Il misterioso anello nuziale che Giuseppe donò a Maria

Il misterioso anello nuziale che Giuseppe donò a Maria

Da

 Rosalia Gigliano

Una delle più importanti reliquie al mondo si trova in Italia, a Perugia. È davvero il Sacro Anello con cui San Giuseppe sposò Maria?

sacro anello
Il Sacro Anello – photo web source

Una straordinaria reliquia arrivata in Italia dall’Oriente. Secondo la tradizione tramandata, ma non comprovata, sarebbe stato lo stesso San Giuseppe a regalarlo a Maria per il loro matrimonio. Oggi è conservato in una cappella della cattedrale di San Lorenzo, a Perugia.

Il Sacro Anello che Giuseppe donò a Maria

Tantissime sono le reliquie dei Santi, di San Giuseppe, della Vergine Maria presenti al mondo. Ma ce ne è una che è, forse la più importante, quella che segna l’unione e l’inizio della Sacra Famiglia: è il Sacro Anello. Secondo la tradizione, Giuseppe l’avrebbe donato a Maria per chiederla in sposa.

Oggi, conservato nella Cattedrale di Perugia, per poterlo visionare, ci vogliono per 14 chiavi, poiché chiuso in uno dei forzieri più antichi. Potremmo dire a “prova di ladro”. Ebbene sì: il sacro anello è stato, più volte, rubato e, in più occasioni, anche acquistato.

L’acquisto nella città di Chiusi

La sua storia parte da molto lontano. Nel 985 d.C., un orafo della cittadina di Chiusi acquistò un anello diverso dagli altri da un commerciante ebreo. Nulla da eccepire, anche perché l’anello restò in Umbria fino al 1473, l’anno del suo furto.

Un frate di Magonza lo rubò per portarla nel suo paese. Ma durante la strada fu bloccato da una nebbia prodigiosa a Perugia, e decise di lasciare in quel luogo il Santo Anello. Custodito per quasi cinque secoli a Chiusi, oggi invece si trova nella Cattedrale di San Lorenzo in Perugia. La prima volta cui vi si fa cenno ufficialmente, è all’interno di un documento che porta la data del 25 maggio 1474, redatto dall’allora cancelliere comunale di Chiusi, Leonetto Cavallini.

L’estremo valore che ha per i fedeli

Secondo alcuni primi studi fatti, il sacro anello fu ricavato da un pezzo di onice, di fattura modesta. Per i più scettici, non viene considerato una vera e propria reliquia, ma per chi crede invece lo è. Per i fedeli “è un tesoro di inestimabile valore”, perché fu proprio con questo anello che Maria andò in sposa a Giuseppe di Nazareth.

La paura che potesse, ancora una volta esser trafugato, come accaduto nel 1400, ha portato, nei secoli successivi, a custodirlo in un vero e proprio forziere, più forte anche di una cassaforte, la cui apertura è possibile soltanto con 14 chiavi.

L’esposizione alla pubblica venerazione

Ci sono delle date particolari durante le quali il sacro anello veniva mostrato alla pubblica venerazione: il lunedì di Pentecoste, il 3 luglio ed il 3 agosto (per i pellegrini di ogni parte d’Italia di ritorno da Assisi, dove si recavano per ottenere l’indulgenza). È da ricordare, inoltre, che l’Anello non uscì mai dalle mura di Chiusi.

Il duca Filippo Maria Visconti, malato ad un occhio, chiese che gli fosse inviato a Milano, ma si vide rifiutare la richiesta nonostante le preghiere, suppliche e ordini di papa Eugenio IV e della signoria di Siena.

 Cattedrale di San Lorenzo a Perugia: il luogo del Sacro Anello di Maria

giuseppe dona il sacro anello a maria
photo web source

Gli altri anelli presenti in Europa

Ma c’è una precisazione da fare: gli anelli di San Giuseppe, in Europa, se ne contano altri due, oltre a quello di Perugia. Quello del fidanzamento con Maria, conservato nella Cattedrale di Notre Dame e quello giornaliero, conservato a Messina nella chiesa di San Giuseppe.

Una storia che intreccia fede e tradizione, ma è simbolo di unione fra Maria e Giuseppe.

 L’anello di Maria citato da Don Bosco si trova a Perugia. Ma pochi lo sanno

L’11 FEBBRAIO SI FESTEGGIA LA MADONNA DI LOURDES

L’11 FEBBRAIO SI FESTEGGIA LA MADONNA DI LOURDES

L’11 febbraio 1858 la Madonna apparve per la prima volta a Bernardette Subirous nella grotta di Massabielle, tra i Pirenei francesi. Da allora, questo luogo è divenuto meta incessante di pellegrinaggi da ogni parte del mondo. Sono circa una settantina i miracoli di guarigione giudicati inspiegabili e riconosciuti dalla Chiesa che l’11 febbraio, per volontà di San Giovanni Paolo II, celebra la Giornata mondiale del malato

Ogni anno Lourdes è meta incessante di circa 5 milioni di ammalati che invocano protezione e conforto. La grotta in mezzo ai Pirenei francesi evoca le apparizioni mariane più famose della storia, riconosciute ufficialmente dalla Chiesa. Avvennero nel 1858 ed ebbero come protagonista una ragazza di quattordici anni, Bernadette Soubirous.
La Vergine le apparve per ben diciotto volte in una grotta, lungo il fiume Gave. Le parlò nel dialetto locale, le indicò il punto in cui scavare con le mani per trovare quella che si rivelerà una sorgente d’acqua, al contatto con la quale sarebbero scaturiti molti miracoli. Tutto ebbe inizio giovedì, 11 febbraio 1858, quando Bernadette si recò a raccogliere legna secca nel greto del fiume Gave, insieme ad una sorella e ad una loro amica. Un rumore che proveniva dal cespuglio che si trovava nella grotta attirò la ragazzina alla quale apparve la Vergine presentandosi come Immacolata concezione e confermando quindi  il dogma del concepimento immacolato di Maria promulgato da papa Pio IX l’8 dicembre 1854, quattro anni prima.

Per questo l’11 febbraio la Chiesa celebra la memoria della Madonna di Lourdes alla quale San Giovanni Paolo II volle associare la Giornata Mondiale del Malato. Le apparizioni di Lourdes vennero ufficialmente riconosciute dal vescovo di Tarbes il 18 febbraio del 1862. Ben presto fu eretta una grande chiesa così come la Vergine aveva richiesto. Lourdes divenne subito il più celebre dei luoghi mariani. Un ufficio speciale (le Bureau médical) fu incaricato di vagliare scientificamente le guarigioni che iniziarono a verificarsi immediatamente. Di miracoli finora ne sono stati riconosciuti una settantina, ma di fatto sono molti di più. Ancora più numerose sono le conversioni.

IL RACCONTO DELLE PRIME APPARIZIONI

Quella mattina dell’11 febbraio 1858 era un giovedì grasso e a Lourdes faceva tanto freddo. In casa Soubirous non c’era più legna da ardere. Bernadette, che allora aveva 14 anni, era andata con la sorella Toinette e una compagna a cercar dei rami secchi nei dintorni del paese. Verso mezzogiorno le tre bambine giunsero vicino alla rupe di Massabielle, che formava, lungo il fiume Gave, una piccola grotta. Qui c’era “la tute aux cochons”, il riparo per i maiali, un angolo sotto la roccia dove l’acqua depositava sempre legna e detriti. Per poterli andare a raccogliere, bisognava però attraversare un canale d’acqua, che veniva da un mulino e si gettava nel fiume. Toinette e l’amica calzavano gli zoccoli, senza calze. Se li tolsero, per entrare nell’acqua fredda. Bernadette invece, essendo molto delicata e soffrendo d’asma, portava le calze. Pregò l’amica di prenderla sulle spalle, ma quella si rifiutò, scendendo con Toinette verso il fiume. Rimasta sola, Bernadette pensò di togliersi anche lei gli zoccoli e le calze, ma mentre si accingeva a far questo udì un gran rumore: alzò gli occhi e vide che la quercia abbarbicata al masso di pietra si agitava violentemente, per quanto non ci fosse nell’aria neanche un alito di vento. Poi la grotta fu piena di una nube d’oro, e una splendida Signora apparve sulla roccia.
 

La Signora aveva l’aspetto di una giovane di sedici o diciassette anni. Vestita di bianco, con una fascia azzurra che scendeva lungo l’abito, portava sulla testa un velo bianco che lasciava intravedere appena i capelli ricadendo all’indietro fino all’altezza della fascia. Dal braccio le pendeva un grande rosario dai grani bianchi, legati da una catenella d’oro, mentre sui piedi nudi brillavano due rose, anch’esse di un oro lucente. Istintivamente, Bernadette s’inginocchiò, tirando fuori la coroncina del Rosario. La Signora la lasciò fare, unendosi alla sua preghiera con lo scorrere silenzioso fra le sue dita dei grani del Rosario. Alla fine di ogni posta, recitava ad alta voce insieme a Bernadette il Gloria Patri. Quando la piccola veggente ebbe terminato il Rosario, la bella Signora scomparve all’improvviso, ritirandosi nella nicchia, così come era venuta. Tre giorni dopo, il 14 Febbraio, Bernadette – che ha subito raccontato alla sorella e all’amica quanto le è accaduto, riferendo della cosa anche in casa – si sente chiamata interiormente verso la grotta di Massabielle, munita questa volta di una bottiglietta di acqua benedetta che getta prontamente sulla S. Vergine durante la nuova apparizione, perché, così le è stato detto, su queste cose non si sa mai e potrebbe anche essere il diavolo a farle un tiro mancino… La Vergine sorride al gesto di Bernadette e non dice nulla. Il 18 febbraio, finalmente, la Signora parla. “Non vi prometto di farvi felice in questo mondo – le dice – , ma nell’altro. Volete farmi la cortesia di venire qui per quindici giorni?”. La Signora, quindi, confida a Bernadette tre segreti la giovane deve tenere per sé e non rivelare mai a nessuno.

La Francia, patria del Positivismo

La Provvidenza non sceglie a caso il luogo in cui manifestarsi in maniera così dirompente. Siamo nella Francia del XIX secolo, in cui trionfa la filosofia positivista secondo cui l’uomo, nella sua bontà o, al contrario, nella sua cattiveria, è interamente determinato dall’essere inserito in una società che sia, appunto, buona o cattiva. Maria a Lourdes sovverte tutto questo, ricordando l’esistenza del peccato originale e del libero arbitrio. Dunque, prima di agire sulla società, dice Maria, bisogna agire sul cuore dell’uomo. Bisogna convertirsi.

11 febbraio 1858

Per lanciare al mondo il suo messaggio di preghiera e carità, la Madonna sceglie Bernadette, una pastorella di 14 anni. Fa molto freddo a Lourdes quel giorno, così la giovane, assieme alla sorella e a un’amica, va a raccogliere legna dalle parti della grotta di Massabielle. Rimasta indietro rispetto alle altre, all’improvviso avverte come un colpo di vento, ma non vede le cime degli alberi scuotersi, poi una grande luce e, attraverso questa, la figura bianchissima di una giovane. Non le parla, la Signora, ma le insegna a fare correttamente il segno della croce e insieme, in silenzio, recitano il Rosario. Al termine della preghiera la visione scompare.

“Io sono l’Immacolata Concezione”

Tre giorni dopo, il 14 febbraio, Bernadette sente il desiderio irrefrenabile di tornare alla grotta, ma lo fa portando con sé dell’acqua benedetta. Quando la Signora appare, cerca di aspergerla, ma lei resta lì, sorride e insieme ricominciano a recitare il Rosario. È il 18 febbraio la prima volta che la Signora parla a Bernadette e le raccomanda di tornare per 15 giorni, di dire ai sacerdoti di recarsi in quel luogo in processione e di edificarvi una chiesa. Il 25 febbraio la Signora chiede a Bernadette di mangiare l’erba e di scavare: così scaturirà l’acqua della fonte miracolosa in cui ancora oggi i malati si immergono pregando per la propria guarigione. Finalmente, il 25 marzo, festa dell’Annunciazione, la Madonna si rivela: “Sono l’Immacolata Concezione”, dice, e Bernadette lo ripete al parroco. Non poteva sapere, una pastorella, che il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria era stato stabilito appena quattro anni prima da Papa Pio IX. Sono tante le cose che Maria rivela a Bernadette nei loro incontri, ma soprattutto indica a lei e al mondo il Cielo e la santità come unico obiettivo della vita terrena e la penitenza per l’eliminazione dal mondo del peccato come unico mezzo che l’uomo ha per raggiungerla.

Lourdes, santuario mariano internazionale

Le apparizioni di Lourdes hanno attirato a Massabielle fin dall’inizio molti curiosi, con l’inevitabile bagaglio di scetticismo. La stessa Bernadette fu sottoposta a esami medici e interrogata dalle autorità ecclesiastiche, finché Maria non concesse che si verificassero degli eventi prodigiosi in modo che alcuni credessero. Fu costruita una chiesa, e nel 1862 arrivò dal vescovo di Tarbes la lettera pastorale con cui Lourdes fu consacrata alla sua vocazione di santuario mariano internazionale.

La fede nuziale nasconde un tesoro che pochi conoscono

La fede nuziale nasconde un tesoro che pochi conoscono

Da

 Rosalia Gigliano

L’anello simbolo dell’unione sponsale racchiude in sé un valore grandissimo, grazie a Papa Giovanni XXIII, che i coniugi sono invitati a scoprire.

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Marito e moglie hanno il compito di riscoprire quel SI detto davanti a Dio ogni giorno della loro vita, a partire proprio dallo sguardo alla loro fede nuziale. Una storia particolare ci spiega il perché.

Il valore della fede nuziale

Una storia molto particolare è quella che stiamo per raccontarvi e ci fa comprendere come, al di là del puro e semplice oggetto quale è, la fede nuziale è qualcosa di molto molto più grande. Il suo valore è immenso, perché sancisce l’unione dei coniugi davanti a Dio.

Più che una storia, è un dramma teatrale, pubblicato su una rivista polacca da un autore poco conosciuto in quel settore, ma che noi, qualche anno più avanti, avremmo conosciuto come Karol Wojtyla, o meglio ancora Giovanni Paolo II.

Giovanni Paolo II ce lo insegna attraverso un’opera teatrale

Ha come titolo “La bottega dell’orefice” e racconta alcune storie sul matrimonio e su come è possibile meditare su di esso. L’orefice che vi lavora all’interno, è la voce della Divina Provvidenza che interviene a svelare le coscienze dei protagonisti, che cerca di indirizzarli sulla retta via e tornare sui propri passi, quelli del matrimonio. L’attenzione che il futuro Pontefice pone a questi dialoghi e a queste storie, ci fa capire come gli sposi siano sempre stati al centro di tutto il suo ministero.

Una di queste storie è quella di Anna che, nel suo dialogo con l’orefice appunto, dichiara di essere stanca del proprio matrimonio: “Una volta, tornando dal lavoro, e passando vicino all’orefice, mi sono detta – si potrebbe vendere, perchè no, la mia fede (Stefano non se ne accorgerebbe, non esistevo quasi più per lui. Forse mi tradiva – non so, perchè anche io non mi occupavo più della sua vita. Mi era diventato indifferente” – racconta il dialogo.

La giovane Anna e il valore della sua fede nuziale

Anna pensava in un tradimento possibile del marito: “[…] L’orefice guardò la vera, la soppesò a lungo sul palmo e mi fissò negli occhi. E poi decifrò la data scritta dentro la fede. Mi guardò nuovamente negli occhi e la pose sulla bilancia…. poi disse: “Questa fede non ha peso, la lancetta sta sempre sullo zero e non posso ricavarne nemmeno un milligrammo d’oro. Suo marito deve essere vivo – in tal caso nessuna delle due fedi ha peso da sola – pesano solo tutte e due insieme”.

Una risposta che la donna, di certo, non s’aspettava. Una fede che Anna voleva dar via perché per lei non aveva più peso. Ma che l’orefice, invece, le aveva fatto capire che, da sola, non valeva nulla, ma insieme a quella del marito, valeva molto di più.

Giovanni Paolo II, scrivendo ciò, ha posto al sua attenzione proprio a quel “cerchietto di metallo”: non è un semplice oggetto, ma un qualcosa che vale molto di più, un legame indissolubile con l’altra persona.

La preghiera di Giovanni XXIII

Sarà anche Giovanni XXIII, uno dei predecessori di Wojtyla, a porre l’attenzione sulla fede nuziale: “E’ necessario che gli sposi scoprano ogni giorno il significato della fede nuziale che portano al dito, lo bacino ogni giorno promettendosi entrambi il rispetto, l’onestà dei costumi, la santa pazienza del perdonarsi nelle piccole mancanze” – diceva. Quasi come fosse una sorta di piccola indulgenza da praticare e recitare sempre.

Fonte: aleteia

Sant’Agata

Sant’Agata

Santa Agata, anche conosciuta come Sant’Agata di Catania, è una santa venerata dalla Chiesa cattolica. La sua storia risale al III secolo d.C. e si ritiene che sia nata a Catania, in Sicilia, intorno al 231 d.C. La sua vita è legata a un periodo di persecuzione dei cristiani sotto l’imperatore romano Decio.

La tradizione narra che Agata fosse una giovane donna di nobile famiglia e di straordinaria bellezza. Lei, però, aveva consacrato la sua vita a Dio e aveva fatto voto di castità. Questa decisione non fu ben accolta da Quintiano, il prefetto romano di Catania, che si invaghì di lei. Di fronte al suo rifiuto, Quintiano la sottopose a crudeli torture nel tentativo di farla desistere dalla sua fede cristiana e costringerla a sposarlo.

La leggenda narra che Agata fu sottoposta a varie forme di tortura, tra cui la privazione del cibo, il flagello, la bruciatura con ferri roventi e la mutilazione dei seni. Nonostante le atroci sofferenze inflittele, Agata rimase fedele alla sua fede e la leggenda vuole che durante il suo martirio subì anche miracolose guarigioni.

Il culmine del suo martirio avvenne con l’amputazione dei seni. La notte prima della sua esecuzione, secondo la tradizione, Agata ebbe una visione di san Pietro, che le promise la guarigione. Nella mattina successiva, durante il processo, le ferite di Agata furono miracolosamente guarite. Nonostante ciò, Agata fu condannata a morte per decapitazione.

Il culto di Santa Agata si diffuse rapidamente e il suo martirio divenne uno degli episodi più celebri della cristianità. La sua festa liturgica viene celebrata il 5 febbraio in onore del suo martirio. Santa Agata è venerata come patrona di Catania e delle vittime di violenze sessuali e malattie del seno. La sua figura è spesso rappresentata con un velo sulla testa e con una palma, simbolo del martirio.

s Agata de’ Goti

La spiritualità legata a Santa Agata è intrinsecamente collegata alla sua fede cristiana e al suo coraggio nel mantenere questa fede nonostante le terribili torture subite. La sua vita e il suo martirio sono spesso considerati un esempio di devozione, perseveranza e sacrificio per la fede cristiana. Ecco alcuni elementi chiave della spiritualità associata a Santa Agata:

  1. Fede e Devoto Amore per Cristo: Santa Agata ha dimostrato una profonda fede e un amore devoto per Cristo. La sua decisione di dedicare la sua vita a Dio, inclusa la scelta di mantenere la castità, riflette il suo impegno spirituale.
  2. Resistenza alle Tentazioni e alla Persecuzione: Agata è diventata un simbolo di resistenza alle tentazioni mondane e alla persecuzione religiosa. Nonostante le torture e le pressioni del prefetto Quintiano, lei rimase salda nella sua fede cristiana.
  3. Accettazione del Martirio: Santa Agata accettò il martirio con coraggio e rassegnazione. La sua storia sottolinea la forza interiore e la fiducia in Dio anche nelle situazioni più difficili. Il suo martirio è visto come un sacrificio offerto per amore di Cristo.
  4. Miracoli e Protezione Divina: La tradizione attribuisce a Santa Agata diversi miracoli, inclusa la guarigione miracolosa delle ferite inflitte durante le torture. Questi eventi sono interpretati come segni della protezione divina riservata a coloro che perseverano nella fede.
  5. Patronato e Intercessione: Santa Agata è considerata la patrona di Catania e delle vittime di violenze sessuali e malattie del seno. La sua vita e il suo martirio la rendono un’intercessore spirituale per coloro che soffrono a causa di malattie o violenze.
  6. Esempio di Santità: La vita di Santa Agata è spesso presentata come un esempio di santità e virtù cristiane. I credenti trovano ispirazione nella sua storia per affrontare le sfide della vita quotidiana con fede, speranza e amore.

In sintesi, la spiritualità di Santa Agata ruota attorno alla fede cristiana, alla resistenza alle avversità, al sacrificio per amore di Dio e alla fiducia nella protezione divina. La sua figura è celebrata e venerata come un modello di santità e dedizione spirituale.

2 Febbraio Presentazione di Gesù al tempio

2 Febbraio Presentazione di Gesù al tempio

Il 2 febbraio la Chiesa Cattolica celebra la Presentazione di Gesù al Tempio (dal vangelo di Luca 2,22-39) che avvenne secondo le usanze dell’epoca previste dalla legge giudaica per i primogeniti maschi. Viene popolarmente chiamata festa della  Candelora, perché in questo giorno si benedicono le candele ricordando il Cristo (ovvero il messia “unto” dal signore per essere luce che illumina le genti), così come il bambino Gesù venne definito dal vecchio Simeone, saggio e profeta.
La festa è anche detta della Purificazione di Maria, perché, secondo l’usanza ebraica, una donna era considerata impura del sangue mestruale per un periodo di 40 giorni dopo il parto di un maschio e doveva andare al Tempio per purificarsi: il 2 febbraio cade appunto 40 giorni dopo il 25 dicembre, giorno della nascita di Gesù.
Celebrazioni legate alla luce in questo periodo dell’anno esistevano feste e celebrazioni in alcune tradizioni religiose precristiane. Alcuni studiosi rilevano come la Candelora cristiana possa essere stata introdotta in sostituzione di una festività preesistente; vista la coincidenza del periodo dell’anno con il periodo di 40 giorni dopo la nascita di Gesù.
Nell’antica Roma era usanza nel periodo della februatio, la purificazione della città, che le donne girassero per le strade con ceri e fiaccole accese, simbolo di luce. Ben presto, però, prevalsero i significati legati all’aspetto luminoso dell’imminente primavera, in corrispondenza con i riti propiziatori agresti per l’inaugurazione del nuovo anno agricolo. I Lupercali o Lupercalia si festeggiavano alle Idi di febbraio, il 15; per i Romani ultimo mese dell’anno. Servivano a purificarsi prima dell’avvento dell’anno nuovo, propiziandone la fertilità. La cerimonia era legata alla famosa Lupa che allattò Romolo e Remo.
Ancora oggi si usa il detto :“Nella Festa della Candelora dall’inverno semo fora”.

Come spiegare la Candelora ai bambini del catechismo?

E’ il giorno in cui si benedicono le candele e i ceri nelle chiese, simbolo di Cristo e “luce per illuminare le genti“, come il bambino Gesù venne chiamato dal vecchio Simeone al momento della presentazione al Tempio di Gerusalemme, che era prescritta dalla Legge giudaica per i primogeniti maschi.

Dal punto di vista simbolico, questa celebrazione indica il passaggio dall’oscurità e dal buio alla luce alla rinascita e, dunque, a una nuova stagione che coincide con la primavera.

Presentazione del Signore 
Nel vangelo di Luca leggiamo: «Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore..» (Lc 2,22). La festa che celebriamo quest’oggi è dunque la “presentazione del Signore”, anche se la fede popolare la chiama da tempo “candelora”.

L’episodio è inoltre talmente importante da far parte dei misteri gioiosi del Rosario, preghiera che, come sappiamo, ha riassunto in passato i momenti cruciali della vita di Gesù, offrendoli alla meditazione della gente semplice, illetterata.

Perché dovremmo festeggiare il fatto che Gesù bambino viene presentato al tempio?
L’evangelista, anzitutto, mette insieme due cerimonie: la purificazione della madre, quaranta giorni dopo il parto, e la consacrazione del figlio primogenito, da offrire al Signore (o, più precisamente, da “riscattare” ad un prezzo, nel caso di Gesù, una coppia di tortore). Questa duplice motivazione è ben sottolineata dal cambio di nome che ha subito tale festività: se per lungo tempo la si è definita “Purificazione della SS. Vergine Maria”, la riforma liturgica del 1960 le ha restituito l’antico nome di “Presentazione del Signore”.

Ma quando nasce come vera e propria festa nella Chiesa?
La prima testimonianza ci parla del IV secolo, a Gerusalemme. In seguito l’imperatore Giustiniano decretò il 2 febbraio come giorno festivo in tutto l’impero d’Oriente, mentre Roma adottò la festività verso la metà del VII secolo: papa Sergio I istituì la più antica processione penitenziale romana, che partiva dalla chiesa di S.Adriano al Foro, e si concludeva a S.Maria Maggiore.

Perché la gente continua tuttavia a chiamarla “candelora”?
Per via del rito della benedizione delle candele, durante la processione in chiesa, rito che risale intorno all’anno Mille e che si ispira alle parole di Simeone: «I miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele» (Lc 2,29-32).

Già, Simeone ed Anna, qual è il ruolo dei due anziani in questa scena?
Simeone, tenuto in vita dalla speranza di incontrare il Messia, corona il suo “sogno”: prende in braccio il piccolo e, sconvolto, proclama che a quel punto può morire in pace, alla sua vita non può chiedere di più!
Anna, da parte sua – una profetessa rimasta vedova giovanissima e non più risposatasi – è il prototipo delle vecchiette che si incontrano nelle Messe feriali, la cui fede viene talvolta giudicata con troppa superficialità: un esempio di fede semplice e robusta, sicuramente non dominata dalle mode del tempo, di cui spesso siamo schiavi un po’ tutti..

C’è qualcosa che accomuna i due anziani, oltre all’età? Cos’hanno visto di speciale in quel bambino? Cosa cercavano?
Entrambi hanno saputo cogliere l’essenziale. La legge ebraica esigeva la presenza di almeno due testimoni per instaurare una causa.. ecco che due testimoni, Simeone ed Anna, riconoscono l’inizio di un tempo nuovo. Grazie a loro due tutto ci è chiaro fin dall’inizio: Gesù è il Messia promesso da Dio e venuto ad illuminare tutti i popoli.

Peccato non avere più tra noi due personaggi così bravi ad indicarci la luce..
Nient’affatto! La Chiesa, oggi, celebra anche – e non a caso – la Giornata della vita consacrata: questo Vangelo «costituisce un’icona – dice papa Francesco – della donazione della propria vita da parte di coloro che, per un dono di Dio, assumono i tratti di Gesù vergine, povero e obbediente..». E aggiunge: «Le persone consacrate sono segno di Dio nei diversi ambiti di vita.. Ogni persona consacrata è un dono per il popolo di Dio in cammino».

Illuminati da tali guide, ringraziamo allora il Signore con le parole di San Sofronio: «Nessuno si rifiuti di portare la sua fiaccola.. le nostre lampade esprimano soprattutto la luminosità dell’anima, con la quale dobbiamo andare incontro a Cristo.. nessuno resti escluso da questo splendore, nessuno si ostini a rimanere immerso nel buio».

2 Febbraio Festa della Giornata Mondiale della vita consacrata. In questo giorno, ricco di storia e di molteplici significati, che ricorre la Giornata mondiale della Vita Consacrata voluta da Papa Giovanni Paolo II nel 1997.

In questa occasione la Chiesa celebra il “sì” dei consacrati e delle consacrate alla chiamata di Dio. Nella “icona evangelica” della presentazione di Gesù, Simeone rende grazie a Dio perché finalmente può stringere tra le braccia il Messia atteso. Così in questa Giornata si vuole rendere grazie a Dio per la presenza della Vita Consacrata dentro la Chiesa che ricorda a tutti i battezzati la bellezza della vocazione cristiana che a ciascuno chiede di testimoniare nella vita la luce di Gesù e del Vangelo.