"Gridatelo dai tetti...."

Pillole dal Libro: LA BOCCA DI DIO  di  Marilena Marino

 

 

Il corpo non viene spesso considerato ma può dare un aiuto importante al lettore: se riflettiamo, il corpo mette a disposizione tutte le membra per veicolare il messaggio, anche se sei dietro un ambone e sei coperto e soltanto la parte superiore del corpo, come la testa, è visibile.

Spesso questa posizione del corpo che si nasconde, potrebbe far molto comodo per mascherare quella parte di noi che non vuole mostrarsi in pubblico per timore, ma rappresenta un problema, dal momento che non aiuta a relazionarsi con tutte le nostre membra che, invece, servono eccome, perché aiutano ad esprimere con una certa flessibilità verbale e completezza ciò che vogliamo dire.

Molte volte neanche ci si rende conto di cosa stiamo leggendo, ascoltiamo da un orecchio esteriore la nostra voce ma non ascoltiamo l’orecchio interno del corpo che, spesso, ci manda segnali contrari, di paura, di imbarazzo, timidezza, per esempio.

Affrontando questo nostro particolare servizio, molto spesso non “associamo” la voce con la gestualità, o non ci rendiamo conto, di non coordinare, cioè, la voce con il corpo.

È davvero necessario rivalutare l’aspetto della voce in questi ambiti e con queste metodologie!

Il Salmo 106,2 proclama: Chi può narrare le prodezze del Signore, far risuonare tutta la sua lode?.

La Parola, attraverso la voce, è efficace quando opera, efficace quando viene predicata; infatti non ritorna indietro vuota ma produce i suoi frutti, dovunque viene annunciata.

Che cosa infatti è impossibile a chi crede, che cosa è impossibile a chi ama? Quando parla le sue parole trapassano il cuore come gli acuti dardi scagliati da un eroe, entrano in profondità come chiodi battuti con forza e penetrano tanto dentro da raggiungere le intimità segrete dell’anima” (Baldovino di Canterbury, vescovo).

E io mi chiedo e ti chiedo: stai incarnando ciò che leggi? Perché se non entri davvero tu, in prima persona, in ciò che leggi, non puoi essere un vero annunciatore.

Per prima cosa cerca di entrare dentro la storia che narri, vivi a pieno ciò che hai sotto gli occhi, ma, soprattutto, scopri dentro di te la tua originalità, la tua essenza, quell’uomo, quella donna spoglia di barriere e impedimenti.

Fai trasparire il messaggio da una voce liberata!

Per poter annunciare tutto questo, per poter proclamare la parola di Dio, devi essere convinto tu, innanzitutto di ciò che stai facendo, non delegare ad altri quello che solo tu puoi fare, altrimenti, questa Parola sarà come acqua che scivola e non penetra mai all’interno, né raggiunge l’orecchio di chi ascolta. Devi fare seriamente questo percorso e riflettere sulla voce!

Ti sei mai chiesto che voce hai?

Devi misurarti con la tua vocalità espressiva, ascoltare la tua vocalità, vederti ad uno specchio, entrare in te stesso, capire quali sono i tuoi ostacoli, rimuoverli, fare un corso di Dizione, di public speaking, essere consapevole di avere dei difetti di pronuncia da poter correggere, se hai paure nascoste, come quella di mostrarti in pubblico; sarebbe molto utile prendere consapevolezza che tu sei un testimone della parola di Dio, un messaggero importante a cui è stata affidata una missione. Devi sforzarti di fare tutto questo, prima di poter annunciare o leggere questo tipo di letture, o, perlomeno, metterci una certa buona intenzione per svolgere al meglio questo compito.

Un altro suggerimento è quello di non esternare movimenti o gesti eclatanti nel momento in cui proclami la Parola; a volte è sufficiente movimentare l’espressività anche solo con un piccolo accenno delle sopracciglia, della bocca, con gli stessi occhi: devi sapere che la voce, la sua intonazione, segue nella sua modulazione anche i piccoli lineamenti del volto.

Questo può essere verificato ancora una volta allo specchio, osservandosi mentre si legge: noi non ci accorgiamo abbastanza delle nostre espressioni, spesso neanche le usiamo dipinte sul volto.

A volte succede che, parlando, non muoviamo mai gli occhi, la bocca, le sopracciglia, siamo cioè “tutti d’un pezzo”, siamo come ingessati in un unico blocco di emozioni congelate.

Mentre pronunciamo le parole, anzi, il più delle volte, abbiamo come nemico proprio lo specchio che riflette la nostra immagine, se ci facciamo caso; ne proviamo vergogna, deleghiamo soltanto alla voce la veicolazione della parola, mentre anche un leggero accenno delle sopracciglia, un piccolo accenno delle labbra che si dispiegano in un sorriso o in una contrattura, aiuterebbe a renderci più veri, meno freddi, avvalorando il messaggio che vogliamo proclamare.

Anche un piccolo gesto di una mano che sfiora l’aria, un movimento del braccio, può “appoggiare” il messaggio detto, per dare valore alla proclamazione della lettura.

Molte volte il nostro corpo non segue la nostra voce e la nostra voce non segue il nostro corpo: abbiamo delle barriere, degli impedimenti che non ci permettono di veicolare il messaggio in modo naturale.

Certo, nel caso di animatori e catechisti, questo allenamento sarebbe veramente molto istruttivo, dal momento che si ha più tempo a disposizione con la gente, mentre per i lettori sull’ambone, il tempo è più ristretto e, quindi, meno impegnativo. In entrambi i casi, comunque, sono delle utili riflessioni da prendere in considerazione.

La fermezza della voce, l’autorevolezza mentre si proclama, può essere accompagnata da un corpo ben composto e allineato; quando ci si trova ad ammonire una Parola, a fare una catechesi, o, semplicemente ci ritroviamo a stare al centro di una sala senza leggio, senza ambone, e non si sa “dove mettere le mani”, ad esempio, o come appoggiare i piedi, o dove posizionare un braccio, una mano… tutto diventa molto imbarazzante, soprattutto per il diretto interessato che proclama il messaggio.

Chi ci può aiutare in quel momento? Chi ci consiglia la postura giusta?

C’è ancora di più la difficoltà di interagire con lo spazio circostante, per questo occorre che il nostro corpo sia sciolto e a suo agio mentre si muove con piccoli spostamenti nella stanza.

Occorre una postura ben indirizzata: se il corpo è rigido, anche il messaggio sarà rigido; se il corpo è armonioso anche la voce sarà armoniosa.

Se non si può raggiungere la perfezione può essere accettabile e soddisfacente riuscire ad avere una voce armoniosa anche in un corpo fermo che non si muove troppo, altrimenti l’uditore potrebbe facilmente distrarsi e non ascoltare il discorso.

A questo vogliamo arrivare, ad un risultato ottimale che consenta di raggiungere uno scopo ben preciso: parlare, comunicare bene un discorso, una catechesi, un salmo, una lettura.

L’importante è trovare un’unione, una simbiosi, un’armonia tra la voce che articola il messaggio e il corpo che l’accompagna: molte volte, purtroppo, le nostre rigidità interiori, le nostre barriere interiori, se non vengono rimosse, producono una dissonanza tra voce e gestualità corporea.

Il messaggio potrebbe rischiare di essere compromesso, di non raggiungere l’obiettivo e l’Assemblea potrebbe avere difficoltà e non essere penetrata sufficientemente dal messaggio che Dio voleva far passare con la predicazione.

Curare tanto esteticamente quanto interiormente la nostra postura, il nostro corpo, è doveroso e necessario, per questo andrebbero sperimentati dei corsi per quanto riguarda il rilassamento e soprattutto la respirazione.

La voce non è un accessorio che può essere vibrata nell’aria a caso, non è un suono indistinto che se c’è o non c’è è la stessa cosa, se risuona o non risuona è uguale, che vibri o non vibri è secondario!

La voce non è un qualcosa fuori di te, la voce rappresenta la tua essenza, quindi, prima di pensare alla forma contenutistica del discorso da fare, occorre una previa preparazione: dobbiamo fare questo sforzo di rimpossessarci della nostra vocalità che, in fin dei conti, rappresenta la nostra persona.

La voce non è un cembalo che risuona a caso e basta, non è un insieme di vibrazioni che fuoriescono da un amplificatore, ma la voce esprime un’essenza, identifica quello che viene fuori da dentro di te, la voce è la coscienza, è l’emanazione della più genuina manifestazione di te.

Dare voce a un salmo, ad un’omelia, dare voce ad una catechesi, ad una preghiera, ad una lettura, è qualcosa di straordinariamente importante, perché in quel momento tu non stai dicendo qualcosa di vuoto, le parole che escono dalla tua bocca non sono delle sterili sillabe, fredde o impersonali, ma veicolano la carne, l’identità, qualcosa che si concretizza nel momento in cui si parla: se tu credi veramente in quello che stai dicendo e ci credi, perché lo stai sentendo, si realizza!

Questa Parola è parola di Dio e ha il potere,

sul serio, di trasformare chi l’ascolta!

Se tu stesso credi a quello che stai dicendo, se tu stesso, nel momento in cui parli, e parli bene, riesci a convincere le persone che ti ascoltano, destando in loro l’importanza anche di quello che tu stai proferendo con la bocca, salverai te stesso e gli altri, come dice la Scrittura.

Ma sei tu, il primo che ci deve credere, sei tu il primo che devi approfondire l’argomento sulla voce e sulla parola di Dio.

Forse finora non vi hai fatto molto caso e hai considerato la tua vocalità solo come un accessorio, oppure come un elemento a cui non hai dato molto peso, perché preso dalla routine del fare, perché sopraffatto dalle moderne tecniche che cambiano anche il timbro della tua voce e ad esempio ti sei abituato, tuo malgrado, a risentire la tua voce registrata e compressa in un telefonino che forse riproduce sonorità diverse da quelle naturali e che non ti piacciono.

Pensa, ad esempio, a quelle note vocali o ai tanti messaggi audio che con le moderne tecnologie riproducono la tua voce! Molto spesso succede che neanche tu ti ci riconosci!

Se la voce veicola il messaggio, dunque, essa non può essere svilita a mò di riproduttore automatico esterno, perché rappresenta un grande potenziale comunicativo.

La voce tira fuori dalla nostra interiorità la vera essenza, la tira fuori anche dagli altri ed è, dunque, una grandissima opportunità che si ha per arrivare alle persone e condurle alla fede.

Essere voce di qualcun altro, per poter dare voce alla parola di Dio nella maniera più bella e importante possibile. Che meraviglia!

Quindi, ribadita ancora una volta la “missione” della nostra voce, riconsideriamola “unita” al nostro corpo, cosicché anche il nostro corpo potrà sostenere le funzioni espressive della voce.

Non si tratta di fare nessun tipo di spettacolo o esibizione ma, se ci pensiamo bene, molte volte, anche la gestualità delle mani accompagnate dall’espressione della linea degli occhi che si aprono, si girano, o delle sopracciglia che si corrucciano, si distendono mentre parliamo, la curva della bocca che enuncia piccole smorfie, sorrisi, dolore, fanno parte di quella linea dialogica completa e costituiscono elementi rafforzativi dell’intera dinamica espressiva.

Non c’è bisogno di esternare azioni eclatanti nel momento in cui si proclama la Parola, ma anche un piccolo accenno di queste parti del corpo (per esempio, anche di un piede che resta fermo e ben ancorato al pavimento o le gambe in atteggiamento leggermente divaricate e non rigide), sono utili per la riuscita del compito prefissato, dal momento che la voce segue ogni parte del corpo nella sua modulazione espressiva.

 

 

Non avete mai riflettuto su questo?

Un altro esempio potrebbe essere quello del volto: noi non ce ne accorgiamo mentre parliamo, non ci abbiamo mai fatto caso, non osserviamo mai il nostro viso mentre parliamo…

Deleghiamo tutto alla riproduzione esterna, lo diamo per scontato, non realizziamo quel che si vede da fuori di noi, non ci mettiamo abbastanza al posto degli altri che ci vedono o ci ascoltano, sentiamo solo il prodotto finale del discorso, come se noi fossimo il prodotto di piccole componenti divise, mentre la persona è, in verità, la sintesi di tutte le componenti anatomiche: occhi, mani, piedi, collo, che devono fondersi assieme per parlare o leggere bene qualsiasi cosa.

Tutte queste parti sono connesse tra loro e la voce è l’emanazione dell’armonia di queste varie parti.

Pensate che, anche un leggero accenno delle sopracciglia inarcate o distese, un leggero accenno delle labbra che si dispiegano in un sorriso o in una contrattura, hanno la potenzialità di avvalorare un messaggio, una frase.

Un piccolo gesto di mano, un solo dito che si muove, un impercettibile movimento del collo, appoggia la voce e,di conseguenza, anche il messaggio che si sta veicolando.

Il peggio avviene quando escludiamo queste parti del corpo, non le integriamo con la comunicazione, diventando esseri solo in parte animati, non completi.

La nostra mente immagazzina più dati possibili, per cui, sarebbe anche utile imparare a memoria qualche frase del Vangelo, un salmo, per esercitare il più possibile l’elasticità mentale; è molto importante, oltre a livello intellettivo, fare i conti anche col proprio corpo.

Dicevamo che gli impedimenti psicologici non ci fanno essere fluidi nel messaggio che vogliamo dare; ebbene dovremmo in anticipo prepararci non solo intellettualmente ma anche con una piccola dose di concentrazione corporea, riflettere su quello che ci impedisce spesso di esprimerci quando proclamiamo la Parola o quando ci accingiamo a fare una catechesi: basterebbe anche solo riflettere su queste componenti della comunicazione.

Non so se vi siete mai accorti di sentirvi come “distaccati” da quello che dite, nel senso che ci preoccupiamo più di imparare a memoria quello che dobbiamo dire che assorbirlo dentro di noi.

Se diamo per scontato che chi ci sta davanti è ben disposto ad ascoltare quello che diciamo e sta ben attento ad osservarci, è indispensabile, dunque, accompagnare ciò che diciamo anche attraverso una gestualità corporea, e controllare l’immagine che diamo all’esterno con degli esercizi che potremmo fare davanti allo specchio.

Per esempio, per osservare i lineamenti del nostro volto quando parliamo, quando ci esprimiamo, quando ridiamo, quando piangiamo… dovremmo fare degli appositi esercizi di mimica facciale, anche molto semplici, per migliorare l’esposizione delle nostre parole, l’articolazione della bocca, delle labbra, della lingua, dal momento che abbiamo una grande responsabilità come catechisti, lettori, consacrati e addetti alla liturgia.

C’è tanto bisogno di riscoprire la bellezza, la pulizia e il rispetto, ma anche il linguaggio del proprio corpo e della propria espressione.

Non si tratta soltanto di imparare regole di grammatica, di dizione, che sono anche importanti, ma di ritornare alla fonte della propria persona e rispolverare la bellezza, non tanto estetica, quanto interiore e, soprattutto, avvalorare anche maniere comportamentali di gestione corporea per una disciplina estetica, dal momento che la voce proclamata diventi efficace anche da quel lato esteriore.

La voce veicola la parola, ma anche la parola rappresenta una persona che deve far emergere una sua dignità, che deve sforzarsi, per quanto possibile, di avere un aspetto gradevole, curato,dignitoso.

Dio ha dato a ciascun battezzato dei carismi, dei talenti, dei doni che vanno valorizzati per il bene comune.

Far risplendere la propria voce, è come essere testimoni della bellezza di Dio e, siccome la voce è un canale di comunicazione unico, come uniche sono le voci, ognuno è portatore, assieme al suo corpo, di questo tesoro originale che si trasforma in vocazione profetica quando assumiamo il bellissimo compito di essere annunciatori.

È risaputo che a molti la propria voce non piace affatto, qualcuno la ritiene difettosa e sgradevole, indegna di essere usata per tale servizio, senza sapere che se opportunamente guidata, la vocalità può essere trasformata o abbellita addirittura!

Qualsiasi voce è diversa, una dall’altra; è unica, irripetibile, come la carta d’identità; è il biglietto da visita che si dà al primo incontro con la gente; con la voce ci si presenta ad un’altra persona e l’altra persona capisce immediatamente chi ha davanti, proprio dal modo in cui parla!


Proseguendo nell’analisi della lettura della proclamazione della parola di Dio attraverso questo aspetto particolare del nostro corpo, potremmo provare subito, per esempio, a svolgere dei semplici esercizi che partono proprio dalla nostra persona, in particolare dall’osservazione estetica della nostra persona.

Posizioniamoci davanti ad uno specchio ad osservare, così come siamo, la nostra figura proiettata e mettiamoci al posto di una persona che ci guarda, proviamo a immaginare quello che vede esternamente, cercando di uscire, per un pò, da quei canoni che ci costringono a dire che…

l’importante è che la parola di Dio venga predicata… ma cosa vuoi che importi alle persone del mio fisico, della mia faccia, del mio modo imperfetto di parlare, gesticolare ecc. … l’essenziale è che quell’annuncio sia manifestato, letto, non importa affatto se a proclamare il passo della Sacra Scrittura ci sia una persona brutta o bella, una più istruita o meno istruita, non siamo mica ad una gara, ad una tesi di laurea o a un concorso di bellezza…”

Se questo è certamente vero da una parte, non è esattamente vero dall’altra, nel senso che non si tratta affatto di focalizzare l’attenzione di chi parla sull’aspetto estetico, ma, sicuramente, dopo una verifica della nostra persona allo specchio, si tratta di rendersi conto se abbiamo qualche difetto e possiamo correggerlo, è una grande prova di realismo e di umiltà che occorre per apportare dei genuini miglioramenti allo scopo di svolgere il nostro servizio nei migliore dei modi.

Quando partecipiamo ad una cerimonia, ad un evento, un matrimonio ecc. non controlliamo bene, prima di uscire, se il nostro vestito è pulito, stirato e perfetto? E perché allora prima di svolgere questo incarico di “lettore della Parola” non controlli bene se tutti i tuoi “accessori” comunicativi sono coerenti e presentabili?

Quali sono, esteticamente, i nostri punti critici? Ritieni sia possibile cercare di abbellirli, e di rendere più bello quello che si è nel complesso della persona, curando anche questo punto di vista estetico generale?

Potresti ottimizzare, ad esempio, una semplice montatura di occhiali, o vestirti in un modo più accurato, curarti i capelli, cercare, cioè, con piccole modifiche, di rendere seriamente presentabile anche il nostro corpo per valorizzarlo e renderlo più “testimone” di Resurrezione!

Perché questa cura usata in modo equilibrato può soltanto attrarre di più le persone, non allontanarle sicuramente!

Cerca con umiltà di metterti davanti ad uno specchio e osservati per qualche minuto dall’esterno; soprattutto, non fare caso a una desueta mentalità che ti dice che queste sono cose superficiali, e che non contano per il grande compito dell’annunciatore o del lettore, che noi non siamo importanti, ma siamo solo piccole creature e strumenti inutili!

Invece noi uomini siamo molto importanti e siamo strumenti di Dio sì, inutili, eccome, ma battezzati e figli che ce la mettono tutta per proclamare le sue opere con dignità e bellezza e, dunque, proprio per amore a Lui, sono sempre soggetti a miglioramento per recargli maggiormente onore.

Ama il prossimo tuo come te stesso”: penso che questa famosa frase sia un bel punto di partenza.

Rifletti nello specchio la tua immagine e pensa innanzitutto se ti ami, se ti accetti, e a come ti ami…

Ti ami poco?… Ti accetti poco?… Ti stimi poco?… Quel “te stesso” è fragile?… Come potrai amare anche gli altri, secondo il comandamento, se non parti un pochino dalla tua condizione, dall’amarti per poi poter amare anche gli altri?

Non pensi a cosa vedrebbero gli altri, all’esterno, a cosa trasmetti alle persone che ti vedono dall’ambone, oppure in un video o sui social? Non sai che un messaggio che dai al di fuori da te, non è altro che un riflesso della tua stessa persona? E cioè parla di te, descrive agli altri le tue attitudini interiori, esteriori, comunica tutto quello che sei tu anche nel reale.

Non avere sempre l’occhio ripiegato su te stesso ma, anzi, pensa a come puoi amare questo prossimo al meglio, pensa cosa potrebbero pensare le altre persone se ti presentassi ad annunciare loro la Parola in modo sciatto e senza cura!

Basta migliorarci con piccole cose, dare i giusti accorgimenti al nostro corpo, rendere bella la nostra persona, accettarsi e piacersi di più anche un pochino rispetto a come non abbiamo mai fatto: profumarsi, sorridere, aprirsi alla bellezza dell’esistenza….

Anche la parola di Dio dice che: “Quando digiuniamo, non dobbiamo assumere quell’aria triste ma dobbiamo profumarci il capo, emanare, cioè, dignità e bellezza, sempre, in qualunque occasione”.

Prima di andare ad esporci sui social o in pubblico, dovremmo veramente guardarci allo specchio e darci una sistemata e prendere consapevolezza che è tutta la persona che è coinvolta nel dare un messaggio!

Gesù Cristo cammina con i passi, vuole rendersi presente nei tempi odierni, cammina in una società che è in una continua evoluzione e al passo con l’uomo:

sicuramente la parola di Dio è la stessa e fedele nel tempo, immutabile, ma, essendosi incarnata, ha necessità di trovare anche nuove forme di visibilità.

La Chiesa quale corpo mistico di Cristo nei segni visibili dei Sacramenti, della Santa Eucarestia, comunicano fortemente la presenza reale della Parola fatta carne, ma anche la mensa della parola di Dio spezzata attraverso le letture, le Sacre Scritture, ci parlano di Gesù, del Verbo che continua a comunicare con l’uomo attraverso varie forme.

Nella nostra società, per esempio, ci avvaliamo dei mezzi di comunicazione, di internet, si fa uso dei social media anche per fare omelie, per predicare; anche nel web ormai ci sono molti sacerdoti, molti laici che spezzano la parola di Dio.

Questo è un importante servizio che giunge anche ai più lontani, anche in varie lingue e paesi; è opportuno, dunque, essere presenti con tutta l’efficacia e la potenza della Parola, presentandosi con tutti i carismi, con tutti i mezzi accessibili e a disposizione, compresa la bellezza e la dignità di creature risorte!

 

  "Questo libro è dedicato a tutte le persone che desiderano imparare ad avere profonda consapevolezza delle PAROLE della Bibbia e riuscire a proclamarle con autorevolezza e sicurezza"
Racchiude 35 anni di esperienza nella Chiesa condensati in 430 pagine di puro valore. 
Non perdertelo per niente al mondo!"

Questo articolo è stato estratto dal libro “La Bocca di Dio” di Marilena Marino. 
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"Gridatelo dai tetti...."