"Gridatelo dai tetti...."

Pillole dal Libro: LA BOCCA DI DIO  di  Marilena Marino

 

  A questo proposito l'introduzione al messale è molto chiara: 
“Cristo è realmente presente tanto nella sua Parola, quanto sotto le specie eucaristiche; inoltre è realmente presente nell'Assemblea dei fedeli e nella persona del sacerdote che presiede la celebrazione” (cf SC, 7; PNMR 7).

Stiamo attenti che le nostre messe domenicali, invece di esprimere la gioia di incontrare il Cristo risorto, mostrino dei cristiani che stanno noiosamente “assolvendo un precetto” che ha il sapore più dì un “lasciapassare” che di dono per una vera esperienza di vita. 

Spesse volte tutto viene eseguito secondo i riti. E una cosa sola manca: la gioia della fede, la meraviglia davanti alla bellezza di Dio. Questa è una sensazione che affiora anche da quei lettori improvvisati o trovati all'ultimo secondo.
La riforma liturgica ha istituito, per la Messa festiva, tre letture perché i diversi passi della Scrittura s'illuminino a vicenda e perché è impossibile capire il Nuovo Testamento senza conoscere l'Antico.

È molto importante che vi siano lettori diversi per ogni lettura: la varietà dei lettori, e i movimenti nel presbiterio, l'alternarsi di una voce maschile e di una femminile sono elementi che servono a rompere la monotonia e contribuiscono a suscitare l'attenzione nell'Assemblea.

Chi sono i lettori? I documenti del dopo Concilio in tema di liturgia chiariscono sulla necessità che i lettori siano “veramente idonei e preparati con impegno” (cf PNMR 66) attraverso un cammino di formazione “biblica, liturgica e tecnica” (cf OLM 55).
Lo scopo di tale formazione è quello di far capire anzitutto che l'azione liturgica del leggere la parola di Dio ha un'importanza fondamentale nella celebrazione, poiché da come vengono lette le letture dipende se la parola di Dio giunge al cuore dei fedeli. 
È del tutto inutile aver ridato alla parola di Dio un posto importante nella liturgia se poi non c'impegniamo ad ottenere una buona lettura.
Il lettore deve, deve prendere coscienza che questo impegno non può adempiersi con una semplice azione di fronte all'ambone, ma deve coinvolgere l'intera vita. Il lettore non può preoccuparsi della parola di Dio solo qualche secondo prima di leggerla, ma deve fare della parola di Dio il nutrimento della propria vita. 
Il lettore è il megafono di Dio, il suo inviato affinché la sua Parola, dalla Scrittura, ridiventi Parola nel momento presente di “oggi”; è un servitore, e colui che fa sì che Dio parli al suo popolo, riunito per ascoltarlo.


Per finire alcuni suggerimenti pratici operativi:

Come preparare la lettura:

Il lettore deve sempre preparare la lettura con cura e perfezionare ogni aspetto.
Leggere bene un testo significa tradurre per gli altri i sentimenti e il pensiero dell'autore e, quindi, suscitare una reazione in coloro che ascoltano. 
Per questo: Leggere attentamente il testo in modo da percepire il significato profondo e, quindi, il messaggio da trasmettere.
Cercare di cogliere la struttura, l'articolazione delle diverse parti del testo. Nel lezionario vari accorgimenti tipografici mettono in risalto la diversita' delle parti…
Individuare i passaggi-chiave e le parole-chiave del testo: bisognerà metterli in risalto nella proclamazione.
Determinare, infine, il genere del testo per scegliere la voce, la proiezione, il ritmo adatti: è un genere lirico, meditativo, narrativo, dottrinale...?
Per questo, leggere ad alta voce il testo una o più volte per “metterselo in bocca”. 
L'uso di un registratore può essere utile per ascoltarsi.
Come proclamare la lettura:
Curare una buona illuminazione per non costringere il lettore a fare sforzi visivi e soprattutto una collocazione stabile dell'ambone che sia un punto di facile convergenza, con una sua propria “personalità”, ecc.
Le letture devono essere lette dall'ambone messo bene in evidenza e dal lezionario, non da fogli volanti, libri vari, ecc.
È preferibile che il libro sia già all'ambone, e aperto.
Non è bene che i lettori stiano tutti ammassati all'ambone, uno accanto all'altro, né che ogni lettore si avvii all'ambone dopo una passeggiata attraverso mezza chiesa. 
È consigliabile che i lettori trovino posto vicino all'altare già all'inizio della Messa e abbiano dei sedili a loro riservati e che li occupino fin dall'inizio della Messa. In alcune Solennità i tre lettori potrebbero presentarsi al presbitero con il libro portato da chi poi legge la prima lettura. In ogni caso ci si avvicina all'altare solo dopo la fine dell'azione liturgica precedente. 
Il servizio va svolto in un clima di devoto rispetto, contrassegnato dal contegno semplice e grave, dalla dignità e disinvoltura nell'atteggiamento, nello sguardo e nel comportamento.
Attenzione, disinvoltura non significa leggerezza, faciloneria, “svolazzamenti” fuori posto.
Il volto stesso della persona deve riflettere l'interiorità e far emergere che il lettore si immedesima in quello che sta leggendo o pregando o cantando. 
Stiamo proclamando una parola di “salvezza”, il volto non potrà che avere l'espressione gioiosa degli uomini liberati e salvati concretamente oggi, senza angosce né tristezze.
Non si sale di fretta sull'ambone, ma si attende che chi ci ha preceduto sia sceso. Sia l'avvicinamento sia l'allontanamento dall'ambone devono essere fatti con calma, lentamente e senza intralciare gli altri e si controlla che il libro sia posizionato con la giusta lettura del tempo liturgico. 
Prima di iniziare a leggere è bene attendere sempre che l'Assemblea sia seduta, che sia attenta, in disposizione di ascolto e in completo silenzio. Questo però senza aspettare troppo. Il solo alzarsi e andare all'ambone può essere significativo: può creare il clima dell'ascolto.
Anche scenograficamente è importante uno stacco per distinguere i riti d'introduzione dalla liturgia della Parola. Se c'è anche qualche secondo di silenzio, meglio!
Non si sistema il microfono mentre si parla per evitare anche eventuali brutti rumori dell'impianto. Si deve fare all'inizio. Se ci accorgiamo che non va bene si fa una pausa e poi si riprende. 
Posizionare il microfono in modo da non doverlo spostare se si cambia pagina. 
Sarebbe consigliabile provare prima della liturgia il volume dell'impianto. 
Atteggiamento: le gambe non siano divaricate, il torace ben eretto e dilatato, il volto non ripiegato sul libro, le mani siano sull'ambone (e non incrociate o penzoloni).
Non si legge stando staccati dall'Ambone ma si sta vicino all'ambone come gesto rituale che esprime la sacralità del gesto. Se L'ambone è troppo alto va messo un rialzo adeguato prima dell'inizio: perché chi legge si deve vedere bene. 
Non leggere mai ciò che è scritto in rosso (es.: “prima lettura”, “salmo responsoriale”, ecc.): queste sono indicazioni per il rito, sono cose da “farsi”, non da “dirsi”!
Prima di iniziare si guarda un momento l'Assemblea, è ad essa infatti che si parla, è un segno di rispetto e considerazione ma anche di direzione della comunicazione. 
Si può anche alzare lo sguardo occasionalmente durante una pausa particolarmente lunga, ma non deve essere un movimento ripetitivo che attira troppo l'attenzione su chi legge. Guardare l'Assemblea ad ogni pausa: può creare imbarazzo ed essere artificioso.
Respirare in modo adeguato (specialmente prima di iniziare la frase).
Il titolo dev'essere staccato dalla lettura mediante una pausa: il titolo è un insegna che deve essere pertanto anche evidenziata con un cambiamento di tono e di volume.
Non siamo noi a parlare ma siamo “Voce di Dio”. Bisogna dare “voce” alla parola scritta.
Il volto deve riflettere l'interiorità e far emergere che il lettore si immedesima in quello che sta leggendo. 
Per la lettura fare attenzione al genere letterario espresso dal testo biblico. 
Le norme prescrivono che al termine delle prime due letture bisogna fare risaltare la frase “parola di Dio”, facendola precedere da una pausa come un breve stacco, cambiando leggermente tono e mettendo in evidenza le parole di “Dio” guardando in faccia la gente mentre la si dice per suscitare la risposta dell'Assemblea. 
Non si usa la formula “È parola di Dio”.
Terminata la lettura non si “scappa” ma si guarda l'Assemblea che deve assimilare e poi con calma ci si congeda e ci si allontana. 
L'abbigliamento deve essere consono e rispettoso al gesto che stiamo per cogliere. Questo vale per tutti coloro che partecipano ad una celebrazione Eucaristica. 
Per i lettori in modo particolare la questione assume un aspetto ancora più importante perché il nostro abbigliamento o atteggiamento non deve attirare su di noi l'attenzione. 

Queste “regole” o consuetudini di comportamento sono motivate da un comportamento “liturgico”, che non deve essere un comportamento di “buona educazione”, ma deve essere motivato dal comprendere che siamo immersi in una azione liturgica; e per meglio capirne il senso riportiamo qui delle definizioni di cosa è una Liturgia, prese dal Sacrosanctum Concilium (Concilio Ecumenico Vaticano Secondo)

    • “Le azioni liturgiche non sono azioni private ma celebrazioni della Chiesa popolo radunato ed ordinato, e appartengono all'intero corpo ecclesiale, i cui membri vi sono interessati in diverso modo, secondo la diversità degli stati, degli uffici e dell'attuale partecipazione.”
    • “È ardente desiderio della Madre Chiesa che tutti i fedeli vengano formati a quella piena, consapevole e attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche, che è richiesta dalla natura stessa della Liturgia e alla quale il popolo cristiano, - stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di acquisto -, ha diritto e dovere in forza del Battesimo.”
    • “La Liturgia è il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù.”
    • “La Liturgia è ritenuta come l'esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo; in essa, per mezzo di segni sensibili, viene significata e, in modo ad essi proprio, realizzata la santificazione dell'uomo, e viene esercitato dal Corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal Capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale”.

 

Papa Francesco nel settembre 2022, parlando in una udienza all'Associazione dei professori e cultori di Liturgia,  invitava a non trascurare la liturgia. Mettendo in guardia dal pericolo del “tradizionalismo”, che è come un tornare indietro allontanandosi dalla Verità e dallo Spirito. Citiamo a seguire le parole del Papa.
Una riforma della Liturgia è un processo lento ed è in corso, certo richiede ancora tempo, “una cura appassionata e paziente”, “intelligenza spirituale e intelligenza pastorale”, e necessita di “formazione, per una sapienza celebrativa che non si improvvisa e va continuamente affinata”.

Il lavoro dei liturgisti non deve essere separato “dalle attese e dalle esigenze del popolo di Dio”, che “ha sempre bisogno di formarsi, di crescere, eppure in sé stesso possiede quel senso di fede, che lo aiuta a discernere ciò che viene da Dio e che realmente conduce a Lui, anche in ambito liturgico”.

“La liturgia è opera di Cristo e della Chiesa, e in quanto tale è un organismo vivente, come una pianta, non può essere trascurata o maltrattata. Non è un monumento di marmo o di bronzo, non è una cosa da museo. 
La liturgia è viva come una pianta, e va coltivata con cura. E anche, la liturgia è gioiosa, con la gioia dello Spirito.
Perché canta la lode al Signore; la liturgia, per questo non deve essere triste, funebre.”

“Abbiamo bisogno, oggi più che mai, di una visione alta della liturgia, tale da non ridursi a disquisizioni di dettaglio rubricale: una liturgia non mondana, ma che faccia alzare gli occhi al cielo, per sentire che il mondo e la vita sono abitati dal Mistero di Cristo; e nello stesso tempo una liturgia con i piedi per terra, non lontana dalla vita, non con quella esclusività mondana: No. 
Questa non c'entra. Una liturgia seria, vicina alla gente. Le due cose insieme: rivolgere lo sguardo al Signore senza girare le spalle al mondo”.


“Tuttavia bisogna sempre rimanere radicati nella tradizione, ma non andando indietro, facendo attenzione allo spirito mondano dell'indietrismo, oggi alla moda, quel pensare che andare alle radici significa andare indietro! 
Invece, si va alle radici per crescere, come l'albero che cresce da quello che gli viene dalle radici, perché la tradizione, è andare alle radici ed è la garanzia del futuro”.

“Invece, l'indietrismo è andare indietro due passi perché è meglio il sempre si è fatto così. È una tentazione nella vita della Chiesa che ti porta a un restaurazionismo mondano, travestito di liturgia e teologia, ma è mondano. E l'indietrismo sempre è mondanità”.

“Ed è anche andare contro la verità l'andare indietro, è contro lo Spirito. Tanti nell'ambito della liturgia si dicono secondo la tradizione, ma in realtà sono tradizionalisti e il tradizionalismo è la fede morta di alcuni vivi, che uccidono quel contatto con le radici andando indietro". 

“Bisogna stare attenti, oggi, alla tentazione:
dell'indietrismo travestito di tradizione”.
Dopo le parole del Papa, capite quindi che ci sono motivazioni trascendenti ben più profonde di un semplice comportamento formale, educato e perbenistico.
Il Lettore inoltre interviene nella prima parte della Liturgia quella della “liturgia della Parola”. Approfondiamo ancora con altre definizioni di questa parte liturgica in modo da capire il senso profondo che svolge prima della parte Eucaristica.

    • “Massima è l'importanza della Sacra Scrittura nella celebrazione liturgica”
(Sacrosanctum Concilium, Concilio Ecumenico Vaticano II).
    • “La stessa celebrazione liturgica, che poggia fondamentalmente sulla parola di Dio e da essa prende forza, diventa un nuovo evento e arricchisce la parola stessa di una nuova efficace interpretazione. 
      Così la Chiesa segue fedelmente nella liturgia quel modo di leggere e di interpretare le sacre Scritture, a cui ricorse Cristo stesso, che a partire dall' “oggi” del suo evento esorta a scrutare tutte le Scritture” (Introduzione al Lezionario domenicale e festivo, Premesse).
    • “Quando pertanto Dio rivolge la sua parola, sempre aspetta una risposta, la quale è un ascolto e un'adorazione in “Spirito e verità”. È infatti lo Spirito Santo che rende efficace la risposta, in modo che ciò che si ascolta nell'azione liturgica si attui poi anche nella vita, secondo quel detto: 
      “siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori” (Introduzione al Lezionario domenicale e festivo, Premesse).
    • “perché la parola di Dio operi davvero nei cuori ciò che fa risonare negli orecchi, si richiede l'azione dello Spirito Santo; sotto la sua ispirazione e con il suo aiuto la parola di Dio diventa fondamento dell'azione liturgica, e norma e sostegno di tutta la vita.
      L'azione dello Spirito Santo non solo previene, accompagna e prosegue tutta l'azione liturgica, ma a ciascuno suggerisce nel cuore tutto ciò che nella proclamazione della parola di Dio vien detto per l'intera assemblea dei fedeli, e mentre rinsalda l'unità di tutti, favorisce anche la diversità dei carismi e ne valorizza la molteplice azione” (Introduzione al Lezionario domenicale e festivo, Premesse).

Altre indicazioni per le varie forme nella Liturgia:

Il salmo responsoriale
Le modalità di esecuzione più utilizzate sono le seguenti:

·     Salmo letto, ritornello detto. 
È la soluzione più semplice, anche se da non raccomandarsi. 
La lettura dev'essere fatta con stile lirico, come si declama una poesia ma senza cantilena chiaramente; dev'essere interiorizzata, come una preghiera, la tensione e lo stile seve essere diversa da quella delle due letture.

·     Salmo letto, ritornello cantato. 
È la forma più usata. 

·     Salmo letto con sottofondo musicale, e il ritornello cantato o detto.

·     Salmo cantato, ritornello cantato. 
È la forma più consona per eseguire il salmo, poiché i salmi in origine erano preghiere cantate; il momento del salmo deve pertanto essere un momento lirico, poetico, che comporta anche il supporto strumentale. È il salmista che canta il salmo non il coro, cioè un solista, con l'intervento dell'Assemblea nel ritornello.

La sequenza
Un canto lirico (anche se spesso viene detto) che può essere eseguito facoltativamente in diverse occasioni ed è obbligatorio a Pasqua e a Pentecoste; s'inserisce fra la seconda lettura e l'acclamazione al Vangelo.
L'acclamazione al Vangelo
È un'acclamazione, un grido, un canto di gioia. Normalmente si usa l'alleluia. In Quaresima, invece, si canta un'altra acclamazione. Non deve mai essere recitato! Perché per sua natura è un'acclamazione; al massimo si può dire il versetto inframmezzato al ritornello cantato. Essendo un'acclamazione, non dev'essere troppo lunga, anzi, dev'essere breve, intensa.

Il Vangelo
È il momento culminante della liturgia della Parola, poiché è Cristo stesso che ci parla. Spetta al diacono o ad un sacerdote non celebrante o, in assenza di entrambi, al sacerdote celebrante.

L'omelia
L'omelia ha come fonte la parola di Dio e come mèta la vita, cioè ha come scopo principale l'attualizzazione della parola di Dio proclamata nelle letture. È l'anello di congiunzione tra la liturgia della Parola e la liturgia Eucaristica. È consigliabile che l'omelia venga preparata dai sacerdoti assieme agli animatori liturgici ad esempio durante le riunioni settimanali del gruppo liturgico.

La professione di fede
Si dice nelle domeniche e nelle solennità. È detta anche Credo, in quanto è il simbolo, cioè il segno di riconoscimento, del cristiano. È posta al temine della liturgia della Parola, poiché costituisce la risposta della fede dell'Assemblea alla parola di Dio proclamata nelle letture e commentata nell'omelia. È necessario curarne l'esecuzione per evitare che diventi un “minestrone”, cioè una pura formula rituale detta ad una velocità eccessiva e con poca attenzione.

La preghiera dei fedeli
È detta anche preghiera universale in quanto in essa si prega per l'intera umanità. Le intenzioni, che possono essere liberamente formulate, devono essere semplici, brevi, veramente universali. La risposta dell'Assemblea è bene che ogni tanto sia variata (evitare di usare sempre “Ascoltaci, o Signore”) e, almeno nelle feste importanti, sarebbe bene che fosse cantata.
Il silenzio
Sono troppo pochi i momenti di silenzio durante la Messa! Ve ne dovrebbero essere almeno dopo l'omelia e dopo la Comunione, ma, possibilmente, anche durante l'atto penitenziale, e dopo ogni lettura, per evitare che le nostre celebrazioni diventino un fiume di parole continue che si riversano sull'Assemblea.

Il commentatore
È un animatore liturgico che soprattutto in celebrazioni caratterizzate da assemblee vaste ed eterogenee ha il compito di guidare l'intera celebrazione, di essere di collegamento tra il rito e l'Assemblea, attraverso alcuni brevi interventi fatti in modo opportuno e al “momento” opportuno.
Oltre all'introduzione iniziale della celebrazione, vi può essere una monizione prima di ogni lettura oppure un'unica monizione all'inizio della liturgia della Parola. 
Queste monizioni sono utili per fornire all'Assemblea una chiave di lettura per entrare in sintonia con i testi che verranno proclamati.
Le introduzioni o monizioni alle letture devono essere: brevi, semplici, chiare (non anticipazioni all'omelia o mini-omelie), preparate con cura; non riassunti ma testi avvincenti che cerchino di evidenziare l'aggancio con l'attualità, con ciò che stiamo celebrando oggi, eventualmente messe sotto forma di domanda in modo da stimolare l'attenzione.
Non dovrebbero mai essere lette: sono inviti, non proclamazioni, e quindi devono essere dette con tono colloquiale.
Il commentatore dev'essere una persona diversa dai lettori; non deve salire all'ambone, ma stare in disparte perché non proclama la parola di Dio. 
Deve essere un animatore esperto e preparato, che non si limiti a leggere monizioni scritte da altri e che sappia essere sobrio e discreto, evitando ogni forma di protagonismo.

 

 

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Questo articolo è stato estratto dal libro “La Bocca di Dio” di Marilena Marino. 
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"Gridatelo dai tetti...."