"Gridatelo dai tetti...."

Pillole dal Libro: LA BOCCA DI DIO  di  Marilena Marino

 

Dio quando riprese Giobbe (Giobbe 40,9) gli disseHai tu un braccio come quello di Dio e puoi tuonare con voce pari alla sua?.

Dunque, che Dio abbia un timbro di voce, ce lo descrive in termini molto chiari; talvolta egli parla anche con una voce non tonante e attira non solo con la vista l’attenzione di Mosè davanti al roveto ardente nel libro dell’Esodo, ma gli offre anche un segnale di reciprocità, un incarico importante facendogli capire che è stato ritenuto degno di una grande missione verso il suo popolo, molto oltre le proprie capacità: egli si sente chiamato per nome, cioè veduto per quello che era, amato così come era nella sua unicità e concretezza esistenziale.

In Isaia 1,18 Su, venite e discutiamo, cerca una relazione con l’uomo e non c’è da meravigliarsi se nella cultura ebraica gli si attribuisce una voce per comunicare, rispondendo alle preghiere o indicando i comportamenti più idonei.

Il linguaggio della Bibbia ricorre continuamente ad antropomorfismi, attribuendo a Dio un volto, occhi, braccia, mani, come anche sentimenti e comportamenti tipicamente umani, pur rifiutando decisamente qualsiasi rappresentazione di divinità sotto forma di statue o disegni.

Man mano, dunque, impariamo a conoscere sempre più da vicino la figura di Dio dell’Antico Testamento e la sua venuta nel Nuovo Testamento, attraverso suo figlio Gesù Cristo, possiamo avvertire una certa urgenza ed esigenza di riconsiderare la nostra vocazione di battezzati sotto una nuova luce, cercando di essere esigenti anche con noi stessi, per far risplendere al meglio la lampada della Parola, attraverso il compito che ci viene assegnato, quali suoi trasmettitori.

Anche la nostra persona gioca un ruolo centrale. Interiorizziamo meglio, dunque, e con energia chi siamo, riscoprendo la nostra originalità, il nostro talento, perfezionandolo, riportandolo alla luce, come quell’uomo saggio che “trae dal suo tesoro cose vecchie e cose nuove” (Mt 13,52)

Ed egli disse loro: Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”.

I discepoli preparati da Gesù, possono essere confrontati con i docenti ebrei della legge che sono in grado di istruire gli altri. I discepoli sono stati istruiti circa il regno dei cieli per essere scribi, e insegnanti del regno dei cieli.

I discepoli di Gesù, come gli scribi, hanno una missione da svolgere: conoscere la verità di Dio e insegnarla agli altri.

È colui o colei che conosce, crede all’insegnamento di Gesù e lo divulga; quindi, il cristiano, non si risparmia nel portare la parola di Dio alle persone, anzi, lo scriba cristiano, dopo aver approfondito la parola, è pronto a insegnare agli altri, essendo in grado di utilizzare il Nuovo Testamento e il Vecchio Testamento (cose vecchie e cose nuove) trasmettendo alle persone chiarezza del messaggio del Regno nella sua predicazione.

Avendo compreso l’insegnamento di Gesù, i discepoli possono operare come scribi: Gesù ha fatto loro comprendere i misteri del regno dei cieli, quindi sono diventati gli scribi della Chiesa e sono inviati in missione per insegnare ad altri credenti queste verità.

È come uno scriba che è addestrato, sia per conoscere, sia per trasmettere le verità del regno dei cieli. Egli è attento alla parola del Signore, è capace di proclamarla, insegnarla, ed essere come un padrone di casa che deve far parte dei suoi tesori anche agli altri, non tenendo queste ricchezze per sé stesso.

Deve tirare fuori questo tesoro, istruire gli altri, avendo una grande responsabilità nell’evangelizzazione, nell’insegnamento e nella proclamazione della Parola che deve essere, per questo, valorizzata al massimo.

Essere catechista, essere annunciatore, essere proclamatore della parola di Dio, significa anche prendersi cura di se stessi, per quanto possibile, per riportare la bellezza di Dio nel mondo.

Non basta essere pieni di contenuti ma poi avere una forma di esposizione sbagliata o poco idonea quando ci si presenta davanti all’Assemblea!

Presentarsi ad annunciare questa Parola con difetti di pronuncia plateali, con un’estetica inappropriata, come abbiamo già detto, con mancanza di autorevolezza e senza le varie competenze non può essere utile alla missione.

La voce, preparata adeguatamente sarà un canale di trasmissione per la Parola che vuole incarnarsi in chi ascolta attraverso i predicatori.

La bellezza deve sempre trasparire nella liturgia. La bellezza è sorella della semplicità. È stato affermato che “la bellezza salverà il mondo”. Essa salverà anche la nostra liturgia.

Tutto nelle celebrazioni della Parola deve avvenire in una cornice di bellezza. Per questo occorre un Evangeliario degno della parola di Dio; un ambone adeguato che sia “mensa” della Parola, e la cui bellezza sia in armonia con quella dell’altare; una processione che va dall’altare all’ambone con ceri, incenso, canto dell’Alleluia per accompagnare questa manifestazione di gloria e di bellezza.

L’equilibrio della bellezza deve fare attenzione che non emerga un estetismo vuoto di senso che finisca nel ritualismo. Questo può accadere se il coro si diletta con un proprio canto complicato che l’Assemblea non conosce; o siamo in uno spazio architettonico bello e moderno ma che non ha previsto nella sua struttura un ambone importante adeguato e funzionale al proprio altare; o se il celebrante è rivestito di abiti magniloquenti al limite del ridicolo, ecc.

Purtroppo una mentalità moderna utilitarista ha invaso anche la liturgia: la fretta e l’efficienza è spesso componente dominante, mentre la gioia è rara, il sorriso è scomparso.

Le messe domenicali, invece di diffondere la gioia di incontrare il Cristo risorto, evidenziano spesso dei cristiani che stanno compiendo una “cosa utile”, cristiani che stanno assolvendo un precetto e non che stanno ricevendo un dono gratuito per una vera esperienza di vita. Sembra più che si stia assolvendo ad un precetto che poi “pretenda” un contraccambio, che ci fa acquistare un diritto a ricevere qualcosa di “dovuto” da Dio.

Tutto viene eseguito ottemperando perfettamente le rigide normative dei riti, ma una cosa sola manca: la gioia della fede, la meraviglia davanti alla bellezza di Dio, la gratitudine per i “doni” di Dio.

Ma se la Chiesa è missionaria ed evangelizzatrice ci sono miliardi di persone intorno a noi che ci osservano ricercando la bellezza dell’ AMORE e dell’UNITA’, mentre, a volte, si continua tranquillamente a vivere un certo clima di torpore liturgico e biblico, come se non ci fosse nessuna urgenza da affrontare.

Miliardi di fratelli e di sorelle ci chiedono: “Dov’è la gioia? Dov’è la bellezza di Dio sulla terra? Dove sono le danze le chitarre e la felicità?”.

Ci chiedono di conoscere questo Dio che affermiamo sia il più meraviglioso del mondo, la rivelazione da annunciare a tutti, la liturgia più spirituale da celebrare.

Ritornando al concetto di “voce”, proprio per non dimenticarci l’importanza dei doni ricevuti e da dove hanno origine, alcune parole ci parlano di un suono simile al tuono, quando Dio parla con la sua voce maestosa: essa ha un timbro chiaramente tuonante.

Ecco perché quando Gesù disse:

Padre, glorifica il tuo nome”. Venne allora una voce dal cielo: “L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!”.

Era la voce di Dio Padre ma le persone che erano presenti dicevano che era stato un tuono!

Rispose Gesù:.. “Questa voce non è venuta per me, ma per voi” (Giovanni 12,28-30).

Questo è un aspetto molto delicato ma su cui bisogna ritornare per confutare un’interpretazione errata. Siccome noi siamo stati fatti a immagine e somiglianza di Dio, il nostro compito principale è riflettere Dio, esprimere, cioè, le doti, le qualità, i talenti di cui ci ha fatto dono e, quindi, è molto importante cogliere questo aspetto individuale della nostra personalità, della nostra espressione, della nostra comunicazione verbale; perché, se Dio, che è la vita stessa, si separa dal suo riflesso, e cioè dall’uomo, non si rifletterebbe in noi neanche questa immagine divina che lui ci ha donato; è importante rispecchiare questa divinità nella nostra umanità, questa incidenza divina e umana, senza però togliere o senza oscurare quello che è la centralità della parola di Dio che viene proclamata.

 

Bisogna essere piuttosto esigenti nel proclamare la parola di Dio in modo che gli ascoltatori possano comprendere bene il messaggio che vogliamo far giungere.

Una buona articolazione distinta, l’enfasi del discorso, le pause, il tono, devono essere possibilmente conformi a ciò che si vuole esprimere.

Spesso succede che alcune persone trovano confuso il linguaggio che viene veicolato, ma, esercitandoci a leggere con comprensione, noi doniamo un grande atto di carità e svolgiamo un vero servizio, aiutando a togliere quel mistero dalla parola di Dio e a renderlo comprensibile, pulito, chiaro, perché si trasformi anche in una guida pratica anche per la vita, pur conservando intatta la sacralità contenuta nelle Scritture.

Bisognerebbe lavorare seriamente allo studio della proclamazione della Parola sviluppando anche altre forme sensoriali, stabilendo, per esempio, un contatto visivo con l’ascoltatore e cercando, nello scambio verbale, altre modalità.

Per esempio: sarebbe opportuno ripartire, molto umilmente, anche dal proprio aspetto esteriore, ed esaminarsi, per verificare, anche a livello posturale, come la propria figura risulta all’esterno.

Guardarsi allo specchio, mettersi davanti a qualcosa che ci rimandi l’impressione che diamo all’esterno e concentrarsi, perché no, anche su come poter migliorare il proprio aspetto per consentire al nostro servizio di essere svolto con più professionalità.

Come poter esaltare anche gli aspetti della nostra estetica migliorando in una piccola misura, la decenza esteriore, per poter rendere la parola di Dio un qualcosa di molto bello, appetibile anche esteticamente e visivamente, è un piccolo consiglio che sorge spontaneo.

Non solo intellettualmente, ma anche qualitativamente, si può avere un piccolo vantaggio da questa umile forma di autoanalisi personale, per rendere efficace, visibile in maniera ancora più forte, che il regno di Dio è in mezzo a noi, che Gesù è vivo nella nostra persona, primariamente, e che può essere trasmesso agli altri.

Parleremo in seguito anche di argomenti che riguardano i sensi, proprio per far comprendere ancora di più come la parola orale trasmessa, catechetica o proclamata deve essere accompagnata da una nuova rivoluzione anche personale; proprio perché Dio si è incarnato nell’uomo, dobbiamo armonizzare tutte le nostre componenti corporali, estetiche, olfattive, visive, uditive non solo intellettive per rendere davvero gloria al servizio che svolgiamo.

Quanto grande è la forza, la sapienza racchiusa nella potenza di Dio!

Se pensiamo che questa Parola, fin dal principio coeterna col Padre, a suo tempo fu rivelata agli apostoli e, per mezzo di essi, fu annunziata ed accolta con umile fede dai popoli credenti, cosa accade se consideriamo che la stessa Parola del Padre si fa Parola nella predicazione e Parola nel cuore? Succede che scatta immediatamente lo stupore nel considerare come questa parola di Dio è dunque viva, reale, operante, addirittura, dal momento che ad essa, il Padre ha dato il potere di “avere la vita in se stessa”, né più né meno come il Padre “ha la vita in se stesso”!

Se solo ci fermassimo a questo concetto, rifletteremmo quale importanza assume la voce rispetto al ruolo che ha di comunicare!

La parola viva, bisogna “necessariamente” renderla viva, dunque, non morta!

Quando la si annuncia, quando parliamo in mezzo alle assemblee, quando chi è predisposto al sacro ufficio, all’impegnativo compito di usare una voce, una pronuncia perfetta, avulsa anche da difetti riguardanti la dizione, quando si riesce a far uso delle tonalità vocali, dei colori, delle espressioni, di tutte quelle tecniche con cui si declamano letture, salmi, catechesi in gruppi, assemblee, ecc, compresa la postura e una discreta visibilità, possiamo dire di essere abbastanza soddisfatti per svolgere il nostro compito di annunciatori.

Nel passo del Vangelo di Marco 16,15-18 è chiaro il comando di Gesù di predicare il Vangelo…

E disse loro: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno”.

Da questo capiamo che proclamare la parola di Dio è una cosa molto seria e il lettore deve fare in modo che gli ascoltatori possano comprendere bene un messaggio così importante e decisivo per la vita delle persone.

Leggendo con carisma e piena comprensione, aiutiamo a sciogliere il mistero a volte enigmatico contenuto nella parola di Dio e a renderlo una guida pratica per la vita.

Grazie allo Spirito Santo, con la parola di Dio, non dobbiamo soltanto attenerci alla forma esteriore, ma esternare dalle nostre espressioni, per esempio, la tenerezza, che incoraggia, che fortifica e regala l’ardente amore di Dio per le sue creature.

La parte vitale è il cuore, ricordiamoci: l’anima è l’amore!

Senza questo, la “lettera” non è che un cadavere senza polso, freddo e inanimato: dobbiamo riscoprire la vitalità e la dinamicità dello Spirito che, attraverso la Parola, raggiunge chi ascolta e, quando la Parola raggiunge le persone, l’onnipotenza di Dio viene rivelata.

L’istituzione della Chiesa offre la prova della sua utilità verso il bene comune attraverso la mensa della Parola, oltre che dell’Eucarestia, offrendo la possibilità di elevare gli animi, di risvegliare dalla comprensione dormiente delle sole cose materiali, aiutare il popolo di Dio attraverso la presenza dello Spirito: guarendo, edificando, incoraggiando e anche cambiando le persone.

Lascia che tutti ascoltino, dunque, in modo colloquiale, con enfasi, con inflessioni di voce opportune, pause e toni di voce controllati, le parole che proclami, e che articoli in modo chiaro e comprensibile!

La parola di Dio è sacra: mostra rispetto per essa, cerca di essere fedele alla parola di Dio, leggi con ispirazione, leggi artisticamente, favorisci la volontà degli ascoltatori di confrontarsi con nuove idee e nuovi modi di guardare anche alle loro vecchie idee.

Leggi a beneficio dell’umanità e non di te stesso, libera la verità, predica sinceramente la parola di Dio e leggi con fervore, con sentimento intenso ed espressione intensa, con entusiasmo, vivacità, vitalità.

Leggi con amore, cuore e anima, con compassione, leggi con calore, tenerezza, pietà, simpatia; sii paziente, dai incoraggiamento, attingi anche ai tuoi sentimenti, alla tua scintilla Divina, alla tua personalità, senza essere invadente, e che la tua lettura sia infiammata dell’amore di Dio, vibrante, entusiasta, fervente e avvolgente, senza perdere la tua autorevolezza, con tutti i toni della voce, le modulazioni, la respirazione giusta, con gli stati d’animo, la precisione e i sentimenti più opportuni.

Metti in relazione i passaggi con l’argomento delle tue letture, racconta storie in modo interessante se devi fare catechesi, mantieni costante l’attenzione degli ascoltatori, leggi in modo anche divertente, per quanto ti è consentito, in modo che gli uditori siano spinti a seguire attentamente la tua predicazione; dai varietà alla lettura, abbandona le tue inibizioni, non avere paura delle critiche e di essere giudicato per il tuo aspetto, per le tue origini, per la tua provenienza, per il tuo stato sociale, economico, culturale, abbandona le tue frustrazioni, sentiti libero di usare soprattutto il contatto visivo naturale e il linguaggio del corpo.

Questi argomenti meriterebbero un esposizione molto più ampia, potremmo, in parte, anche trattarli in seguito, perché il contatto visivo, per esempio, guardare negli occhi mentre si parla, è importante, non tanto per ipnotizzare chi ti ascolta, ma per renderlo partecipe.

Anche il corpo ha la sua parte di esposizione: mentre si proclama la Parola o si legge, certamente se sei dietro un ambone, dietro un leggio, è la Parola che deve risaltare e, mentre la leggi, non ci si può mettere a fare nessun tipo di spettacolo, ma molte volte, anche la gestualità delle mani, in maniera quasi naturale e appropriata, l’espressione della linea degli occhi, delle sopracciglia, della bocca,sono elementi davvero significativi al fine di realizzare una vera lettura espressiva.

Il lettore dovrebbe elevare spiritualmente l’ascoltatore, aiutandolo verso una nuova idea di comprensione della Parola e ampliare così la loro mente. E questo, non spinto dall’amore per la popolarità personale, ma per stimolare un lavoro di crescita cristiana.

La verità dovrebbe sprigionarsi dal pulpito, e non essere strozzata con timidezza in un recinto personale.

Questo è il privilegio speciale che viene conferito dal ministero dato al Lettore!

 

  "Questo libro è dedicato a tutte le persone che desiderano imparare ad avere profonda consapevolezza delle PAROLE della Bibbia e riuscire a proclamarle con autorevolezza e sicurezza"
Racchiude 35 anni di esperienza nella Chiesa condensati in 430 pagine di puro valore. 
Non perdertelo per niente al mondo!"

Questo articolo è stato estratto dal libro “La Bocca di Dio” di Marilena Marino. 
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"Gridatelo dai tetti...."