Il Vangelo del cieco di Gerico

Il Vangelo del cieco di Gerico

Dal Vangelo secondo Luca

 

 

Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!».
Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato».
Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.

 

 

Parola del Signore

 

 

Chi è questo cieco, accovacciato nell’oscurità della propria vita, ai margini di una folla apparentemente lucida e dal cammino ben rischiarato, ma che impedisce il grido di cuore del non vedente troppo intempestivo?
Sono io, quando ho la coraggiosa ingenuità di interpellare Cristo, lui che giustamente non passa così vicino a me che per farsi fermare, e che non è importunato da nessun grido che viene dal cuore, soprattutto quello della non vedenza.
Io, ancora, quando riconosco che la semplice preghiera, fiduciosa e non affettata, è il collirio che mi restituisce la vista.
Io, infine, quando la mia lode si aggiunge a quella degli umili vedenti.

 

 

Commento su Lc 18, 35-43

 

 

«Mentre Gesù si avvicinava a Gerico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: “Passa Gesù, il Nazareno!”. Allora gridò dicendo: “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!”. Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: “Che cosa vuoi che io faccia per te?”. Egli rispose: “Signore, che io veda di nuovo!”. E Gesù gli disse: “Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato”. Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio».

 

 


Come vivere questa Parola?

Come è viva, limpida, e profonda la fede di questo anonimo cieco di cui ci parla Luca nel Vangelo di oggi! Egli se ne stava seduto lungo la strada che portava a Gerico a mendicare, quando dal tramestio della gente che accorreva, sente che “passa Gesù, il Nazareno“. Egli grida allora la sua preghiera accorata: “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!“. È interessante annotare che il cieco non chiede subito il miracolo per riavere la vista, ma soltanto domanda che il Nazareno abbia pietà. È questa la preghiera più importante del cieco, tant’è vero che viene gridata una seconda volta, nonostante il rimprovero ricevuto dagli astanti “perché tacesse”. Solo in un secondo tempo, quando Gesù gli chiede esplicitamente: «Che cosa vuoi che io faccia per te?», egli risponde: «Signore, che io veda di nuovo!». Ciò vuol dire che la sua preghiera veniva dal profondo del suo cuore ed era colma di fede e di adesione totale al Maestro e non una richiesta egoistica di essere soltanto guarito dal suo male. E Gesù aveva intravisto in quel grido una fede umile e vera. Ecco perché il Signore, alla fine dell’incontro salvante con il cieco, gli dice espressamente: “La tua fede ti ha salvato”.
È bello sottolineare che questa preghiera del cieco è stata poi scelta dall’Oriente cristiano come la preghiera caratteristica della spiritualità orientale, e chiamata la “preghiera del cuore” o meglio, denominata dai questi Padri, la “preghiera monologica” (cioè la preghiera riassunta in una sola parola: Gesù), da ripetersi lungo la giornata insieme col respiro del corpo (cfr. I racconti del Pellegrino russo).

 

 


Signore, anch’io con il cieco anonimo ti grido la mia umile e accorata preghiera: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». E la ripeterò spesso lungo la giornata, quasi fosse il mio respiro.

 

Il Papa: la Parola di Dio è per tutti

Il Papa: la Parola di Dio è per tutti

Nella Domenica della Parola di Dio, Francesco ricorda l’urgenza dell’annuncio, la necessità di professare “un Dio dal cuore largo”

Il Papa: la Parola di Dio è per tutti, la Chiesa non abbia il cuore stretto

“Gesù sconfina” per dirci che la misericordia di Dio è per tutti. Non dimentichiamo questo: la misericordia di Dio è per tutti e per ognuno di noi. ‘La misericordia di Dio è per me’, ognuno può dire questo”. Così il Papa, a braccio, ha spiegato che “la Parola di Dio è per tutti”: “È un dono rivolto a ciascuno e che perciò non possiamo mai restringerne il campo di azione perché essa, al di là di tutti i nostri calcoli, germoglia in modo spontaneo, imprevisto e imprevedibile, nei modi e nei tempi che lo Spirito Santo conosce”.


Nella Domenica della Parola di Dio, Francesco ricorda l’urgenza dell’annuncio, la necessità di professare “un Dio dal cuore largo”, di far salire sulla barca di Pietro chi si incontra perché questa è la Parola di Dio, “non è proselitismo”


“E se la salvezza è destinata a tutti, anche ai più lontani e perduti – ha spiegato Francesco nell’omelia della Messa celebrata domenica, nella basilica di San Pietro, per la quarta Domenica della Parola di Dio – allora l’annuncio della Parola deve diventare la principale urgenza della comunità ecclesiale, come fu per Gesù. Non ci succeda di professare un Dio dal cuore largo ed essere una Chiesa dal cuore stretto – questa sarebbe, mi permetto di dire, una maledizione –; non ci succeda di predicare la salvezza per tutti e rendere impraticabile la strada per accoglierla; non ci succeda di saperci chiamati a portare l’annuncio del Regno e trascurare la Parola, disperdendoci in tante attività secondarie, o tante discussioni secondarie”.

Impariamo da Gesù a mettere la Parola al centro, ad allargare i confini, ad aprirci alla gente”, l’invito: “Metti la tua vita sotto la Parola di Dio. Questa è la strada che ci indica la Chiesa: tutti, anche i Pastori della Chiesa, siamo sotto l’autorità della Parola di Dio. Non sotto i nostri gusti, le nostre tendenze o preferenze, ma sotto l’unica Parola di Dio che ci plasma, ci converte, ci chiede di essere uniti nell’unica Chiesa di Cristo”.

I cristiani, ha spiegato il Papa, sull’esempio di Gesù sono “esperti nel cercare gli altri”: “E questo non è proselitismo, perché quella che chiama è la Parola di Dio, non la nostra parola”, ha precisato. “Questa è la nostra missione”, ha concluso Francesco: “Diventare cercatori di chi è perduto, di chi è oppresso e sfiduciato, per portare loro non noi stessi, ma la consolazione della Parola, l’annuncio dirompente di Dio che trasforma la vita”.

https://www.avvenire.it/papa/pagine/il-papa-la-parola-di-dio-e-per-tutti-la-chiesa-non-abbia-il-cuore-stretto

Conversione S Paolo

Conversione S Paolo

Frasi Celebri di Paolo di Tarso

La vita di San Paolo di Tarso, noto anche come San Paolo Apostolo, è un racconto straordinario di trasformazione e dedizione alla diffusione del cristianesimo. Ecco una panoramica della sua vita e della sua conversione:

  1. Origini e Formazione: Paolo, originariamente chiamato Saulo, nacque a Tarso in Cilicia (l’attuale Turchia) intorno al 5-10 d.C. Era di origine ebraica e cresciuto in una famiglia farisea. Ricevette una formazione religiosa rigorosa e acquisì competenze come fabbricante di tende.
  2. Fase Persecutoria: Inizialmente, Saulo fu noto per la sua opposizione al nascente movimento cristiano. Era un fervente persecutore dei cristiani, partecipando attivamente all’arresto e alla persecuzione dei seguaci di Gesù.
  3. La Conversione sulla Via di Damasco: La svolta nella vita di Saulo avvenne durante un viaggio a Damasco. Mentre si dirigeva verso la città con l’intenzione di perseguitare i cristiani, ebbe un incontro straordinario con Gesù Cristo risorto. Una luce accecante lo avvolse, e Saulo udì la voce di Gesù che gli chiedeva: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” Dopo questa esperienza, Saulo rimase cieco per tre giorni.
  4. La Rinascita e la Missione Apostolica: Durante quei giorni di cecità, Anania, un seguace di Gesù, lo guarì e lo battezzò. Da quel momento, Saulo sperimentò una conversione radicale e cambiò il suo nome in Paolo. Iniziò a predicare appassionatamente il cristianesimo, diventando uno degli apostoli più influenti e prolifici nella diffusione del Vangelo.
  5. Le Missioni Apostoliche: Paolo intraprese numerose missioni apostoliche, viaggiando per vasti territori dell’Impero Romano. Fondò numerose comunità cristiane e scrisse diverse epistole (lettere) che costituiscono una parte significativa del Nuovo Testamento.
  6. Imprigionamento e Morte: Paolo affrontò diversi arresti durante la sua missione apostolica, e infine fu imprigionato a Roma. Tradizionalmente si ritiene che sia stato martirizzato, essendo stato giustiziato sotto l’imperatore romano Nerone, intorno al 67 d.C.

La conversione di San Paolo è uno degli eventi più notevoli nella storia cristiana, e la sua trasformazione da persecutore a fervente apostolo ha avuto un impatto duraturo sulla diffusione del cristianesimo nel mondo antico. Le sue lettere, presenti nel Nuovo Testamento, sono ancora oggi fonte di insegnamento e ispirazione per i cristiani.

Dopo la sua conversione miracolosa sulla Via di Damasco, Paolo si ritrovò in una condizione di cecità, sia fisica che spirituale. Gli occhi, una volta aperti solo per cercare e perseguitare i seguaci di Gesù, ora erano chiusi, incapaci di vedere il mondo esterno. Ma nel buio della sua cecità fisica, qualcosa di straordinario stava accadendo dentro di lui.

Durante quei tre giorni di oscurità, Paolo fu attraversato da una profonda riflessione e preghiera. Riconsiderò le sue azioni passate, confrontando il suo zelo per la legge con la luce divina che aveva sperimentato sulla strada per Damasco. In quel silenzio oscuro, Paolo fu visitato da Anania, un seguace di Gesù, che gli impose le mani, restituendogli la vista e il senso spirituale.

La trasformazione di Saulo in Paolo fu radicale. L’uomo che una volta era un accanito persecutore dei cristiani divenne un ardente apostolo di Cristo. Non solo cambiò il suo nome, ma cambiò completamente il corso della sua vita. La luce divina che lo aveva accecato fisicamente lo illuminò interiormente, aprendo gli occhi del suo cuore alla verità del Vangelo.

Da quel momento in poi, Paolo si dedicò instancabilmente a diffondere la buona notizia di Gesù Cristo. Viaggiò per terre lontane, affrontò persecuzioni, incarcerazioni e sofferenze, ma nulla poteva fermare la fiamma della sua fede. Le città, i villaggi e le comunità incontrate nel corso delle sue missioni furono testimoni della sua passione e dedizione.

Le sue lettere, scritte in momenti di prigionia o durante le sue peregrinazioni, diventarono una testimonianza duratura della sua teologia profonda e della sua saggezza spirituale. Attraverso la sua scrittura appassionata, Paolo continuò a guidare e nutrire le comunità cristiane, esortandole all’amore, alla fede e alla speranza.

Il suo cammino apostolico lo portò infine a Roma, la capitale dell’Impero, dove subì il martirio per la sua fede. Paolo, l’ex persecutore diventato apostolo, affrontò la sua fine con la stessa determinazione e fede che aveva guidato la sua vita.

La conversione di Paolo è un racconto di trasformazione straordinaria, un esempio di come la grazia divina può cambiare radicalmente una vita e trasformare un cuore ostile in uno devoto. La storia di Paolo è intrisa di avventure, prove e, soprattutto, della potenza trasformatrice dell’amore di Dio.

Il viaggio di Paolo, dall’oscurità alla luce, è una narrazione che va al di là delle circostanze terrene. La sua vita diventò una testimonianza vivente della grazia redentrice di Cristo, un racconto di speranza che risuona attraverso i secoli.

Mentre Paolo si trovava in prigione a Roma, le sue lettere continuarono a fluire, portando conforto e insegnamento alle comunità cristiane sparse in tutto l’impero. Nelle sue parole, traspariva la consapevolezza profonda della grazia di Dio, della sua misericordia e dell’amore che travalicava le barriere etniche e culturali.

La sua epistola ai Filippesi, scritta in una situazione di apparente difficoltà, riflette la sua prospettiva straordinaria sulla gioia e sull’importanza di concentrarsi su Cristo. “Rallegratevi sempre nel Signore; ve lo ripeto, rallegratevi!” sono parole che risuonano con un tono di fiducia radicata in una fede salda.

Paolo, l’apostolo delle nazioni, non solo trasformò la sua vita, ma contribuì in modo significativo allo sviluppo teologico del cristianesimo. Le sue lettere, considerate parte integrante del Nuovo Testamento, trattano questioni fondamentali sulla grazia, la fede, la giustificazione e l’amore di Dio.

La sua eredità vive ancora attraverso le comunità cristiane in tutto il mondo, che attingono ispirazione dalle sue parole e dal suo esempio. La conversione di Paolo è un richiamo potente a tutti coloro che si sentono lontani da Dio o intrappolati nel buio delle proprie scelte sbagliate. Essa ci ricorda che, attraverso la grazia, ogni cuore può essere trasformato, e ogni vita può diventare un testimonio vivente della potenza redentrice di Cristo.

La storia di Paolo di Tarso è una testimonianza di come la grazia divina può raggiungere anche il più duro dei cuori e trasformare un persecutore in un apostolo, un testimone ardente della verità che ha incontrato sulla strada di Damasco. La sua vita ci invita a riflettere sulla nostra risposta alla chiamata di Dio e a credere nella possibilità di una trasformazione radicale attraverso l’amore e la grazia divina.

Cosa ci lascia S Paolo e la sua fede in Cristo

San Paolo, attraverso la sua vita, le esperienze e le lettere, lascia alla fede cristiana un ricco patrimonio teologico e spirituale. Alcuni degli insegnamenti chiave che Paolo offre alla fede includono:

  1. Grazia e Giustificazione: Paolo sottolinea la centralità della grazia divina nella salvezza. In molte delle sue lettere, espone il concetto che la salvezza non è ottenuta attraverso le opere, ma è un dono gratuito di Dio. La giustificazione, secondo Paolo, deriva dalla fede in Gesù Cristo.
  2. Fede e Opera: Nonostante l’importanza attribuita alla grazia, Paolo enfatizza anche l’importanza della fede viva che si manifesta attraverso le opere di amore. La fede, per lui, è dinamica e si esprime nell’impegno pratico verso Dio e il prossimo.
  3. Corpo di Cristo: Paolo usa l’immagine del corpo per descrivere la Chiesa come il Corpo di Cristo. Ogni membro, anche se diverso, contribuisce al bene comune. Questo insegnamento promuove l’unità, la diversità e la responsabilità reciproca all’interno della comunità cristiana.
  4. Amore e Libertà: Nel celebre capitolo sulla carità (1 Corinzi 13), Paolo dipinge un ritratto dell’amore cristiano. L’amore, secondo lui, è la forza motrice di tutte le azioni cristiane. Nel contempo, sottolinea la libertà cristiana, ma avverte contro un uso egoistico della libertà che potrebbe danneggiare gli altri.
  5. Sofferenza e Consolazione: Paolo affronta la realtà della sofferenza, sia fisica che spirituale. Nel suo insegnamento, la sofferenza può essere vista come una partecipazione alla sofferenza di Cristo e può portare a una profonda consolazione. La sua stessa vita, segnata da prove e difficoltà, testimonia la potenza della grazia di Dio nel mezzo delle avversità.
  6. Risurrezione e Vita Eterna: Paolo dedica parte significativa delle sue lettere a trattare della risurrezione. In particolare, nella sua prima lettera ai Corinzi, spiega la centralità della risurrezione di Cristo per la fede cristiana e la speranza nella vita eterna.

Il contributo di San Paolo alla fede cristiana è di una portata eccezionale. Le sue lettere, ispirate dallo Spirito Santo, forniscono una guida profonda e pratica per la vita cristiana. Paolo ci lascia una eredità che ci invita a vivere con fede e amore, a riconoscere la potenza trasformatrice della grazia di Dio e a impegna rci nella costruzione del Regno di Dio sulla terra.

  1. La Lotta Spirituale: Paolo parla della realtà della lotta spirituale e della necessità di indossare l’armatura di Dio (Efesini 6:10-18). Ci insegna a essere pronti ad affrontare le sfide spirituali con fede, preghiera e resistenza, consapevoli della presenza di forze spirituali in conflitto.
  2. La Comunione Eucaristica: Nelle sue lettere, Paolo spiega il significato e la profondità della Cena del Signore. Nel suo insegnamento sulla Cena del Signore (1 Corinzi 11:23-26), sottolinea la comunione con Cristo e con i membri del Corpo di Cristo attraverso questo sacramento.
  3. La Forza nella Debolezza: Paolo condivide la sua esperienza di “spina nella carne” (2 Corinzi 12:7-10), rivelando come Dio usi la debolezza umana per manifestare la sua potenza. Questo ci insegna a trovare la forza in Dio anche nelle nostre limitazioni.
  4. Il Cammino della Fede: Paolo stesso è un esempio di perseveranza nella fede nonostante le avversità. Nei momenti di prigione, persecuzione e sofferenza, mantiene la sua fiducia in Dio e continua a diffondere il Vangelo. Il suo coraggio e la sua dedizione ci ispirano a perseverare nella fede anche di fronte alle sfide.
  5. La Gentilezza e l’Amabilità: Anche nelle sue correzioni e ammonizioni, Paolo esprime la gentilezza e l’amabilità. Nel suo insegnamento sulla correzione fraterna, ci invita a correggerci a vicenda con amore e rispetto, cercando la crescita spirituale degli altri (Galati 6:1).
  6. L’Attesa della Parusia: Paolo parla dell’attesa della seconda venuta di Cristo (Parusia) e dell’importanza di vivere in modo vigilante e preparato per l’incontro con il Signore (1 Tessalonicesi 4:16-18). Questa attesa forma la base della speranza cristiana e ci orienta verso il futuro glorioso che Dio ha preparato per coloro che lo amano.

Il contributo di Paolo alla fede cristiana va ben oltre le sue parole. La sua vita e il suo ministero incarnano la trasformazione che la grazia di Dio può operare in un individuo. Ciò che ci lascia è un invito a vivere con fede, speranza e amore, a essere testimoni del Vangelo in ogni aspetto della nostra vita quotidiana.

  1. L’Unità nella Diversità: Paolo si sforza di promuovere l’unità all’interno della Chiesa, anche in mezzo alle differenze culturali e etniche. In molte delle sue lettere, enfatizza che tutti sono uno in Cristo Gesù, indipendentemente dalla loro origine o status sociale (Galati 3:28). Questa visione dell’unità nella diversità rimane un insegnamento essenziale per le comunità cristiane.
  2. Il Ministero della Consolazione: Paolo, il “Dio della consolazione” (2 Corinzi 1:3), incoraggia la Chiesa a condividere consolazione con gli altri. Egli stesso, attraverso le sue prove, imparò a consolare gli altri con la consolazione che aveva ricevuto da Dio.
  3. Il Ruolo delle Donne nella Chiesa: Mentre alcuni passaggi delle sue lettere sono stati interpretati in modi diversi, Paolo riconosce il contributo significativo delle donne nella Chiesa. Nella sua lettera ai Romani, menziona Febe come diacono e Prisca (o Priscilla) come sua collaboratrice nella diffusione del Vangelo.
  4. La Generosità e la Colletta per i Poveri: Paolo è coinvolto nell’organizzazione di raccolte di fondi per i poveri tra le comunità cristiane (2 Corinzi 8-9). Questa pratica riflette la sua preoccupazione per la giustizia sociale e l’attenzione ai bisogni materiali dei membri della Chiesa.
  5. La Disciplina nella Chiesa: Paolo affronta anche la questione della disciplina nella Chiesa. Nel suo insegnamento, sottolinea la necessità di correggere il comportamento errato all’interno della comunità, mantenendo un bilanciamento tra amore e disciplina per il bene comune.
  6. Il Combattimento del Buon Combattimento della Fede: Nelle sue ultime lettere, Paolo usa immagini guerresche per descrivere la sua corsa nella fede. Parla di aver combattuto il buon combattimento, completato la corsa e conservato la fede (2 Timoteo 4:7). Questa immagine esorta i credenti a perseverare nella fede nonostante le sfide.

San Paolo, attraverso la sua vita e le sue lettere, ci offre un ampio spettro di insegnamenti che abbracciano aspetti teologici, etici e pratici della vita cristiana. Il suo lascito è un richiamo costante a vivere secondo i principi del Vangelo, a crescere nella fede, nella speranza e nell’amore, e a perseguire la santità in ogni aspetto della vita. La sua eredità continua a guidare e ispirare milioni di credenti nel loro cammino di fede.

  1. La Priorità della Preghiera: Paolo sottolinea l’importanza della preghiera in diverse occasioni. Invita i credenti a pregare senza cessare (1 Tessalonicesi 5:17) e a presentare le loro richieste a Dio con gratitudine (Filippesi 4:6). La preghiera, per Paolo, è un mezzo vitale di comunicazione con Dio e un’opportunità per trovare consolazione e forza.
  2. La Parola di Dio come Spada dello Spirito: Nell’armatura spirituale descritta in Efesini 6, Paolo colloca l’importanza della Parola di Dio come la “spada dello Spirito”. Questo sottolinea la potenza della Scrittura nel combattere le tentazioni spirituali e nel rivelare la volontà di Dio.
  3. La Comunione Fraterna: Paolo promuove la comunione fraterna e l’attenzione agli altri. In 1 Corinzi 12, utilizza l’immagine del corpo per spiegare l’importanza di ciascun membro nella Chiesa. Questo insegna la responsabilità reciproca e la condivisione delle gioie e delle sofferenze all’interno della comunità cristiana.
  4. La Fiducia nella Provvidenza Divina: Anche di fronte alle difficoltà e alle avversità, Paolo insegna la fiducia nella provvidenza divina. La sua affermazione “Tutto posso in colui che mi dà forza” (Filippesi 4:13) riflette la sua convinzione che la forza di affrontare le sfide proviene da Cristo.
  5. La Predicazione del Vangelo: Paolo considera la predicazione del Vangelo come una missione centrale nella vita del cristiano. Nella sua lettera ai Romani, chiede: “Come invocheranno colui in cui non hanno creduto? E come crederanno in colui di cui non hanno udito parlare? E come ne udranno parlare se non vi sarà chi predichi?” (Romani 10:14). Questo sottolinea l’importanza di condividere attivamente la buona notizia con gli altri.
  6. L’Umiltà e l’Esaltazione di Cristo: Paolo esorta i credenti a coltivare l’umiltà, seguendo l’esempio di Cristo (Filippesi 2:5-11). Questo insegnamento ci ricorda di servire gli altri con umiltà e di riconoscere la grandezza di Dio nella nostra vita.
  7. La Speranza Resa Sicura in Cristo: Paolo insegna che la speranza cristiana non delude perché è fondata sulla fede in Gesù Cristo. Scrivendo ai Romani, afferma che la speranza non delude “perché l’amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Romani 5:5). La speranza cristiana è radicata nell’amore di Dio e nella presenza dello Spirito Santo nelle nostre vite.

Questi insegnamenti di San Paolo formano un ricco tesoro per la fede cristiana, offrendo orientamenti pratici, etici e teologici. Paolo ci sfida a vivere in modo coerente con la nostra fede, ad abbracciare la grazia di Dio e a essere testimoni del Vangelo in ogni aspetto della nostra vita. La sua eredità continua a illuminare il cammino di coloro che cercano di seguire Cristo oggi.

  1. La Virtù della Pazienza: Paolo, affrontando le difficoltà e le avversità nella sua vita e nel suo ministero, esemplifica la virtù della pazienza. Incoraggia i credenti a perseverare nelle tribolazioni, sapendo che la pazienza produce carattere e speranza (Romani 5:3-4).
  2. La Responsabilità Individuale e Collettiva: Paolo insegna sia la responsabilità individuale che quella collettiva nella vita cristiana. Mentre sottolinea l’importanza della fede personale e della relazione individuale con Cristo, riconosce anche la responsabilità dei credenti di sostenersi a vicenda e di costruire insieme il corpo di Cristo.
  3. Il Combattimento Contro le Tenebre Spirituali: Paolo riconosce la presenza delle tenebre spirituali e invita i credenti a combattere il buon combattimento della fede. Nel suo insegnamento sulla guerra spirituale, ci esorta a indossare l’armatura di Dio per resistere alle insidie del nemico (Efesini 6:10-18).
  4. L’Ammonimento Fraterno: Paolo, nella sua lettera ai Galati, incoraggia il confronto fraterno e l’ammonimento quando un credente si allontana dalla verità. Questo insegnamento riafferma l’importanza della cura e dell’accountability all’interno della comunità cristiana.
  5. Il Culto della Vita Consacrata: Paolo dedica una parte significativa delle sue lettere a spiegare il significato e la pratica del culto cristiano. Nell’insegnamento sulla consacrazione del nostro corpo come un “sacrificio vivente” (Romani 12:1), sottolinea l’importanza di vivere ogni aspetto della nostra vita in adorazione a Dio.
  6. La Lotta Contro la Tentazione: Paolo riconosce la realtà delle tentazioni e invita i credenti a resistere con fermezza. Nel suo insegnamento sulla tentazione, sottolinea che Dio fornirà una via d’uscita e che possiamo affrontare le sfide con la forza che ci viene da Cristo (1 Corinzi 10:13).
  7. Il Ruolo dello Spirito Santo nella Vita del Credente: Paolo insegna l’importanza dello Spirito Santo nella vita del credente. Nei suoi scritti, evidenzia il ruolo dello Spirito Santo nell’illuminare, consolare, guidare e santificare i credenti, rendendoli capaci di vivere una vita in conformità con la volontà di Dio.
  8. La Promessa della Vita Eterna: Paolo offre la sicurezza della vita eterna a coloro che confidano in Cristo. Nel suo insegnamento sulla risurrezione dei morti (1 Corinzi 15), proclama la vittoria su morte e peccato attraverso Cristo, offrendo la speranza della vita eterna con Dio.

La ricchezza degli insegnamenti di Paolo continua a offrire guida e ispirazione alla comunità cristiana. La sua eredità si riflette nella profondità teologica, nella praticità etica e nella saggezza spirituale che permea le sue lettere. Paolo ci incoraggia a vivere con fede, a lottare per la verità e a crescere nell’amore di Dio, invitandoci a una vita di consacrazione e speranza nella promessa della vita eterna.

La Scuola della Parola

La Scuola della Parola


Il 24 gennaio del 2023 si è celebrata la Domenica della Parola, voluta da papa Francesco per sottolineare l’importanza delle Scritture nella vita della Chiesa. «Tra chi, già prima del Concilio, mise al centro la Bibbia fu il beato Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia Paolina che in quest’anno ha celebra uno speciale Anno Biblico», dice suor Piera Moretti

Suor Piera Moretti, 59 anni

Suor Piera Moretti, 59 anni

Siamo tutti come i discepoli di Emmaus, impauriti e smarriti. È apparendo loro, dopo la Risurrezione, che Gesù, come racconta il Vangelo di Luca, «aprì la mente all’intelligenza delle Scritture». La Parola come antidoto alla paura. E quindi «sorgente di vita e cammino di approfondimento dell’identità cristiana, della nostra appartenenza a Cristo», dice suor Piera Moretti, Pia Discepola del Divin Maestro (una Congregazione religiosa della Famiglia Paolina fondata dal Beato Giacomo Alberione il 10 Febbraio 1924) nonché liturgista.

Il tema scelto per la Domenica della Parola del 2023 fu una frase tratta dalla Lettera che Paolo, in prigione, scrive ai Filippesi: «Tenendo alta la Parola di vita» (Fil 2,16). Più di un invito, un programma di vita: «Tenendo alta la parola di vita», scrive mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, «i discepoli di Cristo “brillano come astri nell’universo”. È una bella immagine quella che l’apostolo offre oggi anche a tutti noi. Viviamo un momento drammatico. L’umanità pensava di avere raggiunto le più solide certezze della scienza e le soluzioni di un’economia per garantire sicurezza di vita. Oggi è costretta a verificare che nessuna delle due le garantisce il futuro. Emerge in maniera forte il disorientamento e la sfiducia a causa dell’incertezza sopraggiunta in maniera inaspettata. I discepoli di Cristo hanno la responsabilità anche in questo frangente di pronunciare una parola di speranza. Lo possono realizzare nella misura in cui rimangono saldamente ancorati alla Parola di Dio che genera vita e si presenta come carica di senso per l’esistenza personale».

La sensibilità del popolo di Dio verso la Parola ha attraversato diverse fasi storiche ma è indubbio che l’impulso maggiore arriva dal Concilio Vaticano II con la Costituzione dogmatica Dei Verbum per arrivare fino a Benedetto XVI che nel 2008 convoca un Sinodo ad hoc sul tema “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa” e poi scrive l’Esortazione Apostolica Verbum Domini. Fino a papa Francesco che nel 2019 con la Lettera apostolica Aperuit illis stabilisce che «la III Domenica del Tempo ordinario sia dedicata alla celebrazione, riflessione e divulgazione della Parola di Dio».

In questo cammino l’apporto della Famiglia Paolina, che quest’anno celebra uno speciale Anno Biblico, è stato decisivo e, con il beato Giacomo Alberione, del quale quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario della morte, persino profetico: «Don Alberione», ricorda suor Moretti, «ha celebrato l’Anno Biblico più volte nel corso della sua vita e anche prima del Concilio. In questo è stato un precursore. Ha indicato la strada, invitando a mettere al centro la Parola senza la quale non possiamo vivere. Per questo dobbiamo interpretare la nostra storia alla luce della Parola e solo così troveremo risposta e significato anche in quelle situazioni di male, dolore e sofferenza che in un primo momento e a uno sguardo superficiale sembrano non abbiano risposta».

Perché papa Bergoglio ha voluto collocare la Domenica della Parola nella terza domenica del tempo ordinario? «Perché», risponde suor Moretti, «è quella successiva alla Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani che si svolge dal 18 al 25 gennaio. La Parola, che è Cristo stesso, deve condurci alla comunione. Francesco ha sottolineato più volte che questa Giornata ha una valenza fortemente ecumenica, volta ad approfondire l’identità di ogni battezzato che se non attinge alla Parola di Dio perde la sua identità cristiana, ed è un richiamo a conoscere la Scrittura».

C’è chi afferma che questa venerazione del Libro sia qualcosa che appartiene più alla tradizione protestante che al cattolicesimo: «Ci stiamo avvicinando ai protestanti? Per me è un segno positivo», risponde la religiosa, «loro ci hanno insegnato tanto e noi dobbiamo imparare di più, è un avvicinamento reciproco, un cammino che facciamo insieme nella conoscenza del Signore. Tenere alta la parola di vita significa offrire una testimonianza autentica della Parola: la Torah è qualcosa ma di vivo, è lo Spirito esce dalla bocca di Dio e noi dobbiamo renderne testimonianza».

La Domenica della Parola, in comunione con tutta la Chiesa, è solo la prima tappa dell’Anno Biblico Paolino: «Ci saranno altri eventi», spiega suor Moretti, «approfondimenti, incontri, come il webinar del 12 gennaio scorso. A novembre, a cinquant’anni esatti dalla morte del beato Alberione, la chiusura solenne. San Paolo e il suo impegno instancabile ad annunciare la Parola non sono solo “patrimonio” della Famiglia Paolina. Noi abbiamo il compito di far brillare e risplendere la sua missione che seppe oltrepassare i confini della Palestina coinvolgendo migliaia di persone e interi popoli. Oggi c’è tanto bisogno di persone che tengano alta la Parola e che non siano altisonanti nel proclamarla ma gareggino nel darle testimonianza».

Domenica della Parola di Dio

Domenica della Parola di Dio

Vangelo di Giovanni: «Rimanete nella mia Parola» (Gv 8,31).

Il motto per la Domenica della Parola di Dio 2024

Per la prossima edizione della Domenica della Parola di Dio, che si celebrerà nella Basilica di San Pietro alla presenza di Papa Francesco Domenica 21 gennaio 2024, il motto scelto è ripreso dal Vangelo di Giovanni: «Rimanete nella mia Parola» (Gv 8,31).

La “Domenica della Parola di Dio” e la sua dimensione liturgica

Nella terza domenica del tempo ordinario la Chiesa celebra la “Domenica della Parola di Dio”. Papa Francesco l’ha istituita per “far crescere nel popolo di Dio la familiarità religiosa e assidua con la Sacra Scrittura”. Questo articolo chiarisce il rapporto esistente tra la Parola di Dio e la liturgia.

LA PAROLA DI DIO È DINAMICA, ATTIVA, CI METTE IN MOVIMENTO

La Parola di Dio, che “penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito” (Eb 4, 12), è dinamica, attiva, ci mette in movimento. Nel corso dei secoli la vita dei santi dimostra che esiste un ambito privilegiato in cui la Parola di Dio esercita la sua potenza. Questo ambito è la liturgia. Infatti, «considerando la Chiesa come “casa della Parola”, si deve innanzitutto porre attenzione alla sacra liturgia. È questo, infatti, l’ambito privilegiato in cui Dio parla a noi nel presente della nostra vita, parla oggi al suo popolo, che ascolta e risponde» (Verbum Domini, 52).

Perché è un ambito privilegiato?

Con la sua Parola il Signore può toccare le profondità della nostra anima in qualunque momento o circostanza. Tuttavia, coloro che osservano la storia della salvezza scopriranno situazioni e contesti particolari che costituiscono una sorta di grammatica con la quale Dio articola il suo dialogo con noi. Se pensiamo al Sinai, vedremo un’assemblea riunita per ascoltare la Parola e suggellare l’Alleanza. Dopo aver ascoltato, attraverso Mosè, le parole del Signore, tutto il popolo rispose ad una voce: “Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!” (Es 19, 8; 24, 3-8). Uno schema rituale simile noi lo troviamo nel Secondo Libro dei Re (2 Re 23, 1-3) e nel Libro di Neemia (Nee 10, 30).

Quando la Chiesa, il nuovo Israele, si rivelerà al mondo, insegnerà agli uomini la stessa grammatica che aveva imparato dai suoi padri. Perciò il giorno di Pentecoste “quelli che accolsero la parola di Pietro furono battezzati” (At 2, 41). La sequenza “proclamazione della Parola – obbedienza alla Parola” definisce il DNA delle azioni liturgiche. Come ci ricorda il Concilio Vaticano II, “rito e parola sono intimamente connessi” (Sacrosanctum Concilium, 35). E ancora, nel caso paradigmatico dell’Eucaristia, “la liturgia della parola e la liturgia eucaristica sono congiunte tra loro così strettamente da formare un solo atto di culto” (Sacrosanctum Concilium, 56).

L’iniziazione cristiana ha un dinamismo che rivitalizza la Chiesa dall’interno. I catecumeni che volevano diventare cristiani ricevevano per prima cosa l’annuncio della fede, poi dovevano interiorizzare la Parola, e alla fine erano inviati a una missione evangelizzatrice di scala universale. In questa sequenza la proclamazione liturgica della Parola si colloca nel secondo momento, quello della interiorizzazione. Condivide con il primo la dimensione dell’annuncio, poiché nella liturgia la Chiesa stessa si mette all’ascolto delle parole di Cristo, vero esegeta del Padre. Condivide con il terzo momento la dimensione della missione, perché la Parola non si interiorizza né individualmente né soltanto per la salvezza personale, ma rivela i suoi segreti quando è accolta nella comunione ecclesiale (cfr. Dei Verbum, 12; Verbum Domini, 29-30) ed è capace di aprire nei nostri cuori la via della condivisione e della solidarietà (cfr. Aperuit illis, 13).

La parola viva nella liturgia, la proclamazione della Parola Trinitaria

L’assemblea liturgica è il contesto per eccellenza in cui la Scrittura diventa Parola viva. Il cristianesimo non è la religione del libro, ma la religione della Parola di Dio, di una Parola che “non è una parola scritta e muta, ma Parola incarnata e viva” (San Bernardo di Chiaravalle, Omelia super Missus est, 4, 11). Questo fatto spiega perché la parola di Dio non si trova principalmente in un papiro o in una edizione a stampa. Come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica, “la Sacra Scrittura è scritta nel cuore della Chiesa prima che su strumenti materiali” (CCC, 113).

L’ASSEMBLEA LITURGICA È IL CONTESTO PER ECCELLENZA IN CUI LA SCRITTURA DIVENTA PAROLA VIVA

Nello stesso tempo, la Chiesa non ha ricevuto la parola per tenerla nascosta nel suo cuore. Grazie alla mediazione umana ed ecclesiale, la Parola risuona nell’aula liturgica come un evento che può cambiare i nostri cuori. Nella proclamazione del Vangelo da parte del vescovo e poi nell’omelia liturgica abbiamo sia la mediazione di un corpo, di una bocca, di un respiro rigenerati nel Battesimo, sia la mediazione qualificata di chi ha ricevuto la pienezza del sacramento dell’Ordine e che, dunque, può essere garante qui e ora della presenza di Cristo che parla con la sua Sposa.

In questo senso, notiamo la coerenza della logica secondo la quale Dio ha rivelato il suo progetto di salvezza. Nel corso della storia Dio ha parlato “per mezzo di uomini alla maniera umana” (Dei Verbum, 12). Questa stessa logica conduce all’incarnazione del Verbo e più ancora al prolungamento della sua presenza tra gli uomini attraverso la mediazione di altri esseri umani. L’adattamento di Dio al nostro linguaggio, alla nostra piccolezza, la misericordia incredibile che dona la Parola della vita attraverso creature limitate e limitanti, è l’evento che contempliamo ogni volta che risuona il “Lode a Te, o Cristo”. Non diciamo: “Grazie diacono, grazie signor vescovo per averci letto un testo così illuminante”. Acclamare “Lode a Te, o Cristo” significa, invece, che crediamo, confessiamo e annunciamo che Cristo è qui presente e che, attraverso le labbra della Chiesa, ci rivela il vero volto di suo Padre.

D’altra parte, l’acclamazione “Rendiamo grazie a Dio” dopo le letture ci può ricordare che il nostro interlocutore non è soltanto Gesù, ma anche Dio Padre, perché attraverso l’annuncio liturgico “il Padre che è nei cieli viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli ed entra in conversazione con loro” (Dei Verbum, 21). Imparare ad ascoltare la “Parola del Signore” guardando al Padre ci mette nelle condizioni di capire che Egli non smette di parlarci del suo Figlio amato, perché, attraverso tutte le parole della Sacra Scrittura, il Padre “non dice che una sola Parola, il suo unico Verbo, nel quale dice se stesso interamente” (CCC, 102).

È LO SPIRITO CHE RENDE PRESENTE IL VERBO DI DIO NELLE PAROLE UMANE

Perché questo dialogo avvenga, tuttavia, è necessaria l’azione dello Spirito Santo (cfr. Aperuit illis, 10.12). Questa azione prosegue la logica della Rivelazione. Come nel caso dei profeti, a ancor più nel caso dell’Incarnazione, è lo Spirito che rende presente il Verbo di Dio nelle parole umane: Egli “rende presente” la Parola. Dato che lo Spirito è la memoria viva della Chiesa (cfr. Gv 14, 26), egli è l’unico capace di dare a coloro che annunciano la Parola e a coloro che l’ascoltano, la capacità di diventare una risonanza vive dell’evento salvifico. In questo senso, l’invito “il Signore sia con voi” che precede il Vangelo, o la ricca varietà di preghiere con le quali i ministri della Parola si sono preparati nel corso della storia, costituiscono una chiamata ad attualizzare la presenza dello Spirito in ognuno di noi, sia come frutto del nostro Battesimo, sia come frutto del sacramento dell’Ordine. Senza l’azione dello Spirito, quindi, non è possibile né la mediazione umana della Parola di Dio nella liturgia, né l’atto di fede che l’accoglie, né la sua intelligenza spirituale durante l’omelia.

È stato detto che la Parola di Dio compie un viaggio all’interno di noi. Durante la liturgia la Parola risuona nello spazio celebrativo, incontra i nostri corpi e attraverso le orecchie passa nei nostri cuori. Se il nostro cuore si apre allo Spirito e accoglie la Parola con fede, allora essa pulisce, illumina, ordina e comincia ad abitare in noi: passa nel nostro corpo, nelle nostre mani, nei nostri occhi. Questo è il processo che la Domenica della Parola vuole che ricordiamo perché, come nel caso di Maria, il Verbo di Dio sta desiderando di “farsi carne” in ciascuno di noi.

Dialogo Interreligioso

Dialogo Interreligioso

“Oltre le passioni tristi. Credenti che contagiano speranza (Ez 37,1-14)”.  

Le parole che Dio rivolge al profeta Ezechiele – Figlio dell’uomo, potranno queste ossa rivivere? – danno il titolo al sussidio che l’Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso propone per l’azione pastorale in vista del 17 gennaio 2024, la XXXV Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. Il suo scopo è fornire alle comunità cristiane (dalle parrocchie alle scuole, gruppi, associazioni, movimenti, comunità, istituti religiosi, circoli culturali, federazioni…) degli strumenti per avviare e sostenere, nei differenti contesti, processi di dialogo con le realtà ebraiche e di riscoperta delle radici ebraiche della e nella fede cristiana.
Il sussidio si apre con il brano in ebraico di Ez 37, 1-14 seguito dalla traduzione italiana; ospita quindi il messaggio dei Vescovi, a firma della Commissione Episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo, e il messaggio dell’Assemblea dei Rabbini d’Italia, firmato dal suo Presidente, Rav Alfonso Arbib; prosegue con gli spunti di riflessione sul testo, le indicazioni per la celebrazione della Parola, le intenzioni per le preghiere dei fedeli e la presentazione di Elia Benamozegh quale testimone del dialogo. Conclude il sussidio la sezione dedicata a proposte e strumenti per alimentare la conoscenza del mondo ebraico, con suggerimenti di materiali e le indicazioni sulle amicizie ebraico-cristiane e sulle attività dei musei ebraici in Italia.

Sussidio per la XXXV Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei 17 Gennaio 2024:

Figlio dell’uomo, potranno queste ossa rivivere? (Ez 37,1-14)

Pubblichiamo il Messaggio per la 35ª Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei (17 gennaio 2024), dal titolo: “Oltre le passioni tristi. Credenti che contagiano speranza (Ez 37,1-14)”.  

“Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti” (Ez 37,11). La situazione descritta dal profeta appare disperata. Le “ossa inaridite” richiamano l’immagine della sconfitta dopo la battaglia; la “speranza svanita” dice la sfiducia nel futuro e la paura. Su tutto domina un senso di morte e di pessimismo. Trionfano le “passioni tristi”: impotenza, delusione, inutilità, paura… Sentimenti che spesso affiorano anche nelle nostre riunioni ecclesiali: “Ormai non c’è più nulla da fare”; “Siamo sempre meno”; “Ormai le abbiamo provate tutte”; “È troppo tardi per recuperare”. Rimestiamo in questo pessimismo e viviamo da vittime impotenti. Lo stesso pessimismo, a volte unito a rabbia e rassegnazione, aleggia anche nella nostra società, spesso ripiegata sul presente, aggrappata al presente, incapace di fiducia nel futuro.

1. Un annuncio di rinascita
In questo contesto il profeta annuncia vita, parla di una rinascita. I profeti prima dell’esilio avevano più volte richiamato il popolo alla conversione per impedire che avvenisse la catastrofe, ma adesso che il peggio è già successo, Ezechiele annuncia l’impossibile o, meglio, annuncia ciò che sembra impossibile: la rinascita dalla morte. Ecco una bella missione del credente nel nostro mondo: annunciare possibilità che vanno oltre l’esistente, possibilità che emergono dall’esistente e aprono prospettive inaspettate e che sono tutte collegate esclusivamente all’azione di Dio.

2.Un futuro abitato
L’immagine di Dio che traspare dal testo è quella del Creatore, come quella del racconto della creazione dove dona l’alito che fa vivere (cfr Gen 2). Forte di questa certezza il profeta può guardare al futuro: Dio ha creato e Dio creerà di nuovo. Emerge la presenza dello spirito di Dio capace di far rinascere, di far “ripartire”, di creare vita là dove c’era solo caos e morte. Il profeta attesta una fede che va oltre l’esperienza concreta e che si radica nel momento delle origini, completamente indisponibile all’uomo, ma comunque abitato dalla presenza efficace di Dio che interviene grazie al suo Spirito.

3.L’icona di Emmaus
Ci viene alla mente l’icona di Emmaus che accompagna il Cammino sinodale delle Chiese in Italia. Lì il Risorto fa ardere il cuore dei discepoli carichi di “passioni tristi”. Non avevano più fiducia nel futuro, non avevano più fiducia nella vita. Si sentivano delusi e impotenti. Gesù Risorto si accosta e li “risveglia alla vita”, li aiuta a credere nuovamente nella vita. Rigenera in loro la speranza. Ci auguriamo che il Signore, attraverso il Cammino sinodale, rigeneri fiducia e coraggio nella nostra Chiesa e, soprattutto, aiuti tutti i credenti ad essere capaci di contagiare di fiducia e coraggio i nostri contemporanei.

4.Una continua conversione
Ma perché la nostra speranza non sia irenica e disincarnata, va anche ricordato che la situazione drammatica a partire dalla quale il profeta Ezechiele parla di un futuro promettente non è casuale, imputabile al fato, ma è invece la conseguenza del peccato del popolo, più volte invitato alla conversione, ma incapace di attuarla in modo sincero. La nostra speranza in un futuro migliore deve appoggiarsi su una continua conversione: nel rapporto con Dio, nel rapporto fra persone, nel rapporto tra stati, nel rapporto con la terra. Solo così possiamo sperare in un mondo in pace, riconciliato, giusto, rispettoso del creato.

5.Rinnovati da Dio
La nuova creazione cui il profeta allude nella visione del capitolo 37 è ancora più sorprendente della prima creazione perché si fonda sul perdono di Dio e non sui meriti inesistenti dell’uomo. La speranza dell’uomo poggia innanzitutto su Dio che è fedele alle sue promesse, sul Dio Creatore che ha fatto alleanza con l’uomo e con il popolo.

6.In armonia con le aspirazioni umane
In questa luce ricordiamo le parole del Concilio: “La Chiesa sa perfettamente che il suo messaggio è in armonia con le aspirazioni più segrete del cuore umano quando essa difende la dignità della vocazione umana, e così ridona la speranza a quanti ormai non osano più credere alla grandezza del loro destino. Il suo messaggio non toglie alcunché all’uomo, infonde invece luce, vita e libertà per il suo progresso” (GS 21). Siamo destinati ad un compimento. Come credenti desideriamo collaborare con tutti coloro che, seguendo le “aspirazioni più segrete”, contribuiscono a far nascere un mondo nuovo. Come credenti desideriamo offrire il nostro servizio a tutti per far sbocciare il Regno, rigenerando speranza, fiducia e coraggio.

7.Contagiamo speranza insieme
Nella Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei desideriamo confermare l’importanza del rapporto tra le nostre comunità in Italia. Soprattutto auspichiamo una rinnovata passione per la Scrittura, certi che proprio le sue pagine possono rigenerare in noi “passioni felici”, aiutarci a sostenere l’umano che è comune, contagiare speranza.

https://www.chiesacattolica.it/il-messaggio-per-la-35a-giornata-del-dialogo-tra-cattolici-ed-ebrei/