Le preghiere e le pratiche spirituali legate a Beata Maria Vergine Addolorata
Conclusione
La Beata Maria Vergine Addolorata: forza e consolazione nelle nostre sofferenze
La Beata Maria Vergine Addolorata è una figura venerata nella tradizione cattolica come madre di Gesù Cristo e come una donna che ha sofferto profondamente durante la Passione di suo figlio. La sua devozione si basa sulle descrizioni bibliche degli eventi che hanno portato alla crocifissione di Gesù e sulla sua presenza accanto a lui durante quel momento di grande sofferenza. La Beata Maria Vergine Addolorata è spesso rappresentata con un cuore trafitto da sette spade, simbolo dei suoi dolori e delle sue sofferenze. La sua figura è molto amata e venerata dai fedeli cattolici, che si rivolgono a lei per trovare conforto e speranza nelle loro proprie sofferenze.
La vita di Beata Maria Vergine Addolorata
La vita di Beata Maria Vergine Addolorata è un esempio di fede e devozione che ha ispirato milioni di persone in tutto il mondo. Nata in una modesta famiglia, Maria ha vissuto una vita di sacrificio e sofferenza, ma ha sempre mantenuto una fede incondizionata in Dio.
Fin dalla sua giovinezza, Maria ha dimostrato una profonda devozione verso Dio e una grande compassione per gli altri. Crescendo in una famiglia povera, ha imparato a condividere ciò che aveva con coloro che erano meno fortunati di lei. Questo spirito di generosità e amore per il prossimo sarebbe diventato una caratteristica distintiva della sua vita.
La sua vita ha preso una svolta drammatica quando è stata chiamata a diventare la madre di Gesù. Nonostante le sue paure e le sue incertezze, ha accettato con umiltà il compito che le era stato affidato. La sua fede in Dio le ha dato la forza di affrontare le sfide che si presentavano lungo il cammino.
Durante la vita di Gesù, Maria ha dovuto affrontare molte difficoltà e sofferenze. Ha assistito alla crocifissione di suo figlio, un evento che avrebbe spezzato il cuore di qualsiasi madre. Tuttavia, Maria ha trovato la forza di sopportare il suo dolore e la sua tristezza, rimanendo fedele alla sua fede.
La sua devozione verso Dio e il suo amore per Gesù l’hanno portata a diventare una figura centrale nella Chiesa cattolica. Maria è stata venerata come la madre di Dio e come un esempio di fede e devozione per i fedeli di tutto il mondo. La sua vita è stata un esempio di come la fede può darci la forza di superare le difficoltà e di come l’amore per Dio può guidarci attraverso i momenti più bui.
La figura di Maria Vergine Addolorata è spesso associata alla sofferenza e al dolore. La sua immagine, con il cuore trafitto da sette spade, rappresenta il suo dolore per la morte di suo figlio e per le sofferenze che ha dovuto affrontare lungo il cammino. Tuttavia, nonostante il suo dolore, Maria ha sempre mantenuto una fede incondizionata in Dio e ha trovato la forza di andare avanti.
La sua esistenza ci insegna molte lezioni preziose. Ci ricorda che la fede può darci la forza di superare le difficoltà e che l’amore per Dio può guidarci attraverso i momenti più bui. Ci insegna anche l’importanza della compassione e della generosità verso gli altri, anche quando siamo noi stessi in particolari situazioni.
In conclusione, la vita di Beata Maria Vergine Addolorata è un esempio di fede e devozione che ha ispirato milioni di persone in tutto il mondo. La sua storia ci ricorda che la fede può darci la forza di superare le traversie della vita e che l’amore per Dio può guidarci attraverso i momenti più bui. La sua vita è un esempio di come la compassione e la generosità possono trasformare le nostre vite e quelle degli altri. Che la sua memoria continui a ispirare e guidare coloro che cercano la fede e la speranza.
Le apparizioni di Beata Maria Vergine Addolorata
Le apparizioni di Beata Maria Vergine Addolorata sono eventi che hanno suscitato grande interesse e devozione tra i fedeli di tutto il mondo. Queste apparizioni sono state riportate da persone comuni, che affermano di aver visto la Vergine Maria in vari luoghi e in diverse circostanze. Queste testimonianze hanno portato alla creazione di santuari e luoghi di pellegrinaggio dedicati alla Beata Maria Vergine Addolorata.
Una delle apparizioni più famose è avvenuta a Lourdes, in Francia, nel 1858. Una giovane ragazza di nome Bernadette Soubirous affermò di aver visto la Vergine Maria in una grotta vicino al fiume Gave. Bernadette descrisse la Vergine come una giovane donna vestita di bianco, con un rosario tra le mani. Questa apparizione ha attirato l’attenzione di molti fedeli, che si sono recati a Lourdes per pregare e cercare guarigione.
Un’altra apparizione importante è avvenuta a Fatima, in Portogallo, nel 1917. Tre giovani pastorelli, Lucia dos Santos e i suoi cugini Jacinta e Francisco Marto, affermarono di aver visto la Vergine Maria in un campo vicino al villaggio di Fatima. La Vergine apparve loro sei volte e durante queste apparizioni rivelò loro dei segreti e chiese loro di pregare per la pace nel mondo. Queste apparizioni hanno avuto un impatto significativo sulla vita dei pastorelli e sulla comunità di Fatima, che è diventata un importante centro di pellegrinaggio.
Oltre a Lourdes e Fatima, ci sono state molte altre apparizioni della Beata Maria Vergine Addolorata in tutto il mondo. Ad esempio, a Medjugorje, in Bosnia ed Erzegovina, sei giovani affermarono di aver visto la Vergine Maria per la prima volta nel 1981. Da allora, le apparizioni sono continuate e Medjugorje è diventata una meta di pellegrinaggio per milioni di persone.
Le apparizioni della Beata Maria Vergine Addolorata sono state oggetto di studio e dibattito da parte di teologi e studiosi. Alcuni credono che queste apparizioni siano vere e che la Vergine Maria si sia manifestata per comunicare un messaggio importante. Altri, invece, sono scettici e ritengono che le apparizioni siano il risultato di suggestione o di fenomeni psicologici.
Indipendentemente dalle opinioni divergenti, le apparizioni della Beata Maria Vergine Addolorata hanno avuto un impatto significativo sulla vita di molte persone. I fedeli che credono in queste apparizioni si recano in pellegrinaggio nei luoghi in cui si sono verificate, pregano e cercano conforto e guarigione. Queste apparizioni hanno anche ispirato la creazione di opere d’arte, come dipinti e sculture, che raffigurano la Beata Maria Vergine Addolorata.
Le apparizioni della Beata Maria Vergine Addolorata sono eventi che hanno suscitato grande interesse e devozione tra i fedeli di tutto il mondo. Queste apparizioni sono state riportate da persone comuni, che affermano di aver visto la Vergine Maria in vari luoghi e in diverse circostanze. Nonostante le opinioni divergenti, queste apparizioni hanno avuto un impatto significativo sulla vita di molte persone, che si recano in pellegrinaggio per pregare e cercare conforto e guarigione.
La devozione a Beata Maria Vergine Addolorata
La devozione a Beata Maria Vergine Addolorata è una pratica religiosa che ha radici profonde nella tradizione cattolica. Questa forma di devozione si concentra sulla sofferenza e il dolore che Maria ha sperimentato durante la vita di suo figlio, Gesù Cristo. Molti credenti trovano conforto e ispirazione nella contemplazione della passione di Maria e nel suo ruolo di madre addolorata.
Già nel Medioevo, i fedeli iniziarono a venerare Maria come la madre che ha sofferto insieme a suo figlio durante la sua crocifissione. Questa devozione si è sviluppata ulteriormente nel corso dei secoli, con l’aggiunta di preghiere specifiche e riti liturgici dedicati a Maria Addolorata.
Uno dei momenti cruenti e centrali della vita della madre di Gesù è stato il suo ruolo durante la Passione di Cristo. Ella ha assistito impotente alla flagellazione, alla coronazione di spine e alla crocifissione di suo figlio. Questi momenti di dolore intenso sono stati vissuti con una profonda compassione e un amore materno indescrivibile. La sua sofferenza è stata così grande che è stata considerata una partecipazione attiva alla redenzione dell’umanità.
Molte persone trovano conforto nel sapere che Maria ha sperimentato il dolore in modo così profondo e che può comprendere le loro sofferenze personali. Questa devozione invita i credenti a rivolgersi a Maria come una madre compassionevole e a chiedere il suo aiuto e la sua intercessione nelle loro difficoltà.
La devozione a Beata Maria Vergine Addolorata si manifesta in vari modi. Alcuni fedeli recitano preghiere specifiche, come il Rosario dei Sette Dolori, che riflette sui momenti di sofferenza di Maria. Altri partecipano a processioni o celebrazioni liturgiche dedicate a Maria Addolorata. Alcune chiese hanno anche statue o immagini di Maria Addolorata, che vengono venerate dai fedeli.
Questa forma di appartenenza e pietà popolare sono state tramutate anche in opere d’arte e musica. Molti artisti hanno rappresentato Maria Addolorata in dipinti e sculture, catturando la sua espressione di dolore e compassione. La musica sacra ha anche celebrato la figura di Maria Addolorata, con composizioni che riflettono sul suo ruolo come madre addolorata.
Nel trovare conforto e speranza nella figura di Maria come madre compassionevole, i credenti si rivolgono a Maria con fiducia per chiedere il suo aiuto nelle difficoltà della vita.
In conclusione, la devozione a Beata Maria Vergine Addolorata è una pratica religiosa che ha radici profonde nella tradizione cattolica. Questa forma di devozione si concentra sulla sofferenza e il dolore che Maria ha sperimentato durante la vita di suo figlio, Gesù Cristo. Molti credenti trovano conforto e ispirazione nella contemplazione della passione di Maria e nel suo ruolo di madre addolorata. La devozione a Maria Addolorata offre un modo per riflettere sulla sofferenza e il dolore nella propria vita e per trovare conforto nella figura di Maria come madre compassionevole.
Le preghiere e le pratiche spirituali legate a Beata Maria Vergine Addolorata
Una delle preghiere più comuni rivolte alla Beata Maria Vergine Addolorata è il Rosario dei Sette Dolori. Questo rosario si concentra sui momenti di sofferenza che Maria ha vissuto durante la vita di suo figlio Gesù. Le sette meditazioni includono la profezia di Simeone, la fuga in Egitto, la perdita di Gesù nel tempio, l’incontro di Maria con Gesù sulla via del Calvario, la crocifissione di Gesù, la deposizione di Gesù dalla croce e l’ingresso di Gesù nel sepolcro. Queste meditazioni aiutano i fedeli a riflettere sul dolore di Maria e a trovare conforto nella sua vicinanza.
Oltre al Rosario dei Sette Dolori, ci sono anche altre preghiere specifiche che possono essere recitate in onore della Beata Maria Vergine Addolorata. Una di queste è la preghiera dell’Addolorata, che invoca l’intercessione di Maria durante i momenti di dolore e sofferenza. Questa preghiera chiede a Maria di unirsi alle nostre sofferenze e di aiutarci a trovare la forza e la speranza in mezzo alle difficoltà.
Le pratiche spirituali legate alla Beata Maria Vergine Addolorata includono anche la partecipazione alla Messa e alla Comunione in onore di lei. La Messa è un momento di preghiera e di adorazione in cui i fedeli possono offrire le loro intenzioni e chiedere l’intercessione di Maria. La Comunione, invece, è un momento di unione con Cristo e con Maria, che ci aiuta a vivere una vita di fede più profonda e a trovare conforto nelle nostre sofferenze.
Oltre alle preghiere e alle pratiche spirituali, ci sono anche altre forme di devozione alla Beata Maria Vergine Addolorata. Ad esempio, molte persone indossano una medaglia o un’icona raffigurante Maria Addolorata come segno della loro devozione. Alcuni possono anche dedicare un altare o un angolo speciale della loro casa alla Beata Maria Vergine Addolorata, dove possono pregare e riflettere sulla sua vita e sul suo esempio di fede.
Maria Addolorata è un modello di fede e di perseveranza, e la sua intercessione può aiutarci a trovare la pace e la gioia anche nei momenti più tormentati.
il libro dei Salmi è un esorcismo potente, poiché onora i giorni e le notti, le estati e gli inverni dell’anima. C’è spazio per la speranza e l’angoscia, per la gioia e la delusione, per l’entusiasmo e la demoralizzazione, il trasporto e la prostrazione, l’energia e l’affaticamento, il forte desiderio di riconciliazione e l’altrettanto pungente voglia di vendetta, comunione e solitudine. La porta è aperta a tutte le età della vita, vecchiaia compresa. Vi trovano casa tutti i legami: moglie, marito, genitori, figli, amici, nipoti, vicini… e anche i nemici. Nel Salterio sta la città e la campagna, la terra fertile e la polvere, il torrente pieno d’acqua e la siccità. Reagendo alle concrete, diversissime situazioni della vita reale, l’anima chiede, esige, supplica, loda, insiste, si arrende, si ostina e si abbandona, ringrazia e si lamenta. E ciò che più meraviglia e consola è che al termine di ciascuno di questi riverberi si possa esclamare: “Parola di Dio”.
salmo 23
Lo spiega bene, con affettuosa sapienza, monsignor Vincenzo Paglia nell’introduzione al suo commento al Salterio: L’arte della preghiera. La compagnia dei salmi nei momenti difficili (Milano, Terra Santa, 2020, euro 19). Il testo, scritto durante la pandemia causata dal Covid 19, intende, tra l’altro, esprimere la convinzione che, appunto, perfino dentro la bassa marea dell’anima lo Spirito può parlare. L’efficace introduzione è seguita dal commento a ciascun salmo; conciso, vitale, esigente e consolante. Nell’esposizione spicca la capacità dell’Autore di restituire non solo il senso delle parole dei salmi, ma anche la loro voce. È più facile intendere le parole rispetto alla voce. Le parole possono essere bugiarde, difficilmente lo è la voce, poiché è la prima decantazione dell’anima. Imparare a coglierla significa sfiorare il mistero di una persona. È agevole ripetere le parole di qualcuno; arduo echeggiarne la voce. Eppure è questa la sfida lanciata dal Buon Pastore. Altrimenti le pecore, ascoltando le parole di Cristo, ma non sentendone la voce, vanno da un’altra parte. Paglia commenta i salmi facendone risuonare la voce, come un’educazione alla voce di Cristo che, «gridando», recitò il salmo: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?».
Nel titolo del libro si trova la parola magica “arte”. La necessaria originalità di un’opera d’arte è sorprendente, ma mai eccentrica, poiché è anche risultato di disciplina, termine vicino a quello di “discepolo”. Diventa artista solo chi accetta di imparare, andando a bottega. Il lettore di questo libro si troverà simpaticamente in questa condizione.
di Giovanni Cesare Pagazzi
La compagnia dei salmi nei momenti difficili
Un invito a chi crede e chi no a superare l’afasia del nostro tempo incerto, per ritrovare nei salmi le parole più intime e appassionate di un dialogo con l’Eterno.
«L’arte della preghiera non richiede l’apprendimento di regole astratte. A pregare si impara pregando». In sintonia con questa convinzione, mons. Paglia invita chi crede e chi non crede a superare l’afasia del nostro tempo incerto, per ritrovare nei salmi le parole più intime e appassionate di un dialogo con l’Eterno.
Il Salterio è un preziosissimo scrigno di sapienza per cominciare – o ricominciare – a pregare. I salmi sono parole di carne. Nei salmi c’è l’intera vita: dal seno materno alla nascita, dalla giovinezza alla vecchiaia. Nei salmi c’è il lavoro, il riposo, i sensi di colpa, le grida nella malattia e nel dolore, ma anche la gratitudine, la gioia, la meraviglia.
I salmi mostrano le profondità nascoste del cuore umano, e insegnano a pregare non solo per se stessi, ma per l’intera creazione, accogliendo Dio per riversarlo sul mondo. Certo, è un rapporto asimmetrico, che porta la creatura a salire in alto, e il Signore a chinarsi premurosamente su di lei, ma la relazione è calda, intensa: talvolta, è una discussione a suon di imprecazioni e gelosie; talaltra, è una supplica struggente; altre volte ancora, è lode universale. Mai sono monologhi, i salmi. Sono sempre un dialogo tra un Tu che risponde e un io che chiede.
insegnami la disciplina dandomi la pazienza e insegnami la scienza illuminandomi la mente.”
C'È UN TEMPO PER OGNI COSA - Qoelet 3,1-15
Una riflessione a mo’ di galleria fotografica per trarre sempre nuove riflessioni
Il mio secondo figlio si chiama Agustín, e non perché mio padre o mio nonno si chiamino così, e nemmeno perché chiamare i bambini in questo modo è di moda. Si chiama Agustín in onore di Sant’Agostino di Ippona. Ho voluto dargli questo nome, sul quale mio marito fortunatamente ha concordato, per non dimenticare mai quello che la vita di questo santo ha dato alla mia e a quella di tanti altri. Le Confessioni sono il libro attraverso il quale ho conosciuto Sant’Agostino, ed è quello che raccomando maggiormente quando parliamo di conversione e di lotta.
Oltre ad essere un bel dialogo tra Sant’Agostino e Dio, questa autobiografia dimostra che anche i santi sono stati peccatori come te e me. Tra le sue righe molti di noi hanno trovato riflesse la propria storia e le proprie cadute. È servita e serve da ispirazione e da incoraggiamento per la conversione di tanti.
Le confessioni, scritte dal 397 fino al 400 (anche se a riguardo ci sono state numerose dispute), sono un’opera divisa in 13 libri, nella quale Agostino ha voluto porre davanti a Dio e a noi tutti il ricordo della sua anima e, con una profonda umiltà, manifestare il suo vecchio e nuovo “io”.
Agostino inizia quello che sarà il suo libro più importante con un’invocazione a Dio. In seguito racconta i primi peccati infantili (che non ricorda ma che gli vengono raccontati o vede in altri bambini) quando cercava le mammelle per nutrirsi, si beava delle gioie o piangeva per le noie della sua carne.
Un bimbo comune che sorrideva, s’innervosiva e al quale non bastava mai niente. Lentamente imparò a parlare osservando i movimenti degli adulti, cominciò a comunicare con i segni adatti e da bimbo divenne, come si definì lui stesso, un fanciullo chiacchierone.
Ecco una riflessione a mo di galleria fotografica sulle Confessioni. Queste parole continuino ad ispirarci oggi come ieri nella ricerca della verità, ovvero nella ricerca di Dio.
1. I tempi di conversione sono i tempi di Dio
Quanti di noi, pur essendo nati in una famiglia cattolica, hanno conosciuto davvero Dio in età adulta? Non è mai tardi per tornare a Lui, Dio è sempre con noi. Siamo noi che non eravamo con Lui.
“Tardi ti ho amato,bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato. Tu eri dentro di me, e io fuori. E là ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature che non esisterebbero se non esistessero in te. Mi hai chiamato, e il tuo grido ha squarciato la mia sordità. Hai mandato un baleno, e il tuo splendore ha dissipato la mia cecità. Hai effuso il tuo profumo; l’ho aspirato e ora anelo a te. Ti ho gustato, e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato, e ora ardo dal desiderio della tua pace”.
2. Dio chiama sempre, cerca sempre e si incarica personalmente di ciascuno di noi
Quante volte non capiamo cosa ci accade nella vita? Quante cadute, quanti dolori… Anche se sembra che siamo soli in mezzo all’incertezza, Dio è sempre lì; parla, consola e cura con attenzione, anche nel dolore.
“Sotto il lavorio della tua mano delicatissima e pazientissima, Signore, ora il mio cuore lentamente prendeva forma”.
3. Chiedere a Dio significa anche essere disposti ad ascoltare e a ricevere ciò che Egli ci dà. Dio non sbaglia mai
Quante volte abbiamo levato gli occhi al cielo chiedendo qualcosa a Dio? Gli abbiamo affidato i nostri desideri, i nostri sogni. Gli abbiamo chiesto di alleggerire il nostro peso. A volte sembra che non ci ascolti, ma lo fa sempre e dà ciò che sa che è meglio per ciascuno.
“Tu, la Verità, siedi alto sopra tutti coloro che ti consultano e rispondi contemporaneamente a tutti coloro che ti consultano anche su cose diverse. Le tue risposte sono chiare, ma non tutti le odono chiaramente. Ognuno ti consulta su ciò che vuole, ma non sempre ode la risposta che vuole. Servo tuo più fedele è quello che non mira a udire da te ciò che vuole, ma a volere piuttosto ciò che da te ode”.
4. Dio conosce il più profondo del nostro essere, è Lui che lo ha modellato con le proprie mani
Costa credere che siamo davvero figli di Dio, tutti e ciascuno di noi. Anche quelli che non credono in Lui. Dio conosce ogni angolo del nostro essere, ogni pensiero, ogni sogno, ogni anelito, ogni caduta, ogni lotta, perché sono state le Sue mani a modellare la nostra esistenza.
“O bontà onnipotente, che ti prendi cura di ciascuno di noi come se avessi solo lui da curare, e di tutti come di ciascuno”
5. Dio ci forma attraverso altri. La responsabilità dell’amore incondizionato
Noi mamme sappiamo quanto costa allevare un figlio. Serve fiducia in Dio per formarli nella libertà e nella verità. Santa Monica, madre di Sant’Agostino, ci insegna che tutti i dolori e le paure nell’allevare i nostri figli, quando sono offerti a Dio, danno frutto. Tutti siamo chiamati ad essere santi, e tutte le madri sono chiamate ad allevare figli santi per Dio.
“Piangeva innanzi a te mia madre, tua fedele, versando più lacrime di quante ne versino mai le madri alla morte fisica dei figli. Grazie alla fede e allo spirito ricevuto da te essa vedeva la mia morte; e tu l’esaudisti, Signore”. “Le lacrime di una tale donna, che con esse ti chiedeva non oro né argento, né beni labili o volubili, ma la salvezza dell’anima di suo figlio avresti potuto sdegnarle tu, che così l’avevi fatta con la tua grazia, rifiutandole il tuo soccorso? Certamente no, Signore”.
6. Dio è la nostra unica consolazione di fronte alla morte
Perdere qualcuno che amiamo profondamente è così doloroso che si desidera anche la propria morte. Senza Dio siamo perduti, soli, ma Egli comprende questo dolore e ci promette un incontro futuro e senza separazioni nella vita eterna. Questa promessa è quella che ci deve riempire di speranza e far ripristinare la gioia perduta per l’assenza fisica di coloro che se ne sono andati.
“L’unico a non perdere mai un essere caro è colui che ha tutti cari in chi non è mai perduto. E chi è costui, se non il Dio nostro, il Dio che creò il cielo e la terra e li colma, perché colmandoli li ha fatti?”
7. La misericordia di Dio è infinita. Non stanchiamoci mai di chiedere perdono
Ci sono giorni in cui vorremmo darci per vinti. È una lotta che sembriamo perdere, stanchi di cadere e di chiedere perdono sempre per le stesse cose. Dio non si stanca di perdonarci, siamo noi che pensiamo di non essere più degni di perdono. La sua misericordia è infinita.
“Lode a te, gloria a te, fonte di misericordie. Io mi facevo più miserabile, e tu più vicino. Ormai, ormai era accostata la tua mano, che mi avrebbe tolto e levato dal fango, e io lo ignoravo”.
8. La generosità nella comunità cristiana è un vero cammino di conversione
Soprattutto in quest’epoca, quanto è importante volgere il nostro sguardo ai nostri fratelli bisognosi della nostra generosità e del nostro amore! C’è tanta gente che muore di fame mentre alcuni sono pieni di ricchezze!
“Tutti i beni che mai possedessimo, sarebbero stati messi in comune, costituendosi, di tutti, un patrimonio solo. In tale maniera, per la nostra schietta amicizia non ci sarebbero stati beni dell’uno o dell’altro, ma un’unica sostanza, formata da tutti; questa sostanza collettiva sarebbe stata di ognuno, e tutte le sostanze sarebbero state di tutti”.
9. Trovano Dio solo gli umili, i più piccoli
In un mondo in cui si ripone il valore nell’immagine e in ciò che si ha, Sant’Agostino ci ricorda che è agli umili che Dio guarda volentieri.
“Volgi lo sguardo sugli umili, mentre gli eccelsi li vuoi conoscere da lontano e solo ai cuori contriti ti avvicini; non ti riveli ai superbi neppure se con la loro curiosa destrezza sappiano calcolare le stelle e l’arena, misurare gli spazi siderei ed esplorare le piste degli astri”.
10. La morte non è la fine. La vera vita è accanto a Dio
Desideroso di essere immortale, l’uomo lotta per evitare la morte, per prolungare la giovinezza, e disprezza tutto ciò che gli ricorda che è passeggero, che il corpo si deteriora e che avrà una fine. Sant’Agostino ci ricorda che la nostra vera dimora è il cielo.
“La nostra casa non precipita durante la nostra assenza: è la tua eternità”.
11. Il riposo e il senso della nostra esistenza si vedranno saziati solo da Dio
Il desiderio di infinito che ha l’essere umano non è altro che un’espressione della nostalgia di Dio, della chiamata ad essere eterni. Riusciremo a saziare questo anelito, questa fame, solo nutrendoci di Dio.
“Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”.
La Madre di Dio affascina da sempre e anche il teatro si è ispirato alla sua figura. Nel XV secolo fiorirono dei filoni di rappresentazioni sacre, noti con il nome di “Miracoli” e “Misteri”, aventi appunto a tema i miracoli della Vergine o fatti centrali nella storia della salvezza come la Passione. Questo interesse è vivo anche ai giorni nostri, come mostra il dramma “Processo a Gesù” di Fabbri
Maria affascina, non c’è che dire. Maria parla. Maria agisce. Maria dovunque si trovi crea attorno a sé una forza, una carica di parole e gesti che rapiscono noi “spettatori”, così come ha rapito – nel corso dei secoli – l’immaginazione di tanti poeti, cineasti, scrittori, drammaturghi che hanno scritto su di lei pagine e pagine di letteratura. Maria vista, scritta, riletta dal Teatro. Cerchiamo di percorrere un viaggio attraverso le pagine più belle della scena drammaturgica che hanno visto la Madre di Dio come protagonista.
Il XV secolo vede fiorire nel panorama scenico i “drammi liturgici” o “drammi religiosi”, derivati proprio dalla liturgia dell’epoca, e non poteva certo mancare Maria. Il suo nome è stato legato a una speciale tipologia di rappresentazione, chiamata “Miracoli”. L’oggetto di questa scrittura teatrale furono proprio i miracoli che la Beata Vergine aveva compiuto in quell’epoca. Ci sono pervenuti 42 esempi di questi componimenti drammatici, in cui la Madonna salva o consola – attraverso interventi soprannaturali – gli innocenti e i provati dal dolore o da ogni sorta di sofferenza. Storie di peccatori che trovano in Maria la via di redenzione o, ancora, di quando la misericordia della Vergine risparmia dalla pena capitale – ad esempio, nel dramma “Frau Jetten” del 1480 – una donna ambiziosa che voleva ricoprire alte cariche ecclesiastiche e che, una volta scoperta per i suoi intrighi, era stata condannata a morte.
Ma non solo “Miracoli”. Il XV secolo – periodo fiorente per il teatro a carattere sacro – è stato anche il secolo dei “Misteri”, altro filone di rappresentazioni sacre. I dialoghi erano scritti per un pubblico molto vasto e raccontavano storie e leggende che avevano nutrito la credenza popolare. Le rappresentazioni prevedevano soggetti dove il reale e il sovrannaturale si mischiavano, temi tratti soprattutto dalla Bibbia. Il più noto? La Passione di Cristo. Una testimonianza importante la troviamo nella cosiddetta Passione di Valenciennes, in cui Maria occupa un ruolo importante: in questa rappresentazione, infatti, coesistono la casa della Madonna per l’Annunciazione, il Tempio della Presentazione, il Palazzo di Erode, il Paradiso e l’Inferno. Un testo, potremmo dire, diverso dagli altri: “al posto” della canonica Passione dei Vangeli, ci troviamo di fronte a una sequela originale di episodi. Certamente da evidenziare quello “spazio scenico” della Casa di Nazareth, dichiaratamente simbolica! In Spagna abbiamo i Misteri d’Elx: una rappresentazione teatrale lirico-religiosa, divisa in due atti, riguardante l’assunzione e incoronazione della Vergine Maria.
Un capitolo a parte merita la Donna de Paradiso di Jacopone da Todi, religioso e poeta italiano del Medioevo. Il genere letterario è la lauda – lode, canzone sacra in lingua volgare – che in Jacopone diventa qualcosa di più. Diviene un vero e proprio dialogo teatrale. La situazione “scenica” di Donna de Paradiso è quella del Golgota. Ecco i personaggi: Cristo in croce; Maria ai Suoi piedi; il popolo e il nunzio fedele (san Giovanni apostolo). Guardiamo Maria. Eccola in tutta la sua umanità. Non è lontana, ma è vicina ad ogni madre che disperatamente assiste alla morte del figlio, sapendo della sua innocenza. Quanta drammaticità racchiude la ripetizione di quel “Figlio”. Siamo al punto estremo dell’esistenza terrena dei due protagonisti, Maria e Gesù: “Figlio, l’alma t’è ‘scita,/ figlio de la smarrita,/ figlio de la sparita,/ figlio attossecato!/ Figlio bianco e vermiglio,/ figlio senza simiglio,/ figlio, a chi m’apiglio?”.
Riecheggiano in questi versi le lagrime dello Stabat Mater dolorosa che si ascolta nella Liturgia quaresimale. È tutta la vicenda umana a prendere il personaggio di Maria. Qualsiasi donna può ritrovarsi nel suo dolore. Questa, la grande novità di Jacopone.
Facciamo un salto di qualche secolo. Entra in scena una ragazza, Violaine, una giovane di fede profonda e gioiosa. Abbraccia, con impeto, Pierre de Craon, costruttore di cattedrali. A coglierla di sorpresa è la sorella, Mara. Pierre è lebbroso e il suo bacio contamina la giovane che è costretta a cedere il fidanzato Giacomo a Mara e ad allontanarsi da casa. Mara e Giacomo hanno una figlia che muore e nel momento del dolore Mara torna da Violaine, ormai cieca e ridotta allo stremo. Sa che può domandare tutto a Dio. Il piccolo cadavere nelle braccia di Violaine rivive e Mara, gelosa, spinge sotto un carro la sorella che muore. Storia interessante, ben scritta. Non c’è che dire! Ma Maria? Dov’è Maria in tutto questo? Questa vicenda, a una prima lettura, potrebbe sembrare poco inerente alla Madre di Gesù, è vero. Invece – e non è un caso che questo testo del poeta Paul Claudel, abbia per titolo L’annuncio a Maria (1912) – condensa, per metafora, la missione della Madonna. Ogni essere umano vive nel mondo per volontà di Dio, che ha affidato ad ognuno un compito specifico che concorre all’armonia del Creato.
Negli anni Cinquanta compare nel panorama teatrale italiano un testo particolare, divenuto ora un “classico”: è Processo a Gesù (1955) di Diego Fabbri, scrittore assai prolifico nelle tematiche religiose. Prendendo spunto da un incontro tenutosi a Gerusalemme (1933) tra alcuni giuristi anglosassoni, riunitisi per un “neoprocesso” a Cristo, Fabbri volle soffermarsi drammaturgicamente sulle “carte processuali” dell’Imputato, con tanto di testimoni. Fra quest’ultimi non poteva mancare Maria di Nazareth che viene chiamata a testimoniare, ovviamente, a favore del Figlio. Lo scrittore emiliano, illustrando il personaggio, evidenzia la sua doppia natura: umana e divina. Questa viene analizzata – con sottigliezza psicologica – in un nodo fondamentale della vita di Maria in relazione a Gesù, un nodo che rientra in quel Mistero su cui i testi evangelici ci lasciano poche, pochissime parole: “E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2, 52).
Fabbri, in un breve monologo dell’attrice che impersona Maria, dice tutto: “Perché, vedete, quel che forse si stenta a capire, a credere è che nonostante quei segni meravigliosi (…), lui, per me, continuava ad essere un figlio vero, reale, proprio come può essere l’unico figlio di una madre qualunque. Io ve lo voglio proprio confidare: nonostante quei segni eccezionali, ci fu un momento in cui pensai che Gesù fosse un figlio come tutti. Ero in questo stato di materna soddisfazione, quando Gesù, un giorno, interrompendo un lavoro, mi dice: «Mamma, tessi una tunica nuova per me. Presto dovrò partire, e mi piace fare il viaggio con una nuova tunica rossa». Il tremore che mi diedero quelle poche, semplici parole fu più forte di quello che provai – fanciulla – alle parole e alla vista dell’Angelo Annunciatore. Non ebbi fiato per rispondere. Perché avevo capito. Capito tutto. Partiva. E quel giorno, quando si chiuse alle spalle la porta di casa, e sparì sotto, nel sentiero che scendeva, io piansi”.
È l’inizio della missione di Gesù Cristo nel mondo. E non parliamo, in questo caso, di finzione teatrale, bensì di realtà storica.
Al quarto paragrafo del decreto del Concilio Vaticano II sull’Apostolato dei Laici c’è scritto testualmente: «Maria viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudini familiari e di lavoro».
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Santa Maria, donna elegante
Donaci un ritaglio del tuo velo di sposa
Santa Maria, donna elegante, dal momento che vestivi così bene, regalaci, ti preghiamo, un po’ dei tuoi abiti! Aprici il guardaroba. Abituaci ai tuoi gusti! Lo sai bene, ci riferiamo a quei capi di abbigliamento interiore che adornarono la tua esistenza terrena: la gratitudine, la semplicità, la misura delle parole, la trasparenza, la tenerezza, lo stupore. Ti assicuriamo: sono abiti che non sono ancora passati di moda. Anche se sono troppo grandi per le nostre misure, faremo di tutto per adattarli alla nostra taglia. Svelaci, ti preghiamo, il segreto della tua linea! Innamoraci del tuo esprit de finesse. Preservaci da quelle cadute di stile che mettono così spesso a nudo la nostra volgarità. Donaci un ritaglio del tuo velo di sposa. E facci scoprire nello splendore della natura e dell’ arte i segni dell’ eleganza di Dio. Santa Maria, donna elegante, liberaci da quello spirito rozzo che ci portiamo dentro, nonostante i vestiti raffinati che ci portiamo addosso, e che esplode tante volte in termini di violenza verbale nei confronti del prossimo. Come siamo lontani dalla tua eleganza spirituale! Indossiamo abiti con la firma di Trussardi, ma i gesti del rapporto umano rimangono sgraziati. Ci spalmiamo la pelle con i profumi di Versace, ma il volto trasuda ambiguità. Ci mettiamo in bocca i più ricercati dentifrici, ma il linguaggio che ne esce è da trivio. Il vocabolario si è fatto greve. L’insulto è divenuto costume. Le buone creanze sono in ribasso. Anzi, se in certi spettacoli televisivi mancano gli ingredienti del turpiloquio, sembra che cali perfino l’indice di ascolto. Donaci, perciò, un soprassalto di grazia che compensi le nostre intemperanze. E facci capire che, finché non vedremo in colui che ci sta accanto un volto da scoprire, da contemplare e da accarezzare, le più sofisticate raffinatezze rimarranno sempre formali, e i più costosi abbigliamenti non riusciranno a mascherare la nostra anima di straccioni. Santa Maria, donna elegante, tu che hai colto con tanta attenzione il passaggio di Dio nella tua vita, fa’ che anche noi possiamo captare la sua brezza. Anche lui è molto elegante, e difficilmente irrompe nella nostra storia con la potenza del fuoco o dell’uragano o del terremoto; ma, come sul monte Oreb, si fa sentire nello stormire leggerissimo delle fronde. Occorrono antenne delicate per registrare la sua presenza. C’è bisogno di un orecchio sensibile per percepire il frusciare dei suoi passi quando, al meriggio, come faceva con Adamo, scende ancora nel nostro giardino. Aiutaci a intuire tutta la delicatezza di Dio in quella espressione biblica con la quale egli, il Signore, esprime quasi il pudore di disturbarci (forse a Giovanni, mentre scriveva l’Apocalisse, quelle parole gliele hai dettate tu): «Ecco, io sto alla porta e busso. Se uno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui, ed egli con me». Rendici pronti a rispondere, con la tua stessa finezza di stile, al suo discreto bussare. Così che possiamo aprirgli subito la porta, e fargli festa, e condurlo a tavola con noi. Anzi, visto che lui si ferma, perché non rimani a cena anche tu?
Santa Maria, Vergine della notte, noi t’imploriamo di starci vicino quando incombe il dolore, e irrompe la prova, e sibila il vento della disperazione, e sovrastano sulla nostra esistenza il cielo nero degli affanni o il freddo delle delusioni, o l’ala severa della morte. Liberaci dai brividi delle tenebre. Nell’ora del nostro Calvario, tu, che hai sperimentato l’eclisse del sole, stendi il tuo manto su di noi, sicché, fasciati dal tuo respiro, ci sia più sopportabile la lunga attesa della libertà. Alleggerisci con carezze di madre la sofferenza dei malati. Riempi di presenze amiche e discrete il tempo amaro di chi è solo. Spegni i focolai di nostalgia nel cuore dei naviganti, e offri loro la spalla perché vi poggino il capo. Preserva da ogni male i nostri cari che faticano in terre lontane e conforta, col baleno struggente degli occhi, chi ha perso la fiducia nella vita. Ripeti ancora oggi la canzone del Magnifìcat, e annuncia straripamenti di giustizia a tutti gli oppressi della terra. Non ci lasciare soli nella notte a salmodiare le nostre paure. Anzi, se nei momenti dell’oscurità ti metterai vicino a noi e ci sussurrerai che anche tu, Vergine dell’avvento, stai aspettando la luce, le sorgenti del pianto si disseccheranno sul nostro volto. E sveglieremo insieme l’aurora. Così sia.
Tratto dal Libro di (don Tonino Bello)
Idea Progettazione a cura di Marilena Marino Vocedivina.it
Maggio è tradizionalmente il mese dedicato alla Madonna. Dal Medio Evo a oggi, dalle statue incoronate di fiori al magistero dei Papi, l’origine e le forme di una devozione popolare molto sentita
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Il mese di maggio è il periodo dell’anno che più di ogni altro abbiniamo alla Madonna. Un tempo in cui si moltiplicano i Rosari, sono frequenti (visto che adesso finalmente si può di nuovo partecipare) i pellegrinaggi ai santuari, si sente più forte il bisogno di preghiere speciali alla Vergine. Una necessità avvertita con particolare urgenza nel tempo, drammatico, che stiamo vivendo. L’ha sottolineato più volte il Papa che già nella “Lettera” inviata a tutti i fedeli il 25 aprile di due anni fa evidenziava l’importanza di rivolgersi a Maria nei momenti di difficoltà. Un invito caldo e affettuoso a riscoprire la bellezza di pregare il Rosario a casa. Lo si può fare insieme o personalmente, diceva, ma senza mai perdere di vista l’unico ingrediente davvero indispensabile: la semplicità. Contemplare il volto di Cristo con il cuore di Maria, aggiungeva papa Francesco, “ci renderà ancora più uniti come famiglia spirituale e ci aiuterà a superare questa prova”.
Il re saggio e la nascita del Rosario
In particolare la storia ci porta al Medio Evo, ai filosofi di Chartres nel 1100 e ancora di più al XIII secolo, quando Alfonso X detto il saggio, re di Castiglia e Leon, in “Las Cantigas de Santa Maria” celebrava Maria come: «Rosa delle rose, fiore dei fiori, donna fra le donne, unica signora, luce dei santi e dei cieli via (…)». Di lì a poco il beato domenicano Enrico Suso di Costanza mistico tedesco vissuto tra il 1295 e il 1366 nel Libretto dell’eterna sapienza si rivolgeva così alla Madonna: «Sii benedetta tu aurora nascente, sopra tutte le creature, e benedetto sia il prato fiorito di rose rosse del tuo bei viso, ornato con il fiore rosso rubino dell’Eterna Sapienza!». Ma il Medio Evo vede anche la nascita del Rosario, il cui richiamo ai fiori è evidente sin dal nome. Siccome alla amata si offrono ghirlande di rose, alla Madonna si regalano ghirlande di Ave Maria. Le prime pratiche devozionali, legate in qualche modo al mese di maggio risalgono però al XVI secolo. In particolare a Roma san Filippo Neri, insegnava ai suoi giovani a circondare di fiori l’immagine della Madre, a cantare le sue lodi, a offrire atti di mortificazione in suo onore. Un altro balzo in avanti e siamo nel 1677, quando il noviziato di Fiesole, fondò una sorta di confraternita denominata “Comunella”. Riferisce la cronaca dell’archivio di San Domenico che «essendo giunte le feste di maggio e sentendo noi il giorno avanti molti secolari che incominiciava a cantar meggio e fare festa alle creature da loro amate, stabilimmo di volerlo cantare anche noi alla Santissima Vergine Maria….». Si cominciò con il Calendimaggio, cioè il primo giorno del mese, cui a breve si aggiunsero le domeniche e infine tutti gli altri giorni. Erano per lo più riti popolari semplici, nutriti di preghiera in cui si cantavano le litanie, e s’incoronavano di fiori le statue mariane. Parallelamente si moltiplicavano le pubblicazioni. Alla natura, regina pagana della primavera, iniziava a contrapporsi, per così dire, la regina del cielo. E come per un contagio virtuoso quella devozione cresceva in ogni angolo della penisola, da Mantova a Napoli.
O Maria, Tu risplendi sempre nel nostro cammino come segno di salvezza e di speranza. Noi ci affidiamo a Te, Salute dei malati, che presso la croce sei stata associata al dolore di Gesù, mantenendo ferma la tua fede. Tu, Salvezza del popolo romano, sai di che cosa abbiamo bisogno e siamo certi che provvederai perché, come a Cana di Galilea, possa tornare la gioia e la festa dopo questo momento di prova. Aiutaci, Madre del Divino Amore, a conformarci al volere del Padre e a fare ciò che ci dirà Gesù, che ha preso su di sé le nostre sofferenze e si è caricato dei nostri dolori per condurci, attraverso la croce, alla gioia della risurrezione. Amen. Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.
L’indicazione del gesuita Dionisi
L’indicazione di maggio come mese di Maria lo dobbiamo però a un padre gesuita: Annibale Dionisi. Un religioso di estrazione nobile, nato a Verona nel 1679 e morto nel 1754 dopo una vita, a detta dei confratelli, contrassegnata dalla pazienza, dalla povertà, dalla dolcezza. Nel 1725 Dionisi pubblica a Parma con lo pseudonimo di Mariano Partenio “Il mese di Maria o sia il mese di maggio consacrato a Maria con l’esercizio di vari fiori di virtù proposti a’ veri devoti di lei”. Tra le novità del testo l’invito a vivere, a praticare la devozione mariana nei luoghi quotidiani, nell’ordinario, non necessariamente in chiesa «per santificare quel luogo e regolare le nostre azioni come fatte sotto gli occhi purissimi della Santissima Vergine». In ogni caso lo schema da seguire, possiamo definirlo così, è semplice: preghiera (preferibilmente il Rosario) davanti all’immagine della Vergine, considerazione vale a dire meditazione sui misteri eterni, fioretto o ossequio, giaculatoria. Negli stessi anni, per lo sviluppo della devozione mariana sono importanti anche le testimonianze dell’altro gesuita padre Alfonso Muzzarelli che nel 178 pubblica”Il mese di Maria o sia di Maggio” e di don Giuseppe Peligni.
Da Grignion de Montfort all’enciclica di Paolo VI
Il resto è storia recente. La devozione mariana passa per la proclamazione del Dogma dell’Immacolata concezione (1854) cresce grazie all’amore smisurato per la Vergine di santi come don Bosco, si alimenta del sapiente magistero dei Papi. Nell’enciclica Mense Maio datata 29 aprile 1965, Paolo VI indica maggio come «il mese in cui, nei templi e fra le pareti domestiche, più fervido e più affettuoso dal cuore dei cristiani sale a Maria l’omaggio della loro preghiera e della loro venerazione. Ed è anche il mese nel quale più larghi e abbondanti dal suo trono affluiscono a noi i doni della divina misericordia». Nessun fraintendimento però sul ruolo giocato dalla Vergine nell’economia della salvezza, «giacché Maria – scrive ancora papa Montini – è pur sempre strada che conduce a Cristo. Ogni incontro con lei non può non risolversi in un incontro con Cristo stesso». Un ruolo, una presenza, sottolineato da tutti i santi, specie da quelli maggiormente devoti alla Madonna, senza che questo diminusca l’amore per la Madre, la sua venerazione. Nel “Trattato della vera devozione a Maria” san Luigi Maria Grignion de Montfort scrive: «Dio Padre riunì tutte le acque e le chiamò mària (mare); riunì tutte le grazie e le chiamò Maria»
«Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio». Nella presente situazione drammatica, carica di sofferenze e di angosce che attanagliano il mondo intero, ricorriamo a Te, Madre di Dio e Madre nostra, e cerchiamo rifugio sotto la tua protezione. O Vergine Maria, volgi a noi i tuoi occhi misericordiosi in questa pandemia del coronavirus, e conforta quanti sono smarriti e piangenti per i loro cari morti, sepolti a volte in un modo che ferisce l’anima. Sostieni quanti sono angosciati per le persone ammalate alle quali, per impedire il contagio, non possono stare vicini. Infondi fiducia in chi è in ansia per il futuro incerto e per le conseguenze sull’economia e sul lavoro. Madre di Dio e Madre nostra, implora per noi da Dio, Padre di misericordia, che questa dura prova finisca e che ritorni un orizzonte di speranza e di pace. Come a Cana, intervieni presso il tuo Figlio Divino, chiedendogli di confortare le famiglie dei malati e delle vittime e di aprire il loro cuore alla fiducia. Proteggi i medici, gli infermieri, il personale sanitario, i volontari che in questo periodo di emergenza sono in prima linea e mettono la loro vita a rischio per salvare altre vite. Accompagna la loro eroica fatica e dona loro forza, bontà e salute. Sii accanto a coloro che notte e giorno assistono i malati e ai sacerdoti che, con sollecitudine pastorale e impegno evangelico, cercano di aiutare e sostenere tutti. Vergine Santa, illumina le menti degli uomini e delle donne di scienza, perché trovino giuste soluzioni per vincere questo virus. Assisti i Responsabili delle Nazioni, perché operino con saggezza, sollecitudine e generosità, soccorrendo quanti mancano del necessario per vivere, programmando soluzioni sociali ed economiche con lungimiranza e con spirito di solidarietà. Maria Santissima, tocca le coscienze perché le ingenti somme usate per accrescere e perfezionare gli armamenti siano invece destinate a promuovere adeguati studi per prevenire simili catastrofi in futuro. Madre amatissima, fa’ crescere nel mondo il senso di appartenenza ad un’unica grande famiglia, nella consapevolezza del legame che tutti unisce, perché con spirito fraterno e solidale veniamo in aiuto alle tante povertà e situazioni di miseria. Incoraggia la fermezza nella fede, la perseveranza nel servire, la costanza nel pregare. O Maria, Consolatrice degli afflitti, abbraccia tutti i tuoi figli tribolati e ottieni che Dio intervenga con la sua mano onnipotente a liberarci da questa terribile epidemia, cosicché la vita possa riprendere in serenità il suo corso normale. Ci affidiamo a Te, che risplendi sul nostro cammino come segno di salvezza e di speranza, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria. Amen.
Giovanni Paolo II il Papa di Maria
Maria è, naturalmente, molto presente nel magistero dei Papi. Basti pensare a san Giovanni Paolo II il cui motto: “Totus tuus” richiamava esplicitamente il legame con la Vergine. Wojtyla è stato beatificato il 1° maggio 2011. Nell’omelia, quel giorno Benedetto XVI disse: «Tutti siamo lieti che la beatificazione di Giovanni Paolo II avvenga nel primo giorno del mese mariano, sotto lo sguardo materno di Colei che, con la sua fede, sostenne la fede degli Apostoli, e continuamente sostiene la fede dei loro successori, specialmente di quelli che sono chiamati a sedere sulla cattedra di Pietro. Maria non compare nei racconti della risurrezione di Cristo, ma la sua presenza è come nascosta ovunque: lei è la Madre, a cui Gesù ha affidato ciascuno dei discepoli e l’intera comunità. In particolare, notiamo che la presenza effettiva e materna di Maria viene registrata da san Giovanni e da san Luca nei contesti che precedono quelli del Vangelo odierno e della prima Lettura: nel racconto della morte di Gesù, dove Maria compare ai piedi della croce (cfr Gv 19,25); e all’inizio degli Atti degli apostoli, che la presentano in mezzo ai discepoli riuniti in preghiera nel cenacolo (cfr At 1,14)».