La Quaresima che porta alla Pasqua

La Quaresima che porta alla Pasqua

La vita è un cammino da sempre e per tutti. Anche la QUARESIMA vuol essere un cammino da scoprire per rimetterci in viaggio con più animo e consapevolezza!

Nella Quaresima vivremo alcuni riti molto significativi. Con l’imposizione delle CENERI sulla testa ci ricorderemo che il nostro deve essere un cammino di CONVERSIONE che comincia dal rinnovare il nostro modo di pensare, per uno sguardo più profondo e una vita più umana. Come dimenticare, poi, quel rito del giovedì santo, così sentito, della lavanda dei PIEDI. Qualcuno diceva che la quaresima è un percorso di conversione dalla testa propria ai piedi degli altri!

Dobbiamo lasciarci lavare, purificare dalla Parola e dallo Spirito di Gesù per accogliere, come famiglia di Gesù, uniti, quell’esplosione di VITA che è la Pasqua e testimoniarla agli uomini e alle donne di oggi con coraggio e amore.

Un percorso, quello della quaresima, consapevole, da vivere con leggerezza e con serietà per decidere la meta e poi non sbagliare strada nella vita. Aiutati dalla Parola di Dio saremo spinti a guardare oltre il presente che a volte ci pesa. Come in tutti i viaggi impegnativi avremo bisogno di fermarci e trovare acqua buona per dissetarci. Sarà fondamentale chiedere al Signore il dono della luce per vedere nel buio e ritrovare vita, calore, quando le forze ci mancheranno e ci verrà voglia di desistere dal camminare. Ma fondamentale sarà contemplare Gesù in croce per attraversare con Lui la sofferenza di oggi e di domani, nostra e di chi incontriamo e per ripartire con speranza, noi e gli altri.

Mercoledì delle Ceneri 2023

Il Mercoledì delle Ceneri segna, nella tradizione cristiana, l’inizio della Quaresima, il tempo di preparazione alla Pasqua.

(*) Il rito ambrosiano, osservato nella maggior parte delle chiese dell’arcidiocesi di Milano e in alcune delle diocesi vicine, fa iniziare la Quaresima con la prima domenica di Quaresima; l’ultimo giorno di carnevale è pertanto il sabato, 4 giorni dopo rispetto al martedì in cui termina per chi osserva il rito romano.

Le domeniche di quaresima sono indicate anche da un nome latino, derivato dall’introito del giorno, a sua volta tratto dall’Antico Testamento.

quaresima

Il significato etimologico, Quaresima è dal latino quadragesima, sottintendendo dies come giorno, da cui quarantesimo giorno. Il dizionario ci informa che nella liturgia cattolica è il periodo di penitenza e astinenza di quaranta giorni, dalle Ceneri al Sabato Santo.

40 GIORNI: ORIGINI E SIGNIFICATO SIMBOLICO

Vediamo subito il perché dei quaranta giorni. Questo numero simboleggia una misura di tempo spesa alla presenza di Dio. Il popolo ebraico trascorre quarant’anni nel deserto prima di raggiungere la terra promessa. Gesù trascorre quaranta giorni nel deserto prima di iniziare la sua predicazione.

Quaranta è il tempo di una generazione. Il Diluvio Universale è durato quaranta giorni e quaranta notti. La flagellazione, secondo la legge mosaica, prevedeva quaranta colpi. È un periodo di prova e isolamento, vi ricordate che, per alcune malattie, si veniva messi in quarantena? Nella liturgia cattolica le quaranta ore sono il periodo che intercorre tra la morte di Gesù, il venerdì alle quindici, e la sua risurrezione, la domenica mattina.

La storia della Quaresima è davvero antica, anche se la sua evoluzione è stata graduale, infatti, sino al II secolo, la celebrazione della Santa Pasqua era anticipata da un digiuno che non durava più di due giorni, ed era riservato soprattutto ai catecumeni oltre che alla comunità tutta. È nel secolo successivo che inizia ad abbozzarsi quella che poi diverrà la Settimana Santa, la settimana della Passione di N.S.G.C., anche se per ora i due giorni interessati erano il mercoledì e il venerdì, dove non si celebrava neppure l’Eucarestia.

Nelle settimane di preparazione era letto e commentato il Vangelo di Giovanni, il più ricco di spiritualità e di riferimento alla Passione e Risurrezione di Gesù. Dobbiamo arrivare al IV secolo perché s’inizi a parlare di Quadragesima, dove i fedeli si sottoponevano a un periodo di penitenza che durava, appunto, quaranta giorni e che iniziava con l’imposizione delle ceneri e con l’utilizzo di un sacco che fungeva da abito, segno di penitenza. Poco prima del VI secolo, il mercoledì diviene giorno dedicato alla somministrazione delle ceneri, e il rito è esteso a tutta la cristianità. Le settimane di Quaresima si allungano a sei, dando un carattere ascetico e non solo penitenziale.

LA QUARESIMA OGGI

Oggi il tempo della Quaresima è dettato dalle nuove disposizioni del Concilio vaticano II; leggasi alla voce Sacrosanctum Concilium, n. 109, che ha ripristinato il vero senso pasquale-battesimale. Ha stabilito l’inizio quaresimale il mercoledì delle ceneri sino il Giovedì Santo, Messa in Coena Domini. Il tempo di Passione inizia la Domenica delle Palme, dando inizio alla Settimana Santa. Nel Rito Ambrosiano la settimana è chiamata Settimana Autentica.

La Quaresima è l’opportunità di vivere e partecipare al Mistero della Passione, Morte e Risurrezione di Cristo, puntando l’attenzione non tanto sull’atto del digiuno, ma sull’azione salvifica di Gesù. Il significato del digiuno, il Mercoledì delle Ceneri, il Venerdì per gli ambrosiani, e il Venerdì Santo vogliono sottolineare il cammino verso la propria conversione. L’astinenza dalle carni il venerdì pone l’accento come segno di rinuncia al lusso e alla mondanità, rilevando il senso cristiano della povertà, esaltando l’atto di carità verso il prossimo, così come la preghiera, che deve trovare un posto privilegiato.

Come proclamare il comandamento nuovo? 

Come proclamare il comandamento nuovo? 

c) Dottrina sociale, evangelizzazione e promozione umana

66 La dottrina sociale è parte integrante del ministero di evangelizzazione della Chiesa. Tutto ciò che riguarda la comunità degli uomini — situazioni e problemi relativi alla giustizia, alla liberazione, allo sviluppo, alle relazioni tra i popoli, alla pace — non è estraneo all’evangelizzazione e questa non sarebbe completa se non tenesse conto del reciproco appello che si fanno continuamente il Vangelo e la vita concreta, personale e sociale dell’uomo.85 Tra evangelizzazione e promozione umana ci sono legami profondi: « Legami di ordine antropologico, perché l’uomo da evangelizzare non è un essere astratto, ma è condizionato dalle questioni sociali ed economiche. Legami di ordine teologico, poiché non si può dissociare il piano della creazione da quello della Redenzione che arriva fino alle situazioni molto concrete dell’ingiustizia da combattere, e della giustizia da restaurare. Legami dell’ordine eminentemente evangelico, quale è quello della carità: come infatti proclamare il comandamento nuovo senza promuovere nella giustizia e nella pace la vera, l’autentica crescita dell’uomo? ».86

67 La dottrina sociale « ha di per sé il valore di uno strumento di evangelizzazione » 87 e si sviluppa nell’incontro sempre rinnovato tra il messaggio evangelico e la storia umana. Così compresa, tale dottrina è via peculiare per l’esercizio del ministero della Parola e della funzione profetica della Chiesa: 88 « per la Chiesa insegnare e diffondere la dottrina sociale appartiene alla sua missione evangelizzatrice e fa parte essenziale del messaggio cristiano, perché tale dottrina ne propone le dirette conseguenze nella vita della società ed inquadra il lavoro quotidiano e le lotte per la giustizia nella testimonianza a Cristo Salvatore ».89 Non siamo in presenza di un interesse o di un’azione marginale, che si aggiunge alla missione della Chiesa, ma al cuore stesso della sua ministerialità: con la dottrina sociale la Chiesa « annuncia Dio e il mistero di salvezza in Cristo ad ogni uomo e, per la medesima ragione, rivela l’uomo a se stesso ».90 È, questo, un ministero che procede non solo dall’annuncio, ma anche dalla testimonianza.

68 La Chiesa non si fa carico della vita in società sotto ogni aspetto, ma con la competenza sua propria, che è quella dell’annuncio di Cristo Redentore91 « La missione propria che Cristo ha affidato alla sua Chiesa non è d’ordine politico, economico o sociale: il fine che le ha prefisso è di ordine religioso. Eppure proprio da questa missione religiosa derivano un compito, una luce e delle forze che possono servire a costruire e a consolidare la comunità degli uomini secondo la Legge divina ».92 Questo vuol dire che la Chiesa, con la sua dottrina sociale, non entra in questioni tecniche e non istituisce né propone sistemi o modelli di organizzazione sociale: 93 ciò non attiene alla missione che Cristo le ha affidato. La Chiesa ha la competenza attinta al Vangelo: al messaggio di liberazione dell’uomo annunciato e testimoniato dal Figlio di Dio fatto uomo.

d) Diritto e dovere della Chiesa

69 Con la sua dottrina sociale la Chiesa « si propone di assistere l’uomo sul cammino della salvezza »: 94 si tratta del suo fine precipuo ed unico. Non ci sono altri scopi tesi a surrogare o ad invadere compiti altrui, trascurando i propri, o a perseguire obiettivi estranei alla sua missione. Tale missione configura il diritto e insieme il dovere della Chiesa di elaborare una propria dottrina sociale e di incidere con essa sulla società e sulle sue strutture, mediante le responsabilità e i compiti che questa dottrina suscita.

70 La Chiesa ha il diritto di essere per l’uomo maestra di verità della fede: della verità non solo del dogma, ma anche della morale che scaturisce dalla stessa natura umana e dal Vangelo.95 La parola del Vangelo, infatti, non va solo ascoltata, ma anche messa in pratica (cfr. Mt 7,24; Lc 6,46-47; Gv 14,21.23-24; Gc 1,22): la coerenza nei comportamenti manifesta l’adesione del credente e non è circoscritta all’ambito strettamente ecclesiale e spirituale, ma coinvolge l’uomo in tutto il suo vissuto e secondo tutte le sue responsabilità. Per quanto secolari, queste hanno come soggetto l’uomo, vale a dire colui che Dio chiama, mediante la Chiesa, a partecipare al Suo dono salvifico.

Al dono della salvezza l’uomo deve corrispondere non con un’adesione parziale, astratta o verbale, ma con tutta la propria vita, secondo tutte le relazioni che la connotano, così da non abbandonare nulla ad un ambito profano e mondano, irrilevante o estraneo alla salvezza. Per questo la dottrina sociale non è per la Chiesa un privilegio, una digressione, una convenienza o un’ingerenza: è un suo diritto evangelizzare il sociale, ossia far risuonare la parola liberante del Vangelo nel complesso mondo della produzione, del lavoro, dell’imprenditoria, della finanza, del commercio, della politica, della giurisprudenza, della cultura, delle comunicazioni sociali, in cui vive l’uomo.

71 Questo diritto è nel contempo un dovere, perché la Chiesa non vi può rinunciare senza smentire se stessa e la sua fedeltà a Cristo: « Guai a me se non predicassi il vangelo! » (1 Cor 9,16). L’ammonimento che san Paolo rivolge a se stesso risuona nella coscienza della Chiesa come un richiamo a percorrere tutte le vie dell’evangelizzazione; non solo quelle che portano alle coscienze individuali, ma anche quelle che conducono alle istituzioni pubbliche: da un lato non si deve « costringere erroneamente il fatto religioso alla sfera puramente privata »,96 da un altro lato non si può orientare il messaggio cristiano verso una salvezza puramente ultraterrena, incapace di illuminare la presenza sulla terra.97

Per la rilevanza pubblica del Vangelo e della fede e per gli effetti perversi dell’ingiustizia, cioè del peccato, la Chiesa non può restare indifferente alle vicende sociali: 98 « è compito della Chiesa annunciare sempre e dovunque i principi morali anche circa l’ordine sociale, e così pure pronunciare il giudizio su qualsiasi realtà umana, in quanto lo esigono i diritti fondamentali della persona umana o la salvezza delle anime ».99

PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE

COMPENDIO
DELLA DOTTRINA SOCIALE
DELLA CHIESA

A GIOVANNI PAOLO II
MAESTRO DI DOTTRINA SOCIALE
TESTIMONE EVANGELICO
DI GIUSTIZIA E DI PACE

2 Febbraio Presentazione di Gesù al tempio

2 Febbraio Presentazione di Gesù al tempio

Il 2 febbraio la Chiesa Cattolica celebra la Presentazione di Gesù al Tempio (dal vangelo di Luca 2,22-39) che avvenne secondo le usanze dell’epoca previste dalla legge giudaica per i primogeniti maschi. Viene popolarmente chiamata festa della  Candelora, perché in questo giorno si benedicono le candele ricordando il Cristo (ovvero il messia “unto” dal signore per essere luce che illumina le genti), così come il bambino Gesù venne definito dal vecchio Simeone, saggio e profeta.
La festa è anche detta della Purificazione di Maria, perché, secondo l’usanza ebraica, una donna era considerata impura del sangue mestruale per un periodo di 40 giorni dopo il parto di un maschio e doveva andare al Tempio per purificarsi: il 2 febbraio cade appunto 40 giorni dopo il 25 dicembre, giorno della nascita di Gesù.
Celebrazioni legate alla luce in questo periodo dell’anno esistevano feste e celebrazioni in alcune tradizioni religiose precristiane. Alcuni studiosi rilevano come la Candelora cristiana possa essere stata introdotta in sostituzione di una festività preesistente; vista la coincidenza del periodo dell’anno con il periodo di 40 giorni dopo la nascita di Gesù.
Nell’antica Roma era usanza nel periodo della februatio, la purificazione della città, che le donne girassero per le strade con ceri e fiaccole accese, simbolo di luce. Ben presto, però, prevalsero i significati legati all’aspetto luminoso dell’imminente primavera, in corrispondenza con i riti propiziatori agresti per l’inaugurazione del nuovo anno agricolo. I Lupercali o Lupercalia si festeggiavano alle Idi di febbraio, il 15; per i Romani ultimo mese dell’anno. Servivano a purificarsi prima dell’avvento dell’anno nuovo, propiziandone la fertilità. La cerimonia era legata alla famosa Lupa che allattò Romolo e Remo.
Ancora oggi si usa il detto :“Nella Festa della Candelora dall’inverno semo fora”.

Come spiegare la Candelora ai bambini del catechismo?

E’ il giorno in cui si benedicono le candele e i ceri nelle chiese, simbolo di Cristo e “luce per illuminare le genti“, come il bambino Gesù venne chiamato dal vecchio Simeone al momento della presentazione al Tempio di Gerusalemme, che era prescritta dalla Legge giudaica per i primogeniti maschi.

Dal punto di vista simbolico, questa celebrazione indica il passaggio dall’oscurità e dal buio alla luce alla rinascita e, dunque, a una nuova stagione che coincide con la primavera.

Presentazione del Signore 
Nel vangelo di Luca leggiamo: «Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore..» (Lc 2,22). La festa che celebriamo quest’oggi è dunque la “presentazione del Signore”, anche se la fede popolare la chiama da tempo “candelora”.

L’episodio è inoltre talmente importante da far parte dei misteri gioiosi del Rosario, preghiera che, come sappiamo, ha riassunto in passato i momenti cruciali della vita di Gesù, offrendoli alla meditazione della gente semplice, illetterata.

Perché dovremmo festeggiare il fatto che Gesù bambino viene presentato al tempio?
L’evangelista, anzitutto, mette insieme due cerimonie: la purificazione della madre, quaranta giorni dopo il parto, e la consacrazione del figlio primogenito, da offrire al Signore (o, più precisamente, da “riscattare” ad un prezzo, nel caso di Gesù, una coppia di tortore). Questa duplice motivazione è ben sottolineata dal cambio di nome che ha subito tale festività: se per lungo tempo la si è definita “Purificazione della SS. Vergine Maria”, la riforma liturgica del 1960 le ha restituito l’antico nome di “Presentazione del Signore”.

Ma quando nasce come vera e propria festa nella Chiesa?
La prima testimonianza ci parla del IV secolo, a Gerusalemme. In seguito l’imperatore Giustiniano decretò il 2 febbraio come giorno festivo in tutto l’impero d’Oriente, mentre Roma adottò la festività verso la metà del VII secolo: papa Sergio I istituì la più antica processione penitenziale romana, che partiva dalla chiesa di S.Adriano al Foro, e si concludeva a S.Maria Maggiore.

Perché la gente continua tuttavia a chiamarla “candelora”?
Per via del rito della benedizione delle candele, durante la processione in chiesa, rito che risale intorno all’anno Mille e che si ispira alle parole di Simeone: «I miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele» (Lc 2,29-32).

Già, Simeone ed Anna, qual è il ruolo dei due anziani in questa scena?
Simeone, tenuto in vita dalla speranza di incontrare il Messia, corona il suo “sogno”: prende in braccio il piccolo e, sconvolto, proclama che a quel punto può morire in pace, alla sua vita non può chiedere di più!
Anna, da parte sua – una profetessa rimasta vedova giovanissima e non più risposatasi – è il prototipo delle vecchiette che si incontrano nelle Messe feriali, la cui fede viene talvolta giudicata con troppa superficialità: un esempio di fede semplice e robusta, sicuramente non dominata dalle mode del tempo, di cui spesso siamo schiavi un po’ tutti..

C’è qualcosa che accomuna i due anziani, oltre all’età? Cos’hanno visto di speciale in quel bambino? Cosa cercavano?
Entrambi hanno saputo cogliere l’essenziale. La legge ebraica esigeva la presenza di almeno due testimoni per instaurare una causa.. ecco che due testimoni, Simeone ed Anna, riconoscono l’inizio di un tempo nuovo. Grazie a loro due tutto ci è chiaro fin dall’inizio: Gesù è il Messia promesso da Dio e venuto ad illuminare tutti i popoli.

Peccato non avere più tra noi due personaggi così bravi ad indicarci la luce..
Nient’affatto! La Chiesa, oggi, celebra anche – e non a caso – la Giornata della vita consacrata: questo Vangelo «costituisce un’icona – dice papa Francesco – della donazione della propria vita da parte di coloro che, per un dono di Dio, assumono i tratti di Gesù vergine, povero e obbediente..». E aggiunge: «Le persone consacrate sono segno di Dio nei diversi ambiti di vita.. Ogni persona consacrata è un dono per il popolo di Dio in cammino».

Illuminati da tali guide, ringraziamo allora il Signore con le parole di San Sofronio: «Nessuno si rifiuti di portare la sua fiaccola.. le nostre lampade esprimano soprattutto la luminosità dell’anima, con la quale dobbiamo andare incontro a Cristo.. nessuno resti escluso da questo splendore, nessuno si ostini a rimanere immerso nel buio».

2 Febbraio Festa della Giornata Mondiale della vita consacrata. In questo giorno, ricco di storia e di molteplici significati, che ricorre la Giornata mondiale della Vita Consacrata voluta da Papa Giovanni Paolo II nel 1997.

In questa occasione la Chiesa celebra il “sì” dei consacrati e delle consacrate alla chiamata di Dio. Nella “icona evangelica” della presentazione di Gesù, Simeone rende grazie a Dio perché finalmente può stringere tra le braccia il Messia atteso. Così in questa Giornata si vuole rendere grazie a Dio per la presenza della Vita Consacrata dentro la Chiesa che ricorda a tutti i battezzati la bellezza della vocazione cristiana che a ciascuno chiede di testimoniare nella vita la luce di Gesù e del Vangelo.

Febbraio delle Parrocchie

Febbraio delle Parrocchie

Il Papa: preghiamo perché ogni parrocchia abbia le porte sempre aperte per tutti

Guarda alle comunità parrocchiali l’intenzione di preghiera di Francesco affidata a tutta la Chiesa per il mese di febbraio. Era il 2023, appena un anno fa ma, nel video diffuso dalla Rete mondiale di preghiera del Papa c’era l’invito sempre attuale a ripensare con coraggio lo stile delle parrocchie per farle diventare veri luoghi di comunione tra le persone e di accoglienza, senza esclusioni

Adriana Masotti – Città del Vaticano

La parrocchia non è un “club” riservato a pochi, ma un luogo dove per entrare non sono richiesti particolari requisiti e alla cui porta d’entrata si dovrebbe leggere: “ingresso libero”. E’ per questa intenzione che Francesco invita a pregare la Chiesa nel Video diffuso dalla Rete mondiale di preghiera del Papa per il mese di febbraio. Un modo per chiedere che le parrocchie siano davvero comunità, centri di ascolto e di accoglienza “con le porte sempre aperte”.

Il messaggio del Papa 

“A volte penso che dovremmo affiggere nelle parrocchie, alla porta, un cartello che dica: ‘Ingresso libero’ – afferma Papa Francesco nel Video del Papa  -. Le parrocchie devono essere comunità vicine, senza burocrazia, centrate sulle persone e in cui trovare il dono dei sacramenti. Devono tornare ad essere scuole di servizio e generosità, con le porte sempre aperte agli esclusi. E agli inclusi. A tutti”. Il messaggio di Francesco è che “le parrocchie non sono un club per pochi, che garantisce una certa appartenenza sociale”. E prosegue con l’esortazione: “Per favore, siamo audaci! Ripensiamo tutti allo stile delle nostre comunità parrocchiali”. L’intenzione di preghiera del Papa per febbraio è dunque “perché le parrocchie, mettendo la comunione – la comunione delle persone, la comunione ecclesiale – al centro, siano sempre più comunità di fede, di fraternità e di accoglienza verso i più bisognosi”.

La ricchezza della Chiesa sono le persone 

L’esterno di una parrocchia bellissima, ma vuota. Poi la stessa parrocchia, piena di persone, che diventa dunque ancora più bella. Il Video del Papa di questo mese si apre così – si legge nel comunicato stampa che lo accompagna – ricordando che la ricchezza della Chiesa non sono gli edifici, ma le persone che li abitano. Le immagini, provenienti da parrocchie di tutto il mondo, descrivono incontri conviviali, conferenze, distribuzione di aiuti ai più bisognosi, visite agli anziani e ai malati, spettacoli. È un video, dunque, pieno di vita, quella vita che scorre nelle parrocchie e le rende ancora punti di riferimento per molti, dove si impara l’arte dell’incontro.

Locandina intenzione di preghiera del Papa per il mese di febbraio

Locandina intenzione di preghiera del Papa per il mese di febbraio

La parrocchia è presenza della Chiesa tra le case

Il comunicato ricorda che già nell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, Papa Francesco aveva evidenziato la centralità della parrocchia: “sebbene non sia l’unica istituzione evangelizzatrice”, aveva scritto citando un’espressione di Giovanni Paolo II nella Christifideles laici, la parrocchia ha la particolare caratteristica di essere “la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie”. Per questo deve stare “in contatto con le famiglie e con la vita del popolo” e non diventare “una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi”. Ma questo “appello alla revisione e al rinnovamento delle parrocchie”, aggiungeva, “non ha ancora dato sufficienti frutti perché siano ancora più vicine alla gente”. Il Pontefice, dunque, insiste sull’idea che le parrocchie debbano portare avanti questo cammino di trasformazione per essere sempre aperte e a disposizione di tutti senza esclusioni, per questo parla di audacia e di ripensamento dello stile attuale delle comunità.

Le persone al centro della vita parrocchiale

Commentando l’intenzione di preghiera di febbraio, padre Frédéric Fornos S.J., direttore Internazionale della Rete Mondiale di Preghiera del Papa, ha ricordato che “qualche anno fa, Francesco ha detto alla diocesi di Isernia-Venafro: ‘Ogni comunità parrocchiale è chiamata ad essere luogo privilegiato dell’ascolto e dell’annuncio del Vangelo; casa di preghiera raccolta intorno all’Eucaristia; vera scuola della comunione’. Ascolto, preghiera e comunione – prosegue padre Fornos – sono indicazioni sinodali essenziali per la vita delle parrocchie. Per far questo, però, devono essere davvero comunità, con le persone al centro, perché siamo realmente comunità quando conosciamo l’altro, conosciamo il suo nome, le sue necessità, la sua voce”.

L'intenzione di preghiera del Papa

L’intenzione di preghiera del Papa

Ripensare allo stile delle nostre comunità

Si tratta di una sfida molto grande, dice ancora il direttore della Rete, infatti “quante volte accade che la parrocchia si trasformi in un raggruppamento di persone più o meno sconosciute che si ritrova per la Messa della domenica ma senza vita comunitaria?” “Essere una comunità cristiana – sottolinea – è una grazia, nasce dalla fede condivisa, dalla fraternità vissuta e dall’accoglienza ai più bisognosi; nasce da un’esperienza spirituale comune, dall’incontro con Cristo Risorto. Come dice Francesco nel Video del Papa – conclude padre Fornos -, dobbiamo essere ‘audaci’ nell’ascolto dello Spirito Santo e ripensare tutti ‘allo stile delle nostre comunità parrocchiali’”.

https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2023-01/papa-francesco-video-intenzione-preghiera-febbraio-rete-mondiale.html

Il Papa: la Parola di Dio è per tutti

Il Papa: la Parola di Dio è per tutti

Nella Domenica della Parola di Dio, Francesco ricorda l’urgenza dell’annuncio, la necessità di professare “un Dio dal cuore largo”

Il Papa: la Parola di Dio è per tutti, la Chiesa non abbia il cuore stretto

“Gesù sconfina” per dirci che la misericordia di Dio è per tutti. Non dimentichiamo questo: la misericordia di Dio è per tutti e per ognuno di noi. ‘La misericordia di Dio è per me’, ognuno può dire questo”. Così il Papa, a braccio, ha spiegato che “la Parola di Dio è per tutti”: “È un dono rivolto a ciascuno e che perciò non possiamo mai restringerne il campo di azione perché essa, al di là di tutti i nostri calcoli, germoglia in modo spontaneo, imprevisto e imprevedibile, nei modi e nei tempi che lo Spirito Santo conosce”.


Nella Domenica della Parola di Dio, Francesco ricorda l’urgenza dell’annuncio, la necessità di professare “un Dio dal cuore largo”, di far salire sulla barca di Pietro chi si incontra perché questa è la Parola di Dio, “non è proselitismo”


“E se la salvezza è destinata a tutti, anche ai più lontani e perduti – ha spiegato Francesco nell’omelia della Messa celebrata domenica, nella basilica di San Pietro, per la quarta Domenica della Parola di Dio – allora l’annuncio della Parola deve diventare la principale urgenza della comunità ecclesiale, come fu per Gesù. Non ci succeda di professare un Dio dal cuore largo ed essere una Chiesa dal cuore stretto – questa sarebbe, mi permetto di dire, una maledizione –; non ci succeda di predicare la salvezza per tutti e rendere impraticabile la strada per accoglierla; non ci succeda di saperci chiamati a portare l’annuncio del Regno e trascurare la Parola, disperdendoci in tante attività secondarie, o tante discussioni secondarie”.

Impariamo da Gesù a mettere la Parola al centro, ad allargare i confini, ad aprirci alla gente”, l’invito: “Metti la tua vita sotto la Parola di Dio. Questa è la strada che ci indica la Chiesa: tutti, anche i Pastori della Chiesa, siamo sotto l’autorità della Parola di Dio. Non sotto i nostri gusti, le nostre tendenze o preferenze, ma sotto l’unica Parola di Dio che ci plasma, ci converte, ci chiede di essere uniti nell’unica Chiesa di Cristo”.

I cristiani, ha spiegato il Papa, sull’esempio di Gesù sono “esperti nel cercare gli altri”: “E questo non è proselitismo, perché quella che chiama è la Parola di Dio, non la nostra parola”, ha precisato. “Questa è la nostra missione”, ha concluso Francesco: “Diventare cercatori di chi è perduto, di chi è oppresso e sfiduciato, per portare loro non noi stessi, ma la consolazione della Parola, l’annuncio dirompente di Dio che trasforma la vita”.

https://www.avvenire.it/papa/pagine/il-papa-la-parola-di-dio-e-per-tutti-la-chiesa-non-abbia-il-cuore-stretto

La Scuola della Parola

La Scuola della Parola


Il 24 gennaio del 2023 si è celebrata la Domenica della Parola, voluta da papa Francesco per sottolineare l’importanza delle Scritture nella vita della Chiesa. «Tra chi, già prima del Concilio, mise al centro la Bibbia fu il beato Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia Paolina che in quest’anno ha celebra uno speciale Anno Biblico», dice suor Piera Moretti

Suor Piera Moretti, 59 anni

Suor Piera Moretti, 59 anni

Siamo tutti come i discepoli di Emmaus, impauriti e smarriti. È apparendo loro, dopo la Risurrezione, che Gesù, come racconta il Vangelo di Luca, «aprì la mente all’intelligenza delle Scritture». La Parola come antidoto alla paura. E quindi «sorgente di vita e cammino di approfondimento dell’identità cristiana, della nostra appartenenza a Cristo», dice suor Piera Moretti, Pia Discepola del Divin Maestro (una Congregazione religiosa della Famiglia Paolina fondata dal Beato Giacomo Alberione il 10 Febbraio 1924) nonché liturgista.

Il tema scelto per la Domenica della Parola del 2023 fu una frase tratta dalla Lettera che Paolo, in prigione, scrive ai Filippesi: «Tenendo alta la Parola di vita» (Fil 2,16). Più di un invito, un programma di vita: «Tenendo alta la parola di vita», scrive mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, «i discepoli di Cristo “brillano come astri nell’universo”. È una bella immagine quella che l’apostolo offre oggi anche a tutti noi. Viviamo un momento drammatico. L’umanità pensava di avere raggiunto le più solide certezze della scienza e le soluzioni di un’economia per garantire sicurezza di vita. Oggi è costretta a verificare che nessuna delle due le garantisce il futuro. Emerge in maniera forte il disorientamento e la sfiducia a causa dell’incertezza sopraggiunta in maniera inaspettata. I discepoli di Cristo hanno la responsabilità anche in questo frangente di pronunciare una parola di speranza. Lo possono realizzare nella misura in cui rimangono saldamente ancorati alla Parola di Dio che genera vita e si presenta come carica di senso per l’esistenza personale».

La sensibilità del popolo di Dio verso la Parola ha attraversato diverse fasi storiche ma è indubbio che l’impulso maggiore arriva dal Concilio Vaticano II con la Costituzione dogmatica Dei Verbum per arrivare fino a Benedetto XVI che nel 2008 convoca un Sinodo ad hoc sul tema “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa” e poi scrive l’Esortazione Apostolica Verbum Domini. Fino a papa Francesco che nel 2019 con la Lettera apostolica Aperuit illis stabilisce che «la III Domenica del Tempo ordinario sia dedicata alla celebrazione, riflessione e divulgazione della Parola di Dio».

In questo cammino l’apporto della Famiglia Paolina, che quest’anno celebra uno speciale Anno Biblico, è stato decisivo e, con il beato Giacomo Alberione, del quale quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario della morte, persino profetico: «Don Alberione», ricorda suor Moretti, «ha celebrato l’Anno Biblico più volte nel corso della sua vita e anche prima del Concilio. In questo è stato un precursore. Ha indicato la strada, invitando a mettere al centro la Parola senza la quale non possiamo vivere. Per questo dobbiamo interpretare la nostra storia alla luce della Parola e solo così troveremo risposta e significato anche in quelle situazioni di male, dolore e sofferenza che in un primo momento e a uno sguardo superficiale sembrano non abbiano risposta».

Perché papa Bergoglio ha voluto collocare la Domenica della Parola nella terza domenica del tempo ordinario? «Perché», risponde suor Moretti, «è quella successiva alla Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani che si svolge dal 18 al 25 gennaio. La Parola, che è Cristo stesso, deve condurci alla comunione. Francesco ha sottolineato più volte che questa Giornata ha una valenza fortemente ecumenica, volta ad approfondire l’identità di ogni battezzato che se non attinge alla Parola di Dio perde la sua identità cristiana, ed è un richiamo a conoscere la Scrittura».

C’è chi afferma che questa venerazione del Libro sia qualcosa che appartiene più alla tradizione protestante che al cattolicesimo: «Ci stiamo avvicinando ai protestanti? Per me è un segno positivo», risponde la religiosa, «loro ci hanno insegnato tanto e noi dobbiamo imparare di più, è un avvicinamento reciproco, un cammino che facciamo insieme nella conoscenza del Signore. Tenere alta la parola di vita significa offrire una testimonianza autentica della Parola: la Torah è qualcosa ma di vivo, è lo Spirito esce dalla bocca di Dio e noi dobbiamo renderne testimonianza».

La Domenica della Parola, in comunione con tutta la Chiesa, è solo la prima tappa dell’Anno Biblico Paolino: «Ci saranno altri eventi», spiega suor Moretti, «approfondimenti, incontri, come il webinar del 12 gennaio scorso. A novembre, a cinquant’anni esatti dalla morte del beato Alberione, la chiusura solenne. San Paolo e il suo impegno instancabile ad annunciare la Parola non sono solo “patrimonio” della Famiglia Paolina. Noi abbiamo il compito di far brillare e risplendere la sua missione che seppe oltrepassare i confini della Palestina coinvolgendo migliaia di persone e interi popoli. Oggi c’è tanto bisogno di persone che tengano alta la Parola e che non siano altisonanti nel proclamarla ma gareggino nel darle testimonianza».