’impresa: dal bambino che raccoglie i fiori, al pensionato, all’artista che con mirabile tratto riproduce le MADONNE della SCUOLA UMBRA, gli ANGELI di GIOTTO o le dolci figure del BOTTICELLI. 

E il capolavoro infatti sta anche in questo: nel magnifico esempio di partecipazione e di coordinamento fra persone che non sono necessariamente dello stesso rione o vicinato; nella multiforme esperienza artistica delle tecniche e degli stili che destano meraviglia; nella vasta panoramica dei temi ispiratori; e infine nel clima di civile confluenza di diversi interessi, da quello religioso a quello di integrazione sociale, da quello turistico a quello artistico.

Quando la domenica sulle bellissime infiorate scorre la processione, lo scopo religioso è raggiunto. 
I preziosi tappeti di fiori – prima custoditi e vigilati con zelo – oramai possono essere calpestati da chiunque, dopo il passaggio del Vescovo. La loro effimera gloria è arrivata alla fine, al suo naturale epilogo; una magnificenza ancor più stimabile e commovente in considerazione del faticoso e gioioso impegno della preparazione e del breve splendore di cui queste opere d’arte hanno goduto.

Con la processione domenicale le splendide composizioni si dissolvono nell’aria. Di queste opere artistiche non rimane più nulla, se non nella memoria di chi le ha ammirate brevemente e nelle foto e nei filmati a colori che le hanno immortalate. In grazia di tutto ciò Spello può affermare ovunque e a pieno titolo, la sua vocazione di Città d’arte, di tradizioni e di cultura.Così descrive la “veglia” del sabato la giornalista Lorella Befani:”Quella di sabato è una notte particolarmente sofferta; oltre alla stanchezza che sopraggiunge c’è anche la preoccupazione per le condizioni del tempo che non fanno sperare nulla di buono. Un gruppo di ragazzi si affretta a costruire una struttura sormontata da grossi teloni che dovrà proteggerli e proteggere il tappeto floreale in caso di pioggia o vento; intanto c’è chi provvede, aiutato da altri del gruppo, ad allacciare l’energia elettrica per la notte. e un incredibile via vai di gente di tutte le età, un susseguirsi di ordini impartiti a destra e a sinistra; un’eccitazione che coinvolge anche í passanti, felici tuttavia di farsi trascinare in quella notte faticosa ma allegra e un po’ folle, fatta di litigi per un colore sbagliato e di risate.

La struttura protettiva è finalmente terminata, tutto è pronto per il momento più atteso: la composizione dei petali per creare il disegno prescelto. A questo punto, c’è una vera e propria divisione dei compiti: l’”artista” del gruppo esegue la parte più complessa del tappeto e cioè i soggetti religiosi, gli altri che sono di solito i più giovani, si occupano delle parti decorative che fanno da cornice ai “quadri”, altri ancora sono intenti a portare le scatole piene di petali a seconda delle richieste di ognuno. Ora l’intero paese è al lavoro. Ogni tanto qualche passante si affaccia timidamente oltre il telo di protezione per, “rubare” qualche particolare dalle mani abili di quei ragazzí. La notte è lunga, è sofferta, ma tra un caffè e l’altro che può aiutarli a restare svegli, sorgono le prime luci dell’alba. Malgrado la stanchezza, l’attività si fa più frenetica, è una gara veramente spettacolare fatta di rivalità che stimola ogni gruppo a fare meglio dell’altro, è una vera e propria corsa contro il tempo”.

Questo lavoro diventa sempre più febbrile e coinvolgente man mano che si approssima la festa del CORPUS DOMINI. Alla vigilia di questa giornata, sin dal primo pomeriggio, le strade di Spello interessate al percorso della Processione vengono chiuse al traffico e letteralmente invase da gruppi di cittadini e di visitatori di ogni età. 

Per prima cosa si predispongono impianti di illuminazione adeguati e si provvede poi ad allestire collaudati sistemi di protezione (strutture antipioggia e antivento) sui tratti di strada interessati, e ciò per evitare che imprevedibili condizioni atmosferiche avverse possano disturbare o compromettere il lavoro degli Infioratori.

Dopo queste operazioni preliminari si inizia ad eseguire il disegno sul fondo stradale, utilizzando all’uopo le tecniche più disparate: dal disegno a mano libera allo spolvero, dallo stampo metallico alla forma di cartoncino. Eseguiti i disegni, secondo tecniche diverse, si procede infine a depositare i petali variopinti, al fine di conferire le tonalità cromatiche desiderate e ottenere gli effetti artistici voluti. Durante il pomeriggio e tutta la notte del sabato che precede la festa, gli infioratori lavorano sulle strade, chini a terra, per disegnare, deporre e disporre milioni e milioni di petali capaci di produrre quei magici capolavori che sanno di arte antica e moderna, carichi di suggestioni emotive e culturali, collegati ai temi della tradizione religiosa e anche della più viva attualità.

I lavori durano l’intera notte e soltanto alle 9,00 del mattino le strade risultano ricoperte da un unico tappeto policromo e profumato: uno spettacolo unico a vedersi. 

Basti pensare che in un unico percorso floreale vengono mediamente realizzati circa 70 Infiorate tra tappeti – ciascuno dai 12 ai 15 metri di lunghezza, con una superficie minima di 15 mq – e quadri di grandi dimensioni – dai 25 ai 90 mq .

L’unicità del carattere della manifestazione è certamente dato dalla tecnica di esecuzione che consiste nell’uso esclusivo di elementi vegetali non trattati con agenti chimici o conservativi né con coloranti artificiali o polverizzati; in questo modo il petalo, adagiato sul suolo stradale, (non si può incollare) regna sovrano in un insieme coinvolgente di colori e profumi.



L’esecuzione delle opere avviene direttamente sul fondo stradale non soggetto ad alcun trattamento: i soggetti e le decorazioni sono sempre rinnovati, si allacciano alla grande tradizione della Pittura Umbra, dal Rinascimento al 700, e a volte il discorso figurativo si apre anche alle maggiori testimonianze dell’arte moderna.

Con il passaggio del Sacro Corteo guidato dal Vescovo che porta l’ostensorio, si chiude un’esperienza di altissimo impegno artistico, di solidarietà civile, culturale e umana, di tensione etica e religiosa che si concretizza in una smagliante armonia di colori. Infatti, le diverse fasi dell’INFIORATA, che vanno dalla progettazione a tavolino fino alla pratica esecuzione dei tappeti artistici, coinvolgono attivamente circa duemila persone. È questa un’occasione in cui tutti possono apportare utili contributi per la migliore riuscita dell’impresa: dal bambino che raccoglie i fiori, al pensionato, all’artista che con mirabile tratto riproduce le MADONNE della SCUOLA UMBRA, gli ANGELI di GIOTTO o le dolci figure del BOTTICELLI. E il capolavoro infatti sta anche in questo: nel magnifico esempio di partecipazione e di coordinamento fra persone che non sono necessariamente dello stesso rione o vicinato; nella multiforme esperienza artistica delle tecniche e degli stili che destano meraviglia; nella vasta panoramica dei temi ispiratori; e infine nel clima di civile confluenza di diversi interessi, da quello religioso a quello di integrazione sociale, da quello turistico a quello artistico.

Quando la domenica sulle bellissime infiorate scorre la processione, lo scopo religioso è raggiunto. 
I preziosi tappeti di fiori – prima custoditi e vigilati con zelo – oramai possono essere calpestati da chiunque, dopo il passaggio del Vescovo. La loro effimera gloria è arrivata alla fine, al suo naturale epilogo; una magnificenza ancor più stimabile e commovente in considerazione del faticoso e gioioso impegno della preparazione e del breve splendore di cui queste opere d’arte hanno goduto.

Con la processione domenicale le splendide composizioni si dissolvono nell’aria. Di queste opere artistiche non rimane più nulla, se non nella memoria di chi le ha ammirate brevemente e nelle foto e nei filmati a colori che le hanno immortalate. In grazia di tutto ciò Spello può affermare ovunque e a pieno titolo, la sua vocazione di Città d’arte, di tradizioni e di cultura.Così descrive la “veglia” del sabato la giornalista Lorella Befani:”Quella di sabato è una notte particolarmente sofferta; oltre alla stanchezza che sopraggiunge c’è anche la preoccupazione per le condizioni del tempo che non fanno sperare nulla di buono. Un gruppo di ragazzi si affretta a costruire una struttura sormontata da grossi teloni che dovrà proteggerli e proteggere il tappeto floreale in caso di pioggia o vento; intanto c’è chi provvede, aiutato da altri del gruppo, ad allacciare l’energia elettrica per la notte. e un incredibile via vai di gente di tutte le età, un susseguirsi di ordini impartiti a destra e a sinistra; un’eccitazione che coinvolge anche í passanti, felici tuttavia di farsi trascinare in quella notte faticosa ma allegra e un po’ folle, fatta di litigi per un colore sbagliato e di risate.

La struttura protettiva è finalmente terminata, tutto è pronto per il momento più atteso: la composizione dei petali per creare il disegno prescelto. A questo punto, c’è una vera e propria divisione dei compiti: l’”artista” del gruppo esegue la parte più complessa del tappeto e cioè i soggetti religiosi, gli altri che sono di solito i più giovani, si occupano delle parti decorative che fanno da cornice ai “quadri”, altri ancora sono intenti a portare le scatole piene di petali a seconda delle richieste di ognuno. Ora l’intero paese è al lavoro. Ogni tanto qualche passante si affaccia timidamente oltre il telo di protezione per, “rubare” qualche particolare dalle mani abili di quei ragazzí. La notte è lunga, è sofferta, ma tra un caffè e l’altro che può aiutarli a restare svegli, sorgono le prime luci dell’alba. Malgrado la stanchezza, l’attività si fa più frenetica, è una gara veramente spettacolare fatta di rivalità che stimola ogni gruppo a fare meglio dell’altro, è una vera e propria corsa contro il tempo”.

La solennità del Corpus Domini nacque nel 1247 nella diocesi di Liegi, in Belgio, per celebrare la reale presenza di Cristo nell’eucaristia[4] in reazione alle tesi di Berengario di Tours, secondo il quale la presenza di Cristo non era reale, ma solo simbolica.[5]

L’introduzione di questa festività nel calendario cristiano la si deve principalmente a una donna, suor Giuliana di Cornillon, una monaca agostiniana vissuta nella prima metà del tredicesimo secolo. Da giovane avrebbe avuto una visione della Chiesa con le sembianze di una luna piena, ma con una macchia scura, a indicare la mancanza di una festività. Nel 1208 ebbe un’altra visione, ma questa volta le sarebbe apparso Cristo stesso, che le chiese di adoperarsi perché venisse istituita la festa del Santissimo Sacramento, per ravvivare la fede dei fedeli e per espiare i peccati commessi contro il sacramento dell’eucaristia. Dal 1222, anno in cui era stata nominata priora del convento di Mont Cornillon, chiese consiglio ai maggiori teologi ed ecclesiastici del tempo per chiedere l’istituzione della festa. Scrisse una petizione anche a Hughes de Saint-Cher, all’arcidiacono di Liegi, Jacques Pantaléon (futuro Urbano IV) e a Roberto di Thourotte, vescovo di Liegi. Furono proprio l’iniziativa e le insistenti richieste della monaca a far sì che, nel 1246, Roberto de Thourotte convocasse un concilio e ordinasse, a partire dall’anno successivo, la celebrazione della festa del Corpus Domini. All’epoca i vescovi avevano infatti la facoltà di istituire festività all’interno delle loro diocesi.

Alcuni anni dopo la morte di suor Giuliana e di Roberto de Thourotte, nel 1264 papa Urbano IV, che già aveva contribuito alla prima festa del Corpus Domini in Belgio, dopo aver riconosciuto il miracolo eucaristico di Bolsena fece promulgare la bolla Transiturus de hoc mundo, con la quale istituì la solennità del Corpus Domini come festa di precetto e la estese alla Chiesa universale, fissandola al giovedì dopo l’ottava della Pentecoste.

Durante il periodo delle guerre di religione in Francia (in verità tra il 1540 e il 1600, cioè in un arco temporale leggermente più lungo), la processione del Corpus Domini fu oggetto di ostilità da parte degli Ugonotti. Infatti i Calvinisti (noti in Francia come Ugonotti) negano la transustanziazione come leggenda priva di fondamento, e persino offensiva nei confronti della religione evangelica. Gli Ugonotti facevano la processione oggetto di numerose provocazioni, e veri e propri attacchi alle immagini e all’ostia, oppure semplicemente dimostravano la loro diversità religiosa (non stendendo alla finestra le tovaglie che, tradizionalmente, le famiglie cattoliche francesi mettevano in mostra in omaggio alla processione, lavorando ostentatamente alle finestre o davanti agli usci ecc.).

Fino alla metà del Seicento in certe zone della Francia la processione del Corpus Domini fu quindi accompagnata da massicci schieramenti di forza pubblica, e con i fedeli in genere armati e pronti a difendere l’ostia da eventuali profanazioni.

Il nome della solennità

Corpus Domini 2020: la bellezza dell'Ostensorio

Nella bolla del 1264 la festa è descritta come memorialis sacramentum in cotidianis missarum sollemnior, festum sanctissimi Corporis Domini nostri Jesu Christi[11] (…”festività del santissimo Corpo di nostro Signore Gesù Cristo) nella quale si afferma la divinità di Gesù e, in particolare, del Suo Corpo (indicato con l’iniziale maiuscola).

Il Messale successivo alla riforma liturgica ribattezzò la celebrazione col nome latino di Sollemnitas Sanctissimi Corporis et Sanguinis Christi a seguito della soppressione della festa del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo, ritenuta un doppione, e che si celebra tuttavia ancora il 1º luglio.

La ricorrenza ha il grado liturgico di solennità ed è di precetto. Il suo giorno proprio è il giovedì della II settimana dopo la Pentecoste, il che corrisponde al giovedì dopo la solennità della Santissima Trinità. Nei Paesi, come l’Italia, in cui il giovedì non è giorno festivo nel calendario civile, la solennità si trasferisce alla seconda domenica dopo Pentecoste, in conformità con le Norme generali per l’ordinamento dell’anno liturgico e del calendario.[12]

Orvieto, dove fu istituita, la festività si svolge comunque il giovedì dopo la solennità della Santissima Trinità. Nella stessa data si celebra in quei paesi nei quali la solennità è anche festa civile: nei cantoni cattolici della Svizzera, in Spagna, in GermaniaIrlandaCroaziaPoloniaPortogalloBrasileAustriaPrincipato di Monaco e a San Marino. A Roma, la celebrazione è presieduta dal Papa e inizia con la Messa sul sagrato della basilica di San Giovanni in Laterano, cui fa seguito la processione eucaristica tradizionale fino alla basilica di Santa Maria Maggiore; si è svolta di giovedì sera fino al 2017, quando papa Francesco, per motivi pastorali, l’ha spostata alla domenica sera.

Nella riforma del rito ambrosiano, promulgata dall’arcidiocesi di Milano il 20 marzo 2008, la festività è stata riportata obbligatoriamente al giovedì della II settimana dopo Pentecoste con la possibilità, per ragioni pastorali, di celebrarla anche la domenica successiva.[13][14]

Numerose diocesi in Italia continuano a proporre ai fedeli la celebrazione e la processione eucaristica, a livello diocesano, il giovedì, lasciando la domenica per le celebrazioni e le processioni parrocchiali.

Celebrazione

Processione

In occasione della solennità del Corpus Domini si porta in processione, racchiusa in un ostensorio sottostante un baldacchino, un’ostia consacrata ed esposta alla pubblica adorazione: viene adorato Gesù vivo e vero[15], presente nel Santissimo Sacramento. Invece nelle città di Orvieto e Bolsena oltre al Santissimo Sacramento vengono portate in processione le reliquie del miracolo eucaristico occorso al sacerdote boemo Pietro Da Praga nel 1263 presso l’Altare del Miracolo situato nella basilica di Santa Cristina nella città di Bolsena e dal 6 gennaio 2013 fino al 14 novembre 2014 si è tenuto un giubileo eucaristico straordinario nelle comunità di Orvieto e di Bolsena medianti la Diocesi di Orvieto Todi.

Inni

Tantum ergo Sacramentum lyrics/ Holy Hour Hymn/Eucharistic Adoration/ Chant Catholic

Papa Urbano IV incaricò Tommaso d’Aquino di comporre l’officio della solennità e della messa del Corpus et Sanguis Domini. In quel tempo, era il 1264, San Tommaso risiedeva, come il pontefice, sull’etrusca città rupestre di Orvieto, nel convento di San Domenico (che, tra l’altro, fu il primo ad essere dedicato al santo iberico). Il Doctor Angelicus insegnava Teologia nello Studium (l’università dell’epoca) orvietano e presso S. Domenico si conserva ancora la sua cattedra e il crocifisso ligneo che gli parlò. Tradizione vuole infatti che proprio per la profondità e completezza teologica dell’officio composto per il Corpus Domini, Gesù – attraverso quel crocifisso – abbia detto: “Bene scripsisti de me, Thoma”. L’inno principale del Corpus Domini, cantato nella processione e nei Vespri, è il Pange lingua; un altro inno dedicato è il Sacris solemniis, specialmente nella sua sezione finale (che costituisce il Panis Angelicus). Esiste anche una sequenza per il Corpus Domini: il Lauda Sion Salvatorem.