I VALORI ALLA BASE DELL’INSEGNAMENTO

I VALORI ALLA BASE DELL’INSEGNAMENTO


Responsabilità

Il primo valore è la responsabilità. Gli studenti sono portati ad assumersi la responsabilità del proprio apprendimento. Quando diciamo apprendimento, ci riferiamo in particolare al costruttivismo, per cui il sapere non si trasmette, ma è frutto dell’azione intenzionale del soggetto che interviene sia sulle sue strutture cognitive che nell’ambiente.  Gli studenti sono coinvolti con i docenti a strutturare, progettare, revisionare la situazione dall’ambiente formativo, ovvero le attività didattiche. I bambini costruiscono, insieme ai propri insegnanti, le regole della convivenza. I docenti svolgono un ruolo prevalente di incoraggiatori e facilitatori. Essi non solo insegnano, ma apprendono con gli alunni, per cui la scuola assomiglia ad una comunità di ricercatori e ad un laboratorio. La responsabilità così intesa promuove comportamenti improntati alla cittadinanza attiva (Orsi, 1998) e il conseguimento effettivo delle competenze previste dagli obiettivi nazionali.

Comunità
Il secondo valore è la comunità. L’apprendimento si determina nelle relazioni e non individualisticamente. Si vede la scuola come una comunità di apprendimento, di ricerca e di pratiche dove ci si pongono domande e problemi, si condividono i percorsi di studio e di approfondimento, si scambiano le risorse cognitive e le pratiche di lavoro, si vive insieme. Tutto questo riguarda non solo gli alunni, ma anche i docenti, favorendo sia il cooperative learning che il cooperative teaching. La comunità implica, inoltre, un pieno coinvolgimento dei genitori visti anche come partecipi nell’attività didattica.

Ospitalità
Il terzo valore è l’ospitalità. Nel senso che un ambiente ospitale e ben organizzato favorisce l’apprendimento per il gruppo e per la persona; bisogna ospitare le diversità dei soggetti in formazione. Il sapere, ovvero la scoperta del mondo, avviene se il mondo stesso è contrassegnato dall’ospitalità e dall’accoglienza: materiali comuni di cancelleria, arredi colorati e funzionali, spazi adatti per accogliere sia il gruppo che la persona, per riconoscere e stimolare la pluralità delle intelligenze, per accompagnare e sostenere gli apprendimenti.

Qual è la qualità più importante che la scuola dovrebbe sviluppare nei suoi studenti?

La scuola deve saper ascoltare, prima di agire. La scuola, oggi, deve formare persone che sappiano affrontare positivamente l’incertezza e la mutevolezza degli scenari sociali e professionali, presenti e futuri, persone resilienti, quindi capaci di adattarsi e reinventarsi in ogni momento della propria esistenza.

Come dovrebbe essere la scuola del futuro?

Nelle scuole del futuro tutti verranno trattati equamente senza discriminazioni, indipendentemente dalla storia personale e dal rendimento scolastico; uomini e tecnologia andranno di pari passo e i percorsi scolastici saranno strutturati in modo tale da incentivare l’intraprendenza e la passione per l’innovazione sin …

Che ruolo ha oggi la scuola?

La scuola è un osservatorio importante per cogliere i bisogni, le risorse e le difficoltà delle nuove generazioni. La scuola è anche un luogo su cui le famiglie attuali, spesso disorientate nelle scelte educative da compiere, riversano attese di aiuto nel crescere i figli.


Scuola: la classe è luogo di umanità, prima che di apprendimento

 Antonella Bonavoglia 

Insegnare è una vocazione?

Me lo domando spesso che cosa significa essere insegnante. E’ davvero una vocazione, come si dice spesso? Una sorta di “chiamata”, di missione che si compie nei confronti delle nuove generazioni? Credo, invece, che si possa definire, più che altro, una sfida, un impegno, soprattutto oggi.

E’ un lavoro che può essere migliorato quotidianamente, che cambia insieme al tempo, alla società, al contesto storico. Un “mestiere” che viene plasmato, smussato dai continui cambiamenti e dalle situazioni specifiche in cui è chiamato ad operare. Essere un buon docente non vuol dire solo “stare in classe”: la scuola è un universo talmente complesso ed esteso che non basta più essere un bravo oratore o trasmettitore di conoscenze.

Il mondo fuori dale aule è in rapida evoluzione, sia tecnologica che sociale, i bambini e le bambine che frequentano la scuola sono ormai tutti appartenenti all’era digitale, abituati alle relazioni mediate da internet, ai tempi ristretti, alla sostituzione della creatività con l’efficienza e la competizione. E’ anche l’era della condivisione e dell’apparizione: chi guadagna più like è un vincente, chi si espone sente di esistere.

Come si trasforma, allora, la sfida dell’insegnamento in quest’ottica?

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L’insegnamento deve tenere conto, innanzitutto delle cosiddette “soft skills”, competenze necessarie ricercate in ambito lavorativo moderno e futuro: la capacità di risoluzione dei problemi, la creatività, l’equilibrio, la precisione, la resistenza allo stress, la capacità decisionale, la capacità di comunicazione. Per questo, l’insegnante oggi deve allenare caratteristiche precise, deve possedere dei requisiti in accordo con le nuove competenze e con l’evolversi della società. E dunque, deve essere animatore digitale, mental-coach, organizzatore e programmatore, esperto comunicatore, leader capace di creare un gruppo di lavoro efficace; oltre che guida autorevole, sempre aggiornato in temi di psicologia e didattica e sempre in formazione.

Ma siamo certi che l’insegnamento possa essere del tutto assoggettato al mondo lavorativo, alle leggi della digitalizzazione globale o alle trasformazioni sociali? Probabilmente no. Probabilmente insegnare non è solo questo, non è solo formare bambini e ragazzi che siano in grado di destreggiarsi nel difficile mondo lavorativo, o trasmettere loro le conoscenze necessarie che li rendano teoricamente preparati e pronti ad affrontare il grado di istruzione successivo. Non dimentichiamo che la scuola vuol dire educazione. Educare vuol dire formare delle persone anche e soprattutto dal punto di vita emotivo. L’alfabetizzazione digitale deve andare di pari passo con quella affettiva, perché la classe è fatta di alunni e alunne che sono prima di tutto persone, con un tessuto emotivo unico e irripetibile.

Massimo Recalcati, psicoterapeuta, professore e autore del libro “l’ora di lezione”, ricorda un aneddoto di Safouan, efficace per spiegare, in poche e semplici parole cosa vuol dire insegnare: “un bravo maestro si distingue da come reagisce quando entrando in aula, prima di salire in cattedra, inciampa. Un bravo maestro è quello che fa dell’inciampo il tema della lezione”, perché la caduta non la teme e sa che la lezione non può e non deve essere necessariamente quella programmata.

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Ecco, l’insegnamento non usa il sapere come cemento, anzi, piuttosto deve avere confidenza con la mancanza del sapere: “Il limite del sapere è ciò che custodisce il valore stesso del sapere”. E allora sì, essere insegnante diventa davvero una sfida, soprattutto oggi. Rendere gli alunni appassionati, motivati e partecipi. Direi innamorati della conoscenza. Far comprendere che la scuola non è solamente luogo di incontro con la conoscenza teorica, ma anche di conoscenza con l”altro”, con le differenze individuali, conoscenza dei propri limiti e delle proprie doti. Infondere fiducia, coraggio, empatia. Difendere lo spazio emotivo di ciascuno e valorizzare le potenzialità. Difendere le differenze, custodire l’errore, la stortura, come elemento di arricchimento, come punto di lancio. La forza di un maestro è portare luce e mantenere vivo il desiderio di conoscenza, come già sosteneva molti anni fa la pedagogista Maria Montessori: “Insegnare è portare un raggio di luce sul cammino dei propri alunni”.

Si, insegnare nell’era 2.0 è difficile, impegnativo. Conciliare progresso tecnologico e umanizzazione delle esperienze non è un lavoro semplice, eppure risulta doveroso. La lezione deve diventare soprattutto momento di vita vissuta, di esperienze concrete, prima che astratte; la classe è luogo di umanità, prima che di apprendimento. Eppure, quanta soddisfazione quando gli alunni comprendono che un “like” in più può far piacere, sì, ma mai come la stretta di mano di un amico, mai come un abbraccio, mai come un sorriso, mai come quello che si prova sentendosi parte di un gruppo “reale” di coetanei, mai come una pacca su una spalla del proprio insegnante.

Quali sono i punti di forza della scuola?

Hai: Un’abbondanza di attività co-curriculari. Insegnanti / professori altamente qualificati. Forte finanziamento / sostegno finanziario.

Giornata della Memoria

Giornata della Memoria

Auschwitz, la ferita inguaribile dell’umanità

La risposta che non c’è: teologi e filosofi si interrogano sulla Shoah

Giornata della Memoria. Auschwitz, la ferita inguaribile dell’umanità

Ansa

Giornata della Memoria. L’insegna del campo di concentramento di AuschwitzCondividi

27 gennaio 1945. I soldati dell’Armata Rossa sovietica liberarono il campo di concentramento tedesco di Auschwitz, ad ovest di Cracovia, nel sud della Polonia. Mentre si avvicinavano, le SS iniziarono l’evacuazione. Circa 60 mila prigionieri furono costretti a marciare verso ovest, la maggior parte, per lo più ebrei, verso la città di Wodzislaw nella parte occidentale dell’Alta Slesia. Migliaia di persone furono uccise in fretta nei giorni precedenti, il più possibile. Durante la marcia della morte le SS spararono a quelli che, stremati, non potevano continuare a camminare. Gennaio, gelo, fame. Morirono in più di 15 mila. Quando entrò, settantotto anni fa, l’esercito sovietico trovò e liberò oltre 7 mila sopravvissuti, malati e moribondi. Si stima che circa 1,3 milioni di persone siano state deportate ad Auschwitz tra il 1940 e il 1945. Di queste, almeno 1,1 milioni sono state assassinate.

Dal 1933, con la creazione del primo campo di concentramento di Dachau, al 1945, 6 milioni di ebrei vengono sterminati dall’orrore demoniaco del nazismo (senza dimenticare le altre vittime: omosessuali, disabili, rom, sinti, oppositori politici, testimoni di Geova, clochard, ecc.). La Shoah è il “cuore di Tenebra” dell’Occidente, nasce all’interno del brodo di coltura dell’antigiudaismo e antisemitismo che ha attraversato nei secoli l’Occidente. Certo, la follia criminale nazista aggiungeva il razzismo e la cultura del sangue “ariano”.

L’infernale “macchina” del lager serviva non solo allo sterminio ma anche alla creazione, alla mutazione cioè, dell’essenza della natura umana: ovvero la creazione del sub-uomo (esseri inferiori e tali erano considerati gli ebrei) cui i “superuomini” nazisti potevano esercitare ogni sopruso e umiliazione. Quelli, dunque, che non erano “ariani” erano solo “larve umane”, manichini inermi.

Questo era lo scopo dell’ordine del terrore nazista, centrato sul lager. La Shoah quindi svela alla radice di quale crudeltà è capace l’uomo, a che livello di abiezione può spingersi: ridurre il suo simile a bestia.

L’”ordine” sociale del lager era un “ordine” gerarchizzato al massimo. Era un “ordine” del tutto rovesciato rispetto alla normalità: in cima alla gerarchia c’erano i più malvagi.

La Shoah, quindi, pone interrogativi enormi sulla natura dell’uomo e della cultura dell’Occidente.

Ora “La banalità del Male” di Auschwitz, per dirla con Hanna Arendt, pone interrogativi abissali , in particolar modo, ai credenti nel Dio, di Abramo, Isacco, Giacobbe e di Gesù di Nazareth. Tutta la “teodicea” è messa in discussione. Voltaire, nel suo cinismo filosofico contro Leibniz, con sarcasmo poteva affermare che “Lisbona è affondata e a Parigi si balla”. Ma come scrive Theodor Adorno: se Lisbona rappresenta i disastri che la natura compie ai danni dell’uomo, ed oggi sappiamo quanto questi disastri dipendano anche dal comportamento umano, Auschwitz, che “prepara l’inferno reale sulla terra”, pone interrogativi così radicali da sconvolgere sia il teologo che il filosofo: “Dov’era Dio mentre milioni di innocenti ebrei venivano sterminati?

E’ l’interrogativo che si pone Elie Wiesel, nel suo libro La Notte:

Dietro di me sentii lo stesso uomo chiedere: Dov’è Dio adesso?

E udii una voce dentro di me rispondergli: Egli è qui – Egli è appeso qui su questa forca.

Questo è l’evento centrale del libro: la morte letterale di Dio. Altre domande sorgono in questo libro:

Sia benedetto il nome di Dio? Perché, ma perché io avrei dovuto benedirlo? Ogni fibra di me si ribellava. Perché Egli aveva condannato migliaia di bambini a bruciare nelle Sue fosse comuni? Perché aveva continuato a far funzionare sei forni crematori giorno e notte, inclusi lo Shabbat e i giorni santi? Perché con la sua forza aveva creato Auschwitz, Birkenau, Buna e tante altre fabbriche di morte? Come potevo dirgli: Benedetto sei tu, onnipotente, Signore dell’Universo, che ci hai scelti fra tutte le nazioni ad essere torturati giorno e notte, per vedere come i nostri padri, le nostre madri, i nostri fratelli finiscono nei forni? […] Ma ora, non ho più supplicato per nulla. Non ero più in grado di emettere un lamento. Al contrario, mi sentivo molto forte. Io ero l’accusatore, Dio l’imputato!”

Sono domande radicali, angoscianti, che pongono al limite la riflessione umana di un credente.

Tra i più importanti pensatori tedeschi, il teologo Jurgen Moltmann, è stato quello che più ha riflettuto su Auschwitz (senza dimenticare il filosofo Hans Jonas): La nozione tradizionale di un “motore immobile” impassibile, era morto in quei campi e non era più sostenibile. Moltmann propone invece un “Dio crocifisso”, che è un Dio “sofferente” e anche “protestante“. Vale a dire, Dio non si distacca dalla sofferenza, ma entra volontariamente nella sofferenza umana con compassione.

Dio in Auschwitz e Auschwitz nel Dio crocifisso” .

Ciò è in contrasto sia con l’iniziativa del teismo che giustifica le azioni di Dio, e sia con l’iniziativa dell’ateismo che accusa Dio. La “teologia trinitaria della croce” di Moltmann afferma invece che Dio è un Dio che protesta e si oppone agli “dei di questo mondo” di potere e di dominio, entrando nel dolore umano e soffrendo sulla croce e sul patibolo di Auschwitz.

Un Dio “sovversivo” che chiede al credente di battersi radicalmente contro gli inferni di quaggiù, in questa opera noi, come ci insegna Etty Hillesum, la giovane donna ebrea che insieme a Edith Stein, Simone Weil rappresentano le luminose figure della mistica femminile di radice ebraica e cristiana contemporanee, “aiutiamo Dio” ad essere ospitato nel cuore dell’uomo.

Ma Auschwitz, come scrive un altro pensatore tedesco Johnann Baptist Metz (anche lui teologo), pone ancora altre domande: “La domanda teologica dopo Auschwitz non è solamente: dove era Dio ad Auschwitz? Ma è anche: dove era ad Auschwitz l’uomo? Come si potrebbe credere nell’uomo, o perfino nell’umanità, quando si dovette sperimentare ad Auschwitz di che cosa «l’uomo» è capace? Come continuare a vivere tra gli uomini? Che cosa sappiamo noi della minaccia all’umanità dell’uomo, noi che abbiamo vissuto voltando le spalle a questa catastrofe o che siamo nati dopo di essa? Auschwitz ha ridotto profondamente il limite di pudore metafisico tra uomo e uomo. A questo sopravvivono solo coloro che hanno poca memoria o coloro che sono riusciti bene a dimenticare che hanno dimenticato qualcosa. Ma nemmeno questi restano illesi. Non si può peccare quanto si vuole contro il nome dell’uomo. Non solo l’uomo singolo, anche l’idea dell’uomo e dell’umanità è profondamente vulnerabile. Solo pochi collegano ad Auschwitz l’attuale crisi d’umanità: l’insensibilità crescente di fronte a diritti e valori universali e grandi, il declino della solidarietà, la furba sollecitudine nel farsi piccoli pur di adattarsi a ogni situazione, il rifiuto crescente di offrire all’io dell’uomo una prospettiva morale, eccetera. Non sono tutte scelte di sfiducia contro l’uomo? La catastrofe che è stata Auschwitz costituisce forse una ferita inguaribile?“ 

«E se anche l’attuale crisi d’umanità – conclude Metz-fosse figlia della ferita inguaribile del lager?» 

Le reliquie del Beato Carlo Acutis

Le reliquie del Beato Carlo Acutis

Le reliquie del Beato Carlo Acutis esposte in maniera permanente nella chiesa della Madonna del Fuoco.

Il giovane, nato nel 1991, è morto nel 2006 per una leucemia fulminante ed è diventato Beato nel 2020. La reliquia è già stata donata alla parrocchia

La storia di Carlo Acutis, morto nel 2006 di leucemia è il primo millenial proclamato beato

Dal 12 luglio, al termine della messa presieduta alle 18.30 dall’arcivescovo di Pescara-Penne Tommaso Valentinetti, una reliquia dei capelli del Beato Carlo Acutis verrà esposta in maniera permanente nella chiesa della Madonna del Fuoco, in via Stradonetto.

Lo riporta LaPorzione.it, spiegando che l’iniziativa è stata promossa dal parroco don Carmine Di Marco: «La nostra è una comunità dove c’è una bella e intesa attività giovanile – spiega – Vedendo anche un po’ di giovani in difficoltà per un fatto che era accaduto in parrocchia e andando a fare un pellegrinaggio ad Assisi, ho visto lo stupore di tanti giovani di fronte alla tomba del Beato Carlo Acutis. Contemporaneamente stava nascendo un gruppo di adorazione eucaristica e allora ho fatto la richiesta per poter avere una reliquia, così da poter creare un angolo di preghiera per i giovani».

Carlo Acutis, nato nel 1991, è morto nel 2006 per una leucemia fulminante ed è diventato Beato nel 2020. La reliquia è stata già donata alla parrocchia della Madonna del fuoco che la esporrà, in un reliquiario, alla venerazione di tutti i fedeli: «L’auspicio – osserva don Carmine – è che questo possa essere un modo per incontrarsi e, attraverso questo giovane, incontrarsi veramente con Dio potendo trasmettere lo stesso amore che il Beato Carlo Acutis aveva per l’Eucaristia. Che possa attirare tante persone ed essere soprattutto un punto di riferimento per i giovani».


Carlo Acutis
 nacque a Londra (Gran Bretagna) il 3 maggio 1991, da genitori italiani, Carlo e Antonia Salzano, che si trovavano nella City per motivi di lavoro. Venne battezzato il 18 maggio nella chiesa di “Our Lady of Dolours” a Londra. Nel settembre 1991, la famiglia rientrò a Milano. All’età di quattro anni, i genitori lo iscrissero alla scuola materna, che frequentò con grande entusiasmo. Giunto il momento della scuola obbligatoria, venne iscritto all’istituto San Carlo di Milano, una scuola privata molto conosciuta. Dopo tre mesi, venne trasferito alle scuole elementari presso l’istituto Tommaseo delle Suore Marcelline, perché era più vicino alla sua abitazione. Il 16 giugno 1998, ricevette la prima Comunione, in anticipo rispetto all’età consueta, grazie a uno speciale permesso del direttore spirituale, don Ilio Carrai, e dell’Arcivescovo Pasquale Macchi. La celebrazione avvenne nel Monastero delle monache di clausura delle Romite dell’Ordine di Sant’Ambrogio ad Nemus a Bemaga di Perego (Lecco). Il Sacramento della Cresima, il 24 maggio 2003, gli venne amministrato nella chiesa di Santa Maria Segreta, da Monsignor Luigi Testore, già segretario del Cardinale Carlo Maria Martini e Parroco di San Marco in Milano.

A quattordici anni, passò al Liceo classico presso l’istituto Leone XIII di Milano, diretto dai Padri Gesuiti, dove sviluppò pienamente la sua personalità. Con uno studente di ingegneria informatica iniziò a curare e a occuparsi del sito internet della parrocchia milanese di Santa Maria Segreta. Nonostante gli studi fossero particolarmente impegnativi, decise spontaneamente di dedicare parte del suo tempo anche alla preparazione dei bambini per la Cresima, insegnando il Catechismo nella Parrocchia di Santa Maria Segreta. Quello stesso anno progettò il nuovo sito internet per il volontariato dell’istituto Leone XIII e promosse e coordinò la realizzazione degli spot sempre per il volontariato di molte classi nell’ambito di un concorso nazionale. Trascorse tutta l’estate del 2006 a ideare il sito per questo progetto. Organizzò anche il sito internet della Pontificia Accademia Cultorum Martyrum.

Una delle particolarità di Carlo era di amar trascorrere la maggior parte delle sue vacanze ad Assisi in una casa di famiglia. Qui oltre a divertirsi con gli amici, imparò a conoscere San Francesco. Da lui apprese il rispetto per il creato e la dedizione ai più poveri. Infatti, l’esempio del Serafico e di Sant’Antonio di Padova nel compiere gesti di carità nei confronti dei poveri furono per Carlo un invito a fare altrettanto. Si impegnò così in una gara di carità a favore dei bisognosi, dei senzatetto, degli extracomunitari, che aiutava anche con i soldi risparmiati dalla sua paghetta settimanale.

Vista la grande devozione che Carlo nutriva per la Madonna, recitava quotidianamente il Rosario. Si consacrò più volte a Maria per rinnovarle il proprio affetto e per impetrare il suo sostegno. Progettò anche uno schema del Rosario che poi riprodusse con il suo computer. Dobbiamo riconoscere che nella vita spirituale di Carlo furono sempre presenti i Novissimi. Questa sua forte consapevolezza della realtà della vita eterna fu causa di ostacoli da parte di alcuni suoi amici.

Nell’ottobre 2006 si ammalò di leucemia di tipo M3 considerata la forma più aggressiva, in un primo tempo scambiata per influenza. In un primo momento, venne ricoverato alla Clinica De Marchi di Milano, poi visto l’aggravarsi della situazione, fu trasferito all’ospedale San Gerardo di Monza, dove c’è un centro specializzato per il tipo di leucemia che lo aveva colpito. Pochi giorni prima del ricovero, offrì la sua vita al Signore per il Papa, per la Chiesa, per andare dritto in Paradiso.

In quell’ospedale, un sacerdote gli amministrò il Sacramento dell’Unzione degli infermi. Alcune tra le infermiere ed i medici che hanno seguito Carlo in quei momenti, lo ricordano con grande affetto ed edificazione. La morte cerebrale avvenne l’11 ottobre 2006, il suo cuore smise di battere alle ore 6:45 del 12 ottobre. La notizia della sua morte si diffuse subito grazie ai suoi compagni di classe. Riportata la salma a casa, fu un continuo afflusso di persone che andarono a dargli l’ultimo saluto. I funerali vennero celebrati nella chiesa di Santa Maria Segreta, il 14 ottobre 2006. La salma di Carlo venne sepolta nella tomba di famiglia a Ternengo (Biella), poi nel febbraio 2007 i suoi resti mortali vennero traslati nel cimitero comunale di Assisi per soddisfare il suo desiderio di rimanere nella città di San Francesco. Dalla morte, la sua fama di santità e di segni non ha fatto altro che aumentare in ogni Continente.

Il 5-6 aprile 2019 i resti mortali di Carlo sono stati traslati nel Santuario della Spogliazione, chiesa di Santa Maria Maggiore, di Assisi.

Inchiesta Diocesana

L’Inchiesta Diocesana si svolse presso la Curia ecclesiastica di Milano (Italia), dal 12 ottobre 2013 al 24 novembre 2016, in sessantacinque Sessioni, durante le quali furono raccolte le prove documentali e vennero escussi cinquantasette testi, di cui sei ex officio.

La validità giuridica dell’Inchiesta fu riconosciuta con il Decreto del 26 maggio 2017.

Congresso Peculiare dei Consultori Teologi

Si svolse il 17 aprile 2018, presieduto dal Promotore della Fede, con la partecipazione dei Consultori prescritti, i quali sottolinearono che la breve esistenza terrena di Carloo fu lineare, trasparente, aperta a Dio e al prossimo. Lasciatosi plasmare dalla Grazia, divenne un esempio luminoso della gioia che si irradia dall’incontro con Gesù. Questa familiarità sta alla base del suo cammino di perfezione ed è fondamentale per comprendere la sua spiritualità, centrata sull’Eucaristia e sulla devozione alla Vergine Maria.

Per i Teologi risulta evidente l’ardore con il quale egli praticò le virtù e l’impegno con cui invitava gli altri, a cominciare dai familiari, a fare altrettanto. Durante la breve malattia si registrò il culmine del suo percorso spirituale. La sua compostezza, l’inalterata serenità nonostante le sofferenze, colpirono profondamente chi ebbe modo di stargli accanto.

Al termine del dibattito, i Consultori si espressero unanimemente con voto affermativo a favore del grado eroico delle virtù, della fama di santità e di Carlo.

Sessione Ordinaria dei Cardinali e dei Vescovi

Si riunì il 3 luglio 2018. L’Ecc.mo Ponente, dopo avere tratteggiato la storia della Causa e la figura di Carlo, ne sottolineò l’ardore con il quale, giovane di età ma maturo nelle vie del Signore, praticò tutte le virtù, impegnandosi anche a esortare i suoi compagni a fare altrettanto. Fu un innamorato di Dio e, in particolare, dell’Eucaristia, che definiva autostrada per il cielo. Coltivò un amore filiale per la Vergine Maria e considerava il Rosario un appuntamento importante della giornata. Testimoniò il Signore Gesù a molti che l’hanno avvicinato e conosciuto.

Al termine della Relazione dell’Ecc.mo Ponente, che aveva concluso constare de heroicitate virtutum, gli Em.mi ed Ecc.mi Padri risposero unanimemente al dubbio con sentenza affermativa

In vista della beatificazione

In vista della sua beatificazione, la Postulazione ha presentato la presunta guarigione miracolosa di un bambino. L’evento accadde il 12 ottobre 2013 a Campo Grande, in Brasile. Il piccolo, sin dalla nascita, avvenuta nel 2010, soffriva di importanti disturbi all’apparato digerente. Nel 2012 un esame clinico evidenziò una rara anomalia anatomica congenita del pancreas. A causa di questa patologia, la vita del bambino era caratterizzata da scarsa crescita e difficoltà nell’alimentazione. Più volte fu ricoverato per disidratazione e per processi infiammatori. Solo un intervento chirurgico avrebbe potuto eliminare il problema.

L’intervento però non fu mai effettuato, poiché nel 2013, dopo che il piccolo infermo ebbe toccato una reliquia di Carlo Acutis, si registrò un sorprendente viraggio e la ripresa della normale crescita staturo-ponderale. Esami clinici, eseguiti negli anni successivi, rilevarono che il pancreas non presentava più il problema anatomico iniziale, senza che fosse stato praticato alcun intervento chirurgico, come sarebbe stato necessario per eliminare i disturbi funzionali. L’iniziativa dell’invocazione era stata presa dal parroco di S. Sebastiano in Campo Grande e dai genitori del bambino. In occasione dell’anniversario della morte di Carlo, il parroco aveva organizzato la celebrazione di una Messa. Intanto, la mamma dell’infermo aveva iniziato una novena per chiedere la guarigione del figlio. Oltre ai familiari, molti conoscenti e parrocchiani si unirono alle invocazioni rivolte a Carlo. La preghiera fu antecedente, corale, univoca, fatta in un contesto di fede che ha visto coinvolta un’intera comunità parrocchiale. La guarigione del bambino avvenne durante la Santa Messa, subito dopo il bacio della reliquia.

Appare evidente la concomitanza cronologica e il nesso tra l’invocazione a Carlo e la guarigione del fanciullo, che in seguito ha goduto di buona salute ed è stato in grado di gestire una normale vita relazionale.

https://www.causesanti.va/it/santi-e-beati/carlo-acutis.html