Come proclamare il comandamento nuovo? 

Come proclamare il comandamento nuovo? 

c) Dottrina sociale, evangelizzazione e promozione umana

66 La dottrina sociale è parte integrante del ministero di evangelizzazione della Chiesa. Tutto ciò che riguarda la comunità degli uomini — situazioni e problemi relativi alla giustizia, alla liberazione, allo sviluppo, alle relazioni tra i popoli, alla pace — non è estraneo all’evangelizzazione e questa non sarebbe completa se non tenesse conto del reciproco appello che si fanno continuamente il Vangelo e la vita concreta, personale e sociale dell’uomo.85 Tra evangelizzazione e promozione umana ci sono legami profondi: « Legami di ordine antropologico, perché l’uomo da evangelizzare non è un essere astratto, ma è condizionato dalle questioni sociali ed economiche. Legami di ordine teologico, poiché non si può dissociare il piano della creazione da quello della Redenzione che arriva fino alle situazioni molto concrete dell’ingiustizia da combattere, e della giustizia da restaurare. Legami dell’ordine eminentemente evangelico, quale è quello della carità: come infatti proclamare il comandamento nuovo senza promuovere nella giustizia e nella pace la vera, l’autentica crescita dell’uomo? ».86

67 La dottrina sociale « ha di per sé il valore di uno strumento di evangelizzazione » 87 e si sviluppa nell’incontro sempre rinnovato tra il messaggio evangelico e la storia umana. Così compresa, tale dottrina è via peculiare per l’esercizio del ministero della Parola e della funzione profetica della Chiesa: 88 « per la Chiesa insegnare e diffondere la dottrina sociale appartiene alla sua missione evangelizzatrice e fa parte essenziale del messaggio cristiano, perché tale dottrina ne propone le dirette conseguenze nella vita della società ed inquadra il lavoro quotidiano e le lotte per la giustizia nella testimonianza a Cristo Salvatore ».89 Non siamo in presenza di un interesse o di un’azione marginale, che si aggiunge alla missione della Chiesa, ma al cuore stesso della sua ministerialità: con la dottrina sociale la Chiesa « annuncia Dio e il mistero di salvezza in Cristo ad ogni uomo e, per la medesima ragione, rivela l’uomo a se stesso ».90 È, questo, un ministero che procede non solo dall’annuncio, ma anche dalla testimonianza.

68 La Chiesa non si fa carico della vita in società sotto ogni aspetto, ma con la competenza sua propria, che è quella dell’annuncio di Cristo Redentore91 « La missione propria che Cristo ha affidato alla sua Chiesa non è d’ordine politico, economico o sociale: il fine che le ha prefisso è di ordine religioso. Eppure proprio da questa missione religiosa derivano un compito, una luce e delle forze che possono servire a costruire e a consolidare la comunità degli uomini secondo la Legge divina ».92 Questo vuol dire che la Chiesa, con la sua dottrina sociale, non entra in questioni tecniche e non istituisce né propone sistemi o modelli di organizzazione sociale: 93 ciò non attiene alla missione che Cristo le ha affidato. La Chiesa ha la competenza attinta al Vangelo: al messaggio di liberazione dell’uomo annunciato e testimoniato dal Figlio di Dio fatto uomo.

d) Diritto e dovere della Chiesa

69 Con la sua dottrina sociale la Chiesa « si propone di assistere l’uomo sul cammino della salvezza »: 94 si tratta del suo fine precipuo ed unico. Non ci sono altri scopi tesi a surrogare o ad invadere compiti altrui, trascurando i propri, o a perseguire obiettivi estranei alla sua missione. Tale missione configura il diritto e insieme il dovere della Chiesa di elaborare una propria dottrina sociale e di incidere con essa sulla società e sulle sue strutture, mediante le responsabilità e i compiti che questa dottrina suscita.

70 La Chiesa ha il diritto di essere per l’uomo maestra di verità della fede: della verità non solo del dogma, ma anche della morale che scaturisce dalla stessa natura umana e dal Vangelo.95 La parola del Vangelo, infatti, non va solo ascoltata, ma anche messa in pratica (cfr. Mt 7,24; Lc 6,46-47; Gv 14,21.23-24; Gc 1,22): la coerenza nei comportamenti manifesta l’adesione del credente e non è circoscritta all’ambito strettamente ecclesiale e spirituale, ma coinvolge l’uomo in tutto il suo vissuto e secondo tutte le sue responsabilità. Per quanto secolari, queste hanno come soggetto l’uomo, vale a dire colui che Dio chiama, mediante la Chiesa, a partecipare al Suo dono salvifico.

Al dono della salvezza l’uomo deve corrispondere non con un’adesione parziale, astratta o verbale, ma con tutta la propria vita, secondo tutte le relazioni che la connotano, così da non abbandonare nulla ad un ambito profano e mondano, irrilevante o estraneo alla salvezza. Per questo la dottrina sociale non è per la Chiesa un privilegio, una digressione, una convenienza o un’ingerenza: è un suo diritto evangelizzare il sociale, ossia far risuonare la parola liberante del Vangelo nel complesso mondo della produzione, del lavoro, dell’imprenditoria, della finanza, del commercio, della politica, della giurisprudenza, della cultura, delle comunicazioni sociali, in cui vive l’uomo.

71 Questo diritto è nel contempo un dovere, perché la Chiesa non vi può rinunciare senza smentire se stessa e la sua fedeltà a Cristo: « Guai a me se non predicassi il vangelo! » (1 Cor 9,16). L’ammonimento che san Paolo rivolge a se stesso risuona nella coscienza della Chiesa come un richiamo a percorrere tutte le vie dell’evangelizzazione; non solo quelle che portano alle coscienze individuali, ma anche quelle che conducono alle istituzioni pubbliche: da un lato non si deve « costringere erroneamente il fatto religioso alla sfera puramente privata »,96 da un altro lato non si può orientare il messaggio cristiano verso una salvezza puramente ultraterrena, incapace di illuminare la presenza sulla terra.97

Per la rilevanza pubblica del Vangelo e della fede e per gli effetti perversi dell’ingiustizia, cioè del peccato, la Chiesa non può restare indifferente alle vicende sociali: 98 « è compito della Chiesa annunciare sempre e dovunque i principi morali anche circa l’ordine sociale, e così pure pronunciare il giudizio su qualsiasi realtà umana, in quanto lo esigono i diritti fondamentali della persona umana o la salvezza delle anime ».99

PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE

COMPENDIO
DELLA DOTTRINA SOCIALE
DELLA CHIESA

A GIOVANNI PAOLO II
MAESTRO DI DOTTRINA SOCIALE
TESTIMONE EVANGELICO
DI GIUSTIZIA E DI PACE

Il Papa: la Parola di Dio è per tutti

Il Papa: la Parola di Dio è per tutti

Nella Domenica della Parola di Dio, Francesco ricorda l’urgenza dell’annuncio, la necessità di professare “un Dio dal cuore largo”

Il Papa: la Parola di Dio è per tutti, la Chiesa non abbia il cuore stretto

“Gesù sconfina” per dirci che la misericordia di Dio è per tutti. Non dimentichiamo questo: la misericordia di Dio è per tutti e per ognuno di noi. ‘La misericordia di Dio è per me’, ognuno può dire questo”. Così il Papa, a braccio, ha spiegato che “la Parola di Dio è per tutti”: “È un dono rivolto a ciascuno e che perciò non possiamo mai restringerne il campo di azione perché essa, al di là di tutti i nostri calcoli, germoglia in modo spontaneo, imprevisto e imprevedibile, nei modi e nei tempi che lo Spirito Santo conosce”.


Nella Domenica della Parola di Dio, Francesco ricorda l’urgenza dell’annuncio, la necessità di professare “un Dio dal cuore largo”, di far salire sulla barca di Pietro chi si incontra perché questa è la Parola di Dio, “non è proselitismo”


“E se la salvezza è destinata a tutti, anche ai più lontani e perduti – ha spiegato Francesco nell’omelia della Messa celebrata domenica, nella basilica di San Pietro, per la quarta Domenica della Parola di Dio – allora l’annuncio della Parola deve diventare la principale urgenza della comunità ecclesiale, come fu per Gesù. Non ci succeda di professare un Dio dal cuore largo ed essere una Chiesa dal cuore stretto – questa sarebbe, mi permetto di dire, una maledizione –; non ci succeda di predicare la salvezza per tutti e rendere impraticabile la strada per accoglierla; non ci succeda di saperci chiamati a portare l’annuncio del Regno e trascurare la Parola, disperdendoci in tante attività secondarie, o tante discussioni secondarie”.

Impariamo da Gesù a mettere la Parola al centro, ad allargare i confini, ad aprirci alla gente”, l’invito: “Metti la tua vita sotto la Parola di Dio. Questa è la strada che ci indica la Chiesa: tutti, anche i Pastori della Chiesa, siamo sotto l’autorità della Parola di Dio. Non sotto i nostri gusti, le nostre tendenze o preferenze, ma sotto l’unica Parola di Dio che ci plasma, ci converte, ci chiede di essere uniti nell’unica Chiesa di Cristo”.

I cristiani, ha spiegato il Papa, sull’esempio di Gesù sono “esperti nel cercare gli altri”: “E questo non è proselitismo, perché quella che chiama è la Parola di Dio, non la nostra parola”, ha precisato. “Questa è la nostra missione”, ha concluso Francesco: “Diventare cercatori di chi è perduto, di chi è oppresso e sfiduciato, per portare loro non noi stessi, ma la consolazione della Parola, l’annuncio dirompente di Dio che trasforma la vita”.

https://www.avvenire.it/papa/pagine/il-papa-la-parola-di-dio-e-per-tutti-la-chiesa-non-abbia-il-cuore-stretto

La Gran Madre di Dio Maria

La Gran Madre di Dio Maria

1° Gennaio - Maria Santissima Madre di Dio

Il primo gennaio è tradizionalmente dedicato alla Solennità di Maria, Madre di Dio, nel contesto della liturgia cattolica. Questo giorno celebra la maternità divina di Maria e il suo ruolo unico come Madre di Gesù, il Figlio di Dio. È un momento per riflettere sulla sacralità della vita e sull’amore materno di Maria, che ha portato alla nascita di Gesù, il Redentore.

In questo giorno, la Chiesa cattolica onora la figura di Maria come colei che ha accettato con fede la chiamata divina di essere la Madre di Gesù Cristo. Si riconosce il suo ruolo centrale nella storia della salvezza e la sua cooperazione con il piano divino di redenzione. La festa sottolinea l’importanza della maternità di Maria nel contesto della divina economia della salvezza.

Attraverso la contemplazione di Maria come Madre di Dio, siamo invitati a riflettere sulla grazia divina, sull’umiltà e sull’obbedienza. La sua figura rappresenta un esempio di fiducia totale in Dio e di consacrazione alla volontà divina. La festa del primo gennaio ci offre l’opportunità di rinnovare la nostra devozione a Maria e di cercare la sua intercessione materna nelle nostre vite.

È un giorno per ringraziare e onorare la Madre di Dio, chiedendo la sua protezione e il suo sostegno nel nostro cammino di fede. In modo teologico, possiamo contemplare la profondità del mistero della maternità di Maria e riconoscere il suo ruolo unico nella storia della redenzione.

Nel contesto teologico della festa della Madre di Dio, possiamo riflettere anche sulla connessione tra Maria e la Chiesa. Maria è spesso considerata come la Madre della Chiesa, poiché la sua maternità si estende oltre la persona di Gesù Cristo. La Chiesa, come corpo mistico di Cristo, è arricchita dalla presenza e dalla maternità di Maria.

La sua disponibilità a essere la Madre di Dio rappresenta un modello di risposta alla chiamata divina per tutta la Chiesa. Attraverso la sua intercessione, ci rivolgiamo a lei come nostra Madre spirituale, chiedendo il suo aiuto e la sua protezione nei nostri sforzi per seguire Cristo.

Inoltre, il primo gennaio segna anche l’inizio di un nuovo anno civile, offrendoci l’opportunità di iniziare con uno sguardo alla nostra vita spirituale e al nostro rapporto con Dio. La festa ci invita a porre Maria al centro delle nostre preoccupazioni e delle nostre preghiere, cercando la sua guida e il suo esempio mentre intraprendiamo il percorso dell’anno nuovo.

In sintesi, la Solennità di Maria, Madre di Dio, è un momento significativo nella liturgia cattolica che ci invita a contemplare la bellezza del mistero della maternità divina, a cercare l’intercessione di Maria e a iniziare il nuovo anno con uno sguardo rivolto a Dio, guidati dalla presenza materna di Maria nella nostra vita spirituale.

In questo contesto possiamo anche riflettere sulla dimensione della “Theotokos”, un termine che significa “Madre di Dio”. Questa espressione sottolinea la verità fondamentale della fede cristiana che afferma che Maria ha portato nel suo grembo il Verbo incarnato, il Figlio di Dio. La sua maternità è quindi divina, poiché Gesù è sia vero Dio che vero uomo.

La festa del primo gennaio ci invita a contemplare il mistero dell’Incarnazione, il momento in cui il divino ha abbracciato l’umano. Maria diventa il canale attraverso il quale questa unione avviene, e il suo “sì” all’annuncio dell’Arcangelo Gabriele è fondamentale per il compimento del piano di salvezza.

Nella teologia cristiana, Maria è spesso considerata come la Nuova Eva, che con il suo “sì” in contrasto con il “no” di Eva, contribuisce al riscatto dell’umanità. La sua obbedienza e la sua cooperazione con il piano di Dio ci insegnano la importanza di sottometterci alla volontà divina nella nostra vita.

Questa festa, dunque, ci offre un momento di profonda riflessione sulla grandezza di Maria come Madre di Dio e sulla sua influenza nella nostra vita spirituale. Ci invita a rinnovare la nostra fiducia in Dio, a imitarne l’umiltà e a affidarci alla materna intercessione di Maria mentre intraprendiamo il viaggio spirituale nel nuovo anno.

La Sacra Famiglia

La Sacra Famiglia

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

Nella data odierna festeggiamo la festa della Sacra Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. La liturgia della Parola ci offre diversi spunti per riflettere su una delle realtà cardini per ciascuno di noi: la famiglia. Il Vangelo di Luca ci propone il momento nel quale Gesù, restando a Gerusalemme, rimane a parlare con i dottori del tempio che lo udivano «pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte».

Il primo dettaglio sul quale è bene soffermarsi è che i genitori di Gesù rispettavano le tradizioni legate alla loro fede in relazione alla festa di Pasqua. La Sacra Famiglia, quindi, ci insegna innanzitutto l’importanza dei genitori nell’introduzione alla pratica religiosa per i propri figli. Un aspetto che potrebbe sembrare scontato ma che è sempre più difficile si realizzi oggi, mentre viviamo un momento nel quale vi è la tentazione di demandare l’educazione alla fede ai catechisti, agli animatori o, nel migliore dei casi, ai nonni. Maria e Giuseppe ci mostrano l’importanza di non tirarsi indietro, di vivere la fede prima ancora che annunciarla, perché non vi è testimonianza credibile senza un reale coinvolgimento personale. La famiglia è quindi la piccola Chiesa domestica nella quale muoviamo i primi passi nella fede, nella quale scopriamo di avere un Padre che ci accomuna tutti nella figliolanza, nella quale si cammina assieme, sostenendosi ed educandosi a pregare uno per l’altro.

Nella Sacra Famiglia, come in ognuna delle nostre famiglie, trova spazio l’incomprensione: neppure Maria e Giuseppe riescono fin da subito a comprendere l’atteggiamento di Gesù, è necessario compiere un cammino, lasciarsi illuminare da Dio per riconoscere il Suo progetto e accoglierlo. Non è però l’incomprensione ad allontanare, quando ognuno conosce il proprio ruolo e lo rispetta. Volgiamo lo sguardo verso la seconda lettura di san Paolo che può illuminarci riguardo a questo aspetto: «Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore. Voi, mariti, amate le vostre mogli e non trattatele con durezza. Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino». C’è un’armonia che è possibile custodire all’interno della famiglia, se e solo se il modello d’amore che la abita e la orienta è l’Amore mostrato da Gesù per l’uomo: cioè la carità. Ogni tanto dovremmo rileggere con calma l’inizio di questo passo tratto dalla lettera ai Colossesi e verificare quanto il nostro essere si accorda ai sentimenti indicati da san Paolo e quanto si distanzia. Custodiamo questa check-list per scorgere i cambiamenti da attuare nella nostra vita, così da seguire i cartelli che, svolta dopo svolta, ci permettono di avvicinare il nostro stile a quello testimoniato da Gesù.

Chiediamo alla Sacra Famiglia di educarci all’amore rispettoso, alla cura disinteressata, all’ascolto gratuito, alla presenza costante, alla fede vissuta, perché non tutti saremo madri e padri, ma tutti rimarremo sempre figli, amati e desiderati dal Padre, riuniti tutti nell’unica famiglia che è la Chiesa.

Pietro Guzzetti

La festa della Sacra Famiglia fu introdotta nella liturgia cattolica solo localmente nel XVII secolo. Nel 1895 la data fissata per tale festa fu la terza domenica dopo l’Epifania, fu soltanto nel 1921 che grazie a papa Benedetto XV la celebrazione fu estesa a tutta la Chiesa. Giovanni XXIII modificò ulteriormente la data spostandola alla prima domenica dopo l’epifania. La riforma liturgica del Concilio Vaticano II infine la festa la Sacra Famiglia la prima domenica dopo Natale e quando il Natale cade di domenica, viene spostata al 30 dicembre.

Il suo significato è molto importante in quanto dopo aver visto la Sacra Famiglia dare alla luce e accudire il neonato Gesù a Nazareth, in questa festività la si può ammirare e ricordare nella vita di tutti i giorni, mentre vede crescere il Cristo. L’eccezionalità di tale famiglia risiede soprattutto nel fatto che i gesti quotidiani che in qualsiasi focolare domestico erano e sono ancora oggi svolti, coincidono allo stesso tempo con il pregare, amare, adorare il proprio Dio, comunicando con suo figlio incarnato in terra. Accudendo Gesù, lavandolo e giocando insieme a lui la Madonna e San Giuseppe mettevano in pratica i dovuti atti di culto, rappresentando il punto d’inizio per ogni famiglia cristiana, del tempo e odierna, che viveva ogni istante della giornata come un sacramento.

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

autore: Bartolomé Esteban Murillo anno: 1675-1682 titolo: Due Trinità luogo: National Gallery, Londra

La festa della Sacra Famiglia fu introdotta nella liturgia cattolica solo localmente nel XVII secolo. Nel 1895 la data fissata per tale festa fu la terza domenica dopo l’Epifania, fu soltanto nel 1921 che grazie a papa Benedetto XV la celebrazione fu estesa a tutta la Chiesa. Giovanni XXIII modificò ulteriormente la data spostandola alla prima domenica dopo l’epifania. La riforma liturgica del Concilio Vaticano II infine la festa la Sacra Famiglia la prima domenica dopo Natale e quando il Natale cade di domenica, viene spostata al 30 dicembre.

Il suo significato è molto importante in quanto dopo aver visto la Sacra Famiglia dare alla luce e accudire il neonato Gesù a Nazareth, in questa festività la si può ammirare e ricordare nella vita di tutti i giorni, mentre vede crescere il Cristo. L’eccezionalità di tale famiglia risiede soprattutto nel fatto che i gesti quotidiani che in qualsiasi focolare domestico erano e sono ancora oggi svolti, coincidono allo stesso tempo con il pregare, amare, adorare il proprio Dio, comunicando con suo figlio incarnato in terra. Accudendo Gesù, lavandolo e giocando insieme a lui la Madonna e San Giuseppe mettevano in pratica i dovuti atti di culto, rappresentando il punto d’inizio per ogni famiglia cristiana, del tempo e odierna, che viveva ogni istante della giornata come un sacramento.

La festa ha come obiettivo quello di conferire un esempio a tutte le famiglie cristiane, che avrebbero potuto guardare con orgoglio al nucleo familiare che fu di Cristo il quale, nonostante le particolari condizioni note, era caratterizzato da tutte le normali problematiche che chiunque si trova ad affrontare. Maria seguì lo sposalizio con Giuseppe, seguendo la legge ebraica, ma soprattutto il grande piano del suo Dio, conservando però la propria verginità. In seguito alla Visitazione a Sant’Elisabetta iniziò a sentire i chiari segni di una gravidanza, giungendo infine a dare alla luce il Figlio del Signore. Prima dell’età adulta raggiunta da Gesù, la Madonna viene citata in alcuni Vangeli per un episodio accaduto durante l’adolescenza di Cristo (al tempo dodicenne), che si intrattenne al tempio con i dottori, mentre i suoi genitori penavano ormai da tre giorni nel cercarlo senza sosta.

La corona dell’Avvento

La corona dell’Avvento

4 Settimane fino al Natale

E’ tempo di accendere le candele della Corona d’Avvento in chiesa e a casa. Siamo entrati in quel periodo dell’anno che più di tutti per i cristiani simboleggia l’attesa trepidante della venuta di Cristo, del rinnovarsi della Sua nascita miracolosa, ma anche la speranza per il Suo ritorno, alla fine dei tempi. Non si tratta solo di celebrare l’avvicinarsi del Natale. L’Avvento è più di una tradizione natalizia: è un periodo liturgico ben definito che, come tutti i tempi liturgici, richiede un atteggiamento particolare da parte di chi crede, che deve predisporre il proprio animo per vivere nel migliore dei modi questo particolare momento di fede e speranza.
Vediamo brevemente tutto quello che è opportuno sapere riguardo all’Avvento e in particolare alla Corona d’Avvento in chiesa e a casa.

La Corona dell’Avvento è nello stesso tempo un addobbo natalizio che abbellisce la casa in occasione delle Feste e un oggetto di grande valore sacro per i credenti. Infatti la Corona dell’Avvento accompagna i fedeli per quattro settimane fino al Natale. È composta da molti elementi dal forte carattere simbolico: i rami verdi e le bacche richiamano alla stagione invernale, la corona è simbolo di unità, comunione e eternità e richiama il sole e la terra, mentre le quattro candele simboleggiano la luce di salvezza offerta a tutti gli uomini in occasione del Natale.

Una candela viene accesa per ogni domenica dell’Avvento, e tutte e quattro hanno un valore preciso.

La prima candela è quella “del Profeta”: ricorda le profezie sulla venuta del Messia.

La seconda candela è quella “di Betlemme”, in memoria del luogo in cui Gesù ha visto la luce.

La terza candela è quella “dei pastori”, gli umili tra gli umili, i primi a vedere e adorare il Messia.

La quarta candela è quella “degli Angeli”, che annunciarono a tutto il mondo la nascita miracolosa di Nostro Signore.

Le quattro candele rappresentano anche la progressiva vittoria della Luce contro le Tenebre, che conosce la sua apoteosi nella nascita di Gesù. In quest’ottica le candele simboleggiano SperanzaPaceGioia e Amore, il messaggio portato dal Bambino al mondo.

La Corona dell’Avvento nasce a metà del XIX secolo da un’idea del pastore protestante Johann Hinrich Wichern, che volle con questo addobbo rischiarare le notti dei fanciulli orfani e bisognosi di Berlino.  In un primo tempo essa prese piede soprattutto negli oratori, negli orfanotrofi e nelle scuole, ma ben presto l’usanza si diffuse e si affermò anche nelle case private. Ancora oggi regalare una Corona dell’Avvento è un gesto di affetto e devozione.

Le Corone dell’Avvento sono belle, decorate oltre che con rami verdi anche con bacche, nastri, addobbi natalizi d’oro e d’argento. Possono fungere da eleganti centritavola per le Feste oltre che da oggetti liturgici, e portano luce, calore e bellezza a tutta la casa.


Cosa simboleggia l’Avvento?

L’Avvento è il periodo che precede il Natale, durante il quale i cristiani attendono (dal latino adventus, “attesa”) con penitenza, preghiera e fede la nascita di Gesù. Ogni settimana dell’Avvento è simboleggiata da una delle candele che troviamo nella Corona d’Avvento, una decorazione natalizia che non può mancare in una casa cristiana. Di solito è costituita da un cerchio di rami sempreverdi, che richiamano la stagione invernale, ma anche la vita eterna e l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, e da quattro candele, simbolo della salvezza e della luce che scaccia le tenebre e il peccato. La forma circolare della corona dell’Avvento rimanda all’eternità, all’unità del tutto. Nasce da una tradizione di origine germanica, che risale ai primi dell’Ottocento.

Qual è il colore dell’Avvento?

Il colore liturgico dell’Avvento è il viola, che richiama la penitenza, il digiuno e l’attesa, oltre che il lutto.

Come si chiamano le 4 domeniche d’Avvento?

nomi delle domeniche di Avvento sono tratti dalle prime parole dell’introito, l’antifona che apre la celebrazione della messa nelle suddette domeniche:

  1. Domenica d’Avvento: Ad te levavi (Ad te levavi animam meam, “A te, Signore, innalzo l’anima mia”), dal salmo 24/25;
  2. Domenica d’Avvento: Populus Sion (Populus Sion, ecce Dominus veniet ad salvandas gentes, “Popolo di Sion, ecco il Signore verrà a salvare i popoli!”), dal salmo 79/80;
  3. Domenica d’Avvento: Gaudete (Gaudete in Domino semper, “Rallegratevi nel Signore sempre”), dal salmo 84/85;
  4. Domenica d’Avvento: Rorate (Rorate, coeli desuper, et nubes pluant iustum, “Stillate, cieli, dall’alto e le nubi piovano il Giusto”), dal libro di Isaia (45,8[12])

Quando inizia la prima domenica dell’Avvento?

Il tempo dell’Avvento dura quattro settimane, sei nel rito Ambrosiano: comincia con i vespri della prima domenica 3 dicembre e si conclude con i vespri di Natale, il 24 dicembre.

Quando si accendono le candele dell’Avvento?

Ogni domenica di Avvento si accende una candela, fino ad averle accese tutte e quattro alla Vigilia di Natale.

Come si accende la corona dell’Avvento?

L’ideale sarebbe che tutta la famiglia partecipasse all’accensione di ogni candela, magari accompagnandola con un momento di preghiera comune. La tradizione vuole che siano i bambini di casa ad accendere le candele della corona di Avvento. Per quanto riguarda la corona d’Avvento in chiesa essa viene posizionata in un posto ben visibile a tutti i fedeli e il sacerdote si preoccupa di coinvolgere l’intera assemblea nell’accensione di ogni singola candela, spiegandone il significato e guidando i fedeli nella preghiera comune appropriata.

Quali sono i nomi delle candele dell’Avvento?

Ogni candela ha un nome e un significato simbolico particolare:

  • Prima candela d’Avventocandela del Profeta, fa riferimento alle profezie riguardo la nascita di Gesù. È la candela della Speranza;
  • Seconda candela d’Avventocandela di Betlemme, ricorda la città in cui Lui è nato. È la candela della Salvezza;
  • Terza candela d’Avvento: candela dei Pastori, ricorda coloro i quali per primi adorarono Gesù. È la candela della Gioia;
  • Quarta candela d’Avvento: candela degli Angeli, celebra i messaggeri che portarono nel mondo la notizia della nascita miracolosa.

Quali sono i quattro colori delle candele dell’Avvento?

Il colore delle candele dell’Avvento può essere sempre il viola, ma sono accettati anche il bianco, simbolo di purezza e luce, e il rosso, colore natalizio per eccellenza, che esprime anche l’amore di Gesù per noi tutti.

Come si usano le candele dell’Avvento?

Le candele dell’Avvento simboleggiano SperanzaPaceGioia e Amore, il messaggio portato dal Bambino al mondo. Vengono accese una per volta per esprimere l’idea della luce di Gesù che diventa sempre più forte e splendente man mano che ci si avvicina al Natale.

Quando spegnere la prima candela dell’Avvento?

Le candele della corona d’Avvento devono arrivare accese alla Vigilia di Natale. Si consumeranno lentamente e in autonomia, accompagnando l’attesa della Festa.

IL 2 Novembre di ogni anno

IL 2 Novembre di ogni anno


Come gli italiani festeggiano Ognissanti e i Defunti

Conosciuta come La Festa di Ognissanti – non è solo una solennità cattolica (un giorno di festa di altissimo rango) è anche un giorno festivo pubblico per il quale le scuole, gli uffici governativi e le imprese chiudono. 

Oggi, 2 novembre, la Chiesa celebra la Commemorazione dei defunti, un giorno dopo la celebrazione della sua festa gemella, quella di Ognissanti. 

L’origine di Ognissanti risale al VII e VIII secolo d.C. come modo per onorare tutti i santi, conosciuti e sconosciuti, che sono in paradiso. Anche la Festa dei Defunti, celebrata il giorno successivo, è una festa antica. È stata istituita per favorire l’offerta di preghiere e messe per le anime dei fedeli defunti del Purgatorio.

Come tende ad accadere nei paesi cattolici, le feste e le usanze secolari tendono ad accompagnare, e in alcuni casi a sostituire, la festa religiosa. Mentre i fedeli cattolici assistono alla Messa nel giorno di precetto, altri usano il tempo per diversivi più secolari.

Rispecchiando la diversità culturale di un paese che si è unito fino alla fine del XIX secolo, diverse regioni d’Italia celebrano Ognissanti in modo diverso. Come tanti altri eventi in Italia, le festività coinvolgono invariabilmente il cibo.

In Puglia, si ricorda una tradizione locale in cui i vicini lasciavano del cibo sul tavolo della cucina durante la notte tra l’1 e il 2 novembre per l’anima dei loro cari. Conosciuta come Tavola dei Morti , su ogni tavola veniva posto un cartoncino con l’immagine del defunto e una preghiera sul retro. 

La Fiera dei Morti . Risalente a 750 anni fa, la fiera di Perugia era una delle fiere più importanti d’Europa. Nell’Alto Medioevo durava fino a un mese e offriva a persone di diversa estrazione l’opportunità di incontrarsi per commerciare oltre a mescolarsi culturalmente e socialmente. In questi giorni si svolge durante la festa di Ognissanti ed è un’occasione per assaggiare piatti a base di cibi appena raccolti o raccolti come castagne, tartufo bianco, olive e olio d’oliva, funghi e uva.

Nelle Marche, la gente del posto prepara un tipo di biscotti noto come Fave dei Morti . Fatto di mandorle e nocciole, con il legume ha a che fare solo con la sua forma. Altri sostengono che risalga all’epoca romana quando le fave simboleggiavano le anime dei defunti.

Una tradizione affascinante è quella con cui gli italiani mandano gli auguri alle persone nel loro giorno onomastico , o omonimo. Ad esempio, il 4 ottobre, chiunque si chiami Francesco può aspettarsi di ricevere telefonate e messaggi con gli auguri . Le donne di nome Francesca, la forma femminile di Francis, possono aspettarsi lo stesso. Il 1° novembre è il giorno in cui tutti ricevono una chiamata del genere.

Il Giorno dei Morti è formalmente conosciuto come il Giorno dei Morti, spesso abbreviato semplicemente in i Morti . In questo giorno gli italiani visitano i cimiteri dove trascorrono del tempo con i propri cari: il crisantemo colorato, luminoso e allegro è il fiore preferito lasciato sulle tombe italiane.

In questa occasione, sopra l’ingresso, appena sotto la croce, si trova spessissimo la parola RESURRECTURIS. Significato: “A coloro che risorgeranno”, ci ricorda la nostra speranza. Nonostante le tradizioni e i costumi che vanno e vengono – così come anche i ricordi umani dei defunti – Dio non dimenticherà mai l’anima di ogni persona anima che ha creato. 

Questo è il messaggio delle Feste di Tutti i Santi e di Tutti i Defunti: che i corpi di coloro che sono morti in Cristo dormono, aspettando di risorgere e noi li vedremo di nuovo!