Tempo di Riflessioni-Storia del teatro sacro

Tempo di Riflessioni-Storia del teatro sacro

Curiosità e origini delle sacre rappresentazioni

A dispetto di molti che reputano il Medioevo come uno dei momenti più bui dell’umanità, la nascita del teatro sacro è una prova – invece – della sua vivacità nel creare linguaggi sempre nuovi che hanno segnato la storia. Il teatro sacro nasce nella Chiesa e dalla Chiesa, non solo idealmente ma strutturalmente: le navate e l’altare diventano scenografia; i presbiteri, autori e attori delle storie bibliche messe in scena; e i fedeli, primi spettatori di questi “misteri sacri” che dal Mistero della Fede attingono. 

Sviluppato intorno alla metà del XIII secolo, nella sua totale emancipazione dall’influsso ecclesiastico, il teatro sacro trova fondamenti storici  in alcuni monasteri francesi, intorno alla metà del X secolo. In questi monasteri si attuava una rielaborazione dei passi più importanti della Sacra Scrittura. Questi brani tratti dalla Bibbia venivano cantati inserendo delle parole nei vocalizzi finali: erano i Traineés de NotesSequelae o Jubili, o più generalmente conosciuti come tropi (dal latino tropus che ha il significato di verso). 

Il filologo italiano Vincenzo De Bartholomaeis, nella sua indagine Laudi drammatiche e rappresentazioni sacre (Firenze, Le Monnier, 1943), menzionando come stadio preliminare al teatro sacro i passi dialogati del Responsoriale romano (sec. VII-VIII) per il periodo dell’Avvento e della Quaresima, individua  i primi abbozzi dei drammi liturgici proprio nei tropi, specialmente in quelli creati nell’abbazia di San Gallo, in Svizzera. Ed è un nome che, primo fra tutti, viene individuato: è quello di Tuotilo di San Gallo, indicato anche come Tutilo o Tutilone (850 circa – 915 circa), monaco e compositore tedesco, che – prendendo spunto dal testo romano dell’ufficio notturno della Pasqua –  crea un vero e proprio dramma teatrale: è il famoso Quem quaerintis in sepulcro o Christicolae?, prima forma drammatico-liturgica conosciuta nel rituale cristiano, che narra la visita al Santo Sepolcro delle tre Marie e l’annuncio dato dall’angelo dell’avvenuta Resurrezione. Il dialogo in quattro versi – che di norma veniva recitato dai canonici durante l’introito della messa di Pasqua – veniva interpretato da quattro sacerdoti: tre per i personaggi delle Marie e uno per sostenere il ruolo dell’angelo.   

Con il tempo i drammi liturgici divennero sempre più lunghi e complessi e vennero, dunque, separati dalle funzioni religiose perché neanche le chiese più grandi erano più in grado di ospitare la folla che si radunava intorno a questi spettacoli. Fu allora che il dramma si trasferì all’esterno, sui gradini dei sagrati delle chiese, anche se cominciarono ad insorgere dei dubbi da parte delle autorità ecclesiastiche per il forte impatto delle rappresentazioni sulla vita del popolo. 

A partire dal XII secolo, accanto ai drammi liturgici, si affiancano – così – nuove strutture drammaturgiche: sono i Misteri, nuova forma teatrale che – assieme alla musica – viene espressa non più nella lingua ufficiale della Chiesa, il latino, bensì in lingua volgare.  La testimonianza iconografica più importante, in questo senso, è la raffigurazione della cosiddetta Passione di Valenciennes: in questa rappresentazione convivono la casa della Madonna per l’Annunciazione, il Tempio della Presentazione, il Palazzo di Erode, il Paradiso e l’Inferno. Per realizzare ciò si provvedeva a una lunga sequela di costruzioni chiamate edicole – definite così per la loro forma tondeggiante – aperte in direzione dello sguardo dello spettatore. 

Nel corso del Seicento e Settecento si sviluppa un’altra forma teatrale che dai precedenti sviluppi drammaturgici prende spunto: sono gli Oratori che vanno a sostituire progressivamente le monodie medievali e rinascimentali. Anche in questo caso, è la Passione di Cristo ad essere il tema più rappresentato. Di questo nuovo filone teatrale, emergono in particolare due sottocategorie: la prima vedeva l’impiego di testi tratti – con profondo rigore – dai Vangeli, accompagnati da arie o musiche; mentre la seconda sottocategoria attingeva sempre alle Sacre Scritture, ma queste erano solo uno spunto tematico  per poi sviluppare la trama in modo originale e indipendente.

All’epoca della Riforma, tra diverse rappresentazioni sacre, possiamo ricordare in particolar modo una Passione messa in scena a Zurigo da Jakob Ruf, scrittore della Germania meridionale, che rimase fedele al testo biblico, rinunciando ad episodi a effetto.  Dal 1570 circa, l’ortodossia calvinista criticò duramente lo sfarzo degli accessori scenici e l’esaltazione del Cristo sofferente, condannando la messinscena dei drammi biblici come un’eresia. Il divieto di rappresentazioni teatrali decretato a Ginevra nel 1617 e a Zurigo nel 1624 contribuì alla riduzione dell’attività teatrale nel XVII secolo. 

Sul finire dell’Ottocento si assiste ad un vero e proprio recupero del sacro in teatro che, nel Novecento, troverà poi uno sviluppo inatteso. Autori come Strindberg, Claudel, Maeterlinck, Hofmannsthal ed Eliot si cimentano in testi dove la Sacra Scrittura trova nuovamente spazio: testi lontani dalle sacre rappresentazioni medievali, ovviamente, ma che testimoniano quanto il tema della fede sia importante per la letteratura. 

Sacre rappresentazioni, drammi liturgici, misteri: una tradizione millenaria che nel nostro oggi sta trovando sempre maggiore rilevanza grazie ai molteplici festival teatrali dedicati al tema del sacro. Ma non solo: a queste rassegne si affiancano non pochi comuni italiani che, proprio durante la Settimana Santa, allestiscono piazze e strade per accogliere storiche rappresentazioni della Passione di Cristo. 

di Antonio Tarallo

di Marilena Marino

L’uomo ha sempre avvertito il bisogno di socializzare e riunirsi in gruppi, non solo per motivi di sopravvivenza, ma anche allo scopo di celebrare il rito, il mito e la caccia, che sono stati individuati dagli antropologi teatrali quali luoghi di origine del teatro.

Dopo la caduta dell’Impero (476) gli spettacoli vengono proibiti dalla Chiesa. Il teatro scompare.

Verso l’anno 1000 si sviluppa il teatro sacro, che si svolge all’interno della Chiesa, durante la Settimana Santa per rappresentare la Passione. la sacra rappresentazione e forme analoghe di teatro si hanno in Francia, Spagna e Inghilterra.

Parallelamente, nelle corti feudali, si sviluppano intrattenimenti laici e forme di teatro popolare.

Il teatro religioso

I primi spettacoli teatrali mettevano in scena episodi tratti dalle Sacre Scritture. Si svolgevano per le strade, sul sagrato della chiesa, nella piazza ed erano finalizzati all’edificazione e all’istruzione dei fedeli. Per coinvolgere gli spettatori, la rappresentazione (jeu) utilizzava un linguaggio semplice e piano, che talvolta accoglieva espressioni popolari. La prima opera drammatica in volgare francese è l’anonimo Jeu d’Adam (circa 1150), tratto alquanto liberamente dall’episodio della Genesi.

Nel Medioevo l’Europa si trovò senza un vero e proprio centro culturale e politico e nessun autore ebbe la rilevanza degli antichi. Mentre il mondo classico si era distinto per i suoi prestigiosi centri di cultura come Atene, Roma e Bisanzio e grandi autori quali Euripide e Menandro, il mondo medioevale si caratterizzò per lo stato-nazione composto da una confederazione di comunità autonome. Gli autori furono spesso anonimi, ma non mancano interessanti figure di letterati, come Rosvita, una monaca tedesca del X secolo, le cui sei opere ci danno una visione unica del teatro di quel periodo.

Tale passaggio comportò una certa discontinuità nel mondo teatrale europeo. Il cristianesimo antico, infatti, mostrò un aperto dissenso nei confronti del teatro e lo condannò perché lo considerava fonte di oscenità e menzogne, come testimoniano i documenti pontifici diffusi durante il Medioevo. I chierici, per esempio, ebbero la proibizione di frequentare istrioni e giocolieri. L’attività teatrale, però, prosperava e non era possibile eliminarla, si doveva limitarla o assimilarla volgendo la situazione a proprio favore.
Si decise allora di spostare il dramma dai luoghi deputati all’ippodromo dove gli spettacoli con animali e le competizioni sportive potevano essere completati con le recite dei mimi. Un altro provvedimento fu quello di non elargire più fondi statali a favore del teatro.
Il processo di assimilazione ebbe più successo della limitazione e il cristianesimo si impose sul paganesimo: le feste pagane si tramutarono in feste cristiane, i templi diventarono chiese e i santuari pagani furono adibiti a cimiteri. Durante le funzioni religiose fu inserita la musica antifonaria e alcuni passi del Vangelo vennero messi in scena e commentati dal sacerdote.

annunciazione

Una forma particolare di dramma che si diffuse in Europa durante il Medioevo fu la sacra rappresentazione nella quale venivano raffigurate vicende a sfondo religioso, come l’Annunciazione o la Passione, e storie attinte dalla Bibbia. Il teatro medioevale si sviluppò progressivamente dalle chiese e accolse forme drammatiche differenti mescolate fra loro (cristiane e pagane), unite dal rituale proprio delle cerimonie liturgiche, effettuate sia in chiesa che nelle feste stagionali popolari in appropriati momenti del calendario.
Le prime recite fatte all’interno delle chiese ben presto ebbero bisogno di uno spazio scenico più ampio per soddisfare l’esigenza di utilizzare scenografie multiple, dove si presentavano contemporaneamente più scene della vita di Cristo.

Si costruirono dei palcoscenici nei sagrati all’esterno delle chiese che diedero l’opportunità di mettere in scena anche rappresentazioni teatrali con tematiche profane e alcune recite furono fatte anche nelle piazze. Per dare maggiore spettacolarità alle rappresentazioni, ai palcoscenici furono aggiunti semplici ma efficaci trucchi scenici, ingranaggi e botole.
Dopo il 1300 le confraternite si accollarono l’onere di organizzare gli spettacoli, aiutati dalle corporazioni che si preoccupavano di costruire e arredare le scene. In genere i palchi venivano costruiti con assi di legno, collocate in modo diverso, in circolo o in linea retta, a seconda della rappresentazione.
Nonostante la rottura con la drammaturgia classica, la messa in scena dei drammi medioevali mostrò quanto il mondo medioevale fosse ancora legato al mondo romano. I papi romani presero il posto degli imperatori romani ma furono simili a loro in alcuni aspetti rilevanti: uso della lingua latina, controllo del territorio, conflittualità dei diversi gruppi in lotta per la conquista del potere. Accanto ai drammi biblici, nel Medioevo europeo furono rappresentati i drammi sacri sulla vita dei santi che presero il posto degli dei greco-romani: i miracoli o il martirio di un santo, inglese o francese che fosse, divennero popolari quanto i drammi biblici.

L’aspetto più interessante di queste rappresentazioni consisteva nella natura locale e particolare del culto del santo: i fedeli avvertivano la necessità di festeggiare il proprio santo patrono con rappresentazioni teatrali, orazioni e bancarelle di mercato; le chiese si trasformavano in luoghi di pellegrinaggio dove venivano esposte le reliquie dei santi; le associazioni artigiane dedicavano una cappella al proprio santo protettore; anche i re ricorsero ai santi nazionali, come fece Giorgio d’Inghilterra.
Lo sviluppo del culto dei santi e delle attività teatrali che vennero messe in scena per farli conoscere e amare, contribuì a costruire l’identità di gruppo. Nel Medioevo le processioni ricoprirono un ruolo importante nella vita della città medioevale, come lo era stato per i cortei nei centri urbani nell’antichità, dove gli attori camminavano per le vie accompagnati da carri su cui venivano messi in scena momenti particolari della vita di Dioniso.
Quando Cristo prese il posto di Dioniso, furono mostrate in processione scene attinte dalla Bibbia, che si trasformarono poi in rappresentazioni teatrali. Con il passare del tempo, il teatro si spostò nella città stessa e gli spettacoli furono recitati all’aperto nella stagione estiva, con la partecipazione dell’intera comunità, o al coperto nelle ricche abitazioni in inverno.

giullare a corte

Le rappresentazioni teatrali fecero ancora parte di cerimonie religiose e la chiesa diede la propria disponibilità nei locali al chiuso per ospitare eventi comunitari di tutti i generi. Una figura caratteristica del Medioevo fu quella dei giullari, dei veri e propri performer capaci di trasformare corpo o viso a secondo dell’attività scenica: giocolieri, saltimbanchi, ballerini, acrobati, cantastorie e motteggiatori erano diffusi in tutta la zona neolatina. La loro figura, condannata dalla Chiesa, va ricollegata a quella del mimo o dell’istrione romano.
Attori professionisti a tutti gli effetti, si guadagnavano da vivere intrattenendo il popolo nelle piazze o rallegrando gli invitati ad un banchetto o ad un festino.
Le ragioni del crollo del teatro medioevale nelle diverse parti d’Europa furono complesse: più che di una mancanza d’interesse si trattò di una repressione crescente nelle nazioni cattoliche causata anche da fattori politici ed economici.

La passione di Cristo è uno dei temi più ricorrenti e affascinanti del teatro religioso e popolare. Si tratta di una forma di espressione artistica che ha origini antiche e che si è diffusa in diverse regioni d’Italia e del mondo, assumendo caratteristiche diverse a seconda dei contesti storici, culturali e geografici.

La passione di Cristo consiste nella rievocazione scenica degli ultimi giorni della vita terrena di Gesù, dalla sua entrata trionfale a Gerusalemme fino alla sua crocifissione, morte e resurrezione. Attraverso il linguaggio teatrale, si intende trasmettere il messaggio evangelico e suscitare emozioni e riflessioni nel pubblico.

Tra le rappresentazioni più famose e antiche della passione di Cristo in Italia, possiamo citare quella di Sordevolo (BI), che si svolge ogni cinque anni dal 1815, quella di Cantiano (PU), che risale al secolo di San Francesco, e quella ispirata ai dipinti del Caravaggio, che mette in evidenza la forza e la fragilità del corpo di Cristo.

Queste rappresentazioni coinvolgono centinaia di attori non professionisti, che si preparano con dedizione e impegno per mesi o addirittura anni. Le scenografie sono spesso imponenti e realistiche, ricostruendo i luoghi della Gerusalemme dell’anno 33 d.C., come il palazzo di Erode, il Sinedrio, il Pretorio di Pilato, il Giardino del Getsemani, il Cenacolo e il Monte Calvario.

Le rappresentazioni della passione di Cristo sono spettacoli corali che coinvolgono tutta la comunità locale, sia come attori sia come spettatori. Si tratta di un’esperienza culturale e spirituale che unisce fede e arte, tradizione e innovazione. Ogni edizione è unica e irripetibile, capace di emozionare ed educare le generazioni presenti e future.

LA VIA CRUCIS – Devozione e Storia

LA VIA CRUCIS – Devozione e Storia

La Via Crucis affonda le sue origini nella pietà popolare verso il Cristo sofferente sviluppatasi fra il XII e il XV secolo. Questa devozione intende evocare il pellegrinaggio lungo la Via dolorosa a Gerusalemme. Originariamente questa pia pratica non aveva un numero preciso e definito di quadri, soste o “stazioni”. Queste erano lasciate alle tradizioni della pietà locale, la quale attingeva anche da testi devoti non scritturistici.

Così è per l’incontro di Gesù con la madre, per il numero delle cadute, per l’incontro con Veronica. Il numero delle “stazioni” e il loro contenuto furono precisati dall’autorità ecclesiastica nel 1731, accogliendo la prassi allora più diffusa che comprendeva anche questi momenti non presenti nei Vangeli. Dal 1975 è possibile sostituire le stazioni tradizionali con altri momenti della Passione desunti dai Vangeli e concludere sempre con la Risurrezione di Gesù.

VIA CRUCIS, UNA STORIA LUNGA SECOLI

14/04/2017  Le prime tracce a Gerusalemme, alla fine del IV secolo. Come la conosciamo noi risale al Medio Evo inoltrato. San Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), san Francesco d’Assisi (1182-1226) e san Bonaventura da Bagnoregio (1221-1274), prepararono il terreno su cui nacque la pratica di pietà. Le 14 stazioni.

Il passaggio di una pesante croce lungo la Via Dolorosa a Gerusalemme. Foto Ansa, 29 marzo 2013.

Il passaggio di una pesante croce lungo la Via Dolorosa a Gerusalemme. Foto Ansa, 29 marzo 2013.

Ha radici profonde. E attraversa il tempo. La Via Crucis è un rito che intreccia Parola di Dio, storia e preghiera. Richiama l’ultimo tratto del cammino percorso da Gesù durante la sua vita terrena: da quando egli e i suoi discepoli, « dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli ulivi » (Mc 14, 26), fino a quando il Signore fu condotto al « luogo del Golgota » (Mc 15, 26), fu crocifisso e sepolto in un sepolcro nuovo, scavato nella roccia di un giardino vicino.

La Chiesa di Gerusalemme manifestò molto presto la sua attenzione per i «luoghi santi». Reperti archeologici attestano l’esistenza di espressioni di culto cristiano già nel secondo secolo dopo Cristo, nell’area cimiteriale dove era stato scavato il sepolcro di Gesù. Alla fine del IV secolo, la pellegrina Eteria ci dà notizia di tre edifici sacri eretti sulla cima del Golgota. E ci informa della processione che in certi giorni si snodava d due di esse, più precisamente dall’Anastasis al Martyrium. Non si trattava, per la verità, di una Via Crucis o di una Via Dolorosa. Come non lo era quella sorta di cammino attraverso i santuari di Gerusalemme, che si desume dalle varie « cronache di viaggio » dei pellegrini dei secoli V e VI. Ma quella processione, con i suoi canti e il suo stretto legame con i luoghi della passione, è ritenuta da alcuni studiosi una forma embrionale della futura Via Crucis.

Gerusalemme è la città della Via Crucis storica. Essa sola ha questo grande tragico privilegio. Lungo il Medio Evo il fascino dei « luoghi santi » suscita il desiderio di riprodurli nella propria terra: alcuni pellegrini, al ritorno da Gerusalemme, li “ricostruiscono” nelle loro città. Il complesso delle sette chiese di Santo Stefano a Bologna è ritenuto l’esempio più notevole di tali « riproduzioni ». Ma cf’è anche Kalwaria Zebrzydowska, in Polonia, a circa 40 chilometri da Cracovia e a 15 chilometri da Wadowice, paese natale di Karol Wojtyla, papa Giovanni Paolo II.

La Via Crucis, nel senso attuale del termine, risale al Medio Evo inoltrato. San Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), san Francesco d’Assisi (1182-1226) e san Bonaventura da Bagnoregio (1221-1274) prepararono il terreno su cui sorgerà il pio esercizio. Al clima di pietà compassionevole verso il mistero della Passione si deve aggiungere l’entusiasmo sollevato dalle Crociate che proponevano di ricuperare il Santo Sepolcro, il rifiorire dei pellegrinaggi a partire dal secolo XII e la presenza stabile, dal 1233, dei Frati minori francescani nei «luoghi santi».

Donne ortodosse pregano durante la Via Crucis  a Gerusalemme. Foto Reuters, 29 aprile 2016.

Donne ortodosse pregano durante la Via Crucis a Gerusalemme. Foto Reuters, 29 aprile 2016.

Verso la fine del tredicesimo secolo, ci ricorda l’apposito sito della Santa Sede in cui monsignor Piero Marini, Maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie ne ricostruisce la storia con rigore scientifico, la Via Crucis è già menzionata, non ancora come pio esercizio, ma come cammino percorso da Gesù nella salita al Monte Calvario e segnato da una successione di «stazioni». Intorno al 1294 un frate domenicano, Rinaldo di Monte Crucis, nel suo Liber peregrinationis afferma di essere salito al Santo Sepolcro «per viam, per quam ascendit Christus, baiulans sibi crucem», e ne descrive le varie stationes: il palazzo di Erode, il Litostrato, dove Gesù fu condannato a morte, il luogo dove Egli incontrò le donne di Gerusalemme, il punto in cui Simone di Cirene prese su di sé la croce del Signore. E così via.

Sullo sfondo della devozione alla passione di Cristo e con riferimento al cammino percorso da Gesù nella salita al Monte Calvario, la Via Crucis, come pio esercizio, nasce direttamente da una sorta di fusione di tre devozioni che si diffusero, a partire dal XV° secolo, soprattutto in Germania e nei Paesi Bassi: – la devozione alle «cadute di Cristo » sotto la croce; se ne enumerano fino a sette; – la devozione ai « cammini dolorosi di Cristo», che consiste nell’incedere processionale da una chiesa all’altra in memoria dei percorsi di dolore – sette, nove e anche di più -, compiuti da Cristo durante la sua passione: dal Getsemani alla casa di Anna (cf. Gv 18, 13), da questa alla casa di Caifa (cf. Gv 18, 24; Mt 26, 56), quindi al pretorio di Pilato (cf. Gv 18, 28; Mt 27, 2), al palazzo del re Erode (cf. Lc 23, 7); e la devozione alle «stazioni di Cristo», ai momenti in cui Gesù si ferma lungo il cammino verso il Calvario o perché costretto dai carnefici, o perché stremato dalla fatica, o perché, mosso dall’amore, cerca ancora di stabilire un dialogo con gli uomini e le donne che partecipano alla sua passione spesso.

Nel lungo processo di formazione della Via Crucis sono da segnalare due elementi: la fluttuazione della «prima stazione» della Via Crucis e la varietà delle stazioni stesse. Per quanto concerne l’inizio della Via Crucis, gli storici segnalano almeno quattro episodi differenti, scelti quale «prima stazione»: 1) l’addio di Gesù a sua Madre; si tratta di una «prima stazione» che non sembra aver avuto una larga diffusione, probabilmente a causa del problematico fondamento biblico; 2) la lavanda dei piedi; questa «prima stazione», che si situa nell’ambito dell’Ultima Cena e dell’istituzione dell’Eucaristia, è attestata in alcune Via Crucis della seconda metà del secolo XVII, che ebbero larga fortuna; 3) l’agonia del Getsemani; il giardino degli ulivi, dove Gesù, in estrema e amorosa obbedienza al Padre, decise di bere fino all’ultima goccia il calice della passione, costituisce l’inizio di una Via Crucis del secolo XVII, breve – comprende solo sette stazioni -, notevole per il suo rigore biblico, diffusa ad opera soprattutto dei religiosi della Compagnia di Gesù; 4) la condanna di Gesù nel pretorio di Pilato, «prima stazione» assai antica, che segna efficacemente l’inizio dell’ultimo tratto del cammino di dolore di Gesù: dal pretorio al Calvario.

Anche il soggetto delle stazioni era vario. Nel XV° secolo regnava ancora la più grande diversità nella scelta del loro numero e ordine. Nei vari schemi di Via Crucis si trovano stazioni quali la cattura di Gesù, il rinnegamento di Pietro, la flagellazione, le accuse diffamatorie in casa di Caifa, lo scherno della veste bianca nel palazzo di Erode, che non figurano in quello che diverrà la traccia definitiva.  La Via Crucis, nella sua forma attuale, con le stesse quattordici stazioni disposte nello stesso ordine, è attestata in Spagna nella prima metà del diciassettesimo secolo, soprattutto in ambienti francescani. Dalla penisola iberica essa passò prima in Sardegna, allora sotto il dominio della corona spagnola, e poi nella penisola italica. Qui incontrò un convinto ed efficace propagatore in San Leonardo da Porto Maurizio (+ 1751), frate minore, instancabile missionario; egli eresse personalmente oltre 572 Via Crucis, delle quali è rimasta famosa quella eretta nel Colosseo, su richiesta di Benedetto XIV, il 27 dicembre 1750, a ricordo di quell’Anno Santo.

Una Via Crucis a Gerusalemme, lungo la Via Dolorosa. Foto Reuters, 3 aprile 2015

Una Via Crucis a Gerusalemme, lungo la Via Dolorosa. Foto Reuters, 3 aprile 2015

Le 14 stazioni della Via Crucis, nella forma definitiva arrivata a noi, sono le seguenti: 1) Gesù è condannato a morte 2) Gesù è caricato della croce 3) Gesù cade per la prima volta 4) Gesù incontra sua Madre 5) Simone di Cirene aiuta Gesù a portare la croce 6) la Veronica asciuga il volto di Gesù 7) Gesù cade per la seconda volta 8) Gesù ammonisce le donne di Gerusalemme 9) Gesù cade per la terza volta 10) Gesù è spogliato delle vesti 11) Gesù è inchiodato sulla croce 12) Gesù muore in croce 13) Gesù è deposto dalla croce 14) il corpo di Gesù è collocato nel sepolcro

https://www.famigliacristiana.it/articolo/storia-della-via-crucis-una-pratica-religiosa-che-attraversa-i-secoli.aspx

Jesus Christ Superstar (1973) - The Last Supper