11 – Dalla Fonetica all’esperienza Vocale

11 – Dalla Fonetica all’esperienza Vocale

Pillole dal Libro: LA BOCCA DI DIO  di  Marilena Marino

 

Sai che la voce raggiunge le corde più invisibili della tua anima?

Sai che si possono rimuovere le barriere che ti impediscono di leggere nel migliore dei modi?

Sai che la Parola può guarire chi l’ascolta, recare conforto?

Sai che con la Parola sei chiamato a diffondere il messaggio di Dio attraverso il ministero di catechista, lettore, oratore?

Addentrandosi sempre più nelle profondità conoscitive dell’organo vocale, si può arrivare a comprendere l’importante servizio che esso può svolgere a favore del catechista e di chi svolge questo servizio soprattutto nell’ambito ecclesiale.

Prendere consapevolezza attraverso i propri sensi dell’importanza della vocalità e del coinvolgimento di tutto il nostro corpo, segna un passo ulteriore nel processo evolutivo della voce: il passaggio dalla semplice fonetica al linguaggio esperienziale emotivo.

Cosa significa questo?

Che apporto e beneficio possiamo trarre da questa scoperta?

Che cosa è, soprattutto, il passaggio dalla fonetica al linguaggio esperienziale emotivo?

Intanto dobbiamo sapere che la Fonetica è un ramo della Scienza linguistica che studia i fonemi, cioè i suoni articolati dell’apparato di fonazione umano.

Un simbolo fonetico è un segno convenzionale usato per significare la descrizione articolatoria di un suono, nonché una sua approssimata collocazione in determinate classi detti foni, dal momento che nessuno è in grado di riprodurre due volte lo stesso identico suono.

Nella fonetica, la voce si riferisce ai suoni del parlato prodotti dalle corde vocali.

Abbiamo descritto, infatti, precedentemente, negli altri paragrafi del libro, come la voce ha dei suoni prodotti dalle corde vocali e come la sua qualità si riferisce a determinate caratteristiche in una persona, mentre la gamma della voce appartiene alla gamma di frequenza o intonazione da essa utilizzata.

Le corde vocali vibrano quando un flusso d’aria passa tra di loro, producendo quella che viene chiamata voce, cioè una sorta di ronzio che si può sentire e ascoltare nelle corde vocali e in alcuni suoni. Se le corde vocali vibrano, sentiremo il suono che chiamiamo voce, o fonazione.

Affinché questa voce, da semplice fonazione ed emissione di suono, si trasformi ad essere esperienza vissuta, Parola proclamata, deve attraversare, però, un processo di consapevolezza attraverso il quale la persona, in questo caso l’oratore, attraverso la propria vocalità e parola articolata, diventi completamente un grande messaggio vivente, incarnato, un emblema, cioè, veramente reale e presente nella storia e nel vissuto di tutti i giorni.

Per questo motivo, tutto il linguaggio espressivo che l’individuo ha a sua disposizione, a maggior ragione anche la sensibilità corporea, deve divenire materia di studio e di approfondimento per capire come il fascino della voce si trasforma in realizzazione finale compiuta, dell’uomo, universale e totalizzante!

Si può arrivare a constatare che, passando dalla semplice articolazione a tutte le tappe di uno studio approfondito, la Parola possa giungere davvero alla sua totale manifestazione nella vita concreta delle persone. Qualora essa viene supportata dalla testimonianza forte e verace di chi la proclama con fede, l’annuncia e l’incarna con assoluta credibilità cristiana.

Quello di andare a prendere consapevolezza attraverso i propri sensi dell’importanza della vocalità e del coinvolgimento di tutto il nostro corpo, l’evoluzione, in sintesi, della voce passa dalla più profonda conoscenza di sé, dall’interiorizzare anche i concetti, le frasi, le espressioni contenute nella Scrittura.

Esiste anche la percezione interiore dell’individuo, che tocca le vibranti corde dell’anima, dal momento che egli è la somma di tante componenti, non solo di quelle riguardanti le parti professionali e tecniche con cui ci si approccia a leggere bene un testo.

Sicuramente i principi fondamentali di dizione, public speaking sono importantissimi, ma c’è qualcosa di più profondo e coinvolgente da esaminare: la dinamica voce-stato emozionale-psicofisico di cui ogni persona e ogni lettore necessita per sentirsi al top nelle sue nelle proprie espressioni comunicative.

Facciamo un passo, quindi, all’interno di noi stessi, per ascoltare l’infinito, attraverso una voce che poi diventa “Voce Divina” perché è espressione del messaggio che Dio consegna agli uomini per parlare al suo prossimo.

Cerchiamo nella voce questo spirito, questa componente che innalza l’uomo, e innalza l’anima alle vette di chi ha sete del Dio vivente!

Ripensando alla voce di Dio che ci parla e ha sempre dialogato con l’uomo, come nelle Sacre Scritture, vediamo se la sentiamo, questa voce, se la percepiamo o se siamo tanto distratti da non riuscire a distinguerla… perché nella nostra voce possiamo avere sul serio qualcosa di divino che ci può rapportare con Dio e metterci in sintonia con Lui.

Solitamente non ci accorgiamo di questa bellezza, di questa sacralità della voce; molte volte ci affidiamo soltanto alla nostra bravura, alla nostra volontà di fare bene attraverso determinate tecniche che pure sono importanti per migliorarci, mentre dobbiamo poter far emergere dalla nostra voce qualcosa di infinitamente profondo che può scaturire dalla nostra sorgente interiore.

Esiste una vibrazione primordiale, un’energia, l’energia creatrice dell’universo. Che sia soffio vitale, Verbo, Parola Sacra, canto, palpito, la vibrazione Divina costituisce qualcosa di veramente importante perché i suoni che scaturiscono dal profondo, racchiudono preziosi messaggi inviati alla nostra anima e che attendono di essere liberati attraverso la Parola che andiamo ad enunciare.

Sono Parole che anche i profeti hanno cercato di decodificare per parlare agli uomini, messaggi che il Signore stesso vuole comunicare attraverso i suoi testimoni.

Quando riusciamo ad ascoltare anche il nostro corpo in silenzio, assieme alla nostra anima e a prendere coscienza del nostro respiro, in qualche momento di contemplazione, placando le tante voci esterne che infastidiscono la pacificante quiete, sperimentiamo l’ascolto in profondità e ci connettiamo anche, attraverso i nostri sensi, con la parte di noi più intima e rappresentativa.

Non a caso la preghiera, che tanto ricorre nei Vangeli di Gesù, è il colloquio più importante che il Cristiano è chiamato a vivere per ascoltare cosa Dio vuole comunicare.

La preghiera, soprattutto la preghiera silenziosa, anche di qualche minuto, è il momento più importante per relazionarsi nella dimensione spirituale di cui l’uomo necessità per stabilire una connessione speciale con il Creatore e prendendo una pausa e la giusta distanza dall’ascoltare banalmente i propri istinti.

Quando Gesù si ritirava sul monte a pregare, quando era nel deserto, nei momenti di maggiore difficoltà, come nell’orto degli ulivi, quando si isolava dalle folle per prendere una decisione, per parlare ai suoi discepoli, per isolarsi dal clamore delle folle, per non essere fatto re, la preghiera ha sempre rappresentato un’oasi privilegiata per ristabilire quel contatto unico, prezioso, indefettibile con il Padre che gli suggeriva parole piene di sapienza e di verità.

 

man kneeling in front of wooden cross
Come si fa a distinguere la vera preghiera, il vero contatto con Dio?

Anche il corpo, se ci pensiamo bene, partecipa a questo stato di sospensione quasi eterna: sembra esularsi dalle mille contraddizioni che giungono ai suoi sensi, cercando di stare fermo in contemplazione, con le mani giunte o ferme sulle ginocchia, o alzate in gesto di resa provvidenziale, o che chiedono aiuto al cielo.

Si domina la propria postura per dominare un moto improvviso di insofferenza per il tanto tempo che passa, si cerca di restare immobili per evitare gesti sollecitati continuamente da rumori esterni, si chiudono gli occhi per evitare distrazioni, il respiro viene automaticamente controllato per non essere dominato dall’ansia.

Osserveremo, se siamo attenti e ci ricordiamo di tutte le volte che siamo stati in preghiera, di come anche la stessa contemplazione estatica, silenziosa, che assumiamo nel volto, senza rendercene conto, ha il sapore come di una certa trascendenza spirituale e anche lo stesso corpo, dunque, può sentire, dopo aver vinto gli istinti nella carne, una certa pace, può ascoltare anche una primordiale gioia che attraversa la sua anima.

La voce interiore del cuore oltrepassa, a volte, i significati e le parole per giungere ad esprimere realtà ineffabili, come se l’incapacità di tradurre in parole i propri moti interiori, desidera lasciar spazio all’alta espressione della preghiera silenziosa.

Quando lo spirito è nella pace, anche il corpo avverte una grande sensazione di pace, i suoi lineamenti assumono serafici atteggiamenti di tranquillità, persino la voce sembra fluire con una certa leggerezza.

Vibrare armonicamente, dunque, con il nostro corpo ci aiuta, non solo ad essere partecipativi e attivi, ma possiamo dare suono ai nostri pensieri alle nostre emozioni e quindi questo permette di riattivare in noi un processo di ricreazione perché il nostro corpo è un’orchestra e si adatta e ci sentiamo bene quando vibriamo armonicamente.

Che fare dunque? Pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l’intelligenza; canterò con lo spirito, ma canterò anche con l’intelligenza” (1 Cor.14,15).

Prendi anche tu la cetra affinché la corda dei tuoi sentimenti più nascosti, toccata dal plettro dello Spirito, mandi il suono delle buone azioni, prendi l’arpa affinché risuoni l’armonia delle tue parole e delle tue opere, prendi il tamburello affinché lo Spirito adoperi interiormente lo strumento del tuo corpo e la grata amabilità della tua vita sia resa manifesta dall’esercizio delle tue opere” (Origene, Omelie sui Salmi Ts 5,23).

La preghiera è, dunque, una delicata creazione che attraverso la voce si libra nell’aria e raggiunge il cielo.

Come sorgente sgorghi alla fonte

disseti la sete, sfami la fame

come sorgente che tace si effonde

da gola stillante acuti sonori

gemiti accendono il ciel di filanti solfeggi.

Preghiera notturna cangiante colore

la notte si accende, riprende sapore

all’alba si spegne quel dolce rumore

di labbra sospese nel dolce fragore

e frasi brillanti sono fili che tesson

con preziosi diamanti

quei ricami di salmi come fil luccicanti.

Come sorgente, come scia celeste

quell’ugola canta e di luce si veste

una voce assomiglia proprio a un Dio che già esiste

e raggiungere vuole, sotto il manto stellato

il cuore dell’uomo perché d’amor ubriacato!

Testo di Marilena Marino

 

  "Questo libro è dedicato a tutte le persone che desiderano imparare ad avere profonda consapevolezza delle PAROLE della Bibbia e riuscire a proclamarle con autorevolezza e sicurezza"
Racchiude 35 anni di esperienza nella Chiesa condensati in 430 pagine di puro valore. 
Non perdertelo per niente al mondo!"

Questo articolo è stato estratto dal libro “La Bocca di Dio” di Marilena Marino. 
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10 – La parola di Dio che guarisce – L’importanza di usare bene la voce

10 – La parola di Dio che guarisce – L’importanza di usare bene la voce

Pillole dal Libro: LA BOCCA DI DIO  di  Marilena Marino

 

Come leggiamo nei Vangeli, Gesù ha operato diverse guarigioni nella sua vita, ha guarito paralitici sordomuti, giovani posseduti da uno spirito muto, restituendoli così alla relazione vera con suo Padre.

In Marco 9,25 leggiamo:

Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito impuro dicendogli: Spirito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui e non vi rientrare più”.

In Marco 7, 31-37:

Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!»”.

È interessante notare come in tutte queste narrazioni sono coinvolti tutti i sensi e diverse parti del corpo: orecchie, lingua, bocca, il senso del tatto, del gusto, dell’udito, una voce che emette un sospiro, quasi un flebile grido verso il cielo, ma così potente ed efficace da operare guarigioni e ristabilire dalla malattia tutto l’essere umano.

Ciò ci deve far riflettere seriamente di quanto la voce, nella proclamazione di Dio, della sua Parola, per opera dello Spirito Santo che conferisce forza, possa essere anche strumento di riabilitazione umana e sociale.

Pensiamo anche al linguaggio dei segni, operato nei confronti di quelle persone che hanno forti disabilità fisiche: consideriamo quanto potente sia il linguaggio espressivo, il beneficio del suono e l’utilizzo della vocalità per parlar loro, oltre il linguaggio delle mani, del corpo, delle espressioni facciali, e dell’intenzionalità di trasmettere un messaggio che porti vita, che sia dialogo, anche con persone che hanno seri handicap nel proprio corpo!

A proposito di una persona che nasce sorda, per esempio, sarebbe interessante considerare che tipo di linguaggio arriva o adotta nei propri pensieri: pur nascendo con questo handicap, la persona sorda ha comunque una voce nella propria testa, che non è basata solo sul suono.

Si parla di essere visivo, perché essa vede dentro immagini, segni, talvolta parole stampate.

La sua voce interiore ha parole, concetti e pensieri, la sua testa non è vuota, né silenziosa, dal momento che può elaborare informazioni attraverso il suo cervello, i suoi occhi, il suo naso, la sua lingua e il suo tocco.

Il suono non fa parte del suo processo di pensiero ma ciò non significa che non abbia una voce interiore.

Tutta questa importante riflessione per dire che la voce come canale di comunicazione, non può essere definita soltanto un accessorio, nella persona, tanto più in persone che comunicano normalmente e non hanno problematiche particolari.

Ragione ulteriore per rivalutare alla grande il personale percorso vocale e riconsiderare gli effetti che la propria voce può produrre nei vari contesti in cui si trova.

Non è un suono indistinto: che c’è o non c’è, che suona o non suona, che vibra o non vibra!

Abbiamo già detto che la voce rappresenta la tua essenza, quindi, dobbiamo fare questo sforzo a priori di rimpossessarsi di questa vocalità che rappresenta la nostra persona; oltre che pensare ai vari contenuti delle varie catechesi, dell’omelia che deve essere certo preparata bene e con devozione profonda, o al salmo che va salmodiato con amore, o alla catechesi che viene proposta al livello anche intellettivo.

La voce non è un suono che esce più o meno forte, ma la voce ti identifica, esprime la tua essenza, è la nostra coscienza; quindi “dare voce” ad un brano della Sacra Scrittura, è qualcosa di unico ed importante!

In quel preciso momento le parole che escono dalla tua bocca rivestono una carne, un’identità, qualcosa che si concretizza mentre si parla, la Parola ha il potere veramente di trasformare chi ascolta, ha un potere kerigmatico intrinseco che ha un qualcosa di straordinariamente forte, divino, perché ha la facoltà di trasformare le persone, è un’azione dello Spirito Santo che ha la facoltà di agire nelle persone disponibili all’ascolto e in tutti i battezzati.

È possibile e doveroso passare dal suono alla parola: questa parola che noi vogliamo annunciare, proclamare, leggere e con la quale vogliamo istruire gli altri per vocazione, è una missione bellissima , eccezionale che Dio ha dato a ciascun battezzato; deve essere valorizzata bene, usata bene e fatta risplendere, perché è un canale di comunicazione unico, come uniche sono le voci.

Gli animali, le piante, il mondo acquatico con tutti i pesci, la natura stessa producono suoni ma non hanno la possibilità di veicolare parole formulate come accade con la voce umana; per questo abbiamo il dovere di valorizzare la nostra vocalità ed esprimere tutte le potenzialità umane per lanciare al mondo il messaggio di Dio Padre Creatore dell’universo, del Cielo e della Terra.

Ognuno di noi ha una voce bellissima; anche se a molti non piace la propria voce e la ritengono difettosa, il più delle volte. Ogni voce è diversa dall’altra, irripetibile, e dalla tua voce ci si può fare un’idea di chi sei, di quello che vuoi dire.

Certo poi entrano in campo tanti processi quando parliamo: l’aspetto cognitivo, intellettivo, emozionale, l’aspetto anche scientifico che serve per migliorare la pronuncia, ma come può risuonare fuori perfetta, se dentro non siamo riconciliati un pò con il passato, con la vita, con le nostre ombre, con le nostre barriere?

Affinché possiamo parlare di una voce libera e liberante è indispensabile rimuovere questi personali ostacoli e barriere createsi nel tempo.

Torniamo ancora alla parola di Dio, alla Lettera agli Ebrei 4,12 dove si dice che la parola di Dio è viva ed efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio.

Come la voce diventa Parola incarnata?

Come la voce assume questa sacralità, questa valenza, questo potere? Affinché diventi questa spada tagliente a doppio taglio, è davvero importante che essa coinvolga con quello che dice chi ascolta? Si pensa mai di attribuire una consistenza ed una importanza così determinante alla voce in questo senso?

Eppure Dio ha dato all’uomo, annunciatore della Buona Notizia del Vangelo, questa grande possibilità, quella di rendere possibile che si dia un Avvenimento, un Avvenimento con la A maiuscola.

L’Avvenimento che la Parola, uscita dal seno del Padre, plana sull’umanità dispersa, la raccoglie dai quattro venti e la riunisce nell’unità, facendola risuonare viva, ancora oggi, nella vita di tutte le persone!

Per questo “la voce che grida nel deserto dell’esistenza umana” deve risuonare nei nostri tempi non come qualcosa che è passato, o che si è udita tantissimi anni fa, e che non ha valore, ma come un’entità davvero significativa, attuale e contemporanea, che continua a far udire questo grido intenso d’amore per l’uomo e per ogni tipo di deserto che attraversa oggi.

Se riusciamo a conferirle questo senso di sacro, facciamo senz’altro un enorme passo avanti; infatti, non basta essere pieni di contenuti da dire, bisogna avere una forma di esposizione idonea quando ci si presenta davanti all’Assemblea: è poco ammissibile presentarsi ad annunciare questo avvenimento, questa Parola, con difetti gravi di pronuncia, con un’estetica inappropriata, come abbiamo già detto, con mancanza di autorevolezza, per non sottolineare le dinamiche che occorre studiare per fare della vocalità un canale di trasmissione che vuole incarnarsi seriamente attraverso i predicatori e gli araldi del Vangelo.

Non ultimo, ritorno a dire, l’estetica, la cura dell’aspetto esteriore che, in questi tempi dove è diffuso l’uso dei media e dei social, è rilevante per testimoniare la bellezza di un popolo risorto che deve far presente Gesù Cristo.

Certamente il compito dell’evangelizzatore è immenso, è difficile, ma San Paolo lo ha definito come il dovere più grande di ogni Cristiano, dal momento che la predicazione è il cuore dell’evangelizzazione, è un dovere che la Chiesa e i Cristiani possono e devono compiere in modi differenti.

Evangelizzare, nella sua accezione, ha un ricco significato, molto ampio, ma sicuramente riassume l’intera missione della Chiesa nel realizzare la “Traditio Evangelii”, l’annuncio e la trasmissione del Vangelo.

Annunciare, predicare, significa anche lodare, celebrare, rendere il messaggio vivo ed efficace con tutte le proprie forze, realizzare lo “Shemà” in pienezza.

Sei convincente nel trasmettere la giusta autorevolezza a questa Parola?

O ti tornano in mente i suggerimenti disfattisti che avevamo elencato nei capitoli precedenti e pensi che, essendo una persona con tanti difetti, ti concedi uno sconto sul pronunciare male certi termini, certe frasi della lettura, tanto fa lo stesso, dal momento che i primi discepoli erano semplici uomini e non andavano a scuola di dizione? Fa lo stesso, se non cerco di stare attento ai miei atteggiamenti esteriori, alla mia postura, al mio modo di vestire con dignità, perché tanto, l’importante è che la Parola sia al primo posto e il resto conta poco!

È poco importante se non cerco di curarmi anche in certi dettagli? Tanto l’importante è quello che si comunica, è Dio che opera e non sei tu il protagonista!

 

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Sicuramente Dio viene al primo posto, ma si serve di te per raggiungere gli altri, quindi, non trascurarsi vale quanto l’impegno che metti nello svolgere il compito che ti è stato assegnato!

Devi sempre cercare di specchiarti, di riflettere il meglio di te, di progredire e di migliorarti: non si può essere uno strumento stonato che intona una melodia che non rispecchia la sinfonia meravigliosa che Dio ha creato e vuole continuare a far ascoltare agli uomini.

Bisogna essere all’altezza del compito e migliorare… Sì, migliorare si può, si deve, proprio per avvalorare il grande compito che qualsiasi annunciatore della Parola si trova a svolgere!

Essere perfetti come perfetto è il Padre che è nei cieli!

Dice il Salmo 105,1-2:

Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome, proclamate fra i popoli le sue opere. A lui cantate, a lui inneggiate, meditate tutte le sue meraviglie”.

La sua Parola, dunque, è davvero efficace quando opera e non ritorna indietro vuota, ma produce i suoi frutti dovunque viene annunciata: che cosa infatti è impossibile a chi crede, che cosa è impossibile a chi ama?

Quando parla, questa Parola, le sue parole trapassano il cuore come gli acuti dardi scagliati da un eroe che penetrano tanto dentro da raggiungere le intimità segrete dell’anima.

Più sei spoglio e vuoto interiormente, più ti fai contenitore ricco di Dio, più Lui riempie tutto il tuo essere, le tue viscere e ti fa essere bocca del suo messaggio.

Nel libro dei Salmi c’è scritto (Salmo 29,3-9):

La voce del Signore è sopra le acque,

tuona il Dio della gloria,

il Signore sulle grandi acque.

La voce del Signore è forza,

la voce del Signore è potenza.

La voce del Signore schianta i cedri,

schianta il Signore i cedri del Libano.

Fa balzare come un vitello il Libano,

e il monte Sirion come un giovane bufalo.

La voce del Signore saetta fiamme di fuoco,

la voce del Signore scuote il deserto,

scuote il Signore il deserto di Kades.

La voce del Signore provoca le doglie alle cerve

e affretta il parto delle capre.

Nel suo tempio tutti dicono: «Gloria!»”.

Queste parole del salmista, confermano le parole di Geremia ed Ezechiele e fanno intendere cosa accade quando Dio si presenta e parla con la sua voce grandiosa, autorevole!

Anche il profeta Isaia al capitolo 33,3 dice: “Alla voce del tuo fragore fuggono i popoli, quando t’innalzi si disperdono le nazioni”.

Quindi viene descritta la voce di Dio come una voce che tuona, la voce di Dio si distingue per un timbro tuonante.

Dunque, c’è coerenza tra l’Antico e il Nuovo Testamento che Dio ha un timbro di voce maestoso e questo viene descritto diverse volte in termini molto chiari.

San Gregorio di Nissa commenta la vocazione di Mosè in Esodo 3,2-22:

Fu nel tempo in cui si trovava nel deserto che, secondo la testimonianza della storia, Dio gli si manifestò in modo miracoloso. Un giorno, in pieno pomeriggio, fu colpito da una luce così intensa che superava quella del sole è quasi lo accecò. L’insolito fenomeno, pur avendolo sbalordito, non gli impedì di levare gli occhi verso la cima del monte, dove vide un chiarore di fuoco attorno a un cespuglio, i cui rami però continuavano a restare verdi anche in mezzo alle fiamme, come se fossero coperti di rugiada. A quella vista Mosè esclamò: “Andrò a vedere questa grande visione” (Esodo 3,3) e mentre pronunciava queste parole avvertì che il chiarore del fuoco raggiungeva contemporaneamente e incredibilmente tanto i suoi occhi come il suo udito. Da quelle fiamme avvampanti vennero infatti a lui come due grazie diverse: l’una, attraverso la luce, dava vigore agli occhi, l’altra, faceva risuonare alle orecchie ordini santi. La voce proveniente dal chiarore ingiunse a Mosè di levare i calzari e salire a piedi nudi verso il luogo in cui splendeva la luce divina.

La voce proveniente dal chiarore, comandò a Mosè, dunque, di non accedere al monte appesantito dai calzari fatti di pelle morta, come a dire che al mistero ci si deve accostare non con pelle morta i calzari, ma con pelle viva. Siamo chiamati ad entrare nella terra santa delle relazioni a piedi nudi: occorre nudità di piedi e di anima, delicatezza e massimo rispetto per ascoltare l’altro nella sua diversità e unicità, occorre entrare a piedi nudi e come su carboni ardenti nel mondo interiore del ministero di cura personale” (Tratto dai Percorsi biblici del “prendersi cura” edizioni La Cittadella).

 

  "Questo libro è dedicato a tutte le persone che desiderano imparare ad avere profonda consapevolezza delle PAROLE della Bibbia e riuscire a proclamarle con autorevolezza e sicurezza"
Racchiude 35 anni di esperienza nella Chiesa condensati in 430 pagine di puro valore. 
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Questo articolo è stato estratto dal libro “La Bocca di Dio” di Marilena Marino. 
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9 – La persona, la creatura umana al centro dell’amore di Dio

9 – La persona, la creatura umana al centro dell’amore di Dio

Pillole dal Libro: LA BOCCA DI DIO  di  Marilena Marino

 

Salmo 8, 5-7

Che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi,

il figlio dell’uomo, perché te ne curi?

Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,

di gloria e di onore lo hai coronato.

Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,

tutto hai posto sotto i suoi piedi”.

Così dice il Salmo, e così l’uomo deve prendersi cura di se stesso e del creato.

Essere catechista, essere annunciatore, essere proclamatore della parola di Dio, significa anche prendersi cura di se stessi, per quanto possibile, per riportare la bellezza a vantaggio del prossimo.

In un capitolo precedente suggerivamo di come sia necessario registrarsi, e riascoltare la propria voce mentre si declama un passo, approfondendo meglio alcune sezioni per diventare, un pò alla volta, dei seri professionisti.

Certo, quasi mai ci registriamo mentre parliamo: tutt’al più, attraverso la messaggistica contemporanea, possiamo riascoltare messaggi vocali che rimandano alla nostra voce, ma non siamo educati a registrare la nostra vocalità per poterla analizzare e correggere!

Ci disturbiamo delle critiche che altre persone ci rivolgono a proposito del nostro timbro, che sia brutto, che sia bello, che sia squillante o balbuziente, opaco o suadente, ma raramente ne facciamo oggetto profondo di studio e di analisi per migliorare o cambiare qualcosa!

Abbiamo parlato di come pronunciare la Parola con enfasi, dolcezza, autorevolezza, stile colloquiale, con le varie modulazioni della voce, ma prima di proseguire e addentrarci particolarmente sul linguaggio e sulla maniera espressiva della lettura, dobbiamo andare ad analizzare le caratteristiche della vocalità.

Ogni voce è un canale di comunicazione importantissimo e, a seconda della voce che usi, sappi che anche il tuo messaggio può cambiare, perché la voce dice immediatamente chi sei: la voce trasferisce il tuo valore, la tua personalità, il tuo stile, la tua cultura, in definitiva, il tuo carisma.

Abbiamo visto che ci sono anche delle barriere, dei limiti che impediscono che la nostra voce possa uscire in modo fluido, impedendo che il messaggio si presenti chiaro a chi ascolta. Se non usiamo bene la voce, fondamentalmente, non possiamo usare neanche noi stessi, il nostro modo di approcciarsi agli altri.

Prendiamo in considerazione la postura del nostro corpo, il nostro modo di porci davanti all’Assemblea, in pubblico.

Siamo rigidi? Si nota all’esterno questo modo di essere, visivamente parlando, contratti, con la mascella ingessata, poco elastica?

Avete quella contrattura a livello di bocca, di viso, di articolazione delle labbra, di collo, quella fastidiosa sensazione di rigidità muscolare, cioè, che non vi permette di incedere fluidi nel discorso che state per fare?

Ecco, questi traumi, queste problematiche che producono tali effetti, sono innanzitutto dentro di noi e dovrebbero essere opportunamente rimosse per raggiungere una certa scioltezza anche fisica mentre parliamo.

Pensate che questi ostacoli possono arrivare a cambiare persino la timbrica, il suono, lo spessore della stessa voce, per questo è molto importante intervenire nella nostra emotività per sbloccare le nostre emozioni e far sì che questa parola che esce attraverso la nostra bocca, possa essere un discorso fluido ben organizzato.

Anche se le regole comportamentali che si adottano nei semplici corsi di dizione, a volte, sono importanti, non riescono ad essere sufficienti a sbloccare la nostra situazione emotiva interiore.

Occorre realizzare un piano ben strutturato per chi si approccia alla scoperta della voce: essa va in qualche modo analizzata, trasformata, modificata, perché una cosa è utilizzare una bella voce e un’altra cosa utilizzare una voce che ha delle “stonature” nella propria modulazione!

È necessario il processo di scoperta della propria voce, educare il nostro orecchio ad ascoltare quello che nella voce potrebbe essere cambiato oppure migliorato.

Vorrei chiedere ancora:

ti sei mai sentito a disagio nelle conversazioni con gli altri?

Perché potrebbe succedere che durante una chiacchierata anche amichevole con colleghi di lavoro, amici, in qualche festa, in eventi semplici in famiglia, o anche molte volte dovendo argomentare in una catechesi, nell’esposizione di un’omelia rivolta all’Assemblea, non so se hai fatto caso a questo impaccio emotivo e ti sarai chiesto come mai succede questo?

Ad un certo punto ti sei trovato in difficoltà per proseguire una certa conversazione, un certo discorso.

Quali strane dinamiche sono intervenute? Potresti aver sentito uno strano imbarazzo nell’esporre un argomento, parlando ti sei sentito impacciato, oppure non sei riuscito a sintonizzarti con le persone, con la platea che avevi davanti, con il pubblico….

Magari ti sei sentito irrigidito all’improvviso, come un blocco psicologico, hai tentato di sorridere, dimostrarti interessato a quello che stavi dicendo, ma in realtà hai perso il focus anche dell’argomento e quindi ti sarai sentito paralizzato in una strana dimensione e avrai visto che anche le persone che ti stavano ascoltando e stavano seguendo qualcosa di importante che stavi dicendo, poi hanno perso un pò la bussola, si sono deconcentrate, oppure hanno trovato il tuo discorso noioso.

Dunque, è importante avere padronanza con la propria voce e con il proprio corpo attraverso dei semplici esercizi di respirazione, inspirazione, rilassamento, come è stato suggerito prima, anche con qualche minuto di concentrazione e silenzio prima di dedicarsi a declamare un’orazione, un salmo, leggere una lettura, fare una catechesi.

A bloccarci, molto spesso, può essere anche la paura del giudizio degli altri. La cosa che più ci può spaventare e che può evolvere in una situazione molto terrorizzante è la critica che percepiamo dalle persone.

Il parere degli altri ci può spaventare molto più delle nostre idee, esporci al giudizio altrui, potrebbe essere una delle più grandi demotivazioni che ci conducono all’ansia, e all’inibizione.

La nostra voce può correre il rischio di non farsi conoscere per come è realmente, e restare ingabbiata dentro la corazza che mostriamo esteriormente nel tentativo di difendersi dalle critiche esterne.

Ci nascondiamo e ci eclissiamo davanti al parere che le persone possono esprimere su di noi; possono venire a galla tutte le nostre caratteristiche di debolezza, e prendere il sopravvento su quelle più forti.

Questa spirale negativa ci conduce rapidamente ad avere sentimenti di sfiducia e mancanza di stima; tutto quello che ne consegue, anche l’omelia, anche un discorso, una lettura, una catechesi che devi esporre, possono poi scadere e far perdere l’interesse agli altri, possono condurci ad un calo di tono e di capacità espressiva e le persone che erano attente fino a quel momento possono deconcentrarsi e perdere l’interesse verso quello che la nostra voce stava esponendo.

Quindi, capite bene, come sia importante avere il controllo della propria emotività e gestire bene la propria voce e il proprio corpo.

Un argomento interessante potrebbe essere quello che riguarda la varietà di tonalità delle voci, passare, cioè, mentre si legge, mentre si tiene un discorso, da una modulazione di tono alto a quello medio, a quello basso, al fine di rendere la nostra voce fluida, interessante, ma anche priva di quel “monotono tono” che qualcuno usa spesso senza accorgersene. Si rischia di annoiare l’ascoltatore perché parliamo sempre con lo stesso suono, con lo stesso intercalare.

Dobbiamo sapere che ognuno di noi porta dentro “un suono”, un canto, una melodia, anche stonata che sia o poco armoniosa, che usa quando sta al telefono, quando parla normalmente, quando prega, quando parla ad alta voce, quando canta.

Tutti quanti abbiamo come una “tonalità nella voce”, anche se non facciamo i cantanti, c’è una certa sonorità, una certa musicalità nel modo in cui noi ci relazioniamo che può essere anche modificata con qualche accorgimento per rendere tutto più bello e armonioso.

Sono convinta che non siamo abituati ad ascoltarci a sufficienza e se non prendiamo provvedimenti in tempo, non solo corriamo il pericolo di stancare, di annoiare, ma anche di sprecare questo dono meraviglioso ed unico che è la voce.

Diamo l’importanza che merita alla vocalità, cercando anche di giocare con i toni, renderli variegati, passare da un tono all’altro quando il contesto della lettura lo richiede; per questo abbiamo parlato anche di una voce che cambia tonalità, che cambia dimensioni, espressione e ci dà, nel momento in cui emettiamo questi suoni, la dimensione anche personale e cognitiva del nostro essere.

In poche parole ci fa essere, mentre quando lo Spirito Santo che è in noi per il battesimo, la proclama sotto forma di Parola, ci fa vivere e fa vivere chi l’ascolta.

La possiamo chiamare un pò come la “giostra delle voci”, questa altalena vocale, come una melodia cangiante che vivacizza il nostro modo di esprimerci, tante espressioni, tante note, tanti colori che ci aiutano a rendere vivo l’ascolto e a liberare inconsciamente quello stato di rigidità e inflessibilità che ci portiamo spesso dentro.

 

man kneeling in front of wooden cross

Ritrovare il gioco che facciamo all’esterno:

ritrovare quel gioco dentro la nostra vita, dentro noi, in quella parte più nascosta, più profonda, dove andare a ripescare proprio una voglia di gioco, una voglia di rimettersi in discussione, quasi un innocenza primordiale che tutti quanti abbiamo avuto e che portiamo dentro di noi ma che poi, con l’andare del tempo, è andata persa.

Proprio perché abbiamo a che fare con la serietà della parola di Dio da proclamare, questo gioco della “giostra delle voci” serve, al contrario, a non prenderci troppo sul serio, anche se molto serio è il compito che ci aspetta di annunciatori, ma riesce a ridimensionare anche il nostro atteggiamento di sentirci sempre al di sopra delle cose, al di sopra delle situazioni, molte volte anche al di sopra degli altri.

Ricordandoci sempre di essere dei servi inutili, possiamo adottare questa semplicità di bambini che si affidano al Signore e, allo stesso tempo, rendono professionale il loro carisma all’interno dei ministeri.

Affinché questa voce sia più bella possibile nei nostri discorsi, nelle nostre orazioni, dovremmo cercare di giocare, di mettere in discussione la nostra vocalità, di esaminare a fondo questa voce, di usare questo gioco delle tonalità, ma non tanto con l’espressione di vocaboli più o meno arguti, quanto proprio con una modulazione che rimanda a “un’innocenza primordiale” che dobbiamo andare a ripescare dentro di noi.

Se facciamo questo “gioco liberante” forse riusciremo ad evitare di parlare… così… in modo a volte troppo accademico, a volte troppo rigido, a volte troppo didascalico, o sembrare come dei maestri “eccelsi” che usano la voce sempre in modo perentorio, o con una una tonalità che incute paura, che induce soffocamento, che incute rigidità; o, al contrario, essere troppo mielosi, sdolcinati, eterei, lenti nel parlare, prolissi nel chiudere una frase, ripetitivi nei concetti, eccessivamente intimisti e ripiegati in se stessi.

Tutto può scatenare negli altri che ascoltano, lo stesso stato che viene generato con la medesima modulazione di voce o la stessa intenzione; quindi è importante, a seconda di cosa leggeremo, di cosa studieremo, di cosa proclameremo, di meditare prima su questi argomenti.

Cerchiamo di ambientarci prima nella lettura che andremo a fare: questo esercizio di scioglimento interiore, di riflessione, di allenamento con la respirazione, consente una buona preparazione.

Meditare qualche minuto, concentrarsi anche sulla propria essenza, sulla propria interiorità, su questo mondo dove vive quel bambino che c’è sempre stato e che in un modo o nell’altro abbiamo soffocato e non riusciamo a riscoprire più, quindi, è molto importante!.

Non dimentichiamo mai di riscoprire il bambino che è in ciascuno di noi, la semplicità di lasciarci sorprendere dalle emozioni, provando a liberarci dai condizionamenti esterni e interni, di emozionarsi ogni volta in un modo diverso, anche se le letture ci possono sembrare ripetitive, e ascoltate mille volte.

Queste sembrano non risuonare più al nostro interno, a poco a poco perdono di interiorità, lucidità, accusano l’usura del tempo, degli anni, non rimbalzano nei cuori con la medesima energia di una volta, ci pare siano dei racconti lontani, distanti, rimbalzano come una pallina su di un muro di gomma e, quel che è peggio, non raggiungono le persone, non scavano dentro di loro quel solco necessario al seme della parola di Dio.

Donarsi, non difendersi davanti alle emozioni,

ai colori, ai sensi, all’emotività.

Come puoi pensare di avere una voce che si modula bene, che vibra, emotiva, se prima non liberi queste zone nascoste che sono dentro di te?

Al nostro interno si muovono colori, sensazioni, fantasie, gioco, creatività; perché questi sentimenti possano poi affiorare fuori, nel mondo e quindi raggiungere come delle onde vibrazionali, le persone che, attraverso le orecchie, ricevono queste emozioni, questo messaggio, attraverso la tua voce, è importante, come abbiamo detto, che ci riapriamo a questa dimensione del mondo originale interiore, innocente, in un certo senso, libero.

Le nostre emozioni devono avere la possibilità di fluire all’esterno, la nostra voce deve divenire una voce liberata che sappia accogliere, interrogare, smuovere, mettere in movimento, instaurare ponti di dialogo, di vivacità, di desiderio di accendere la persona che abbiamo davanti e che ti ascolta!

I nostri discorsi devono riacquistare sapore, regalare vitalità, mettere, curiosità, perché, dal modo in cui parliamo, la persona che abbiamo davanti viene come catturata da questa voce carismatica e si risveglia automaticamente nel suo subconscio.

Anche se l’ascoltatore resta muto, al suo interno sviluppa una coscienza critica, quasi un dialogo con chi parla, perché la voce del lettore o del catechista in questione è stata capace di smuovere le sue viscere, lo ha emozionato ed è entrato in relazione, in contatto emotivo, e sente che qualcosa in lui sta cambiando davvero.

Affinché si possa entrare anche in questo scambio, affinché il pubblico, la platea, il popolo che ascolta la tua voce possa uscire da un’adunanza rinnovato, e non lo stesso di come vi è entrato, è necessario essere imbevuti di un certo “spirito”, di un certo “carisma”, da una certa “grazia” che però va aiutata, sviluppata e resa ancora più efficace con questi suggerimenti e accorgimenti che cerco di descrivere in questo libro e nei miei corsi.

Non una parola morta, fredda, dunque, che crea distanza, divisioni, che non congiunge ma separa, bensì una parola che unisce, riscalda, affascina, illumina, non si stanca mai, non è mai ripetitiva, tiene acceso il desiderio di scoprire ancora di più cosa Dio vuole dire ogni giorno alla vita dell’uomo.

Aggiungerei, per concludere, che l’ufficio del lettore mette in evidenza anche il dovere di tutti i membri del popolo di Dio di dedicare parte della propria vita all’evangelizzazione, alla predicazione e alla testimonianza del messaggio di salvezza. Quindi, questo ministero, non consiste solo nel leggere ad alta voce, ma va molto oltre e richiede che ci si impegni con tutte le forze a capire un testo, per mettere la propria formazione e la propria voce come strumento a servizio della parola di Dio.

È consigliabile che in una parrocchia si costituisca un gruppo di persone che si incontri regolarmente, non solo per questioni organizzative o per stabilire i turni di servizio, ma soprattutto, per approfondire la formazione liturgica, magari coordinati da qualche animatore parrocchiale che segue e orienta questo gruppo, al fine di contribuire responsabilmente e comunitariamente con gli altri ministeri presenti nella parrocchia alla buona riuscita delle celebrazioni.

La creazione di un gruppo di lettori rappresenta una meta pastorale per ogni comunità cristiana perché consente di ampliare gli spazi della partecipazione ed esprime la comunione ecclesiale in tutta la sua pienezza, prendendo le distanze da una mentalità accentratrice e monopolistica del ministero.

 

  "Questo libro è dedicato a tutte le persone che desiderano imparare ad avere profonda consapevolezza delle PAROLE della Bibbia e riuscire a proclamarle con autorevolezza e sicurezza"
Racchiude 35 anni di esperienza nella Chiesa condensati in 430 pagine di puro valore. 
Non perdertelo per niente al mondo!"

Questo articolo è stato estratto dal libro “La Bocca di Dio” di Marilena Marino. 
Se anche tu vuoi ricevere il libro, clicca qui:

 

8 – Quando la Parola diventa dialogo col Signore.

8 – Quando la Parola diventa dialogo col Signore.

Pillole dal Libro: LA BOCCA DI DIO  di  Marilena Marino

 

Isaia 1,18-20:

Su, venite e discutiamo – dice il Signore.

Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto,

diventeranno bianchi come neve.

Se fossero rossi come porpora,

diventeranno come lana.

Se sarete docili e ascolterete,

mangerete i frutti della terra.

Ma se vi ostinate e vi ribellate,

sarete divorati dalla spada,

perché la bocca del Signore ha parlato”.

Geremia 23,28:

Il profeta che ha avuto un sogno racconti il suo sogno; chi ha udito la mia parola annunci fedelmente la mia parola”.

Geremia 3,29:

La mia parola non è forse come il fuoco – oracolo del Signore – e come un martello che spacca la roccia?”.

Nel Vangelo di Marco 16,15 troviamo: E disse loro: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato”.

Marco 16,20: “Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano”

Nel Salmo 119, 8 si legge:

Voglio osservare i tuoi decreti: non abbandonarmi mai.

Come potrà un giovane tenere pura la sua via? Osservando la tua parola.

Con tutto il mio cuore ti cerco: non lasciarmi deviare dai tuoi comandi.

Ripongo nel cuore la tua promessa per non peccare contro di te.

Benedetto sei tu, Signore: insegnami i tuoi decreti.

Con le mie labbra ho raccontato tutti i giudizi della tua bocca.

Nella via dei tuoi insegnamenti è la mia gioia, più che in tutte le ricchezze.

Voglio meditare i tuoi precetti, considerare le tue vie.

Nei tuoi decreti è la mia delizia, non dimenticherò la tua parola.”

Comprendiamo da questi versetti come la Parola da voce comincia a essere espressione di dialogo, ad entrare in dialogo con l’uomo, a fare sul serio, scendendo anche verso la debolezza umana, chinandosi verso le sue mancanze, per recuperare il rapporto che era stato interrotto a causa della separazione provocata dal peccato.

La voce di Dio assume, così, il timbro del comando, dell’ordine, si fa esigenza di testimonianza: si entra, a questo punto, nel vivo della relazione, si vuole realizzare concretamente da parte sua, il desiderio di istituire, eleggere dei Profeti, dei testimoni che si facciano annunciatori dei messaggi dell’Altissimo.

La voce di Dio può diventare davvero motivo di ricerca e approfondimento; abbiamo già detto che la definizione comune che si dà alla voce nella lingua italiana, indica un suono “articolato” dall’essere umano tramite le corde vocali. Per questo, non dovremmo usare le stesse modulazioni di voce quando ci troviamo davanti a un testo da leggere o a un salmo da declamare, ma cercare di “articolare” la vocalità con fantasia e sapienza!

Pensiamo alle comuni conversazioni che intratteniamo con amici, al telefono, nei posti di lavoro, quando la voce assume spontaneamente particolari inclinazioni e non ce ne rendiamo neanche conto!

Tante volte ci ritroviamo persino a non capire il contenuto di quanto si legge o di cosa si dice in quel momento intellettivamente; il nostro cervello immagazzina quanti più dati possibili, è anche vero che possiamo imparare a memoria preghiere, salmi, un passo del Vangelo che possono indurci a riflettere e a prendere coscienza di quel che ci si appresta a fare nel servizio, concentrandoci anche sul messaggio da dare o da dire.

 

man kneeling in front of wooden cross

Ma c’è un altro aspetto che dobbiamo esaminare per essere completi nella missione che ci aspetta, dobbiamo anche fare i conti anche con il nostro corpo, con le barriere interne, come dicevo prima; barriere che ci impediscono di essere fluidi verbalmente ma anche corporalmente.

È importantissimo, perché molte volte noi siamo distaccati dal messaggio che facciamo uscire dalla nostra bocca, come se quel che diciamo non ci appartenesse, come fosse un argomento che riguarda qualcun altro, l’uditore, per esempio, e non noi!

Ci preoccupiamo più di imparare a memoria quello che dobbiamo dire per poi proferirlo agli altri, piuttosto che interrogarci se, chi ci sta davanti, recepisce bene quello che vogliamo dire.

È indispensabile accompagnare ciò che diciamo attraverso una gestualità corporea, una postura idonea, facendoci aiutare a capire il ruolo del corpo per chi è intenzionato a svolgere il ruolo del lettore o catechista.

Esiste una grammatica ben precisa della postura corporea, degli esercizi che potremmo fare davanti allo specchio per osservare, innanzitutto, il nostro corpo, i lineamenti del volto come si distendono o contraggono mentre parliamo, mentre ci esprimiamo, quando ridiamo, piangiamo, cantiamo..…

Dovremmo esaminarci a fondo con sincera autocritica e denunciare tutti quei difetti o limiti che ci sono noti ma che non abbiamo il coraggio di chiamare per nome, per il timore di smascherarli e poi fare la fatica di correggerli.

Fare degli appositi allenamenti, anche molto semplici, per migliorare l’esposizione delle nostre parole, è liberatorio e ci aiutano a sconfiggere molte paure, a diventare più autorevoli e più forti con l’autostima.

Abbiamo una grande responsabilità come catechisti, lettori, operatori della liturgia: c’è bisogno di riscoprire la bellezza, la pulizia, la dignità e il rispetto anche del proprio corpo, di tutto quello che fa parte del bagaglio espressivo.

Non è soltanto questione di imparare alcune regole, che sono anche importanti, ma di ritornare alla fonte della propria persona e rivalutare una bellezza, che non è tanto estetica, quanto interiore, avvalorando anche i lineamenti del viso, l’armonia del corpo e il portamento personale.

La gente che accoglie il messaggio della parola di Dio verrà conquistata da chi esercita questo servizio con professionalità e bellezza e sarà più naturale accostarsi alla mensa di questa Parola se chi la proclama darà una testimonianza completa e ben strutturata in tutte le sue componenti: fisiche, intellettive e spirituali.

 

  "Questo libro è dedicato a tutte le persone che desiderano imparare ad avere profonda consapevolezza delle PAROLE della Bibbia e riuscire a proclamarle con autorevolezza e sicurezza"
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Questo articolo è stato estratto dal libro “La Bocca di Dio” di Marilena Marino. 
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7 – Voce e Corpo. Diverse modalità per arrivare all’armonia della Parola

7 – Voce e Corpo. Diverse modalità per arrivare all’armonia della Parola

Pillole dal Libro: LA BOCCA DI DIO  di  Marilena Marino

 

 

Il corpo non viene spesso considerato ma può dare un aiuto importante al lettore: se riflettiamo, il corpo mette a disposizione tutte le membra per veicolare il messaggio, anche se sei dietro un ambone e sei coperto e soltanto la parte superiore del corpo, come la testa, è visibile.

Spesso questa posizione del corpo che si nasconde, potrebbe far molto comodo per mascherare quella parte di noi che non vuole mostrarsi in pubblico per timore, ma rappresenta un problema, dal momento che non aiuta a relazionarsi con tutte le nostre membra che, invece, servono eccome, perché aiutano ad esprimere con una certa flessibilità verbale e completezza ciò che vogliamo dire.

Molte volte neanche ci si rende conto di cosa stiamo leggendo, ascoltiamo da un orecchio esteriore la nostra voce ma non ascoltiamo l’orecchio interno del corpo che, spesso, ci manda segnali contrari, di paura, di imbarazzo, timidezza, per esempio.

Affrontando questo nostro particolare servizio, molto spesso non “associamo” la voce con la gestualità, o non ci rendiamo conto, di non coordinare, cioè, la voce con il corpo.

È davvero necessario rivalutare l’aspetto della voce in questi ambiti e con queste metodologie!

Il Salmo 106,2 proclama: Chi può narrare le prodezze del Signore, far risuonare tutta la sua lode?.

La Parola, attraverso la voce, è efficace quando opera, efficace quando viene predicata; infatti non ritorna indietro vuota ma produce i suoi frutti, dovunque viene annunciata.

Che cosa infatti è impossibile a chi crede, che cosa è impossibile a chi ama? Quando parla le sue parole trapassano il cuore come gli acuti dardi scagliati da un eroe, entrano in profondità come chiodi battuti con forza e penetrano tanto dentro da raggiungere le intimità segrete dell’anima” (Baldovino di Canterbury, vescovo).

E io mi chiedo e ti chiedo: stai incarnando ciò che leggi? Perché se non entri davvero tu, in prima persona, in ciò che leggi, non puoi essere un vero annunciatore.

Per prima cosa cerca di entrare dentro la storia che narri, vivi a pieno ciò che hai sotto gli occhi, ma, soprattutto, scopri dentro di te la tua originalità, la tua essenza, quell’uomo, quella donna spoglia di barriere e impedimenti.

Fai trasparire il messaggio da una voce liberata!

Per poter annunciare tutto questo, per poter proclamare la parola di Dio, devi essere convinto tu, innanzitutto di ciò che stai facendo, non delegare ad altri quello che solo tu puoi fare, altrimenti, questa Parola sarà come acqua che scivola e non penetra mai all’interno, né raggiunge l’orecchio di chi ascolta. Devi fare seriamente questo percorso e riflettere sulla voce!

Ti sei mai chiesto che voce hai?

Devi misurarti con la tua vocalità espressiva, ascoltare la tua vocalità, vederti ad uno specchio, entrare in te stesso, capire quali sono i tuoi ostacoli, rimuoverli, fare un corso di Dizione, di public speaking, essere consapevole di avere dei difetti di pronuncia da poter correggere, se hai paure nascoste, come quella di mostrarti in pubblico; sarebbe molto utile prendere consapevolezza che tu sei un testimone della parola di Dio, un messaggero importante a cui è stata affidata una missione. Devi sforzarti di fare tutto questo, prima di poter annunciare o leggere questo tipo di letture, o, perlomeno, metterci una certa buona intenzione per svolgere al meglio questo compito.

Un altro suggerimento è quello di non esternare movimenti o gesti eclatanti nel momento in cui proclami la Parola; a volte è sufficiente movimentare l’espressività anche solo con un piccolo accenno delle sopracciglia, della bocca, con gli stessi occhi: devi sapere che la voce, la sua intonazione, segue nella sua modulazione anche i piccoli lineamenti del volto.

Questo può essere verificato ancora una volta allo specchio, osservandosi mentre si legge: noi non ci accorgiamo abbastanza delle nostre espressioni, spesso neanche le usiamo dipinte sul volto.

A volte succede che, parlando, non muoviamo mai gli occhi, la bocca, le sopracciglia, siamo cioè “tutti d’un pezzo”, siamo come ingessati in un unico blocco di emozioni congelate.

Mentre pronunciamo le parole, anzi, il più delle volte, abbiamo come nemico proprio lo specchio che riflette la nostra immagine, se ci facciamo caso; ne proviamo vergogna, deleghiamo soltanto alla voce la veicolazione della parola, mentre anche un leggero accenno delle sopracciglia, un piccolo accenno delle labbra che si dispiegano in un sorriso o in una contrattura, aiuterebbe a renderci più veri, meno freddi, avvalorando il messaggio che vogliamo proclamare.

Anche un piccolo gesto di una mano che sfiora l’aria, un movimento del braccio, può “appoggiare” il messaggio detto, per dare valore alla proclamazione della lettura.

Molte volte il nostro corpo non segue la nostra voce e la nostra voce non segue il nostro corpo: abbiamo delle barriere, degli impedimenti che non ci permettono di veicolare il messaggio in modo naturale.

Certo, nel caso di animatori e catechisti, questo allenamento sarebbe veramente molto istruttivo, dal momento che si ha più tempo a disposizione con la gente, mentre per i lettori sull’ambone, il tempo è più ristretto e, quindi, meno impegnativo. In entrambi i casi, comunque, sono delle utili riflessioni da prendere in considerazione.

La fermezza della voce, l’autorevolezza mentre si proclama, può essere accompagnata da un corpo ben composto e allineato; quando ci si trova ad ammonire una Parola, a fare una catechesi, o, semplicemente ci ritroviamo a stare al centro di una sala senza leggio, senza ambone, e non si sa “dove mettere le mani”, ad esempio, o come appoggiare i piedi, o dove posizionare un braccio, una mano… tutto diventa molto imbarazzante, soprattutto per il diretto interessato che proclama il messaggio.

Chi ci può aiutare in quel momento? Chi ci consiglia la postura giusta?

C’è ancora di più la difficoltà di interagire con lo spazio circostante, per questo occorre che il nostro corpo sia sciolto e a suo agio mentre si muove con piccoli spostamenti nella stanza.

Occorre una postura ben indirizzata: se il corpo è rigido, anche il messaggio sarà rigido; se il corpo è armonioso anche la voce sarà armoniosa.

Se non si può raggiungere la perfezione può essere accettabile e soddisfacente riuscire ad avere una voce armoniosa anche in un corpo fermo che non si muove troppo, altrimenti l’uditore potrebbe facilmente distrarsi e non ascoltare il discorso.

A questo vogliamo arrivare, ad un risultato ottimale che consenta di raggiungere uno scopo ben preciso: parlare, comunicare bene un discorso, una catechesi, un salmo, una lettura.

L’importante è trovare un’unione, una simbiosi, un’armonia tra la voce che articola il messaggio e il corpo che l’accompagna: molte volte, purtroppo, le nostre rigidità interiori, le nostre barriere interiori, se non vengono rimosse, producono una dissonanza tra voce e gestualità corporea.

Il messaggio potrebbe rischiare di essere compromesso, di non raggiungere l’obiettivo e l’Assemblea potrebbe avere difficoltà e non essere penetrata sufficientemente dal messaggio che Dio voleva far passare con la predicazione.

Curare tanto esteticamente quanto interiormente la nostra postura, il nostro corpo, è doveroso e necessario, per questo andrebbero sperimentati dei corsi per quanto riguarda il rilassamento e soprattutto la respirazione.

La voce non è un accessorio che può essere vibrata nell’aria a caso, non è un suono indistinto che se c’è o non c’è è la stessa cosa, se risuona o non risuona è uguale, che vibri o non vibri è secondario!

La voce non è un qualcosa fuori di te, la voce rappresenta la tua essenza, quindi, prima di pensare alla forma contenutistica del discorso da fare, occorre una previa preparazione: dobbiamo fare questo sforzo di rimpossessarci della nostra vocalità che, in fin dei conti, rappresenta la nostra persona.

La voce non è un cembalo che risuona a caso e basta, non è un insieme di vibrazioni che fuoriescono da un amplificatore, ma la voce esprime un’essenza, identifica quello che viene fuori da dentro di te, la voce è la coscienza, è l’emanazione della più genuina manifestazione di te.

Dare voce a un salmo, ad un’omelia, dare voce ad una catechesi, ad una preghiera, ad una lettura, è qualcosa di straordinariamente importante, perché in quel momento tu non stai dicendo qualcosa di vuoto, le parole che escono dalla tua bocca non sono delle sterili sillabe, fredde o impersonali, ma veicolano la carne, l’identità, qualcosa che si concretizza nel momento in cui si parla: se tu credi veramente in quello che stai dicendo e ci credi, perché lo stai sentendo, si realizza!

Questa Parola è parola di Dio e ha il potere,

sul serio, di trasformare chi l’ascolta!

Se tu stesso credi a quello che stai dicendo, se tu stesso, nel momento in cui parli, e parli bene, riesci a convincere le persone che ti ascoltano, destando in loro l’importanza anche di quello che tu stai proferendo con la bocca, salverai te stesso e gli altri, come dice la Scrittura.

Ma sei tu, il primo che ci deve credere, sei tu il primo che devi approfondire l’argomento sulla voce e sulla parola di Dio.

Forse finora non vi hai fatto molto caso e hai considerato la tua vocalità solo come un accessorio, oppure come un elemento a cui non hai dato molto peso, perché preso dalla routine del fare, perché sopraffatto dalle moderne tecniche che cambiano anche il timbro della tua voce e ad esempio ti sei abituato, tuo malgrado, a risentire la tua voce registrata e compressa in un telefonino che forse riproduce sonorità diverse da quelle naturali e che non ti piacciono.

Pensa, ad esempio, a quelle note vocali o ai tanti messaggi audio che con le moderne tecnologie riproducono la tua voce! Molto spesso succede che neanche tu ti ci riconosci!

Se la voce veicola il messaggio, dunque, essa non può essere svilita a mò di riproduttore automatico esterno, perché rappresenta un grande potenziale comunicativo.

La voce tira fuori dalla nostra interiorità la vera essenza, la tira fuori anche dagli altri ed è, dunque, una grandissima opportunità che si ha per arrivare alle persone e condurle alla fede.

Essere voce di qualcun altro, per poter dare voce alla parola di Dio nella maniera più bella e importante possibile. Che meraviglia!

Quindi, ribadita ancora una volta la “missione” della nostra voce, riconsideriamola “unita” al nostro corpo, cosicché anche il nostro corpo potrà sostenere le funzioni espressive della voce.

Non si tratta di fare nessun tipo di spettacolo o esibizione ma, se ci pensiamo bene, molte volte, anche la gestualità delle mani accompagnate dall’espressione della linea degli occhi che si aprono, si girano, o delle sopracciglia che si corrucciano, si distendono mentre parliamo, la curva della bocca che enuncia piccole smorfie, sorrisi, dolore, fanno parte di quella linea dialogica completa e costituiscono elementi rafforzativi dell’intera dinamica espressiva.

Non c’è bisogno di esternare azioni eclatanti nel momento in cui si proclama la Parola, ma anche un piccolo accenno di queste parti del corpo (per esempio, anche di un piede che resta fermo e ben ancorato al pavimento o le gambe in atteggiamento leggermente divaricate e non rigide), sono utili per la riuscita del compito prefissato, dal momento che la voce segue ogni parte del corpo nella sua modulazione espressiva.

 

 

Non avete mai riflettuto su questo?

Un altro esempio potrebbe essere quello del volto: noi non ce ne accorgiamo mentre parliamo, non ci abbiamo mai fatto caso, non osserviamo mai il nostro viso mentre parliamo…

Deleghiamo tutto alla riproduzione esterna, lo diamo per scontato, non realizziamo quel che si vede da fuori di noi, non ci mettiamo abbastanza al posto degli altri che ci vedono o ci ascoltano, sentiamo solo il prodotto finale del discorso, come se noi fossimo il prodotto di piccole componenti divise, mentre la persona è, in verità, la sintesi di tutte le componenti anatomiche: occhi, mani, piedi, collo, che devono fondersi assieme per parlare o leggere bene qualsiasi cosa.

Tutte queste parti sono connesse tra loro e la voce è l’emanazione dell’armonia di queste varie parti.

Pensate che, anche un leggero accenno delle sopracciglia inarcate o distese, un leggero accenno delle labbra che si dispiegano in un sorriso o in una contrattura, hanno la potenzialità di avvalorare un messaggio, una frase.

Un piccolo gesto di mano, un solo dito che si muove, un impercettibile movimento del collo, appoggia la voce e,di conseguenza, anche il messaggio che si sta veicolando.

Il peggio avviene quando escludiamo queste parti del corpo, non le integriamo con la comunicazione, diventando esseri solo in parte animati, non completi.

La nostra mente immagazzina più dati possibili, per cui, sarebbe anche utile imparare a memoria qualche frase del Vangelo, un salmo, per esercitare il più possibile l’elasticità mentale; è molto importante, oltre a livello intellettivo, fare i conti anche col proprio corpo.

Dicevamo che gli impedimenti psicologici non ci fanno essere fluidi nel messaggio che vogliamo dare; ebbene dovremmo in anticipo prepararci non solo intellettualmente ma anche con una piccola dose di concentrazione corporea, riflettere su quello che ci impedisce spesso di esprimerci quando proclamiamo la Parola o quando ci accingiamo a fare una catechesi: basterebbe anche solo riflettere su queste componenti della comunicazione.

Non so se vi siete mai accorti di sentirvi come “distaccati” da quello che dite, nel senso che ci preoccupiamo più di imparare a memoria quello che dobbiamo dire che assorbirlo dentro di noi.

Se diamo per scontato che chi ci sta davanti è ben disposto ad ascoltare quello che diciamo e sta ben attento ad osservarci, è indispensabile, dunque, accompagnare ciò che diciamo anche attraverso una gestualità corporea, e controllare l’immagine che diamo all’esterno con degli esercizi che potremmo fare davanti allo specchio.

Per esempio, per osservare i lineamenti del nostro volto quando parliamo, quando ci esprimiamo, quando ridiamo, quando piangiamo… dovremmo fare degli appositi esercizi di mimica facciale, anche molto semplici, per migliorare l’esposizione delle nostre parole, l’articolazione della bocca, delle labbra, della lingua, dal momento che abbiamo una grande responsabilità come catechisti, lettori, consacrati e addetti alla liturgia.

C’è tanto bisogno di riscoprire la bellezza, la pulizia e il rispetto, ma anche il linguaggio del proprio corpo e della propria espressione.

Non si tratta soltanto di imparare regole di grammatica, di dizione, che sono anche importanti, ma di ritornare alla fonte della propria persona e rispolverare la bellezza, non tanto estetica, quanto interiore e, soprattutto, avvalorare anche maniere comportamentali di gestione corporea per una disciplina estetica, dal momento che la voce proclamata diventi efficace anche da quel lato esteriore.

La voce veicola la parola, ma anche la parola rappresenta una persona che deve far emergere una sua dignità, che deve sforzarsi, per quanto possibile, di avere un aspetto gradevole, curato,dignitoso.

Dio ha dato a ciascun battezzato dei carismi, dei talenti, dei doni che vanno valorizzati per il bene comune.

Far risplendere la propria voce, è come essere testimoni della bellezza di Dio e, siccome la voce è un canale di comunicazione unico, come uniche sono le voci, ognuno è portatore, assieme al suo corpo, di questo tesoro originale che si trasforma in vocazione profetica quando assumiamo il bellissimo compito di essere annunciatori.

È risaputo che a molti la propria voce non piace affatto, qualcuno la ritiene difettosa e sgradevole, indegna di essere usata per tale servizio, senza sapere che se opportunamente guidata, la vocalità può essere trasformata o abbellita addirittura!

Qualsiasi voce è diversa, una dall’altra; è unica, irripetibile, come la carta d’identità; è il biglietto da visita che si dà al primo incontro con la gente; con la voce ci si presenta ad un’altra persona e l’altra persona capisce immediatamente chi ha davanti, proprio dal modo in cui parla!


Proseguendo nell’analisi della lettura della proclamazione della parola di Dio attraverso questo aspetto particolare del nostro corpo, potremmo provare subito, per esempio, a svolgere dei semplici esercizi che partono proprio dalla nostra persona, in particolare dall’osservazione estetica della nostra persona.

Posizioniamoci davanti ad uno specchio ad osservare, così come siamo, la nostra figura proiettata e mettiamoci al posto di una persona che ci guarda, proviamo a immaginare quello che vede esternamente, cercando di uscire, per un pò, da quei canoni che ci costringono a dire che…

l’importante è che la parola di Dio venga predicata… ma cosa vuoi che importi alle persone del mio fisico, della mia faccia, del mio modo imperfetto di parlare, gesticolare ecc. … l’essenziale è che quell’annuncio sia manifestato, letto, non importa affatto se a proclamare il passo della Sacra Scrittura ci sia una persona brutta o bella, una più istruita o meno istruita, non siamo mica ad una gara, ad una tesi di laurea o a un concorso di bellezza…”

Se questo è certamente vero da una parte, non è esattamente vero dall’altra, nel senso che non si tratta affatto di focalizzare l’attenzione di chi parla sull’aspetto estetico, ma, sicuramente, dopo una verifica della nostra persona allo specchio, si tratta di rendersi conto se abbiamo qualche difetto e possiamo correggerlo, è una grande prova di realismo e di umiltà che occorre per apportare dei genuini miglioramenti allo scopo di svolgere il nostro servizio nei migliore dei modi.

Quando partecipiamo ad una cerimonia, ad un evento, un matrimonio ecc. non controlliamo bene, prima di uscire, se il nostro vestito è pulito, stirato e perfetto? E perché allora prima di svolgere questo incarico di “lettore della Parola” non controlli bene se tutti i tuoi “accessori” comunicativi sono coerenti e presentabili?

Quali sono, esteticamente, i nostri punti critici? Ritieni sia possibile cercare di abbellirli, e di rendere più bello quello che si è nel complesso della persona, curando anche questo punto di vista estetico generale?

Potresti ottimizzare, ad esempio, una semplice montatura di occhiali, o vestirti in un modo più accurato, curarti i capelli, cercare, cioè, con piccole modifiche, di rendere seriamente presentabile anche il nostro corpo per valorizzarlo e renderlo più “testimone” di Resurrezione!

Perché questa cura usata in modo equilibrato può soltanto attrarre di più le persone, non allontanarle sicuramente!

Cerca con umiltà di metterti davanti ad uno specchio e osservati per qualche minuto dall’esterno; soprattutto, non fare caso a una desueta mentalità che ti dice che queste sono cose superficiali, e che non contano per il grande compito dell’annunciatore o del lettore, che noi non siamo importanti, ma siamo solo piccole creature e strumenti inutili!

Invece noi uomini siamo molto importanti e siamo strumenti di Dio sì, inutili, eccome, ma battezzati e figli che ce la mettono tutta per proclamare le sue opere con dignità e bellezza e, dunque, proprio per amore a Lui, sono sempre soggetti a miglioramento per recargli maggiormente onore.

Ama il prossimo tuo come te stesso”: penso che questa famosa frase sia un bel punto di partenza.

Rifletti nello specchio la tua immagine e pensa innanzitutto se ti ami, se ti accetti, e a come ti ami…

Ti ami poco?… Ti accetti poco?… Ti stimi poco?… Quel “te stesso” è fragile?… Come potrai amare anche gli altri, secondo il comandamento, se non parti un pochino dalla tua condizione, dall’amarti per poi poter amare anche gli altri?

Non pensi a cosa vedrebbero gli altri, all’esterno, a cosa trasmetti alle persone che ti vedono dall’ambone, oppure in un video o sui social? Non sai che un messaggio che dai al di fuori da te, non è altro che un riflesso della tua stessa persona? E cioè parla di te, descrive agli altri le tue attitudini interiori, esteriori, comunica tutto quello che sei tu anche nel reale.

Non avere sempre l’occhio ripiegato su te stesso ma, anzi, pensa a come puoi amare questo prossimo al meglio, pensa cosa potrebbero pensare le altre persone se ti presentassi ad annunciare loro la Parola in modo sciatto e senza cura!

Basta migliorarci con piccole cose, dare i giusti accorgimenti al nostro corpo, rendere bella la nostra persona, accettarsi e piacersi di più anche un pochino rispetto a come non abbiamo mai fatto: profumarsi, sorridere, aprirsi alla bellezza dell’esistenza….

Anche la parola di Dio dice che: “Quando digiuniamo, non dobbiamo assumere quell’aria triste ma dobbiamo profumarci il capo, emanare, cioè, dignità e bellezza, sempre, in qualunque occasione”.

Prima di andare ad esporci sui social o in pubblico, dovremmo veramente guardarci allo specchio e darci una sistemata e prendere consapevolezza che è tutta la persona che è coinvolta nel dare un messaggio!

Gesù Cristo cammina con i passi, vuole rendersi presente nei tempi odierni, cammina in una società che è in una continua evoluzione e al passo con l’uomo:

sicuramente la parola di Dio è la stessa e fedele nel tempo, immutabile, ma, essendosi incarnata, ha necessità di trovare anche nuove forme di visibilità.

La Chiesa quale corpo mistico di Cristo nei segni visibili dei Sacramenti, della Santa Eucarestia, comunicano fortemente la presenza reale della Parola fatta carne, ma anche la mensa della parola di Dio spezzata attraverso le letture, le Sacre Scritture, ci parlano di Gesù, del Verbo che continua a comunicare con l’uomo attraverso varie forme.

Nella nostra società, per esempio, ci avvaliamo dei mezzi di comunicazione, di internet, si fa uso dei social media anche per fare omelie, per predicare; anche nel web ormai ci sono molti sacerdoti, molti laici che spezzano la parola di Dio.

Questo è un importante servizio che giunge anche ai più lontani, anche in varie lingue e paesi; è opportuno, dunque, essere presenti con tutta l’efficacia e la potenza della Parola, presentandosi con tutti i carismi, con tutti i mezzi accessibili e a disposizione, compresa la bellezza e la dignità di creature risorte!

 

  "Questo libro è dedicato a tutte le persone che desiderano imparare ad avere profonda consapevolezza delle PAROLE della Bibbia e riuscire a proclamarle con autorevolezza e sicurezza"
Racchiude 35 anni di esperienza nella Chiesa condensati in 430 pagine di puro valore. 
Non perdertelo per niente al mondo!"

Questo articolo è stato estratto dal libro “La Bocca di Dio” di Marilena Marino. 
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