"Gridatelo dai tetti...."

Pillole dal Libro: LA BOCCA DI DIO  di  Marilena Marino

 

Salmo 8, 5-7

Che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi,

il figlio dell’uomo, perché te ne curi?

Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,

di gloria e di onore lo hai coronato.

Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,

tutto hai posto sotto i suoi piedi”.

Così dice il Salmo, e così l’uomo deve prendersi cura di se stesso e del creato.

Essere catechista, essere annunciatore, essere proclamatore della parola di Dio, significa anche prendersi cura di se stessi, per quanto possibile, per riportare la bellezza a vantaggio del prossimo.

In un capitolo precedente suggerivamo di come sia necessario registrarsi, e riascoltare la propria voce mentre si declama un passo, approfondendo meglio alcune sezioni per diventare, un pò alla volta, dei seri professionisti.

Certo, quasi mai ci registriamo mentre parliamo: tutt’al più, attraverso la messaggistica contemporanea, possiamo riascoltare messaggi vocali che rimandano alla nostra voce, ma non siamo educati a registrare la nostra vocalità per poterla analizzare e correggere!

Ci disturbiamo delle critiche che altre persone ci rivolgono a proposito del nostro timbro, che sia brutto, che sia bello, che sia squillante o balbuziente, opaco o suadente, ma raramente ne facciamo oggetto profondo di studio e di analisi per migliorare o cambiare qualcosa!

Abbiamo parlato di come pronunciare la Parola con enfasi, dolcezza, autorevolezza, stile colloquiale, con le varie modulazioni della voce, ma prima di proseguire e addentrarci particolarmente sul linguaggio e sulla maniera espressiva della lettura, dobbiamo andare ad analizzare le caratteristiche della vocalità.

Ogni voce è un canale di comunicazione importantissimo e, a seconda della voce che usi, sappi che anche il tuo messaggio può cambiare, perché la voce dice immediatamente chi sei: la voce trasferisce il tuo valore, la tua personalità, il tuo stile, la tua cultura, in definitiva, il tuo carisma.

Abbiamo visto che ci sono anche delle barriere, dei limiti che impediscono che la nostra voce possa uscire in modo fluido, impedendo che il messaggio si presenti chiaro a chi ascolta. Se non usiamo bene la voce, fondamentalmente, non possiamo usare neanche noi stessi, il nostro modo di approcciarsi agli altri.

Prendiamo in considerazione la postura del nostro corpo, il nostro modo di porci davanti all’Assemblea, in pubblico.

Siamo rigidi? Si nota all’esterno questo modo di essere, visivamente parlando, contratti, con la mascella ingessata, poco elastica?

Avete quella contrattura a livello di bocca, di viso, di articolazione delle labbra, di collo, quella fastidiosa sensazione di rigidità muscolare, cioè, che non vi permette di incedere fluidi nel discorso che state per fare?

Ecco, questi traumi, queste problematiche che producono tali effetti, sono innanzitutto dentro di noi e dovrebbero essere opportunamente rimosse per raggiungere una certa scioltezza anche fisica mentre parliamo.

Pensate che questi ostacoli possono arrivare a cambiare persino la timbrica, il suono, lo spessore della stessa voce, per questo è molto importante intervenire nella nostra emotività per sbloccare le nostre emozioni e far sì che questa parola che esce attraverso la nostra bocca, possa essere un discorso fluido ben organizzato.

Anche se le regole comportamentali che si adottano nei semplici corsi di dizione, a volte, sono importanti, non riescono ad essere sufficienti a sbloccare la nostra situazione emotiva interiore.

Occorre realizzare un piano ben strutturato per chi si approccia alla scoperta della voce: essa va in qualche modo analizzata, trasformata, modificata, perché una cosa è utilizzare una bella voce e un’altra cosa utilizzare una voce che ha delle “stonature” nella propria modulazione!

È necessario il processo di scoperta della propria voce, educare il nostro orecchio ad ascoltare quello che nella voce potrebbe essere cambiato oppure migliorato.

Vorrei chiedere ancora:

ti sei mai sentito a disagio nelle conversazioni con gli altri?

Perché potrebbe succedere che durante una chiacchierata anche amichevole con colleghi di lavoro, amici, in qualche festa, in eventi semplici in famiglia, o anche molte volte dovendo argomentare in una catechesi, nell’esposizione di un’omelia rivolta all’Assemblea, non so se hai fatto caso a questo impaccio emotivo e ti sarai chiesto come mai succede questo?

Ad un certo punto ti sei trovato in difficoltà per proseguire una certa conversazione, un certo discorso.

Quali strane dinamiche sono intervenute? Potresti aver sentito uno strano imbarazzo nell’esporre un argomento, parlando ti sei sentito impacciato, oppure non sei riuscito a sintonizzarti con le persone, con la platea che avevi davanti, con il pubblico….

Magari ti sei sentito irrigidito all’improvviso, come un blocco psicologico, hai tentato di sorridere, dimostrarti interessato a quello che stavi dicendo, ma in realtà hai perso il focus anche dell’argomento e quindi ti sarai sentito paralizzato in una strana dimensione e avrai visto che anche le persone che ti stavano ascoltando e stavano seguendo qualcosa di importante che stavi dicendo, poi hanno perso un pò la bussola, si sono deconcentrate, oppure hanno trovato il tuo discorso noioso.

Dunque, è importante avere padronanza con la propria voce e con il proprio corpo attraverso dei semplici esercizi di respirazione, inspirazione, rilassamento, come è stato suggerito prima, anche con qualche minuto di concentrazione e silenzio prima di dedicarsi a declamare un’orazione, un salmo, leggere una lettura, fare una catechesi.

A bloccarci, molto spesso, può essere anche la paura del giudizio degli altri. La cosa che più ci può spaventare e che può evolvere in una situazione molto terrorizzante è la critica che percepiamo dalle persone.

Il parere degli altri ci può spaventare molto più delle nostre idee, esporci al giudizio altrui, potrebbe essere una delle più grandi demotivazioni che ci conducono all’ansia, e all’inibizione.

La nostra voce può correre il rischio di non farsi conoscere per come è realmente, e restare ingabbiata dentro la corazza che mostriamo esteriormente nel tentativo di difendersi dalle critiche esterne.

Ci nascondiamo e ci eclissiamo davanti al parere che le persone possono esprimere su di noi; possono venire a galla tutte le nostre caratteristiche di debolezza, e prendere il sopravvento su quelle più forti.

Questa spirale negativa ci conduce rapidamente ad avere sentimenti di sfiducia e mancanza di stima; tutto quello che ne consegue, anche l’omelia, anche un discorso, una lettura, una catechesi che devi esporre, possono poi scadere e far perdere l’interesse agli altri, possono condurci ad un calo di tono e di capacità espressiva e le persone che erano attente fino a quel momento possono deconcentrarsi e perdere l’interesse verso quello che la nostra voce stava esponendo.

Quindi, capite bene, come sia importante avere il controllo della propria emotività e gestire bene la propria voce e il proprio corpo.

Un argomento interessante potrebbe essere quello che riguarda la varietà di tonalità delle voci, passare, cioè, mentre si legge, mentre si tiene un discorso, da una modulazione di tono alto a quello medio, a quello basso, al fine di rendere la nostra voce fluida, interessante, ma anche priva di quel “monotono tono” che qualcuno usa spesso senza accorgersene. Si rischia di annoiare l’ascoltatore perché parliamo sempre con lo stesso suono, con lo stesso intercalare.

Dobbiamo sapere che ognuno di noi porta dentro “un suono”, un canto, una melodia, anche stonata che sia o poco armoniosa, che usa quando sta al telefono, quando parla normalmente, quando prega, quando parla ad alta voce, quando canta.

Tutti quanti abbiamo come una “tonalità nella voce”, anche se non facciamo i cantanti, c’è una certa sonorità, una certa musicalità nel modo in cui noi ci relazioniamo che può essere anche modificata con qualche accorgimento per rendere tutto più bello e armonioso.

Sono convinta che non siamo abituati ad ascoltarci a sufficienza e se non prendiamo provvedimenti in tempo, non solo corriamo il pericolo di stancare, di annoiare, ma anche di sprecare questo dono meraviglioso ed unico che è la voce.

Diamo l’importanza che merita alla vocalità, cercando anche di giocare con i toni, renderli variegati, passare da un tono all’altro quando il contesto della lettura lo richiede; per questo abbiamo parlato anche di una voce che cambia tonalità, che cambia dimensioni, espressione e ci dà, nel momento in cui emettiamo questi suoni, la dimensione anche personale e cognitiva del nostro essere.

In poche parole ci fa essere, mentre quando lo Spirito Santo che è in noi per il battesimo, la proclama sotto forma di Parola, ci fa vivere e fa vivere chi l’ascolta.

La possiamo chiamare un pò come la “giostra delle voci”, questa altalena vocale, come una melodia cangiante che vivacizza il nostro modo di esprimerci, tante espressioni, tante note, tanti colori che ci aiutano a rendere vivo l’ascolto e a liberare inconsciamente quello stato di rigidità e inflessibilità che ci portiamo spesso dentro.

 

man kneeling in front of wooden cross

Ritrovare il gioco che facciamo all’esterno:

ritrovare quel gioco dentro la nostra vita, dentro noi, in quella parte più nascosta, più profonda, dove andare a ripescare proprio una voglia di gioco, una voglia di rimettersi in discussione, quasi un innocenza primordiale che tutti quanti abbiamo avuto e che portiamo dentro di noi ma che poi, con l’andare del tempo, è andata persa.

Proprio perché abbiamo a che fare con la serietà della parola di Dio da proclamare, questo gioco della “giostra delle voci” serve, al contrario, a non prenderci troppo sul serio, anche se molto serio è il compito che ci aspetta di annunciatori, ma riesce a ridimensionare anche il nostro atteggiamento di sentirci sempre al di sopra delle cose, al di sopra delle situazioni, molte volte anche al di sopra degli altri.

Ricordandoci sempre di essere dei servi inutili, possiamo adottare questa semplicità di bambini che si affidano al Signore e, allo stesso tempo, rendono professionale il loro carisma all’interno dei ministeri.

Affinché questa voce sia più bella possibile nei nostri discorsi, nelle nostre orazioni, dovremmo cercare di giocare, di mettere in discussione la nostra vocalità, di esaminare a fondo questa voce, di usare questo gioco delle tonalità, ma non tanto con l’espressione di vocaboli più o meno arguti, quanto proprio con una modulazione che rimanda a “un’innocenza primordiale” che dobbiamo andare a ripescare dentro di noi.

Se facciamo questo “gioco liberante” forse riusciremo ad evitare di parlare… così… in modo a volte troppo accademico, a volte troppo rigido, a volte troppo didascalico, o sembrare come dei maestri “eccelsi” che usano la voce sempre in modo perentorio, o con una una tonalità che incute paura, che induce soffocamento, che incute rigidità; o, al contrario, essere troppo mielosi, sdolcinati, eterei, lenti nel parlare, prolissi nel chiudere una frase, ripetitivi nei concetti, eccessivamente intimisti e ripiegati in se stessi.

Tutto può scatenare negli altri che ascoltano, lo stesso stato che viene generato con la medesima modulazione di voce o la stessa intenzione; quindi è importante, a seconda di cosa leggeremo, di cosa studieremo, di cosa proclameremo, di meditare prima su questi argomenti.

Cerchiamo di ambientarci prima nella lettura che andremo a fare: questo esercizio di scioglimento interiore, di riflessione, di allenamento con la respirazione, consente una buona preparazione.

Meditare qualche minuto, concentrarsi anche sulla propria essenza, sulla propria interiorità, su questo mondo dove vive quel bambino che c’è sempre stato e che in un modo o nell’altro abbiamo soffocato e non riusciamo a riscoprire più, quindi, è molto importante!.

Non dimentichiamo mai di riscoprire il bambino che è in ciascuno di noi, la semplicità di lasciarci sorprendere dalle emozioni, provando a liberarci dai condizionamenti esterni e interni, di emozionarsi ogni volta in un modo diverso, anche se le letture ci possono sembrare ripetitive, e ascoltate mille volte.

Queste sembrano non risuonare più al nostro interno, a poco a poco perdono di interiorità, lucidità, accusano l’usura del tempo, degli anni, non rimbalzano nei cuori con la medesima energia di una volta, ci pare siano dei racconti lontani, distanti, rimbalzano come una pallina su di un muro di gomma e, quel che è peggio, non raggiungono le persone, non scavano dentro di loro quel solco necessario al seme della parola di Dio.

Donarsi, non difendersi davanti alle emozioni,

ai colori, ai sensi, all’emotività.

Come puoi pensare di avere una voce che si modula bene, che vibra, emotiva, se prima non liberi queste zone nascoste che sono dentro di te?

Al nostro interno si muovono colori, sensazioni, fantasie, gioco, creatività; perché questi sentimenti possano poi affiorare fuori, nel mondo e quindi raggiungere come delle onde vibrazionali, le persone che, attraverso le orecchie, ricevono queste emozioni, questo messaggio, attraverso la tua voce, è importante, come abbiamo detto, che ci riapriamo a questa dimensione del mondo originale interiore, innocente, in un certo senso, libero.

Le nostre emozioni devono avere la possibilità di fluire all’esterno, la nostra voce deve divenire una voce liberata che sappia accogliere, interrogare, smuovere, mettere in movimento, instaurare ponti di dialogo, di vivacità, di desiderio di accendere la persona che abbiamo davanti e che ti ascolta!

I nostri discorsi devono riacquistare sapore, regalare vitalità, mettere, curiosità, perché, dal modo in cui parliamo, la persona che abbiamo davanti viene come catturata da questa voce carismatica e si risveglia automaticamente nel suo subconscio.

Anche se l’ascoltatore resta muto, al suo interno sviluppa una coscienza critica, quasi un dialogo con chi parla, perché la voce del lettore o del catechista in questione è stata capace di smuovere le sue viscere, lo ha emozionato ed è entrato in relazione, in contatto emotivo, e sente che qualcosa in lui sta cambiando davvero.

Affinché si possa entrare anche in questo scambio, affinché il pubblico, la platea, il popolo che ascolta la tua voce possa uscire da un’adunanza rinnovato, e non lo stesso di come vi è entrato, è necessario essere imbevuti di un certo “spirito”, di un certo “carisma”, da una certa “grazia” che però va aiutata, sviluppata e resa ancora più efficace con questi suggerimenti e accorgimenti che cerco di descrivere in questo libro e nei miei corsi.

Non una parola morta, fredda, dunque, che crea distanza, divisioni, che non congiunge ma separa, bensì una parola che unisce, riscalda, affascina, illumina, non si stanca mai, non è mai ripetitiva, tiene acceso il desiderio di scoprire ancora di più cosa Dio vuole dire ogni giorno alla vita dell’uomo.

Aggiungerei, per concludere, che l’ufficio del lettore mette in evidenza anche il dovere di tutti i membri del popolo di Dio di dedicare parte della propria vita all’evangelizzazione, alla predicazione e alla testimonianza del messaggio di salvezza. Quindi, questo ministero, non consiste solo nel leggere ad alta voce, ma va molto oltre e richiede che ci si impegni con tutte le forze a capire un testo, per mettere la propria formazione e la propria voce come strumento a servizio della parola di Dio.

È consigliabile che in una parrocchia si costituisca un gruppo di persone che si incontri regolarmente, non solo per questioni organizzative o per stabilire i turni di servizio, ma soprattutto, per approfondire la formazione liturgica, magari coordinati da qualche animatore parrocchiale che segue e orienta questo gruppo, al fine di contribuire responsabilmente e comunitariamente con gli altri ministeri presenti nella parrocchia alla buona riuscita delle celebrazioni.

La creazione di un gruppo di lettori rappresenta una meta pastorale per ogni comunità cristiana perché consente di ampliare gli spazi della partecipazione ed esprime la comunione ecclesiale in tutta la sua pienezza, prendendo le distanze da una mentalità accentratrice e monopolistica del ministero.

 

  "Questo libro è dedicato a tutte le persone che desiderano imparare ad avere profonda consapevolezza delle PAROLE della Bibbia e riuscire a proclamarle con autorevolezza e sicurezza"
Racchiude 35 anni di esperienza nella Chiesa condensati in 430 pagine di puro valore. 
Non perdertelo per niente al mondo!"

Questo articolo è stato estratto dal libro “La Bocca di Dio” di Marilena Marino. 
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"Gridatelo dai tetti...."