"Gridatelo dai tetti...."

Pillole dal Libro: LA BOCCA DI DIO  di  Marilena Marino

Sta’ in silenzio davanti al Signore, e spera in Lui!” (Salmo 37,7).

Questa è una indicazione divina che ci fa capire come spesso i silenzi sono più comunicativi di tante parole.

È un’esperienza che come credenti sperimenteremo prima o poi cioè di scoprire che Dio ci parla nel Silenzio.

Ma nel versante “laico” Cicerone sentenziava:

Vi è un’arte del silenzio che vale quanto l’eloquenza”.

Le pause possono dare significati diversi ad ogni testo o ad un discorso. Queste possono contenere un pensiero, un’emozione, una passione drammatica, psicologica, che risulteranno più significative di tante parole.

Il silenzio è come il rovescio del parlato, una sospensione per enfatizzare una frase, un concetto, il silenzio crea una “suspance”, o suggerisce un dubbio, o può essere usato come risposta, o come una strategia minacciosa, ironica, o allusiva.

Il silenzio può ostentare un totale disinteresse per l’altro; o significare una vera e propria “omissione” della parola, un espediente stilistico, che rende una lettura più affascinante e coinvolgente, poiché delega a chi ascolta l’azione di completare il testo, e renderlo più coinvolto nell’avvenimento.

Nelle dimensioni del sacro il silenzio celebra “il mistero”; in questi casi, nella ritualità in genere il silenzio è d’obbligo.

Ecco perché è fondamentale imparare non solo le regole del leggere ad alta voce o del parlare, ma soprattutto quelle del silenzio e del tacere.

Questo per capire che le Pause sono uno strumento importante di comunicazione; è come se in quei brevi attimi di silenzio lo Spirito di Dio entri nei nostri cuori più facilmente e il nostro orecchio in questi vuoti cerchi disperatamente la sua voce.

È come se la parola di Dio, in modo particolare durante le pause, accendesse il nostro cuore con un richiamo potente e una spinta ad entrare in comunione con Lui.

È importante che i Lettori sappiano dosare queste pause offrendo una opportunità di comunicazione con lo Spirito di Dio.

Ma anche nelle Pause è come se Dio stesso fa silenzio, perché vuole sentire la nostra voce che risponde con il sentimento che abbiamo per Lui. In quei momenti, avvertiamo profondamente il bisogno del Suo intervento, e il nostro spirito grida:

Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”.

I silenzi di Dio sono le sue risposte e sono piene di significati.


Per leggere bene bisogna fare le pause al momento giusto, nel modo giusto. Preparare una lettura significa studiarla
e per assurdo prima vanno individuate le pause che dovranno essere fatte, riconoscendo i momenti giusti e “posizionando” quelle lunghe e quelle brevi nei punti opportuni.

Le pause possono essere:

pause sintattiche che vengono stabilite in base alla sintassi della frase e quindi in base alla punteggiatura < , ; : . ! ? – ( ) “ “ > e sono più o meno lunghe in base al senso che vogliono esprimere. Possono esserci delle variazioni che dipendono dalla lettura e dall’interpretazione che vogliamo dare.

Santa Monica

Le pause espressive invece, non sono soggette a regole troppo rigide e precise ma il loro uso dipende dalla libera interpretazione del lettore. Questo non vuol dire che siano meno importanti, anzi molto spesso un bravo lettore riesce a dare una musicalità e attirare l’attenzione con il sapiente uso di queste pause espressive.

Questo è il senso delle Pause anche quelle brevissime durante una lettura; ma allora perché alcuni lettori leggono tutto d’un fiato, senza una pausa, come se avessero fretta di togliersi dall’impegno e sembra che non si accorgano della punteggiatura nel testo?

Nel versante opposto ci sono altri lettori che adorano le pause, ma più per un egocentrismo personale e le inseriscono anche nei momenti meno adatti senza una motivazione ragionata come fosse un “fronzolo” da aggiungere per dare varietà.

Insomma una lettura della parola di Dio, che sia efficace per chi ascolta non può essere una lettura senza le pause, oppure con troppe pause o con pause senza motivo o con pause nei posti sbagliati!

Perché una pausa o un silenzio siano eloquenti e siano un canale di comunicazione di Dio verso l’Assemblea, devono avere una motivazione, e una ragione chiara per essere inserite.

Ora è difficile dare delle regole precise, come una grammatica, nell’uso di questi silenzi; quello che possiamo fare è elencare una serie di motivazioni per poter riconoscere i più probabili momenti giusti in cui inserirli:

  • pause suggerite dalla punteggiatura

  • tra le varie parti di un elenco di nomi o cose per denotarne l’importanza

  • tra un paragrafo e l’altro

  • tra due sezioni di testo che si riferiscono a tempi diversi di una storia

  • prima e dopo le virgolette che aiutano a distinguere che il contenuto è una citazione o delle parole citate di un dialogo

  • dopo una frase di un testo complesso per dare tempo all’ascoltatore di rimeditare il concetto

  • anche dopo una frase un pò radicale e impegnativa che può turbare chi ascolta, per lasciargli tempo di superare le istintive barriere razionali e dando tempo allo Spirito di smuovere il loro cuore

  • dopo una lunga frase per dare spazio a chi ascolta di memorizzare e dare anche spazio a chi legge di ricaricare i polmoni

  • tra brani di passaggio caratterizzati da diversi stati d’animo per aiutare chi ascolta a sintonizzarsi con il cambio di scenario e al lettore di prepararsi ad un cambio di timbro, velocità o intonazione

  • quando stiamo per leggere qualcosa di importante o prezioso è opportuno fare una pausa che generi aspettativa in chi ascolta

  • quando c’è un passaggio da un tema principale ad un altro altrettanto importante, per dare tempo a chi ascolta di focalizzare il concetto precedente e prepararsi a quello diverso successivo

  • quando leggiamo dei dialoghi tra diversi personaggi per distinguere chiaramente quando il personaggio precedente finisce di parlare e dove poi inizia la risposta dell’altro personaggio, da tempo anche al lettore di rappresentare più chiaramente il ruolo del secondo personaggio

  • prima e dopo una parola chiave è utile fare una breve pausa esitante e una pausa piu secca dopo la parola chiave. Questo crea aspettativa prima, e dopo aiuta le persone a fissare il concetto appena esposto. Meglio se in queste pause non ti muovi per accrescere la sua forza

  • usale al posto delle parole di intercalare, quelle del tipo “mmh…”, “eeeh…”, “aaah…”, “ovvero…”, “come dire…”, “allora…”, ecc. Queste sillabe allungate non trasmettono nessuna informazione, ma disturbano l’attenzione; trasmettono l’impressione di essere incerti e non sapere cosa dire o che si sta prendento tempo per pensare. Quindi non riempire il tuo parlare con frasi “inutili”, ma fai una leggera pausa

  • inizia la lettura o il tuo discorso con una lunga pausa. Questo è un modo efficace per catturare l’attenzione e trasmettere fiducia. Chi ti ascolta smetterà di parlare con il vicino e sarà interessato a te e alla tua lettura.

Nel corso della pratica del ministero del lettorato potete annotare altre motivazioni se avete scoperto qualche “regola” utile per inserire delle giuste pause.

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Questo articolo è stato estratto dal libro “La Bocca di Dio” di Marilena Marino. 
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"Gridatelo dai tetti...."