“A ciascuna di voi e a tutte le donne del mondo indirizzo questa lettera nel segno della condivisione e della gratitudine.” inizia così la lettera di Giovanni Paolo II scritta il 29 giugno 1995, Solennità dei Santi Pietro e Paolo, in vista della IV Conferenza Mondiale sulla Donna. Papa Wojtyła, sempre attento ad utilizzare parole capaci di arrivare dritto al cuore, con questa lettera si rivolge direttamente ad ogni donna. Papa Giovanni Paolo II con questa missiva voleva riflettere sui problemi e le prospettive della condizione femminile nel mondo, soffermandosi in particolare sul tema essenziale della dignità e dei diritti delle donne.
Vi proponiamo un estratto video della letteraParte Prima
LETTERA DEL PAPA GIOVANNI PAOLO II ALLE DONNE parte prima
Grazie a te, donna-madre, che ti fai grembo dell’essere umano nella gioia e nel travaglio di un’esperienza unica, che ti rende sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce, ti fa guida dei suoi primi passi, sostegno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo cammino della vita.
Grazie a te, donna-sposa, che unisci irrevocabilmente il tuo destino a quello di un uomo, in un rapporto di reciproco dono, a servizio della comunione e della vita.
Grazie a te, donna-figlia e donna-sorella, che porti nel nucleo familiare e poi nel complesso della vita sociale le ricchezze della tua sensibilità, della tua intuizione, della tua generosità e della tua costanza.
Grazie a te, donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica, per l’indispensabile contributo che dai all’elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della vita sempre aperta al senso del « mistero », alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità.
Grazie a te, donna-consacrata, che sull’esempio della più grande delle donne, la Madre di Cristo, Verbo incarnato, ti apri con docilità e fedeltà all’amore di Dio, aiutando la Chiesa e l’intera umanità a vivere nei confronti di Dio una risposta « sponsale », che esprime meravigliosamente la comunione che Egli vuole stabilire con la sua creatura.
Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani.
Audio Video Voce Marilena Marino realizzazione Vocedivina.it
Vivere La Quaresima aspettando la Pasqua attraversando il Triduo Pasquale
Rossini: Stabat Mater - 1. Stabat Mater dolorosa
La Donna de Paradiso di Jacopone da Todi Donna de paradiso è una poesia religiosa atribuita a Iacopone da Todi. Si tratta di un componimento in volgare, una lauda drammatica, chiamato anche Il pianto della Madonna, ed è pensato come un dialogo ai piedi della croce, nel quale Maria mostra tutto il suo dolore per la perdita di suo figlio.
«Donna de Paradiso lo tuo figliolo è priso Iesù Cristo beato.
Accurre, donna e vide che la gente l’allide; credo che lo s’occide, tanto l’ho flagellato.»
(Donna de Paradiso, 1-7) Rappresenta un concitato dialogo tra il nunzio (san Giovanni Evangelista), Gesù, la Madonna e la folla durante gli ultimi momenti della vita di Cristo. Il metro utilizzato è quello della ballata sacra con quartine di settenari rimati AAAY e una ripresa rimata XXY. Il componimento è diviso in una terzina iniziale oltre a 33 quartine che rappresentano il numero degli anni che aveva Cristo alla sua morte e le strofe dedicate alla passione sono tre, simbolo della Trinità.
Ha una grande rilevanza storico-linguistica per il particolare uso del volgare: si alterna un registro basso (il cosiddetto sermo cotidianus) per i personaggi Maria e Gesù, a un registro colto e latineggiante per la folla e il nunzio.
Cristo si rivolge alla Madonna chiamandola mamma le tre volte che si rivolge a lei direttamente, e mate quando parla di lei a Giovanni.
La lauda drammatica Donna de Paradiso è l’esempio più famoso di lauda drammatica, nonché in assoluto la prima lauda drammatica costruita interamente sotto forma di dialogo (Gesù-Maria-il nunzio).
Il carattere polifonico, di poesia a più voci, è strettamente associato a una concitazione narrativa che esprime i sentimenti drammatici e contrastanti da cui la scena è dominata: stupore, dolore, odio, amore. Fino a distendersi nell’ultima e più lunga battuta pronunciata da Maria, in una sofferta e quasi ininterrotta invocazione, dove si sommano il più tenero affetto e il dolore più straziante.
All’interno della lauda il personaggio di Maria assume particolare rilievo e viene rappresentata essenzialmente nella sua umanità di madre. La Madonna appare come una donna disperata per la vicenda del figlio, la cui condanna e morte le sono del tutto incomprensibili, dal momento che Cristo «non fece follia», «a torto è accusato», «non ha en sé peccato». La madre vede il proprio figlio martirizzato, «ensanguinato» e vuole allora morire con lui, salendo sulla stessa croce sul quale Cristo è riposto. La sua disperazione compare nel famoso corrotto, lamento funebre, nel quale con i più dolci appellativi si rivolge alla sua creatura che non è riuscita a sottrarre al martirio.
La Madonna non coglie nella sua morte l’esperienza necessaria per la redenzione dell’umanità dal peccato originale, ma solo l’aspetto terreno di terribile sofferenza.
Anche Cristo rivela attenzioni da figlio nei confronti della madre, che affida alle cure amorevoli di Giovanni, esortandola a restare in vita per servire i «compagni ch’al mondo» ha «acquistato», ma c’è in Cristo quella consapevolezza della sua missione salvifica che manca alla semplice donna del popolo.
Compito del nunzio è quello di riferire alla donna tutto quanto accade intorno alla croce; svolge con scrupolo il suo compito di cronista, non risparmiando alla madre nessuna delle torture inflitte al figlio e senza una sua partecipazione emotiva al dramma.
Due soli sono gli interventi del popolo presente alla scena ed entrambi con la funzione di affermare che in nome della legge Gesù deve essere punito, condannato.
Lo stile ha una notevole forza espressiva: scansione rapida delle frasi e prevalenza della coordinazione nella sintassi; l’uso dell’anafora (la parola figlio). Le frasi esclamative hanno il verbo all’infinito e la forma interrogativa è piena d’incertezza e di tensione. L’uso del tempo verbale al presente conferisce sia immediatezza sia eternità all’evento della passione.
È evidente da queste osservazioni che l’alta materia della Passione dal piano teologico è scesa a quello umano e spettacolarizzato; questo consente al pubblico, a cui è destinata la lauda, di identificarsi nel dramma della madre e del figlio e di parteciparvi. Iacopone nel descrivere la Passione di Cristo segue fedelmente i testi sacri della tradizione cristiana (le Sacre Scritture ed i Vangeli); inoltre la drammaticità che permea la sua opera è analoga a quella presente in alcune opere dell’arte figurativa contemporanea, come dimostra l’osservazione, ad esempio, della Crocifissione di Cimabue, conservata nella basilica superiore di San Francesco d’Assisi. La poesia viene citata da Fabrizio De André (Le nuvole) nel brano Ottocento.
(Laude, 70)
È il più celebre testo di Jacopone, uno dei primi esempi (se non il primo in assoluto) di “lauda drammatica” in quanto propone un dialogo tra più personaggi sulla crocifissione di Cristo, al centro della quale vi è il dolore di Maria per il martirio del proprio figlio (gli altri interlocutori sono Gesù stesso, la folla degli ebrei e un fedele che descrive le fasi del supplizio, probabilmente l’apostolo Giovanni). Il mistero dell’incarnazione di Cristo è espresso attraverso la pena tutta umana della madre per le sofferenze a Lui inflitte, per cui il racconto della Passione diventa un dramma concreto e naturalissimo accentuato dal movimento drammatico delle voci che si susseguono. Jacopone ha affrontato il tema del dolore della Vergine per la morte di Cristo anche nell’inno latino “Stabat Mater”, a lui generalmente attribuito.
«Donna de Paradiso, lo tuo figliolo è preso Iesù Cristo beato.Accurre, donna e vide che la gente l’allide; credo che lo s’occide, tanto l’ò flagellato».«Come essere porria, che non fece follia, Cristo, la spene mia, om l’avesse pigliato?».«Madonna, ello è traduto, Iuda sì ll’à venduto; trenta denar’ n’à auto, fatto n’à gran mercato».«Soccurri, Madalena, ionta m’è adosso piena! Cristo figlio se mena, como è annunzïato».«Soccurre, donna, adiuta, cà ’l tuo figlio se sputa e la gente lo muta; òlo dato a Pilato».«O Pilato, non fare el figlio meo tormentare, ch’eo te pòzzo mustrare como a ttorto è accusato».«Crucifige, crucifige! Omo che se fa rege, secondo la nostra lege contradice al senato».«Prego che mm’entennate, nel meo dolor pensate! Forsa mo vo mutate de que avete pensato».
«Traiàn for li latruni, che sian soi compagnuni; de spine s’encoroni, ché rege ss’è clamato!».
«O figlio, figlio, figlio, figlio, amoroso giglio! Figlio, chi dà consiglio al cor me’ angustïato?
Figlio occhi iocundi, figlio, co’ non respundi? Figlio, perché t’ascundi al petto o’ si lattato?».
«Madonna, ecco la croce, che la gente l’aduce, ove la vera luce déi essere levato».
«O croce, e que farai? El figlio meo torrai? E que ci aponerai, che no n’à en sé peccato?».
«Soccurri, plena de doglia, cà ’l tuo figliol se spoglia; la gente par che voglia che sia martirizzato».
«Se i tollit’el vestire, lassatelme vedere, com’en crudel firire tutto l’ò ensanguenato».
«Donna, la man li è presa, ennella croc’è stesa; con un bollon l’ò fesa, tanto lo ’n cci ò ficcato.
L’altra mano se prende, ennella croce se stende e lo dolor s’accende, ch’è plu multiplicato.
Donna, li pè se prènno e clavellanse al lenno; onne iontur’aprenno, tutto l’ò sdenodato».
«Et eo comenzo el corrotto; figlio, lo meo deporto, figlio, chi me tt’à morto, figlio meo dilicato?
Meglio aviriano fatto ch’el cor m’avesser tratto, ch’ennella croce è tratto, stace descilïato!».
«O mamma, o’ n’èi venuta? Mortal me dà’ feruta, cà ’l tuo plagner me stuta, ch’el veio sì afferato».
«Figlio, ch’eo m’aio anvito, figlio, pat’e mmarito! Figlio, chi tt’à firito? Figlio, chi tt’à spogliato?».
«Mamma, perché te lagni? Voglio che tu remagni, che serve mei compagni, ch’êl mondo aio aquistato».
«Figlio, questo non dire! Voglio teco morire, non me voglio partire fin che mo ’n m’esc’ el fiato.
C’una aiàn sepultura, figlio de mamma scura, trovarse en afrantura mat’e figlio affocato!».
«Mamma col core afflitto, entro ’n le man’ te metto de Ioanni, meo eletto; sia to figlio appellato.
Ioanni, èsto mea mate: tollila en caritate, àginne pietate, cà ’l core si à furato».
«Figlio, l’alma t’è ’scita, figlio de la smarrita, figlio de la sparita, figlio attossecato!
Figlio bianco e vermiglio, figlio senza simiglio, figlio, e a ccui m’apiglio? Figlio, pur m’ài lassato!
Figlio bianco e biondo, figlio volto iocondo, figlio, perché t’à el mondo, figlio, cusì sprezzato?
Figlio dolc’e placente, figlio de la dolente, figlio àte la gente mala mente trattato.
Ioanni, figlio novello, morto s’è ’l tuo fratello. Ora sento ’l coltello che fo profitizzato.
Che moga figlio e mate d’una morte afferrate, trovarse abraccecate mat’e figlio impiccato!».
Fedele: «Donna del cielo, tuo figlio, Gesù Cristo beato, è catturato.
Accorri, donna e vedi che la gente lo colpisce; credo che lo stiano uccidendo, tanto lo hanno flagellato.»
Maria: «E come potrebbe essere che abbiano catturato Cristo, la mia speranza, visto che non ha commesso peccato?»
Fedele: «Madonna, egli è stato tradito; Giuda l’ha venduto, avendone in cambio trenta denari; ne ha tratto un gran guadagno».
Maria: «Aiutami, Maddalena, mi è arrivata addosso la pena! Mio figlio Cristo è portato via, come è stato annunciato».
Fedele: «Soccorrilo, donna, aiutalo, poiché sputano addosso a tuo figlio e la gente lo sta portando via; lo hanno consegnato a Pilato».
Maria: «O Pilato, non fare torturare mio figlio, poiché io ti posso dimostrare che è accusato a torto».
Folla: «Crocifiggilo, crocifiggilo! Un uomo che si proclama re, secondo la nostra legge, contravviene ai decreti del senato».
Maria: «Vi prego di ascoltarmi, pensate al mio dolore! Forse ora cambiate idea rispetto a ciò che avete pensato».
Folla: «Tiriamo fuori [liberiamo] i ladroni, che siano suoi compagni di pena; lo si incoroni di spine, visto che si è proclamato re!».
Maria: «O figlio, figlio, figlio, figlio, giglio amoroso! Figlio, chi dà conforto al mio cuore angosciato?
Figlio dagli occhi che danno gioia, figlio, perché non mi rispondi? Figlio, perché ti nascondi dal petto dove sei stato allattato?».
Fedele: «Madonna, ecco la croce che è portata dalla folla, ove Cristo (la vera luce) dovrà essere sollevato».
Maria: «Croce, cosa farai? Prenderai mio figlio? E di cosa lo accuserai, visto che non ha commesso alcun peccato?».
Fedele: «Soccorrilo, o tu che sei piena di dolore, poiché il tuo figliolo è spogliato; sembra che la folla voglia che sia martirizzato».
Maria: «Se gli togliete i vestiti, lasciatemi vedere come lo hanno tutto insanguinato, infliggendogli crudeli ferite».
Fedele: «Donna, gli hanno preso una mano e l’hanno stesa su un braccio della croce; l’hanno spaccata con un chiodo, tanto gliel’hanno conficcato.
Gli prendono l’altra mano e la stendono sull’altro braccio della croce, e il dolore brucia, ancora più accresciuto.
Donna, gli prendono i piedi e li inchiodano al legno; aprendogli ogni giuntura, lo hanno tutto slogato».
Maria: «E io inizio il lamento funebre; figlio, mia gioia, figlio, chi ti ha ucciso [togliendoti a me], figlio mio delicato?
Avrebbero fatto meglio a strapparmi il cuore, visto che è posto anch’esso in croce e sta lì straziato!».
Cristo: «Mamma, dove sei venuta? Mi infliggi una ferita mortale, poiché il tuo pianto, che vedo così angosciato, mi uccide».
Maria: «Figlio, io ne ho ben ragione, figlio, padre e marito! Figlio, chi ti ha ferito? Figlio, chi ti ha spogliato?».
Cristo: «Mamma, perché ti lamenti? Voglio che tu rimanga qui, che assisti i miei compagni che ho acquistato nel mondo».
Maria: «Figlio, non dire questo! Voglio morire con te, non voglio andarmene finché mi esce ancora voce.
Possiamo noi avere un’unica sepoltura, figlio di mamma infelice, trovandoci nella stessa sofferenza, madre e figlio ucciso!».
Cristo: «Mamma col cuore afflitto, ti affido nelle mani di Giovanni, il mio discepolo prediletto; sia tuo figlio acquisito.
Giovanni, ecco mia madre: prendila con affetto, abbine pietà, poiché ha il cuore così trafitto».
Maria: «Figlio, l’anima ti è uscita dal corpo, figlio della smarrita, figlio della disperata, figlio avvelenato [ucciso]!
Figlio bianco e rosso, figlio senza pari, figlio, a chi mi rivolgo? Mi hai davvero abbandonata!
Figlio bianco e biondo, figlio dal volto gioioso, figlio, perché il mondo ti ha così disprezzato?
Figlio dolce e bello, figlio di una donna addolorata, figlio, la gente ti ha trattato in malo modo.
Giovanni, figlio acquisito, tuo fratello è morto. Ora sento il coltello [la pena del martirio] che fu profetizzato.
Che la madre muoia insieme al figlio, afferrati dalla stessa morte, trovandosi abbracciati, madre e figlio entrambi crocifissi!»
Interpretazione
Il testo ha la forma metrica di una ballata di versi settenari, con una ripresa di tre versi (rima YYX) e 33 strofe di quattro versi ciascuna (rima AAAX). Sono presenti rime siciliane ai vv. 1-2 (Paradiso / preso), vv. 28-29 (crucifige / rege), vv. 37-38 (compagnuni / encoroni), vv. 48-49 (croce / aduce), vv. 60-61 (vestire / vedere), vv. 104-105 (afflitto / metto). Una rima imperfetta è ai vv. 76-77, corrotto / deporto.
La passione di Cristo è rappresentata nella sua crudezza e nella sua umanità, poiché Gesù è mostrato come un uomo che soffre e il cui corpo è flagellato e sottoposto a crudeli ferite. Altrettanto umana la figura della Madonna, il cui dolore è quello di una madre che soffre a vedere il figlio torturato senza colpa (all’inizio Maria tenta inutilmente di convincere la folla e Pilato dell’innocenza del figlio). Nelle prime strofe la sua voce si alterna a quella di un fedele (forse S. Giovanni, cui Cristo affida la madre alla fine del testo) che descrive i momenti più strazianti del martirio e invita Maria a soccorrere il figlio; interviene poi la voce della folla che incita alla crocifissione, secondo lo stereotipo medievale del popolo ebreo deicida, quindi animato dal desiderio di martirio verso Cristo.
Il testo si compone di 33 quartine (esclusa la ripresa) che corrispondono agli anni di Cristo quando venne crocifisso, mentre la descrizione del suo corpo inchiodato alla croce si concentra nei vv. 64-75, dunque nelle tre strofe centrali del componimento, con una perfetta simmetria e la simbologia religiosa del numero tre.
La prima parte della lauda contiene soprattutto la descrizione della Via crucis con le urla della folla all’indirizzo di Gesù e gli oltraggi al suo corpo, mentre nella seconda parte (dopo che Cristo è stato inchiodato alla croce) ha grande spazio il dolore di Maria, che si abbandona a un “corrotto” (lamento funebre) commovente e straziante: la Vergine si rivolge direttamente al figlio, sottolinea la sua innocenza e il fatto che sia martirizzato senza colpa, ne fa l’elogio con una serie di epiteti esornativi (l’anafora “figlio” è ripetuta per quattro quartine consecutive, vv. 112-127, poi Maria lo chiama “bianco e vermiglio”, “bianco e biondo”, “volto iocondo”). Il suo dolore è quello tutto umano di una donna che vede il figlio morire e vorrebbe essere uccisa insieme a lui, mente alla fine resta piangente ai piedi della croce.
Rosarium Virginis Mariæ 4° mistero La presentazione del Signore
Meditare pregando affinchè Maria stella dell’evangelizzazione ci mostri la via che porta al suo figlio Gesu’
Puoi ascoltarequi il canto Salve Regina per pregare insieme
Voce Marilena
Dal Vangelo secondo Luca “Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore….Simeone lo prese tra le braccia e benedisse Dio: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza” (2,22.28-30). La Presentazione di Gesù al Tempio lo mostra come il Primogenito che appartiene al Signore. In Simeone e Anna è tutta l’attesa di Israele che viene all’Incontro con il suo Salvatore (la tradizione bizantina chiama così questo avvenimento). Gesù è riconosciuto come il Messia tanto a lungo atteso, “luce delle genti” e “gloria di Israele”, ma anche come “segno di contraddizione”. La spada di dolore predetta a Maria annunzia l’altra offerta, perfetta e unica, quella della croce, la quale darà la salvezza “preparata da Dio davanti a tutti i popoli”.
“Segno di contraddizione”– Spazio di Riflessione
Misteri del Rosario Spunti di Riflessione
4) Mistero Gioia -Gesù è offerto al Padre nel tempio-
Pensa
Tutto quel che ci è dato, bisogna restituirlo, in meglio naturalmente!
O pensiamo che ogni cosa sia un bagaglio esclusivamente nostro?
Apriamo le porte alla contemplazione, a quella pura, profonda e necessaria dimensione spirituale e umana che è la meditazione del mistero di
Dio che ci riporta inevitabilmente alla fonte da cui scaturisce la il nostro stesso essere: offri a lui solo il culto del tuo talento purificato, anzi sbrigati anche ad impiegarlo bene e con tutte le tue forze, prima che il padrone torni e ti chieda come lo hai impiegato!
Guardati intorno e cerca di aprirti come dono all’altro che aspetta, al prossimo che bussa alla tua porta.
Invoca
Come Simeone, traduci le nostre attese, Maria, in quella proverbiale frase: “I miei occhi han contemplato la tua salvezza”!
Padre, Ave, Gloria, O Gesù mioper ogni mistero
Alla fine dei 5 misteri Salve Regina
Prega Spontaneamente
Salve, Regina, Viscere di misericordia, Maria: Sorriso, Dolcezza Carissima nostra, salve! Da te impariamo, esuli figli di Eva; con te sospiriamo, speranzosi del futuro: avvocata nostra, guardaci con i tuoi grandi occhi ricchi di tenerezza e gesta nel nostro ventre Gesù, il frutto benedetto della fede, o bella, o santa, o donna dell’amore, Maria
Maria, tu sei l’anti-Eva che non toccò frutto!
Recita Litanie
Signore, pietà Cristo, pietà Signore, pietà Cristo ascoltaci Cristo, esaudiscici Padre del cielo che sei Dio abbi pietà di noi abbi pietà di noi Figlio Redentore del mondo, che sei Dio abbi pietà di noi abbi pietà di noi Spirito Santo che sei Dio abbi pietà di noi abbi pietà di noi Santa Trinità unico Dio abbi pietà di noi abbi pietà di noi Maria Madre della Chiesa prega per noi prega per noi Chiesa del futuro Chiesa attenta alle novità Chiesa delle nuove generazioni Chiesa degli Ideali Chiesa della Nuova Estetica
Madre dei Giovani prega per noi prega per noi Madre che genera altre Madri Madre che genera altri Padri Madre che genera altri cristiani che imparano a generare Madre del Parto del Fonte Battesimale Madre dei tanti Giovanni sotto la Croce Madre dei Lontani dalla Chiesa Madre coraggiosa Madre Filosofa Madre Mediatica Madre della nuova bellezza Vergine di tutti gli artisti prega per noi Vergine che difende i Casti Vergine che loda Dio Vergine del Dialogo tra i Popoli
Regina delle Case di Riposo prega per noi Regina delle Carceri Regina degli Ospedali Regina dei Missionari Regina di chi si Sposa Regina di chi Perdona Regina degli Uomini che Amano la Purezza prega per noi Regina Fedele Regina dell’Allegria Regina delle Donne di tutto il mondo Regina delle consacrate
Agnello di Dio che togli i peccati del mondo perdonaci o Signore Agnello di Dio che togli i peccati del mondo ascoltaci o Signore Agnello di Dio che togli i peccati del mondo abbi pietà di noi
PREGHIAMO Concedici, Signore di sviluppare in noi la pienezza dei Misteri contemplati in questo Rosario perché pregandoli comunichiamo la gioia al mondo e comunicandoli preghiamoperchè venga il tuo regno Per intercessione di Maria ti chiediamo di partorire al mondo il frutto della fede: Gesù. AMEN
Puoi leggere questePreghiere Inedite
PREGHIERA DEL SACERDOTE
Chiedo a te, Signore alla luce della Pasqua un abito speciale:
bianco, stirato e profumato di: letizia, umiltà, sapienza e gratuità,
che mi offra sull’altare per la gente rivestito della grazia e della gioia di: servire gli ultimi ma anche i primi
il pubblicano come il fariseo, il cieco e chi ci vede, il povero e anche il ricco
chi conosce Dio e chi ancora fa fatica a cercarlo, il tiepido e il fervente, chi ha fede e chi l’ha smarrita
perchè io possa illuminare l’errore e incoraggiare lo zelo Un abito non vistoso, non firmato ti chiedo
che non abbia le pieghe grinzose dell’ alterigia, della freddezza, del distacco,
sgualcito dall’indifferenza del troppo pensare senza azione
Piuttosto che un abito desidererei un grembiule, Signore, sì
stirato, inamidato, che non faccia una piega
che diffonda intorno il profumo del fresco bucato libero di sventolare al sole come una tovaglia apparecchiata
per servirti e servire i fratelli come solo tu sai fare Chiedo un abito, Signore su misura per me,
griffato di opere buone, lavato e deterso
A consegnarmelo domani stesso, sia maria, quando il postino suonerà il campanello
Maria, l’umile donna di casa che sapeva usare bene anche la lavatrice, oltre che stendere al sole i panni per poi stiparli nel cassetto, belli pronti e piegati per l’indomani
O mio Gesù, il solo mite e umile di cuore, il presente non mi appartiene, il passato l’ho dimenticato per stare dietro a te, il futuro indicamelo tu e non abbandonarmi mai. Amen
PREGHIERA DEGLI ARTISTI (prima di ogni esibizione)
Signore, fa che in pubblico, porti te, non me! Fa ch’io canti te, non me! Che applaudino te, in me! Ch’io serva te, non me! Che quel riflettore illumini te! Attraverso me; ch’io ami te, allo specchio, non me! Ch’io reciti, balli, scriva e dipinga te, non me! Signore, sarai “famoso”, quando tutti conosceranno sempre più te, fino a scordarsi completamente di me! Amen!
AMO GLI ARTISTI Amo gli artisti e quel mondo sognante, Amo vederli “fragili infanti”, eccentrici “dei” di sé stessi, convinti assertori di “utopici mondi”, intrecciano favole e vissuti profondi; pittori teneri di colori e poesie, bivi di vita e di sottili armonie, non si arrendono mai alla ruga indiscussa, all’età che ormai avanza e inesorabile passa! Mette indietro, lo spirito, le lancette del tempo ma il rischio delude l’attesa e l’incanto! Dell’umano, il senso, perdono presto, alla morte, la vita, tristi, la danno in pasto!
Tutti i testi, le elaborazioni audio-video, le meditazioni, la voce podcast sono composizioni originali e inedite di
Marilena Marino Vocedivina.it
Grazie ai misteri contenuti nella recita, alle Litanie e ai versetti della Sacra Scrittura, l’autrice ha voluto dedicare al Rosario Mariano un ‘ispirazione, desiderando gettare, nel profondo, uno sguardo su questa antica devozione che tutti gli anni, nel mese di Maggio, coinvolge puntualmente la sensibilità popolare. Si è chiesta molte volte come fare per incastonare nella storia umana questa amatissima perla della tradizione, voleva cercare un modo perchè la splendida preghiera che tutti amano moltissimo non rimanesse solo un’ancora sospesa nel cielo, ma che potesse maggiormente attraccare anche alla terra!
“Gettare una luce sul sentiero della ricerca interiore che ci porti a Cristo e si rifletta anche nel tempo della nostra vita”..
“Formulando questo pensiero e seguendo il suo filo conduttore per arrivare, alla fine, alla soluzione-racconta l’autrice-piano piano ho delineato un percorso.. poi tutto, a un certo punto, è apparso chiaro, facile da intraprendere e persino incoraggiante.
Recitando il rosario, facendolo entrare nella mia realtà , mi sono accorta che ogni mistero di questa bellissima recita poteva riflettersi anche nelle mie comuni attitudini di vita…quella formula ritmata più volte non sembrava più ripetitiva, routinaria, anzi.. snocciolava mille riflessioni, punti di domanda, suggeriva in crescendo anche uno stimolo costruttivo e affascinante di vita.
Stava diventando quasi un itinerario, un iter da seguire come una strada con tanti cartelli stradali…
Ogni passo del Vangelo, ogni versetto della Parola che si appoggiava alla meditazione, recava in se un germe di vita potente, un mistero da svelare, un seme a volte anche un po’ nascosto, certe volte, che chiedeva prima di essere interiorizzato, poi sviluppato e infine donato anche agli altri!
Di questo passo, mi son detta, la vita vissuta alla luce della Parola di Dio può trovare una collocazione anche nella concretezza della storia e il Rosario con i suoi misteri rientra in questa attualizzazione che è l’esperienza concreta della vita
Ecco quello che cercavo, la sapienza divina trasferita nelle molteplici azioni di tutti i giorni che mi permettesse di capire i misteri del rosario non solo in modo intellettivo ma col cuore e in modo semplice, esperienziale e diretto!
Spirituale e pratico assieme!
Era possibile, dunque, ricercare, applicare e arrivare a questo traguardo.. altrimenti la preghiera mi sarebbe servita, certo, ad elevare il cuore a Dio, a cercare Maria, invocarla, ma quanto sarebbe durato l’effetto, la costanza del pregare sempre e incessantemente? E se, poi, il fuoco, lo zelo, si sarebbero affievoliti.. se pregare non raggiungeva anche la mia vita, non la trasformava più di tanto…che fare?
Avvalersi di strumenti di conoscenza antichi e nuovi, fondere tradizione, fedeltà al magistero e al tempo stesso liberare la vena artistica mescolandola alla componente umana, nel mio caso femminile…volevo percorrere questa strada, far risuonare quest’armonia dentro di me, farla ascoltare fuori, cercare e unire il vecchio e il nuovo, proprio come nel Vangelo si dice a proposito di quel padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche.
Bisognerebbe, anche, mi ripetevo spesso, fare più silenzio, lasciar molte più pause di riflessione dopo l’enunciazione di ogni mistero per riflettere e consentire al Signore, proprio in questo lasso di tempo, di portarci a Maria, lei che conosce il vino nuovo delle nozze di Cana, che sa parlarci della nuova primavera dello Spirito, che cerca, come il Figlio, adoratori di spirito e verità, lei che permette anche a noi, al nostro cuore, l’accesso a un rinnovato modo di pensare, agire, ascoltare,
Maria che resta la fedele umile ancella del Signore.
Tutti cerchiamo in mille modi di recitare il rosario…in tutti i tempi la storia di questa antichissima devozione ci è stata tramandata nelle più svariate forme…chi non conosce il rosario….lo si recita sempre, non solo a Maggio, in ogni ora e in ogni mese per chi lo vuole….ma se dovessi chiedermi veramente cosa sia esso per me, risponderei, anche, che corrisponde all’invito accorato di Dio e della Madonna a fermarmi, a sospendere tutti gli impegni, anche solo per un po’ per rientrare in me stessa, per chiedermi chi sono, dove vado, cosa cerco.. come se mi sussurrassero…vuoi lasciarti seriamente attraversare da quel potente fascio di luce che ti ferisce il cuore sì o no? .. Ogni grano della coroncina, scommetto che, mentre lo scorri tra le dita, vorresti ti parlasse, ti suggerisse un po’ la formula di come vivere, e magari ti desse persino la soluzione per ogni tuo problema, come la lampada di aladino, più o meno.. o quasi.. anche nella quotidianità…perche’ no…e non hai del tutto torto, anzi…molte volte non sai come fare se hai un problema, se c’è una necessità, è vero, c’è Maria che scioglie i nodi…poi la preghiera smuove le montagne, certo, domanda, chiede, ottiene...è vero anche che dal chiedere incessantemente, senza stancarsi mai, ne deriva una certa sapienza se insisti.. vivere ogni giorno con fede il quotidiano, questa è la cosa più difficile da realizzare..
Scommetto che questa dolce catena che ti rannoda come un vincolo d’amore nei momenti d’intimità col Signore, vorremmo fosse eterna e ci avvincesse anche tutti i giorni, tutti i momenti della vita, anche quando, dopo aver finito di pregare, usciamo fuori dal nostro spazio riservato e intimo e ci immergiamo nei mille problemi della vita …vogliamo sentire piu’ vicini i passi di Maria che si mette alla nostra ricerca, sempre…guidandoci verso suo figlio.. come possiamo, allora, colmare queste distanze per non sentirli lontani? Che linguaggio useremo nel rosario, quale dono delle lingue?
Entrare a pieno nel mistero di Maria e di Dio sarà sempre difficile se non impossibile, sicuramente, ma possiamo pur sempre con spirito di desiderio tentare di avvicinarci all’incontro tra Gesù e l’uomo pellegrino grazie alla preghiera del rosario che accomuna tutti nella continua ricerca del cielo mentre siamo ancora su questa terra. Invochiamo Maria che ci indichi la via e ricordiamo che il Rosario raggiungerà il suo effetto, se, pregato e incarnato, riuscirà a sviluppare in noi tutta la vita del Cristo, dal suo concepimento, alla sua missione definitiva.
Al quarto paragrafo del decreto del Concilio Vaticano II sull’Apostolato dei Laici c’è scritto testualmente: «Maria viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudini familiari e di lavoro».
CHARITAS CHRISTI URGET NOS!
Idea Progettazione Testi Video a cura diMarilena Marino Vocedivina.it
San Giovanni Paolo II: “Desidero che ognuno Le dica: Totus tuus”
Il lungo pontificato di papa Wojtyla ha conferito una veste di “universalità” alla devozione mariana. Unendo “intuito soprannaturale” e “spirito profetico”, il Papa polacco ha saputo svelare ai cristiani del nostro tempo il “segreto di Maria”.
Il motto “Totus tuus”, che si trova nella forma “tuus totus” nel Trattato della vera devozione a Maria (n. 216) del Montfort, ripetutamente letto dal giovane Karol Wojtyla, è attinto da san Bonaventura.
Sub tuum praesidium
La formula, ancora prima, si trova nella tradizione francescana a partire da san Francesco che lo usa nell’esperienza delle stimmate a La Verna. Il Santo di Assisi si rivolge a Dio dicendo: «Signor mio, io sono tutto tuo, tu sai bene che io non ho altro che la tonica e la corda e li panni di gamba, e anche queste tre cose sono tue» (1).
È il concetto di povertà totale che si esprime nella totale appartenenza a Dio e che si svilupperà nella duplice via indicata da san Francesco: la sequela di “Cristo e Maria”. San Bonaventura poi, nel Psalterium Beatae Mariae Virginis, precisa questa espressione nei confronti della Vergine: «Tuus totus ego sum, Domina, salvum me fac» (Salmo 118); «Tuus totus ego sum: et omnia mea tua sunt, Virgo super omnia benedicta» (Cantico, 8) (2).
Ebbene: papa Giovanni Paolo II († 2005) è stato senza dubbio, in modo eminente, uno di coloro che hanno scoperto il “segreto di Maria” – di cui parla il Montfort – annunciandolo, in veste di Pastore della Chiesa universale, all’orbe cattolico con l’esempio prima che con la parola.
E qui sta l’importanza della figura e del ruolo di san Giovanni Paolo II: non tanto l’approfondimento ma la diffusione, tanto che si può dire che la consacrazione a Maria, intesa come affidamento, abbandono fiducioso nelle mani della Madre celeste e docile obbedienza alla sua volontà, è stata senza dubbio la “chiave pastorale” da lui usata per raggiungere l’obiettivo da lui annunciato all’alba del terzo Millennio: la santità come vocazione e impegno di ogni cristiano, di tutta la Chiesa.
Così in lui, senza dubbio, si può riscontrare intuito soprannaturale e spirito profetico perché ha compreso, nel suo ruolo di guida spirituale dell’umanità affidatogli dalla Provvidenza, la carica salvifica e santificatrice della donazione sincera a Maria e ha cercato di far comprendere ai cristiani quel ruolo determinante che Lei, Mediatrice di ogni grazia, detiene in vista del fine ultimo, la santificazione e la salvezza di tutti.È stato scritto non a torto che
«se gli ultimi papi hanno parlato in termini positivi della consacrazione mariana, Giovanni Paolo II ne ha fatto uno dei punti programmatici qualificanti del suo pontificato. Sia con gesti che con discorsi, egli ha realizzato il motto del suo stemma episcopale “Totus tuus” (3). […]. In papa Wojtyla convergono molti apporti dei secoli precedenti, soprattutto di Montfort e di padre Kolbe, che egli utilizza liberamente secondo l’opportunità pastorale, senza legarsi ad una presentazione stereotipa. Ciò spiega la varietà di linguaggio cui ricorre per spiegare o esprimere i contenuti del rapporto di totale appartenenza e disponibilità a Maria: affidare, consacrare, offrire, dedicare, raccomandare, mettere nelle mani, impegnarsi, servire, affidare-affidamento seguito da consacrare-consacrazione.
Per papa Giovanni Paolo II consacrarsi a Maria comporta l’accostarsi alla grazia salvifica perché è da Lei che viene amministrato e offerto al mondo il tesoro dei meriti redentivi di Gesù e anche suoi.
Questo concetto esprimeva per esempio a Fatima, pellegrino nel 1982:
MADONNA DI FATIMA
«Consacrare il mondo al Cuore Immacolato di Maria significa avvicinarci, tramite l’intercessione della Madre, alla stessa Sorgente della Vita, scaturita sul Golgota. Questa Sorgente zampilla ininterrottamente con la redenzione e con la grazia» (5).
Ave Maria di Fatima
Tra i numerosi discorsi di papa Giovanni Paolo II sulla consacrazione-affidamento a Maria, vibrante fu quello in Cile nel 1987:
«Desidero che tutto il popolo, con voce unanime, possa dire alla Vergine Maria, come le dico io: “Totus tuus” (6): Tutto tuo sono, o Maria! La Vergine di Nazareth, la piena di grazia che si consacrò interamente alla volontà del Padre, ci esorta a vivere in unione con Lei e a iniettare le sue virtù e la sua fedeltà a Cristo in piena sintonia con il Vangelo, seguendo i suoi passi e meditando le sue parole, per renderle carne e vita nel mondo di oggi. In tal modo Dio continuerà a penetrare profondamente nella storia degli uomini come fece mediante l’Incarnazione del Verbo, per opera dello Spirito Santo, con la cooperazione di Maria» (7).
La consacrazione a Maria segna e deve segnare sempre di più la spiritualità del nostro tempo. Dobbiamo consacrarci a Lei per affrettare l’avvento del Trionfo del Cuore Immacolato.
Perché? La risposta sta tutta qui: alla luce della teologia della consacrazione riassunta da san Luigi M. Grignion e san Massimiliano M. Kolbe, si evince che gli uomini offrono concretamente alla Madonna il potere di agire con la sua onnipotente mediazione di grazia attraverso una devozione a Lei che sia ardente, profonda, ricca di sostanza teologica. Non esistendo devozione mariana che più risponda a queste caratteristiche della consacrazione, sarà appunto questa lo strumento eletto, più potente e più certo, della vittoria di Dio e dell’affermazione, in terra, del Trionfo del Cuore della Santissima Vergine.
Vale il principio enunciato dal Montfort nell’introduzione al “Segreto di Maria”: per trovare la grazia bisogna trovare Maria e per trovare Maria bisogna consacrarsi a Lei. Parafrasando, potremmo completare le connessioni proposte da san Luigi dicendo che per instaurare il Trionfo bisogna sconfiggere il serpente-drago; per sconfiggere il serpente-drago è necessario trovare la grazia; per trovare la grazia occorre trovare Maria; per trovare Maria, infine, bisogna consacrarsi a Lei.
È esperienza congiunta dei consacrati a Maria oggi che la consacrazione a Lei autenticamente vissuta inietta nell’anima, come suo “effetto collaterale”, una carica di militanza spirituale assolutamente necessaria, anzi urgente, nella situazione presente, per condurre a termine vittoriosamente la battaglia nella quale siamo catapultati.
Tornando alla necessità di consacrarsi alla Vergine Immacolata, concretamente è possibile farlo anche privatamente servendosi di uno dei numerosi corsi di preparazione che si trovano facilmente disponibili in rete. Ciò che davvero conta è che non cada nel vuoto il grande appello del Cielo agli uomini e elle donne del nostro tempo: «Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato» (la Madonna ai tre veggenti di Fatima).
di Fra’ Pietro Pio M. Pedalino
Ideazione Progetto a cura di Marilena Marino Vocedivina.it
La parola Rosario significa “Corona di Rose”. La Madonna ha rivelato che ogni volta che si dice un’Ave Maria è come se si donasse a Lei una bella rosa e che con ogni Rosario completo Le si dona una corona di rose.
Il Rosario è una lunga catena che lega il cielo alla terra… con il Rosario si può ottenere tutto. (SantaTeresa di Lisieux)
Marilena cantaNiente ti turbi
Terzo mistero della gioia: Gesù, il figlio di Dio, nasce dalla Vergine Maria.
Spazio Riflessioni
Dal Vangelo secondo Luca (2,1.4a.6-7)
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per [Maria] i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
Rosario Meditazioni
Grazie ai misteri contenuti nella recita, alle Litanie e ai versetti della Sacra Scrittura, l’autrice ha voluto dedicare al Rosario Mariano un ‘ispirazione, desiderando gettare, nel profondo, uno sguardo su questa antica devozione che tutti gli anni, nel mese di Maggio, coinvolge puntualmente la sensibilità popolare. Si è chiesta molte volte come fare per incastonare nella storia umana questa amatissima perla della tradizione, voleva cercare un modo perchè la splendida preghiera che tutti amano moltissimo non rimanesse solo un’ancora sospesa nel cielo, ma che potesse maggiormente attraccare anche alla terra!
“Gettare una luce sul sentiero della ricerca interiore che ci porti a Cristo e si rifletta anche nel tempo della nostra vita”..
“Formulando questo pensiero e seguendo il suo filo conduttore per arrivare, alla fine, alla soluzione-racconta l’autrice-piano piano ho delineato un percorso.. poi tutto, a un certo punto, è apparso chiaro, facile da intraprendere e persino incoraggiante.
Recitando il rosario, facendolo entrare nella mia realtà , mi sono accorta che ogni mistero di questa bellissima recita poteva riflettersi anche nelle mie comuni attitudini di vita…quella formula ritmata più volte non sembrava più ripetitiva, routinaria, anzi.. snocciolava mille riflessioni, punti di domanda, suggeriva in crescendo anche uno stimolo costruttivo e affascinante di vita.
Stava diventando quasi un itinerario, un iter da seguire come una strada con tanti cartelli stradali…
Ogni passo del Vangelo, ogni versetto della Parola che si appoggiava alla meditazione, recava in se un germe di vita potente, un mistero da svelare, un seme a volte anche un po’ nascosto, certe volte, che chiedeva prima di essere interiorizzato, poi sviluppato e infine donato anche agli altri!
Di questo passo, mi son detta, la vita vissuta alla luce della Parola di Dio può trovare una collocazione anche nella concretezza della storia e il Rosario con i suoi misteri rientra in questa attualizzazione che è l’esperienza concreta della vita
Ecco quello che cercavo, la sapienza divina trasferita nelle molteplici azioni di tutti i giorni che mi permettesse di capire i misteri del rosario non solo in modo intellettivo ma col cuore e in modo semplice, esperienziale e diretto!
Spirituale e pratico assieme!
Era possibile, dunque, ricercare, applicare e arrivare a questo traguardo.. altrimenti la preghiera mi sarebbe servita, certo, ad elevare il cuore a Dio, a cercare Maria, invocarla, ma quanto sarebbe durato l’effetto, la costanza del pregare sempre e incessantemente? E se, poi, il fuoco, lo zelo, si sarebbero affievoliti.. se pregare non raggiungeva anche la mia vita, non la trasformava più di tanto…che fare?
Avvalersi di strumenti di conoscenza antichi e nuovi, fondere tradizione, fedeltà al magistero e al tempo stesso liberare la vena artistica mescolandola alla componente umana, nel mio caso femminile…volevo percorrere questa strada, far risuonare quest’armonia dentro di me, farla ascoltare fuori, cercare e unire il vecchio e il nuovo, proprio come nel Vangelo si dice a proposito di quel padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche.
Bisognerebbe, anche, mi ripetevo spesso, fare più silenzio, lasciar molte più pause di riflessione dopo l’enunciazione di ogni mistero per riflettere e consentire al Signore, proprio in questo lasso di tempo, di portarci a Maria, lei che conosce il vino nuovo delle nozze di Cana, che sa parlarci della nuova primavera dello Spirito, che cerca, come il Figlio, adoratori di spirito e verità, lei che permette anche a noi, al nostro cuore, l’accesso a un rinnovato modo di pensare, agire, ascoltare,
Maria che resta la fedele umile ancella del Signore.
Tutti cerchiamo in mille modi di recitare il rosario…in tutti i tempi la storia di questa antichissima devozione ci è stata tramandata nelle più svariate forme…chi non conosce il rosario….lo si recita sempre, non solo a Maggio, in ogni ora e in ogni mese per chi lo vuole….ma se dovessi chiedermi veramente cosa sia esso per me, risponderei, anche, che corrisponde all’invito accorato di Dio e della Madonna a fermarmi, a sospendere tutti gli impegni, anche solo per un po’ per rientrare in me stessa, per chiedermi chi sono, dove vado, cosa cerco.. come se mi sussurrassero…vuoi lasciarti seriamente attraversare da quel potente fascio di luce che ti ferisce il cuore sì o no? .. Ogni grano della coroncina, scommetto che, mentre lo scorri tra le dita, vorresti ti parlasse, ti suggerisse un po’ la formula di come vivere, e magari ti desse persino la soluzione per ogni tuo problema, come la lampada di aladino, più o meno.. o quasi.. anche nella quotidianità…perche’ no…e non hai del tutto torto, anzi…molte volte non sai come fare se hai un problema, se c’è una necessità, è vero, c’è Maria che scioglie i nodi…poi la preghiera smuove le montagne, certo, domanda, chiede, ottiene...è vero anche che dal chiedere incessantemente, senza stancarsi mai, ne deriva una certa sapienza se insisti.. vivere ogni giorno con fede il quotidiano, questa è la cosa più difficile da realizzare..
Scommetto che questa dolce catena che ti rannoda come un vincolo d’amore nei momenti d’intimità col Signore, vorremmo fosse eterna e ci avvincesse anche tutti i giorni, tutti i momenti della vita, anche quando, dopo aver finito di pregare, usciamo fuori dal nostro spazio riservato e intimo e ci immergiamo nei mille problemi della vita …vogliamo sentire piu’ vicini i passi di Maria che si mette alla nostra ricerca, sempre…guidandoci verso suo figlio.. come possiamo, allora, colmare queste distanze per non sentirli lontani? Che linguaggio useremo nel rosario, quale dono delle lingue?
Entrare a pieno nel mistero di Maria e di Dio sarà sempre difficile se non impossibile, sicuramente, ma possiamo pur sempre con spirito di desiderio tentare di avvicinarci all’incontro tra Gesù e l’uomo pellegrino grazie alla preghiera del rosario che accomuna tutti nella continua ricerca del cielo mentre siamo ancora su questa terra. Invochiamo Maria che ci indichi la via e ricordiamo che il Rosario raggiungerà il suo effetto, se, pregato e incarnato, riuscirà a sviluppare in noi tutta la vita del Cristo, dal suo concepimento, alla sua missione definitiva.
CHARITAS CHRISTI URGET NOS!
Marilena Marino Vocedivina,it “Gridatelo dai tetti..”
Papa Giovanni Paolo II nella Lettera Ap. “Rosarium Virginis Mariae” definisce così il Rosario: «Il Rosario è contemplare con Maria il volto di Cristo, per conformarsi sempre più a lui» (RVM 3 e 15).
Il nostro momento di preghiera della recita del Rosario vuole rendere evidente questa dimensione contemplativa, come ci suggerisce il Papa (cf. RVM 26-38), accompagnando l’enunciazione di ogni mistero con un brano della Parola di Dio corrispondente, seguita da un pensiero meditativo e da una pausa di silenzio. Particolare importanza e significato dovrà avere la recita del Padre nostro, perché dal Padre parte ogni dono di grazia. Le 10 Ave Maria poi dovranno avere un ritmo tranquillo per favorire la meditazione ed il Gloria dovrà costituire come il culmine della contemplazione e della lode. Ogni mistero si concluderà con una preghiera, volta ad invocare frutti specifici per la vita quotidiana.
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
– O Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto. Gloria…
– Gesù, perdona le nostre colpe. Preservaci dal fuoco dell’inferno. Porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua misericordia.
– O Maria, Madre di misericordia, prega per noi!
– O Sangue ed Acqua, che scaturisti dal Cuore di Gesù come sorgente di misericordia per noi, confido in te!
(Segue: l’enunciazione del mistero, una pausa di silenzio, 1 Padre nostro, 10 Ave Maria, 1 Gloria, l’invocazione “Gesù, perdona…”, la preghiera conclusiva. Alla fine del Rosario, si aggiunge la Salve Regina, le Litanie alla Madonna, un Padre, Ave e Gloria secondo le intenzioni del Papa e un Eterno riposo per le anime del Purgatorio.
MISTERI DELLA GIOIA (Lunedì e Sabato)
Ricordare Cristo con Maria!
“Meditare i misteri «gaudiosi» significa entrare nelle motivazioni ultime e nel significato profondo della gioia cristiana. Significa fissare lo sguardo sulla concretezza del mi-stero dell’ Incarnazione e sull’oscuro preannuncio del mistero del dolore salvifico. Maria ci conduce ad apprendere il segreto della gioia cristiana, ricordandoci che il Cristianesimo è innanzitutto evanghelion, «buona notizia», che ha il suo centro, anzi il suo stesso contenuto, nella persona di Cri-sto, il Verbo fatto carne, unico Salvatore del mondo” (RVM 20).
Primo mistero:
L’Annunciazione dell’Angelo a Maria Vergine
“L’angelo Gabriele entrò da Maria e le disse: «Ti saluto, o piena di grazia. Il Signore è con te… Darai alla luce un Figlio, che chiamerai Gesù…». Maria rispose: “Ecco la serva del Signore: avvenga di me secondo la tua Parola” – (Lc 1, 28-38).
“A questo annuncio approda tutta la storia della salvezza, anzi, in certo modo, la storia stessa del mondo, che in qualche modo è raggiunto dal divino favore con cui il Padre si china su Maria per renderla Madre del suo Figlio” (RVM 20).
PREGHIAMO.
Vergine santa, aiutaci ad accogliere la Parola di Dio come te, con fede e disponibilità.
Pater, 10 Ave Maria, Gloria al Padre e “Gesù mio…“
Secondo mistero:
La visita di Maria alla cugina Elisabetta
“In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta” (Lc 1, s9-40).
“All’insegna dell’esultanza è la scena dell’incontro con Elisabetta, dove la voce stessa di Maria e la presenza di Cristo nel suo grembo fanno ‘sussultare di gioia Giovanni (cf. Le 1, 44)” (RVM 20).
PREGHIAMO.
Vergine benedetta, ottienici di portare Cristo ai fratelli, attraverso la testimonianza della nostra fede e della nostra carità.
Pater, 10 Ave Maria, Gloria al Padre e “Gesù mio…”
Terzo mistero:
La nascita di Gesù nella grotta di Betlemme
“Ora, mentre essi si trovavano là, giunse per lei il tempo di partorire. Ed essa partorì il suo Figlio primogenito. L’avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non vi era posto nell’albergo” (Lc 2,6-7).
“Soffusa di letizia è la scena di Betlemme, in cui la nascita del Bimbo divino, il Salvatore del mondo, è cantata dagli angeli e an-nunciata ai pastori proprio come ‘una grande gioia’ (Lc 2,10)” (RVM 20).
PREGHIAMO.
Vergine purissima, ottienici un cuore capace di accogliere, noi pure, il Cristo, nostra unica “via, verità e vita”(Gv 14, 6).
Pater, 10 Ave Maria, Gloria al Padre e “Gesù mio…”
Quarto mistero:
La presentazione di Gesù al Tempio
“Quando furono giunti i giorni della purificazione, secondo la Legge, lo portarono a Gerusalemme per offrirlo al Signore” (Lc 2, 22).
“La presentazione al Tempio mentre esprime la gioia della consacrazione e immerge nell’estasi il vecchio Simeone, registra anche la profezia del ‘segno di contraddizione’ che il Bimbo sarà per Israele e della spada che trafiggerà l’anima della Madre (cf. Lc 2, a4-3s)” (RVM 20).
PREGHIAMO.
Vergine misericordiosa, aiutaci a caricarci, come te e come Gesù, delle gioie e delle sofferenze degli altri.
Pater, 10 Ave Maria, Gloria al Padre e “Gesù mio…”
Quinto mistero:
Il ritrovamento di Gesù nel Tempio
“E quando Egli ebbe dodici anni […] mentre essi se ne ritornavano a casa, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme. […] Lo ritrovarono dopo tre giorni mentre disputava nel Tempio con i dottori” (Lc 2, 42- 46).
“Gesù qui appare nella sua divina sapienza, mentre ascolta ed interroga […]. La rivelazione del suo mistero di Figlio tutto dedito alle cose del Padre è annuncio di quella radicalità evangelica, che pone in crisi anche i legami più cari dell’uomo, di fronte alle esigenze assolute del Regno” (RVM 20).
PREGHIAMO.
Vergine fedele, aiutaci a mettere le cose di Dio al di sopra di tutto; e dona a coloro che cercano Cristo, di trovarlo nella sua Parola e nei suoi Sacramenti.
Pater, 10 Ave Maria, Gloria al Padre e “Gesù mio…” Salve Regina…
Idea Progettazione a cura di Marilena Marino Vocedivina.it
O alto e glorioso Dio, illumina le tenebre de lo core mio. Et dame fede dricta, speranza certa e carità perfecta, senno e cognoscemento, Signore, che faccia lo tuo santo e verace comandamento. Amen. (Preghiera davanti al crocifisso)
Rapisca, ti prego, o Signore, l’ardente e dolce forza del tuo amore la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo, perché io muoia per amore dell’amor tuo, come tu ti sei degnato morire per amore dell’amor mio. (Preghiera Absorbeat)
La Verna il “Crudo Sasso” di Francesco
“Monte di Dio! Monte Santo! Mons in quo beneplacitum est Deo habitare!”
La quaresima è un tempo liturgico che ci invita a prepararci alla Pasqua con la preghiera, il digiuno e l’elemosina. Ma come ha vissuto la quaresima San Francesco di Assisi, il santo che ha fatto della povertà e della semplicità il suo stile di vita?
San Francesco non si accontentava di vivere una sola quaresima all’anno, ma ne praticava diverse, seguendo il ritmo delle feste liturgiche e il modello di Cristo. Vediamo quali erano le sue quaresime e come le viveva.
La quaresima “benedetta”
La prima quaresima che San Francesco faceva era quella che iniziava il lunedì dopo l’Epifania e terminava il Giovedì Santo. Era chiamata da lui “benedetta” perché era ispirata al digiuno di Gesù nel deserto per quaranta giorni.
San Francesco viveva questa quaresima in solitudine e penitenza, mangiando solo mezzo pane al giorno e pregando intensamente. Un episodio dei Fioretti racconta che una volta si ritirò in un’isola del lago di Perugia con due panetti e vi rimase fino al Giovedì Santo, quando un suo amico lo andò a riprendere.
Questa quaresima era per lui un modo di entrare nel mistero della passione e morte di Cristo, meditando il suo amore infinito per noi.
La quaresima d’Avvento
Un’altra quaresima che San Francesco faceva era quella in preparazione alla Natività di Cristo, detta “Quaresima d’Avvento”. Iniziava con la festa di Tutti i Santi, il primo novembre, e terminava con la vigilia di Natale.
San Francesco aveva una grande devozione per il mistero dell’Incarnazione, cioè del fatto che Dio si è fatto uomo per salvarci. Per questo voleva celebrare con gioia e gratitudine la nascita del Bambino Gesù nella grotta di Betlemme.
San Francesco viveva questa quaresima con spirito di povertà e umiltà, cercando di imitare Maria, la “Vergine fatta Chiesa”. Si dedicava anche alle opere di carità verso i poveri e i bisognosi, seguendo l’esempio di san Martino.
La quaresima dell’Assunta
L’ultima quaresima che San Francesco faceva era quella che iniziava il giorno dopo l’Assunta (16 agosto) e terminava il giorno della festa dei santi Arcangeli (29 settembre). Era una quaresima scaturita dall’amore che il santo nutriva per la Chiesa, rappresentata da Maria assunta in cielo.
San Francesco viveva questa quaresima con spirito di obbedienza e fedeltà alla volontà di Dio. Si affidava alla protezione degli angeli custodi e dei santi patroni. Si impegnava anche nella predicazione del Vangelo ai fratelli e alle sorelle.
Come possiamo imparare da San Francesco?
Le quaresime di San Francesco ci insegnano che non basta osservare alcune pratiche esteriori per vivere bene questo tempo liturgico. Occorre piuttosto coltivare un atteggiamento interiore di conversione continua al Signore.
San Francesco ci invita a seguire Cristo povero ed umile, a meditare i misteri della sua vita terrena ed eterna, a servire i poveri ed i sofferenti con amore fraterno.
Se vogliamo vivere una buona quaresima possiamo ispirarci al suo esempio ed alla sua preghiera:
Laudato sii, o mi’ Signore. Laudato sii, o mi’ Signore. Laudato sii, o mi’ Signore. Laudato sii, o mi’ Signore.
E per tutte le tue creature, per il sole e per la luna, per le stelle e per il vento e per l’acqua e per il fuoco.
Per sorella madre terra, ci alimenta e ci sostiene, per i frutti, i fiori e l’erba, per i monti e per il mare.
Perché il senso della vita è cantare e lodarti e perché la nostra vita sia sempre una canzone.
E per quelli che ora piangono e per quelli che ora soffrono e per quelli che ora nascono e per quelli che ora muoiono.
Santuario Averna
San Francesco d’Assisi è il primo santo della storia cristiana ad aver ricevuto le stigmate, cioè le ferite di Cristo crocifisso sulle mani, sui piedi e sul costato. Questo prodigio avvenne nell’estate del 1224, quando il santo si ritirò in preghiera e digiuno sul monte della Verna, un luogo solitario e selvaggio donatogli dal conte Orlando Catani.
Francesco era già malato e provato dalle fatiche della sua missione. Aveva appena ottenuto l’approvazione della sua regola da parte del papa Onorio III e aveva rinunciato a guidare personalmente il suo ordine. Sentiva il bisogno di ritrovare l’intimità con Dio e di imitare Gesù nella sua passione.
La quaresima di San Michele, che va dalla festa di Tutti i Santi (1° novembre) alla Natività del Signore (25 dicembre), era per lui un tempo privilegiato di penitenza e di contemplazione. Così decise di trascorrerla sulla Verna, insieme a pochi frati compagni.
A metà settembre, mentre pregava nella cella vicino alla chiesetta dedicata a Maria Santissima degli Angeli, Francesco ebbe una visione straordinaria: vide un serafino con sei ali infocate che gli apparve nel cielo e gli mostrò un crocifisso. Il santo rimase estasiato e turbato allo stesso tempo: come poteva conciliarsi la sofferenza del crocifisso con la beatitudine del serafino?
Le stigmate di San Francesco
Il serafino gli parlò al cuore e gli fece capire che Dio lo aveva scelto per conformarlo al suo Figlio nel segno dell’amore più grande: quello che si dona fino alla morte. Poi scomparve, lasciando nel corpo di Francesco le impronte delle cinque piaghe.
Francesco provò una gioia immensa ma anche un dolore acuto. Cercò di nascondere le stigmate ai suoi frati, ma non poté celare la trasformazione interiore che lo aveva investito. Era diventato la parola d’amore che per anni aveva meditato, vissuto e annunciato.
Le stigmate furono per lui un dono e una croce, una grazia e una responsabilità. Lo fecero partecipe della passione di Cristo ma anche della sua gloria. Lo confermarono nella sua vocazione di minorità e povertà ma anche nella sua missione di testimone del Vangelo.
Quello che rende unico san Francesco è il suo rapporto con Cristo. Egli non si limitò a seguire i suoi insegnamenti, ma cercò di imitarlo in tutto, fino a identificarsi con lui. Ai piedi del Cristo crocifisso, per esempio, la sua preghiera si trasformò in contemplazione profonda: “Sommo e glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio, e dammi fede retta, speranza certa e carità perfetta, saggezza e conoscimento, o Signore, affinché io faccia il tuo santo e verace comandamento” (Preghiera davanti al Crocifisso). Le stimmate sono le ferite che Cristo portava sul corpo dopo la sua passione: le mani e i piedi trafitti dai chiodi della croce e il costato aperto dalla lancia del soldato romano. San Francesco fu il primo santo ad averle ricevute miracolosamente sul suo corpo come segno della sua unione mistica con Cristo. Morì due anni dopo aver ricevuto le stigmate, il 3 o il 4 ottobre 1226 ad Assisi. Le sue ferite furono viste da molti prima della sepoltura e testimoniate da diverse fonti storiche. La Chiesa lo canonizzò nel 1228 e lo proclamò patrono d’Italia nel 1939.
Perché l’immedesimazione con Cristo di san Francesco è così importante per noi oggi? Perché ci mostra che il cristianesimo non è solo una dottrina o una morale da seguire, ma una relazione personale ed esistenziale con Dio fatto uomo. Ci mostra che seguire Cristo significa amarlo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente (Mt 22:37) e conformare la nostra vita alla sua (Rm 8:29). Ci mostra che essere cristiani significa essere testimoni della sua presenza nel mondo attraverso le opere di carità (Gv 13:35).
In questa Quaresima riflettiamo sulla vita di san Francesco d’Assisi come modello di immedesimazione con Cristo.
Ricordiamo che nella basilica superiore di Assisi si possono ammirare gli affreschi di Giotto che raccontano le sue storie. Tra questi c’è quello dell’omaggio dell’uomo semplice che stese le vesti dinanzi al beato Francesco riconoscendolo degno di ogni riverenza.