"Gridatelo dai tetti...."

Pillole dal Libro: LA BOCCA DI DIO  di  Marilena Marino

Nel libro del Profeta Ezechiele troviamo descritta la vocazione del profeta:

annunciare la parola del Signore agli altri, ascoltino o non ascoltino”.

Figlio dell’uomo, ascolta ciò che ti dico e non essere ribelle come questa genìa di ribelli: apri la bocca e mangia ciò che ti do …. Io guardai, ed ecco una mano tesa verso di me teneva un rotolo… …..mi disse: Figlio dell’uomo mangia ciò che ti sta davanti, mangia questo rotolo, poi va e parla alla casa d’Israele …… Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo, dicendomi: Figlio dell’uomo, nutri il tuo ventre e riempi le tue viscere con questo rotolo che ti porgo … io lo mangiai: fu per la mia bocca dolce come il miele” (Ezechiele 2,8-9; 3,1-3).

Il libro che viene ingoiato è una allegoria potente per dire che la vocazione del profeta deve cibarsi della Parola Divina; deve essere digerita e trasformata nella stessa carne di Ezechiele.

Anche le espressioni di “dolce” e “amaro” sono espressioni che si riallacciano alla Salvezza e al Giudizio che la stessa Parola e l’opera Divina fanno sperimentare.

Troviamo questo in un passo dell’Apocalisse capitolo 10,10:

Presi quel piccolo libro dalla mano dell’angelo e lo divorai; in bocca lo sentii dolce come il miele, ma come l’ebbi inghiottito ne sentii nelle viscere tutta l’amarezza”.

Prendete un albero buono anche il suo frutto sarà buono. Prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l’albero. Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? La bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. L’uomo buono dal suo buon tesoro trae fuori cose buone, mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori cose cattive. Ma io vi dico: di ogni parola vana che gli uomini diranno, dovranno rendere conto nel giorno del giudizio; infatti in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato (Matteo 12,33-37).

Se la nostra bocca si è cibata della parola di Dio ne usciranno solo parole piene di virtù e benedizione; perché è il cuore che suggerisce alla bocca quello che ha assimilato mentre da un cuore di pietra arido e malnutrito usciranno solo parole piene di rabbia, ricolme di risentimento, parole deluse e deprimenti che suggeriscono la distruzione dell’essere.

Il Signore ci ha dato questa strada di ascoltare e ingerire la sua Parola in modo che il nostro cuore di pietra si trasformi in carne viva; da questo cuore usciranno quindi solo parole edificanti ripiene della grazia di Dio e all’esterno tutti riconosceranno in base al nostro parlare se il nostro spirito interiore è in sintonia con quello Divino o con quello diabolico.

L’apostolo Paolo sottolinea quanto sia determinante il nostro modo di parlare nel rivelare cosa c’è nel nostro cuore.

In Matteo 15,10-11:

Poi, riunita la folla, disse loro: Ascoltate e comprendete bene! Non ciò che entra nella bocca rende impuro l’uomo; ciò che esce dalla bocca, questo rende impuro l’uomo!”.

Queste poche righe sono illuminanti per capire una cosa fondamentale e cioè che è dal cuore che escono i pensieri malvagi che contagiano tutto l’essere umano. Ma se ci accorgiamo di avere questa malattia infettiva dobbiamo provvedere alla sua cura spirituale con il farmaco della attenzione alle parole che pronunciamo.

Il cristianesimo è uno stile nuovo di vita da vivere ogni giorno e ogni attimo seguendo la volontà di Dio che ci ha suggerito con la sua Parola. Spesso parliamo, parliamo, parliamo… senza considerare per niente che le parole che escono dalla nostra bocca, forse potrebbero avere conseguenze negative per la nostra vita e per quella di chi ci sta intorno.

Ora vediamo anche in Isaia capitolo 35,3-7:

Irrobustite le mani fiacche,

rendete salde le ginocchia vacillanti.

Dite agli smarriti di cuore:

Coraggio, non temete!

Ecco il vostro Dio,

giunge la vendetta,

la ricompensa divina.

Egli viene a salvarvi.

Allora si apriranno gli occhi dei ciechi

e si schiuderanno gli orecchi dei sordi.

Allora lo zoppo salterà come un cervo,

griderà di gioia la lingua del muto,

perché scaturiranno acque nel deserto,

scorreranno torrenti nella steppa.

La terra bruciata diventerà una palude,

il suolo riarso sorgenti d’acqua.

I luoghi dove si sdraiavano gli sciacalli

diventeranno canneti e giuncaie”.

In questi versi sono preannunciati i miracoli di Gesù che è disceso e si è “incarnato” per salvare l’uomo dalle sue infermità che guarda caso colpiscono soprattutto i propri “sensi”.

Gesù riscatta l’uomo e lo riabilita in tutte le sue funzioni compromesse.

In questa allegoria di felicità c’è l’esplosione dell’acqua che attraverso Gesù da strumento pericoloso di morte viene riscattata come bagno battesimale di purificazione e di Vita, il fiume zampillante di vita della parola di Dio proclamata.

E così arriva la guarigione di tutti i sensi menomati dell’uomo.

I ciechi riacquistano la vista e con occhi nuovi scoprono la nuova dimensione dell’amore. Ai sordi sono riaperte le orecchie per ascoltare una nuova musica spirituale. Gli zoppi ora riprendono le funzioni del proprio corpo e saltano più di prima come dei cervi sulle asperità delle rocce con il controllo pieno anche della vista e dell’udito.

Infine anche la lingua del muto ritorna a gridare la gioia; la bocca ritorna ad esprimersi nella lode e nella felicità dopo aver udito ed ascoltato la Parola del suo Creatore.

In Marco capitolo 7,31-37 vediamo come la Parola contiene anche la potenza dei gesti; Gesù compiendo il miracolo accompagna l’azione con la voce:

Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!»”.

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Vediamo in questo testo che l’orecchio del sordomuto si apre, e riesce ad ascoltare di nuovo, ma anche la sua lingua comincia come resuscitata a proclamare la Parola, ora può cantare la lode a Dio.

Ma questo miracolo avviene per il soffio di Gesù, attraverso la bocca di Gesù che alita lo Spirito Santo che realizza cose straordinarie.

La grandezza della parola di Dio elargisce doni e potere a chi la pronuncia, e anche a chi l’accoglie; la manifestazione della Parola è accompagnata da segni concreti, fisici.

Il sordomuto viene preso in disparte da Gesù, che mette le sue dita negli orecchi e tocca la lingua del sordomuto con la sua saliva, una saliva che rappresenta la concretezza e la capacità di guarigione di qualcosa che esce dalla bocca di Gesù.

L’energia della Parola si sprigiona attraverso il Figlio, con l’intervento dello Spirito Santo arriva ad operare il miracolo: l’udito si spalanca, la lingua si scioglie, il sordomuto ora parla correttamente, la Parola fa la lode di Dio.

Dio opera, e fa qualcosa di impossibile per l’uomo, rigenera tutti i sensi di quell’uomo “paralizzato” che non aveva più le sue funzioni che non poteva comunicare con i suoi simili, che non riusciva nemmeno a pregare Dio o a lodarlo.

L’ascolto della Parola pronunciata da Gesù con la potenza dello Spirito Santo, genera la Fede; e in chi la accoglie e l’ascolta dona un radicale cambiamento di vita che coinvolge tutta la persona.

Il termine “Effatà” significa “Apriti”, ha il potere di spalancare le porte del cuore perché è la conferma autentica che Gesù viene a liberare, a sciogliere i gioghi, a renderci capaci di vivere pienamente la relazione con Dio e con gli altri.

Effatà, apriti, riassume tutta la missione di Gesù che viene del mondo e si fa uomo perché lo stesso uomo, smarrendo la strada a causa della separazione col Padre, diventi capace di ascoltare la sua voce, la voce dell’amore che parla al suo cuore, e impari di nuovo a gustare le meraviglie di una nuova attitudine comunicativa con Dio e gli altri esseri umani.

Il rito dell’Effatà è stato inserito nel rito del battesimo, per spiegare il suo profondo significato: infatti si parla di una rinascita, di una nuova creatura che si rigenera, di seppellire l’uomo “vecchio” nell’immersione rinnovatrice dell’acqua che prepara cose nuove.

Il sacerdote pronuncia… “Effatà”, toccando la bocca e le orecchie del neo battezzato, affinché la parola di Dio possa essere ascoltata e la Fede possa essere professata.

Mediante il rito del battesimo, la persona inizia a respirare lo Spirito Santo, quello che Gesù aveva invocato dal Padre con un profondo respiro per guarire il sordomuto e che continua a invocare per ciascuno di noi quando ci allontaniamo dal respiro vivificante di Dio o ci allontaniamo nello stesso modo da qualsiasi fratello o sorella.

La cecità “interiore” impedisce ai nostri sensi di manifestare la piena potenza di Gesù. C’è bisogno allora di risvegliare questa sensorialità, desiderando di essere riempiti sempre di quell’acqua e di quel soffio rigenerante dello Spirito Santo capace di dare vita ai carismi di ogni battezzato.

Per essere annunciatori della parola di Dio bisogna essere coscienti che ci è affidata una grande responsabilità, quella di seminare il regno di Dio in mezzo agli uomini e aiutare e sostenere la fede di chi ascolta il lieto annunzio; non è solamente una crescita rivolta ai nostri bisogni personali.

Dalla prima lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi (1 Cor 12, 12-30)

Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.

E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: Poiché non sono mano, non appartengo al corpo, non per questo non farebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo, non per questo non farebbe parte del corpo.

Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: Non ho bisogno di te; oppure la testa ai piedi: Non ho bisogno di voi.

Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno.

Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre.

Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.

Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue.

Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?”

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Questo articolo è stato estratto dal libro “La Bocca di Dio” di Marilena Marino. 
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