«È la vita della mia vita, Cristo» Don Giussani

«È la vita della mia vita, Cristo» Don Giussani

«Innamorato di Cristo e del mondo». Don Luigi Giussani

L’Osservatore Romano mi ha chiesto un ricordo di don Giussani che è stato pubblicato venerdì 14 ottobre, il giorno prima del centesimo anniversario della nascita. Ne riporto il testo.

L’Osservatore Romano Innamorato di Cristo e del mondo – Don Luigi Giussani a cento anni dalla nascita (MASSIMO BORGHESI)

In un articolo pubblicato su «La Repubblica» Giuliano Pisapia, ricordando i suoi anni al Liceo Berchet di Milano, ha recentemente rievocato lo «strano professore di religione “brutto e affascinante” che rompeva ogni schema cui eravamo abituati. Non ci riempiva di nozioni e rispondeva a tutte le nostre domande, ai nostri dubbi, insegnandoci un metodo. […] Don Gius, così lo chiamavano, ci ascoltava e cercava di comprendere le ragioni dell’altro. Dialogo e confronto anche critico, un metodo che non mi ha mai lasciato, un insegnamento rimasto nella mia vita come in quella di molti miei compagni di scuola. Il suo cattolicesimo, la sua testimonianza di fede non era la ripetizione mnemonica di insegnamenti e dogmi ma la volontà di vivere una fede vissuta sul campo. Un metodo che — l’ho scoperto qualche anno dopo — aveva affinato sin dai suoi primi anni di vita con un papà socialista e una mamma cattolica» (Tutto quello che ho imparato da don Giussani). La testimonianza di Pisapia, che è stato sindaco di Milano come indipendente di sinistra dal 2011 al 2016, è preziosa. Indica la stima e l’apprezzamento verso il sacerdote di Desio anche da parte di chi ha percorso strade molto lontane dalle sue.

Luigi Giussani, di cui il 15 ottobre si è celebrato il centenario della nascita, è stato probabilmente il più grande educatore nell’Italia della seconda metà del ’900. Alberto Savorana nella sua documentata Vita di don Giussani (Rizzoli, 2014) ricorda i tanti studenti, taluni divenuti famosi, che il sacerdote ebbe come allievi. Tutti colpiti dalla personalità del docente “brutto e affascinante” dalla voce roca che, con passione e intelligenza, li provocava a essere inquieti, a non accontentarsi, a misurarsi con Cristo come risposta al desiderio di vivere. Per lui, come scriveva, «la grandezza della fede cristiana, senza nessun paragone con qualsiasi altra posizione, è questa: Cristo ha risposto alla domanda umana. Perciò hanno un destino comune chi accetta la fede e la vive e chi, non avendo la fede, si annega dentro la domanda, si dispera nella domanda, soffre nella domanda». Risuonava qui un cuore agostiniano-pascaliano, un cuore che nel giovane seminarista di Venegono si era incontrato con il domandare inquieto che traluceva dalle poesie di Leopardi. Al giovane Giussani, Cristo appariva come la risposta al vuoto drammaticamente espresso dal poeta di Recanati. «Ho intuito — scriveva — con struggimento che quello che si chiama “Dio” – vale a dire il Destino inevitabile per cui un uomo nasce – è il termine dell’esigenza di felicità, è quella felicità di cui il cuore è insopprimibile esigenza». Era, in nuce, la problematica de Il senso religioso, il testo del 1957 che, ampliato e corretto, vedrà altre due edizioni nel 1966 e nel 1986. Problematica nuova allora nel panorama teologico, guardata con sospetto per i ricordi suscitati delle deviazioni moderniste, che Giussani affronta e imposta seguendo, in taluni punti fedelmente, la Lettera pastorale quaresimale alla diocesi ambrosiana Sul senso religioso, del 1957, scritta dall’allora arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini. In profonda sintonia con il suo arcivescovo, Giussani non si accontentava di un cristianesimo tradizionale, convenzionale e formalistico. Voleva una fede viva, una fede che corrispondeva alle esigenze profonde dell’animo umano. Per questo la proposta cristiana doveva portare alla scoperta di Cristo, del contenuto storico del Vangelo, della divino-umanità di Gesù.

Non era solo la sua personale sensibilità che lo portava a questo “cristocentrismo esistenziale”. Era anche il risultato dell’insegnamento di colui che Giussani riconoscerà come suo vero maestro a Venegono: don Gaetano Corti. Per Corti affinché un uomo possa credere in Cristo bisogna che lo conosca, e «per conoscerlo nella sua concreta personalità storica deve in certo modo frequentarlo, come l’hanno frequentato gli Apostoli e i primi discepoli che hanno tratto da questa esperienza diretta la loro fede in Lui. Anche oggi un uomo, per credere in Cristo, deve ripetere in certa maniera e misura l’esperienza dei primi suoi discepoli; deve come loro sentirLo parlare, vedere agire, operare miracoli, piangere, soffrire; morire; risuscitare, salire al cielo. In tal modo egli penetrerà poco a poco nell’anima di quell’uomo che si chiama Gesù, entrerà nel mondo intimo dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti». Per tutta la vita Giussani applicherà il metodo di don Gaetano Corti, lo declinerà in un’esperienza educativa unica nel panorama giovanile italiano, e poi internazionale, del dopoguerra. Con quel metodo raggiungerà tre generazioni: quella degli anni ’50, caratterizzata dal clima esistenzialista; quella degli anni ’70, segnata dalla politicizzazione integrale del vento della contestazione; quella degli anni ’90 immersa nella globalizzazione. In tutte lascerà la traccia del suo timbro di voce, del suo accento, del modo appassionato con cui parlava della vita e di Cristo. Un caso più unico che raro di personalità cristiana capace di perforare il muro determinato dalla secolarizzazione.

Comprende, come pochi altri, in profonda sintonia con ciò che scriveva Pier Paolo Pasolini, che il ’68 segna la fine di un mondo, anche di quello cristiano. Non indulge, per questo, al pessimismo. In lui è chiaro il giudizio che occorreva, nel cammino della fede, ripartire dall’inizio: «Come 2000 anni fa». Nel “Volantone” di Pasqua del 1982 si chiederà: «Come possiamo rispondere a questa domanda noi che non siamo stati alle nozze di Cana, che non abbiamo visto il paralitico guarire, che non abbiamo assistito al funerale di Naim, che non lo abbiamo seguito per tre giorni nella steppa, dimenticando persino il cibo? La familiarità con Lui da cui nasce l’evidenza della sua parola come unica che dia senso alla vita, come possiamo viverla? Il modo c’è: la compagnia che da Cristo è nata ha investito la storia; è la Chiesa, suo corpo, cioè modalità della sua presenza oggi. È perciò una familiarità quotidiana di impegno nel mistero della sua presenza entro il segno della Chiesa. Di qui può nascere l’evidenza razionale, pienamente ragionevole, che ci fa ripetere con certezza ciò che Lui, unico nella storia dell’umanità disse di sé: Io sono la via, la verità, la vita».

A partire dagli anni ’80 questa compagnia, questa “amicizia cristiana”, trova il suo inizio nell’incontro, incontro con testimonianze che rendono presente nella loro vita Gesù, che rendono presente il mistero. Grazie a Giussani categorie come “incontro”, “avvenimento”, “fatto cristiano”, “presenza ”, entrano dentro il lessico teologico, divengono usuali. Non sono solo “categorie”, sono i terminali di un’esperienza in atto che il sacerdote di Desio verificava a ogni passo. «L’avvenimento cristiano —scrive — si palesa, si rivela, nell’incontro con la leggerezza, la sottigliezza e l’apparente inconsistenza di un volto che si intravede nella folla: un volto come gli altri, eppure così diverso dagli altri che, incontrandolo, è come se tutto si semplificasse. Lo vedi per un istante, e andando via porti dentro di te il colpo di quello sguardo, come dicendo: “Mi piacerebbe rivederla quella faccia!”».

Negli ultimi anni la sua vecchiaia è segnata dal parkinson, da una malattia che lo mette costantemente alla prova. Conia una nuova definizione della fede: «La fede è riconoscimento “amoroso”. È una conoscenza amorosa». Amore e misericordia sono le parole che l’accompagnano nell’ultimo periodo. Confessa alla sua fisioterapista: «Sai che cosa ho capito ai miei 80 anni? Che la misericordia non è il perdono, ma l’amore all’origine. […] In quella drammatica scena, quando Giuda si presenta davanti a Gesù nell’orto degli ulivi, la prima parola che Gesù gli dice è “amico”. Non gli dice: “Io ti perdono ciò che stai per fare”. Lui afferma prima l’amore, per muovere la libertà dell’altro». Per questo si fa cantare O Jesu mi dolcissime, terminando con una preghiera: «Oh Gesù mio dolcissimo, amico, fratello, compagno, è con te che io cercherò di trascinarmi tutti gli uomini che incontrerò, di trascinarmeli con te Signore, perché il nulla non abbia nessun possesso a nostro carico». Don Giussani muore a Milano il 22 febbraio 2005.

10 Frasi di San Domenico di Guzmán

10 Frasi di San Domenico di Guzmán

OTTOBRE MISSIONARIO

Perle di saggezza del fondatore dell’Ordine dei Predicatori

Quando San Domenico ebbe la prima esperienza di missione in Francia, si rese conto che il metodo usato dai missionari nel Paese era totalmente inadeguato e che non davano testimonianza di vita cristiana.

Per questo propose insieme a un gruppo di compagni di dedicare la vita a evangelizzare in totale povertà, dando esempio di carità e seguendo le virtù cristiane per poter portare meglio la Parola di Dio a quanti non avevano mai avuto l’opportunità di ascoltarla.

L’Arca di San Domenico, il capolavoro la cui costruzione ha richiesto 5 secoli

Daniel R. Esparza 

Ark of Saint Dominic

Realizzata a tappe e da alcuni dei più grandi scultori di tutti i tempi, l’opera contiene i resti mortali del santo spagnolo

Ark of Saint Dominic

L’Arca di San Domenico, situata nella basilica di San Domenico a Bologna, è un monumento funebre che contiene i resti mortali di San Domenico di Guzmán, fondatore dell’Ordine dei Predicatori.

L’opera ha richiesto circa 500 anni per essere terminata. Vi hanno lavorato alcuni dei più grandi scultori della storia dell’arte italiana, da Nicola Pisano a Michelangelo.

San Domenico

Nato alla fine del XII secolo a Caleruega, a un’ora a sud di Burgos, nel nord della Spagna, San Domenico morì a Bologna nel 1221, nell’allora convento della chiesa di San Nicolò delle Vigne. In seguito, la chiesa subì un ampliamento e prese il nome dal santo spagnolo, diventando basilica di San Domenico.

In un primo momento, il santo fu sepolto dietro l’altare della chiesa. Un decennio dopo, i suoi resti vennero spostati nel sobrio sarcofago di marmo sul pavimento della chiesa, che divenne presto un popolare luogo di pellegrinaggio. La maggior parte dei pellegrini, però, non poteva raggiungere la tomba del santo a causa del gran numero di persone in piedi a pregare giorno e notte. Era quindi necessario un monumento più grande, che potesse essere visto da lontano.

Il nuovo tumulo

I Domenicani chiesero al famoso scultore Nicola Pisano di realizzare un nuovo tumulo. Pisano è considerato l’ultimo scultore gotico e un pioniere del Rinascimento. L’artista progettò il nuovo monumento funerario e scolpì diverse figure sulla parte anteriore del sarcofago. Ben presto, tuttavia, dovette lasciare Bologna per andare a Siena a costruire il pulpito della cattedrale, essendo già famoso per il suo operato nel battistero di Pisa. Uno dei suoi assistenti, Lapo Di Ricevuto, completò la prima parte del monumento intorno al 1265.

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La tomba fu trasferita al centro della chiesa nel 1411. Un gruppo di scultori guidati da Niccolò Da Bari aggiunse poi elementi all’Arca di San Domenico. Tra gli artisti c’era un giovane di nome Michelangelo, che aggiunse al monumento l’immagine di San Petronio.

La cappella venne ricostruita nel 1597 dal noto architetto Floriano Ambrosini, perché i frati desideravano una cappella migliore per ospitare i resti del loro fondatore e ricevere i numerosi pellegrini che percorrevano il Cammino Domenicano per arrivarci. L’affresco nella cupola dell’abside della nuova cappella, la Gloria di San Domenico, è opera del maestro classicista Guido Reni.

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Attualmente, la basilica è l’ultima tappa del Cammino Domenicano, che inizia nella città natale del santo.

Le Perle Di San Domenico in Frasi

“L’annuncio cristiano, per il suo proprio vigore, tende a guarire, consolidare e promuovere l’uomo, a costituire una comunità fraterna, rinnovando la stessa umanità e dandole la sua piena dignità umana”

“La famiglia cristiana è ‘chiesa domestica’, prima comunità evangelizzatrice”

“La testimonianza di vita cristiana è la prima e insostituibile forma di evangelizzazione”

“Stai vedendo il frutto che ho ottenuto con la predicazione del Santo Rosario; fa’ lo stesso, tu e tutti coloro che amano Maria, per attirare in questo modo tutti i popoli alla piena conoscenza delle virtù”

“Luoghi privilegiati delle missioni dovrebbero essere le grandi città, dove sorgono nuove forme di cultura e comunicazione”

“Abbiate carità, conservate l’umiltà, possedete la povertà volontaria”

“Nuove situazioni richiedono nuove vie per l’evangelizzazione”

“Il grano ammassato marcisce e non porta frutto”

“Solo una Chiesa evangelizzata è in grado di evangelizzare”

“Maria è il modello di tutti i discepoli e gli evangelizzatori per la sua testimonianza di preghiera, di ascolto della Parola di Dio e di pronta e fedele disponibilità al servizio del Regno fino alla croce”

Papa Francesco-Maria nostra Madre che guarda tutti noi

Papa Francesco-Maria nostra Madre che guarda tutti noi

«Chi guarda la Vergine Maria? Guarda tutti noi, ciascuno di noi. E come ci guarda? Ci guarda come Madre, con tenerezza, con misericordia, con amore»

Riflessioni Mese Mariano Maria-Donna

Vieni o Madre in mezzo a noi Santa Maria del cammino

Novità Libri

Papa Francesco ha sempre dichiarato la propria profonda devozione mariana, fin dall’inizio del suo pontificato; si tratta di una devozione che ha un profondo radicamento nell’educazione cristiana ricevuta in famiglia, ma che deve anche molto alla formazione gesuitica: sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, nella sua autobiografia (Il racconto del pellegrino) pone proprio in una notte trascorsa in veglia davanti a un’immagine della Madre di Dio, uno dei momenti decisivi della sua conversione definitiva a Cristo.

Non sorprenderà, dunque, ritrovarsi di fronte, in queste pagine a vari aspetti e modulazione della devozione a Maria di papa Bergoglio. Modulazioni che, nell’intento di questo volumetto, si offrono in tre momenti:

Il primo raccoglie alcune riflessioni del Papa sulla presenza della Vergine nel nostro tempo, come Madre della Chiesa, di Gesù e di noi tutti.

Il secondo riprende alcuni testi più brevi, offrendoli a mo’ di commento alla preghiera mariana per eccellenza, l’“Ave Maria”.

Il terzo offre al lettore le preghiere più belle che papa Francesco ha composto e recitato per momenti particolari della vita della Chiesa, del mondo e nostra.

Questo libro in regalo per voi è un piccolo compendio della cura con cui il Papa ci consegna il suo invito a non essere orfani, ma figli attenti e sereni di una Madre che non ci lascia mai soli.

Un libro “antologia”, che per la prima volta offre ai lettori un toccante percorso attraverso le più belle riflessioni e invocazioni rivolte da papa Francesco alla Madonna. Attraverso il linguaggio fortemente comunicativo e colloquiale di papa Francesco, il testo restituisce la profonda devozione del pontefice a Maria, nostra Madre, “che guarda tutti noi con tenerezza, misericordia e amore”

https://www.famigliacristiana.it/blogpost/maria-mamma-di-tutti.aspx.

Papa Francesco-Le donne accedano ai ministeri del lettorato e dell’accolitato

Con un motu proprio Francesco abroga la limitazione dell’accesso ai due ministeri istituiti ai laici maschi. Nessuna relazione con il sacerdozio. Riconoscimento del contributo femminile all’annuncio

Le donne potranno accedere da ora in poi ai ministeri del lettorato e dell’accolitato nella Chiesa Cattolica. Senza che però questo debba essere confuso con una sia pur parziale apertura verso l’ordinazione sacerdotale. Con il motu proprio “Spiritus Domini”, infatti, il Papa ha modificato il primo paragrafo del canone 230 del Codice di Diritto canonico, stabilendo che le donne possano accedere a questi ministeri (la lettura della Parola di Dio durante le celebrazioni liturgiche o lo svolgimento di un servizio all’altare, come ministranti – chierichette o come dispensatrici dell’eucaristia), che essi vengano attribuiti anche attraverso un atto liturgico che li istituzionalizza. Nella nuova formulazione del canone si legge ora: “I laici che abbiano l’età e le doti determinate con decreto dalla Conferenza episcopale, possono essere assunti stabilmente, mediante il rito liturgico stabilito, ai ministeri di lettori e di accoliti”. Viene così abrogata la specificazione “di sesso maschile” riferita ai laici e presente nel testo Codice fino alla modifica odierna.

Francesco tuttavia specifica che si tratta di ministeri laicali“essenzialmente distinti dal ministero ordinato che si riceve con il sacramento dell’ordine”. E in una lettera indirizzata al Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Luis Ladaria, cita le parole di san Giovanni Paolo II secondo cui “rispetto ai ministeri ordinati la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale”. Per i ministeri non ordinati come il letterato e l’accolitato, però, “è possibile, e oggi appare opportuno – sottolinea il Pontefice -, superare tale riserva”. Il Papa spiega che “offrire ai laici di entrambi i sessi la possibilità di accedere al ministero dell’Accolitato e del Lettorato, in virtù della loro partecipazione al sacerdozio battesimale incrementerà il riconoscimento, anche attraverso un atto liturgico (istituzione), del contributo prezioso che da tempo moltissimi laici, anche donne, offrono alla vita e alla missione della Chiesa”.

Già da tempo, infatti, in moltissime chiese le donne leggono durante le celebrazioni e le bambine (soprattutto) svolgono il servizio di ministranti. Tuttavia questi ruoli venivano svolti, come ricorda anche Vatican News, senza un mandato istituzionale vero e proprio, in deroga a quanto stabilito da san Paolo VI, che nel 1972, pur abolendo i cosiddetti “ordini minori”, aveva deciso di mantenere riservato l’accesso aquesti ministeri alle sole persone di sesso maschileperché li considerava propedeutici a un eventuale accesso all’ordine sacro.

Francesco, invece, recepisce quanto richiesto anche da diversi Sinodi dei vescovi e menzionando il documento finale del Sinodo per l’Amazzonia osserva come “per tutta la Chiesa, nella varietà delle situazioni, è urgente che si promuovano e si conferiscano ministeri a uomini e donne… È la Chiesa degli uomini e delle donne battezzati che dobbiamo consolidare promuovendo la ministerialità e, soprattutto, la consapevolezza della dignità battesimale”.

Ministero istituito, non ordinato

Come sottolinea il Papa nella Lettera che accompagna il motu proprio, al cardinale Ladaria Ferrer prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il lettorato e l’accolitato sono ministeri “istituiti”, cioè affidati con atto liturgico del vescovo, dopo un adeguato cammino, «a una persona che ha ricevuto il Battesimo e la Confermazione e in cui siano riconosciuti specifici carismi». Sono altro rispetto ai ministeri “ordinati”, che hanno invece origine in uno specifico Sacramento: l’Ordine sacro. Si tratta dei ministeri ordinati del vescovo, del presbitero, del diacono.

https://www.avvenire.it/papa/pagine/donne-lettorato-accolitato

Motu Proprio. Così il Papa riconosce ruolo essenziale e servizio reso dalle donne

Una donna in preghiera in chiesa

«Vi sono diversi carismi ma uno è lo Spirito; vi sono diversi ministeri ma uno solo è il Signore», scrive Paolo nella Prima Lettera ai Corinti (12,4-5) e proprio nel nome dello Spirito, papa Francesco inizia il Motu Proprio pubblicato ieri «circa l’accesso delle donne ai ministeri del Lettorato e dell’Accolitato» (che modifica il primo paragrafo del canone 230 del Codice). Seguendo la tradizione della Chiesa, che ha chiamato sin dalle origini «ministeri le diverse forme che i carismi assumono quando sono pubblicamente riconosciuti e sono messi a disposizione della comunità e della sua missione in forma stabile», Francesco ha ritenuto di occuparsi del tema ecclesiale dei carismi, specialmente di quelli più numerosi e vari di cui godono i laici, visto che questi costituiscono «l’immensa maggioranza del popolo di Dio» (EG 102).

Ha ritenuto di dover riconoscere ai carismi dei laici e delle donne la dignità di un nome e, quindi, di un mandato, di una stabilità e di un’autorità che permetta loro di poter spendere il Dono ricevuto da Dio, e riservato a tutti i battezzati, in un servizio concreto, costruttivo, di responsabilità nella comunità cristiana. Quanto consiste, appunto, nel ‘ministero’. Negare, del resto, a un battezzato di fare questo, significa pretendere di soffocare la Grazia e rendere quella persona un membro inerte del Corpo mistico di Cristo. È la preoccupazione di Francesco che ribadisce «l’urgenza di riscoprire la corresponsabilità di tutti i battezzati nella Chiesa e in particolare la missione del laicato» che è stata, poi, reclamata anche nel Sinodo per la regione pan-amazzonica (2019).

Ora si viene al punto, mettendo il focus sui diversi ministeri, per dare «una loro migliore configurazione e un più preciso riferimento alla responsabilità che nasce, per ogni cristiano, dal Battesimo e dalla Confermazione». Distinguendo con precisione tra ministeri ordinati e non ordinati e concentrando l’interesse su questi ultimi. Si tratta, insomma, degli antichi «ordini minori» i quali, sinora erano, però, consentiti solo agli uomini in quanto tappe di un percorso che portava – e porterà ancora per gli uomini – a quelli «maggiori ». Ed ecco la novità: se per i ministeri ordinati la Chiesa «non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale» (cfr. san Giovanni Paolo II, Ordinatio sacerdotalis, 1994), per i ministeri non ordinati «è possibile, e oggi appare opportuno superare tale riserva ». Le donne possono, dunque, essere stabilite come Lettori e Accoliti, accompagnando, almeno quel percorso che compiono gli uomini verso i ministeri ordinati del diaconato e del sacerdozio. Anche a esse è garantita un’adeguata preparazione e il discernimento dei pastori. È un accesso, pertanto, dovuto allo Spirito Santo, secondo le Scritture e nell’alveo della teologia cattolica. Importante per le donne le quali da una parte si vedono riconosciuto un ‘servizio’ che molte già svolgevano, dall’altra acquistano «un’incidenza reale ed effettiva nell’organizzazione, nelle decisioni più importanti e nella guida delle Comunità ». Urgente per la Chiesa che non può più fare a meno del concorso qualificato delle donne nella sua ‘uscita’ di evangelizzazione e non può neppure permettersi di ignorare o perdere le donne stesse.

Rosanna Virgili

Preghiera a Maria, donna missionaria

Santa Maria, donna missionaria, concedi alla tua Chiesa il gaudio di riscoprire, nascoste tra le zolle del verbo mandare, le radici della sua primordiale vocazione. Aiutala a misurarsi con Cristo, e con nessun altro: come te, che, apparendo agli albori della rivelazione neotestamentaria accanto a Lui, il grande missionario di Dio, lo scegliesti come unico metro della tua vita.

Quando la Chiesa si attarda all’interno delle sue tende dove non giunge il grido dei poveri, dalle il coraggio di uscire dagli accampamenti. Quando viene tentata di pietrificare la mobilità del suo domicilio, rimuovila dalle sue apparenti sicurezze. Quando si adagia sulle posizioni raggiunte, scuotila dalla sua vita sedentaria. Mandata da Dio per la salvezza del mondo, la Chiesa è fatta per camminare, non per sistemarsi.

Nomade come te, mettile nel cuore una grande passione per l’uomo. Vergine gestante come te, additale la geografia della sofferenza. Madre itinerante come te, riempila di tenerezza verso tutti i bisognosi. E fà che di nient’altro sia preoccupata che di presentare Gesù Cristo, come facesti tu con i pastori, con Simeone, con i magi d’oriente, e con mille altri anonimi personaggi che attendevano la redenzione.

Santa Maria, donna missionaria, noi ti imploriamo per tutti coloro che avendo avvertito, più degli altri, il fascino struggente di quella icona che ti raffigura accanto a Cristo, l’inviato speciale del Padre, hanno lasciato gli affetti più cari per annunciare il Vangelo in terre lontane.

Sostienili nella fatica. Ristora la loro stanchezza. Proteggili da ogni pericolo. Dona ai gesti con cui si curvano sulle piaghe dei poveri i tratti della tua verginale tenerezza. Metti sulle loro labbra parole di pace. Fa che la speranza con cui promuovono la giustizia terrena non prevarichi sulle attese sovrumane di cieli nuovi e terre nuove. Riempi la loro solitudine. Attenua nella loro anima i morsi della nostalgia. Quando hanno voglia di piangere, offri al loro capo la tua spalla di madre.

Rendili testimoni della gioia. Ogni volta che ritornano tra noi, profumati di trincea, fà che possiamo attingere tutti al loro entusiasmo. Confrontandoci con loro, ci appaia sempre più lenta la nostra azione pastorale, più povera la nostra generosità, più assurda la nostra opulenza. E, recuperando su tanti colpevoli ritardi, sappiamo finalmente correre ai ripari.

Santa Maria, donna missionaria, tonifica la nostra vita cristiana con quell’ardore che spinse te, portatrice di luce, sulle strade della Palestina. Anfora di Spirito, riversa il suo crisma su di noi, perché ci metta nel cuore la nostalgia degli estremi confini della terra.

E anche se la vita ci lega ai meridiani e ai paralleli dove siamo nati, fà che ci sentiamo egualmente sul collo il fiato delle moltitudini che ancora non conoscono Gesù. Spalanca gli occhi perché sappiamo scorgere le afflizioni del mondo. Non impedire che il clamore dei poveri ci tolga la quiete.

Tu che nella casa di Elisabetta pronunciasti il più bel canto della teologia della liberazione, ispiraci l’audacia dei profeti. Fa che sulle nostre labbra le parole di speranza non suonino menzognere. Aiutaci a pagare con letizia il prezzo della nostra fedeltà al Signore.

E liberaci dalla rassegnazione.

Don Tonino Bello

Idea Progettazione a cura di Marilena Marino Vocedivina.it