Pillole dal Libro: LA BOCCA DI DIO di Marilena Marino
Il silenzio è una condizione privilegiata per ascoltare la voce di Dio: è vero che nelle ore di tutta la nostra giornata siamo presi da mille faccende, da mille cose da fare e siamo distratti continuamente; abbiamo dentro di noi tante voci che risuonano, oltre a quelle esteriori che ci circondano. Ma se riuscissimo qualche minuto a stare davvero in silenzio da soli con noi stessi, potremmo percepire la voce di Dio che ci parla… una voce che è più forte di tutte le altre voci, inconfondibile e che si fa reale.
Certamente occorre anche “cercare” la presenza di Dio, volerla, incuriosirsi… per questo è necessario anche che la nostra voce “gridi” a Lui interiormente, affinché ci ascolti e risponda a questo grido.
La parola di Dio è importante, non solo per ricevere una risposta quando preghiamo, quando siamo soli con le nostre ricerche d’infinito, quando aneliamo a degli interrogativi, a certi bisogni spirituali che sembrano non avere senso, perché inascoltati o non soddisfatti concretamente; la Parola è necessaria, altresì, per vivere bene anche la concretezza dell’esistenza umana, dal momento che scopriremo, dopo un’attenta e accurata analisi, che Dio, invece, è molto più vicino di quanto si pensi.
Anche se l’uomo con le proprie forze e la propria intelligenza riesce a gestirsi da solo, la parola di Dio getta una luce concreta sulle sue azioni: voglia o non voglia, dorma o non dorma, vegli o non vegli, gli è sempre vicina, rispondendo inspiegabilmente al suo stesso vitale interrogativo, sul perché esiste o viene al mondo, per esempio, perché accade o non accade quel determinato fatto storico.
Non solo, la parola contenuta nelle Sacre Scritture, ha la capacità di spiegare il passato nell’uomo, di interpretarlo, attualizzando il presente e anticipando addirittura la sua azione futura, spiegandola, profetizzandola, dandogli la possibilità di contestualizzare la sua stessa vita, fornendogli una spiegazione degli avvenimenti passati e cercando di fargli capire ciò che accade al presente e perché.
Troppo spesso deleghiamo al destino, alla casualità, alla sorte, tutto ciò che ci accade o è accaduto nella vita, attribuendo le cause di alcuni episodi che ci sono venuti incontro, a persone o a fatti ben precisi, accontentando la nostra razionalità e mettendo a tacere la nostra coscienza, pacificando, per quieto vivere, persino la nostra intelligenza; ma se ci riserviamo anche la possibilità di guardare in un’altra direzione, di alzare lo sguardo verso il cielo e di affidarci alla parola di Dio visto come padre sapiente che istruisce per puro amore disinteressato il proprio figlio, potremmo delineare la nostra traiettoria di vita dandole persino un altro significato.
Certamente il raziocinio e l’intelligenza sono importanti e necessari per l’uomo, ma la sapienza Divina è un’altra cosa, esula dai conti che facciamo con noi stessi per far quadrare il tutto. Qui, è un’altra storia, dobbiamo allargare la nostra mentalità, perché, parlando di ispirazione divina, è necessario l’affidamento dell’umana creatura a un’entità superiore che è lo stesso Dio.
Dobbiamo non difenderci davanti alla possibilità che non tutto possa essere governato dal nostro io e tuffarci a braccia aperte verso un papà provvidente che si prende cura della nostra intera esistenza: dobbiamo metterci in gioco e, non solo, dunque, con il bisogno di cercare la voce di Dio in risposta ai nostri fabbisogni spirituali, ma per capire l’importanza, dopo averla anche trovata, di fare della Parola un decodificatore “urgente” della nostra stessa esistenza!
Possiamo vincere questa sfida, possiamo provare un’altra strada, rendendoci conto che Dio è nella realtà e nella concretezza di tutti i giorni! Strano, ma vero! Impossibile, a detta di alcuni, ma possibile per chi lo crede!
Riuscire a darci una chiave di lettura della propria esistenza, capire perché si vive e che senso dare alle cose che facciamo, è qualcosa di molto serio, soprattutto se l’uomo non vuole affidarsi soltanto all’umana razionalità o al caso, per vivere e inoltrarsi, al contrario, nella fitta selva del suo mistero umano, per risolverlo una volta per tutte e trovare anche una certa pace al suo turbolento e amletico dramma esistenziale: essere o non essere?
Ma intanto partiamo alla scoperta della Voce di Dio.
È interessante comprendere l’importanza che la voce ricopre innanzitutto in Dio ed esaminare come viene descritta, “usata” da Dio stesso nelle Sacre Scritture.
Noi abbiamo parlato, sì, della nostra voce, ma possiamo andare a scoprire che tipo di voce aveva Dio, la sua timbrica, che è un elemento essenziale, un arredo molto caratteristico, unico, direi, della vocalità.
Forse ci sembrerà strano già il fatto stesso di attribuire a un Dio una voce e addirittura una timbrica!
Non si tiene affatto conto, a livello personale, di quanto, invece, parlando di vocalità, di come il timbro sia un elemento davvero originale, importantissimo, dal momento che imprime un particolare sigillo alla voce, conferendole un colore, un segno inequivocabile e speciale che lo contraddistingue per sempre.
Ogni timbro, come la voce, come la persona, è diverso e potrebbe essere distinto chiaramente per l’assoluta caratteristica personale; nel mondo c’è tanta diversità, e, dunque, anche la voce e il timbro non hanno fotocopie, anzi, si diversificano per la loro specificità e unicità.
Se pensiamo che il timbro è come una carta d’identità, un marchio davvero inconfondibile per le corde vocali di ognuno, cosa pensare del timbro, allora, di Dio, a proposito della sua voce? Ve lo siete mai chiesto?
Il timbro è la qualità della voce che permette di distinguere, sul piano percettivo, un suono vocalico da un altro. L’orecchio si tara e si rapporta al tipo di voce e, su tale base, associa frequenze diverse a determinati toni.
Il timbro è quel carattere musicale che ci permette di capire da che cosa è prodotto il suono. Consente quindi all’ascoltatore di individuare la fonte sonora dalla quale il suono è prodotto.
Il timbro della voce è la qualità che corrisponde al colore della voce. Si può descrivere usando moltissimi aggettivi: dolce, secco, aspro, squillante, esile…
Se ricerchiamo storicamente l’uso delle parole per indicare alcuni termini importanti contenuti nel linguaggio biblico, possiamo scoprire interessanti aspetti che declinano la parola “voce” e il suo significato.
Nella lingua italiana la voce indica il suono articolato dell’essere umano tramite le corde vocali: parlare, ridere, cantare, piangere, urlare, ci riportano automaticamente alle variegate espressioni della voce.
Leggendo nella Bibbia le definizioni frequenti a proposito della “voce di Dio”, scopriamo che nel vocabolario ebraico, dove la parola voce è rappresentata dalla lettera “qol”, troveremo che il primo significato elencato è “rumore, strepito, fragore, chiasso, suono”.
Il libro del Profeta Ezechiele usa il termine con una certa frequenza in diversi significati: “qol” è ripetuto 5 volte, nel capitolo 1,24, definendolo in questi modi: il “rombo delle ali” simile al “rumore delle cascate”, al “tuono dell’onnipotente”, al “fragore di una tempesta” e al “tumulto di un accampamento”.
Il timbro di Dio si distingue, assume diversi suoni, fa sentire la sua voce in tanti modi, come in Esodo 19,16-19, in cui il popolo percepiva i tuoni, i lampi e il suono del corno…
“Il terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni e lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di corno: tutto il popolo che era nell’accampamento fu scosso da tremore. Allora Mosè fece uscire il popolo dall’accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte. Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco, e ne saliva il fumo come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. Il suono del corno diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce”.
In questo racconto grandioso dell’Esodo, leggiamo che vi furono dei tuoni, fulmini, una nube densa e un suono (qol), fortissimo del corno… il suono “qol” del corno diventava sempre più intenso e Mosè parlava e Dio gli rispondeva con un tuono (qol).
Nel libro dell’Esodo viene detto che nell’esperienza del monte Sinai il popolo udì direttamente le parole del decalogo pronunciate da Dio dal monte; così come in Deuteronomio 5,1- 22.
Sempre in Esodo 20,18-19, leggiamo: “Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi, il suono del corno e il monte fumante. Il popolo vide, fu preso da tremore e si tenne lontano. Allora dissero a Mosè: “Parla tu a noi e noi ascolteremo; ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo!”.
I tuoni sono stati così trasformati in suoni articolati come parole, quasi a dire che la Bibbia stessa presenta al suo interno un tipo di ”Scrittura Divina”.
Biblicamente parlando scopriamo che Dio può parlare nella Torah sotto forma di leggi, nei libri profetici come rivelazione personale indirizzata al popolo e nei libri sapienziali come frutto di riflessione sulle varie esperienze di vita.
Nel libro di Ezechiele 1,4 leggiamo “Io guardavo, ed ecco un vento tempestoso avanzare dal settentrione, una grande nube e un turbinìo di fuoco, che splendeva tutto intorno, e in mezzo si scorgeva come un balenare di metallo incandescente”; e ancora, come avevamo già citato precedentemente, ai versetti 1,24-25 “Quando essi si muovevano, io udivo il rombo delle ali, simile al rumore di grandi acque, come il tuono dell’Onnipotente, come il fragore della tempesta, come il tumulto d’un accampamento. Quando poi si fermavano, ripiegavano le ali. Ci fu un rumore al di sopra del firmamento che era sulle loro teste”.
In Ezechiele 26,10 indica lo “strepito dei cavalieri” mentre in 26,13 diventa “tuono di YHWH”, nel salmo 29 la frase “La voce del Signore” viene ripetuta per 7 volte, nella descrizione di una violenta tempesta che si è formata nel Mediterraneo per abbattersi sulla costa occidentale, sul Libano e infine sul deserto Siriano.
Oltre allo sconquasso di una bufera, “qol” , può indicare anche un leggero fruscio di una foglia che cade, vedi Levitico 26,36: “A quelli che tra voi saranno superstiti infonderò nel cuore costernazione nei territori dei loro nemici: il fruscìo di una foglia agitata li metterà in fuga; fuggiranno come si fugge di fronte alla spada e cadranno senza che alcuno li insegua”.
Con la parola “qol” nel libro delle Lodi, il Salterio, è un tripudio di celebrazioni della parola di Dio sotto forma di canti, inni, preghiere, suppliche, che invitano a magnificare e a celebrare le opere di Dio.
I salmi, infatti, sono il timbro e la voce del dialogo tra Dio e il suo popolo (Salmo 140) “Io dico al Signore: tu sei il mio Dio; ascolta, Signore, la voce della mia supplica”. Nel Salmo 5,3-4 si legge “Sii attento alla voce del mio grido, o mio re e mio Dio, perché a te, Signore, rivolgo la mia preghiera. Al mattino ascolta la mia voce; al mattino ti espongo la mia richiesta e resto in attesa”.
In senso figurato questa parola non richiede nemmeno qualche suono sensibile: “La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! ” Genesi 4,10.
Il Salmo 19 afferma che tutte le creature proclamano la gloria di Dio semplicemente con la propria esistenza senza bisogno di far sentire la loro voce (Salmo 19,4-5). Nel Salmo 145 che afferma che tutte le creature proclamano la gloria di Dio semplicemente con la propria esistenza. “Canti la mia bocca la lode del Signore e benedica ogni vivente il suo santo nome, in eterno e per sempre”.
Con la voce delle colombe, Naum 2,8 ci avviciniamo alla definizione dei dizionari italiani che parlano della voce come vero e proprio “organo della fonazione”, fondamentalmente comune a tutti gli uomini e animali: “La Signora è condotta in esilio, le sue ancelle gemono con voce come di colombe, percuotendosi il petto”.
Riferendosi alle colombe, il profeta non pensava certo a uccelli parlanti, ma al verso emesso che viene interpretato, in questo caso, come un lamento, un gemito.
Nella scrittura, nel libro del profeta Geremia, si dice che quando fa udire la sua voce, Dio ha una voce, un timbro, simile a un rombo (Geremia 10,13) “Al rombo della sua voce rumoreggiano le acque nel cielo. Fa salire le nubi dall’estremità della terra, produce le folgori per la pioggia, dalle sue riserve libera il vento”.
Nel libro di Giobbe, il suono del flauto richiama la voce di chi piange, Giobbe 30,31: “La mia cetra accompagna lamenti e il mio flauto la voce di chi piange”, già espressiva da sola, senza bisogno di parole o di specifiche spiegazioni. Quando la voce è quella dell’uomo, normalmente, si presuppone che esprima sentimenti o pensieri, come nel caso di chi prega, esprimendo un profondo e intimo dialogo tra Dio e l’uomo: “A gran voce grido al Signore ed egli mi risponde dalla sua santa montagna” (Salmo 3,5).
Possiamo pensare alla preghiera che si recita ad alta voce: è normale l’uso della voce nei dialoghi tra gli uomini e nella preghiera rivolta a Dio; quindi non c’è da meravigliarsi se nella cultura ebraica si attribuisce una voce a Dio per comunicare con gli uomini, per rispondere alle loro suppliche e preghiere e per dispensare consigli per come comportarsi nella vita.
Nella Bibbia scopriamo un linguaggio che ricorre molto spesso alla figura di un Dio che ha occhi, orecchie, volti, braccia, mani, ma anche sentimenti e comportamenti umani: anche la voce, dunque, può essere considerata un elemento importante di cui Dio si serve per parlare ed esprimersi.
Generalmente, leggendo i testi, scopriamo l’uso della voce di Dio in riferimento a fenomeni uditivi, sensibili, ma anche il gusto e la capacità di raccontare è rivelata in tutta la Bibbia, dal momento che tutti i racconti sono resi vivi, non solo dalle descrizioni, ma anche dai dialoghi tra i diversi protagonisti: lo stesso Dio, che rimane il protagonista assoluto di tutte le storie narrate, adotta il suo linguaggio e non resta in silenzio dall’alto dei cieli, ma parla, interagisce e fa udire la sua voce in molti modi all’uomo.
Anche nel Nuovo Testamento, nei Vangeli, troviamo la voce di Dio nelle sue tante declinazioni espressive, ma soprattutto notiamo che è possibile scoprire una voce che viene tramandata, oggi, attraverso la sua parola incarnata e comunicata. La vera Parola, infatti, è lo stesso Gesù Cristo che, nella pienezza dei tempi, si è manifestato a noi nella carne e si è reso visibile agli uomini.
In Giovanni 1,14: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità”. … si spiega che Gesù è il messaggio universale, nel senso che è tutto quello che Dio vuole comunicare all’uomo. Egli preesisteva insieme al Padre, egli fu artefice della creazione di ogni cosa, egli è la luce degli uomini.
La parola, Gesù, è incarnazione di tutto ciò che è Dio. “Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode” Salmo 51,17
Il messaggio d’amore che Dio diffuse per mezzo dei Profeti fu ignorato per secoli: “Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno” (Matteo 23,3) e siccome per le persone era facile ignorare il messaggio di un Dio invisibile, lo stesso messaggio si fece carne, prese forma umana e venne ad abitare in mezzo a noi.
“Infatti ciò che era impossibile alla Legge, resa impotente a causa della carne, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e a motivo del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne” (Romani 8,3).
“Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: Gesù Cristo è Signore!, a gloria di Dio Padre” (Filippesi 2,5-11).
“Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi” (Matteo 1,23).
Questo attraverso i carismi istituiti nella Chiesa, ha la possibilità di essere ascoltato attraverso la voce dei lettori, degli oratori, dei catechisti, di tutti coloro che, insomma, svolgono nella Chiesa questi ministeri.
Il Signore Gesù ha sempre voluto che giunga a tutti gli uomini la sua parola di salvezza, di perdono, di consolazione di speranza e in molti casi Dio si serve degli uomini perché la sua parola venga diffusa, ricevuta e di nuovo consegnata ad altri. Da qui viene per ogni cristiano il compito di trasmettere la parola di Dio, divenendone strumento e servitore.
Proclamare, infatti, non significa solo leggere bene, ma rendere pubblico, acclamare, confessare e rivelare, venerando la parola di Dio e dichiarandone pubblicamente il valore e l’importanza:
rendere noto agli uditori quello che Dio oggi vuol far loro conoscere,
perché siano provocati a dare una risposta.
"Questo libro è dedicato a tutte le persone che desiderano imparare ad avere profonda consapevolezza delle PAROLE della Bibbia e riuscire a proclamarle con autorevolezza e sicurezza"
Racchiude 35 anni di esperienza nella Chiesa condensati in 430 pagine di puro valore.
Non perdertelo per niente al mondo!"
Questo articolo è stato estratto dal libro “La Bocca di Dio” di Marilena Marino.
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