La Domenica del Mare

La Domenica del Mare

Il 9 luglio si celebra la “Domenica del mare”, una giornata internazionale di preghiera per i marittimi – oltre un milione – e le loro famiglie, ma anche per coloro che nella Chiesa offrono loro supporto, come i cappellani e i volontari che si dedicano all’Apostolato del Mare, l’opera con cui si assistono spiritualmente i lavoratori del mare fin dal 1920. Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.

Cari fratelli e sorelle in Cristo,
sin dalla prima ora il vangelo ha raggiunto ogni angolo del mondo attraverso grandi navi. Gli Atti degli Apostoli e gli altri scritti del Nuovo Testamento ci raccontano in molti modi la vita che i messaggeri della Buona Notizia trascorrevano con i lavoratori del mare, a volte per mesi, condividendo la quotidianità e aprendo menti e cuori alla fede.
La Domenica del mare offre ogni anno alle comunità cattoliche di tutto il mondo la possibilità di non dimenticare le proprie origini e di pregare per coloro che lavorano oggi sulle navi che trasportano merci nel mondo intero. Si tratta di oltre un milione di esseri umani grazie ai quali la nostra quotidianità diviene possibile e l’economia si sostiene. Di loro, della loro fede, di come possano amare e sperare, quasi nulla sappiamo.
La domenica è il giorno dell’Eucaristia, la Pasqua settimanale: sono molti a non avervi accesso perché forzatamente lontani dai loro cari e dalla propria comunità. Per tutta la Chiesa celebrare il Risorto significa allo stesso tempo non dimenticare nessuno, far correre la salvezza dappertutto, chiedersi come chi è assente e invisibile possa sentirsi salvato e prezioso, portatore di una dignità che è quella di ogni figlio di Dio.
Gli apostoli raccontavano Gesù sulle navi, radunavano comunità in ogni città di porto: erano dunque presenti a un mondo che oggi è sempre meno conosciuto. La complessa organizzazione delle nostre società e una certa propensione a nascondere le diseguaglianze lasciano spesso in una zona d’ombra i tesori spirituali e i bisogni materiali delle persone umili. La Domenica del mare non è dunque riservata agli addetti ai lavori, ma accende l’attenzione di ogni comunità cristiana su coloro grazie ai quali ci raggiungono gran parte dei beni di cui ci nutriamo o facciamo uso ogni giorno. A chi oggi è in mare giunga allora un messaggio corale: la Chiesa vi è vicina. Ciò che vi rallegra e ciò che vi opprime ci sta a cuore. Non abbiamo solo da darvi qualcosa, ma anche da ricevere il vostro racconto, le vostre testimonianze: il punto di vista sul lavoro, sull’economia, sui rapporti fra religioni e culture diverse, sulle condizioni del mare e della terra, sulla fede, che soltanto dalla vostra esperienza può raggiungere e interrogare tutti i membri della Chiesa e, per loro tramite, le nostre società.
Siamo una Chiesa sinodale, in cui cioè si cammina insieme. Dobbiamo andare avanti insieme, navigare insieme, senza lasciare nessuno indietro, e arricchirci l’un l’altro. Nessuno pensi di non avere nulla da offrire. Se dunque c’è uno sforzo che quest’anno ci vogliamo proporre è proprio quello di verificare i modi con cui essere più vicini, in uno scambio continuo che renda il vostro lavoro meno lontano dal percorso e dalla fede di tutti.
Maria, Stella Maris, interceda per noi e sia fonte di consolazione e perseveranza.

Domenica del mare

Era il 1975 quando l’Apostolato del Mare della Chiesa Cattolica, la Mission to Seafarers degli Anglicani e la Sailors’ Society della Free Church, hanno pensato a istituire un giorno dell’anno per ricordare i marittimi, le loro famiglie e coloro che li assistono.

L’iniziativa nasce in Inghilterra ma si estende oltre Manica, espandendosi fino a diventare una “Giornata internazionale del Mare”. Si celebra abitualmente la seconda domenica di luglio, in cui viene riconosciuto l’importante contributo lavorativo dei marittimi all’economia di tutti i Paesi del mondo. Questa ricorrenza ha anche un’importanza ecumenica perché in molti porti le celebrazioni e le diverse attività di sensibilizzazione riguardo la situazione umana lavorativa dei marittimi vengono fatte congiuntamente con altre denominazioni cristiane, dando testimonianza di unità di intenti e cooperazione nel proteggere i diritti dei marittimi.

Già prima del 1900 esistevano diverse iniziative missionarie cattoliche per fornire assistenza spirituale, sociale e materiale agli equipaggi che facevano scalo nei principali porti europei e del Nord America ma l’interesse per questo tipo di apostolato ha segnato il magistero dei Papi.

https://www.chiesacattolica.it/l11-luglio-la-domenica-del-mare/

Perché le donne portano il velo in testa quando sono in chiesa?

Perché le donne portano il velo in testa quando sono in chiesa?

Riflessioni Mese Mariano Donne e Maria

Chi lo vede come un segno di riverenza, chi come un elemento della tradizione che non deve essere abbandonato. Ma qual è il vero motivo per cui le donne lo indossano? 

Una domanda che in tanti si pongono e a cui attraverso un piccolo excursus anche storico, cerchiamo di rispondere.

Perché le donne portano il velo in testa quando sono in chiesa?

Le donne portano il velo alla Messa?

Ci sono donne che ancora oggi rimangono fedeli al velo intesta. Ma se guardiamo indietro, alle nostre nonne, ci accorgiamo che, poi, non è passato così tanto tempo da quando era uso diffuso. La domanda frequente è.

Perché la donna, in chiesa, copre il capo e gli uomini no?

Sotto il tuo manto (Frisina)

Non si tratta solo del velo. Anche in inverno, ad esempio, ci accorgiamo che alla donna è permesso indossare il cappello in testa, mentre agli uomini no. Un’usanza? Una tradizione prettamente cristiana? O c’è altro? In effetti ci sono delle spiegazioni ben precise per rispondere a questi interrogativi.

La moda, potrebbe dirci, ad esempio, che si tratta di qualcosa di obsoleto. Ma se guardiamo con occhi diversi, con il nostro essere cristiani, ci accorgiamo che, effettivamente, indossare il velo fa parte della tradizione cattolica. Pensiamo al velo solo per le spose, ma non a chi, invece, partecipa alla Messa.

Partiamo dal presupposto che, dovremmo ricordarci che stiamo entrando nella Casa di Dio, in un luogo sacro, dove di lì a poco, sarà celebrata la Messa e Gesù si offrirà nel suo corpo e nel suo sangue.

Non solo vestirci in modo rispettoso (e questo, lo troviamo già ovvio, specialmente durante il periodo estivo, quasi in tutte le chiese, troviamo affissi cartelli dove si richiede il rispetto, anche, nell’abbigliamento, del luogo sacro), e il velo diventa un segno di coerente dignità al luogo, quasi al doverci sentire preparati ancor di più, non solo internamente, ma anche all’esterno, a ciò che sta per avvenire.

Ciò che in chiesa si vela è sacro

Il velo non deve, però, essere indicato come “qualcosa che faccia capire che quello è il modo di vestire della donna”, non deve esser visto come qualcosa di denigratorio. Nel caso delle suore, il velo è segno della loro piena consacrazione a Dio. Ma ogni donna è sacra e quando in chiesa di vela qualcosa, vuol dire che questa è sacra.

Il velo che la donna è invitata ad indossare in chiesa è segno di un valore che lei ha, di un qualcosa di ancora più sacro agli occhi di Dio.

Se, invece, volessimo affiancarci alla tradizione vera e propria, il velo rappresenta la riverenza, il rispetto verso Dio nel suo luogo sacro. Il velo è un segno di devozione, di umiltà.

Come quando entriamo in chiesa e ci segniamo con il segno di croce, abbassiamo la voce in rispetto al luogo e a chi è lì a pregare, dove gli uomini si tolgono il cappello, il velo della donna rappresenta la sua devozione e il suo rispetto davanti al grande Mistero lì presente.

Il velo: nero o bianco?

Ma c’è un altro quesito: perché alcune donne indossano il velo nero ed altre quello bianco? Anche qui, la tradizione è ancora più radicata, specie nelle zone del Sud Italia. Tradizione vuole che il “velo nero” sia usato soltanto in caso di lutto o di Messa funebre, quasi come fosse un segno di sofferenza che vela il viso della donna al mondo esterno e non faccia scoprire, ad esempio, le lacrime agli occhi.

Dall’altro lato, invece, il velo bianco. No, non quello della sposa, ma come quello nero, ci sono alcune donne che si coprono il capo con il velo bianco. Anche qui tradizione vuole che quello bianco lo indossino “le donne che non sono sposate” e, come ci raccontano le nostre nonne, indossare il velo bianco serviva anche ai ragazzi per capire quali erano le donne da marito.

Oggi, ovviamente, c’è chi rispetta questa tradizione ancora e chi no. Anzi: ai nostri giorni, facendo un pò più d’attenzione, è possibile anche vedere in chiesa donne che indossano veli di colore azzurro, beige, marrone, verde o anche rosso. Non c’è più questa differenza così netta e, anche dopo il Concilio Vaticano II, non c’è più neanche “l’obbligo” per le donne dell’uso del velo in chiesa.

Chi lo indossa lo fa per tradizione: sì, proprio quella che descrivevamo poco fa. Insomma: un gesto di rispetto sì, che ci porta anche indietro nel tempo.

 Rosalia Gigliano

Quando si pensa a una donna con il velo si pensa generalmente a una donna di religione islamica. Sembrerà strano, ma il velo non è un simbolo originario dell’Islam. Scopriamo da dove viene e in quali culture esistono o sono esistite “donne velate”.

Quando compare per la prima volta il velo?

Assiri, i Sumeri e gli Egiziani, e la gran parte delle popolazioni che abitavano l’odierno Medio Oriente, usavano il velo. Inizialmente, in queste civiltà, il velo  non era riservato alle donne: coprirsi il capo era un segno di potere, cioè indicava l’appartenenza a un settore privilegiato della società. È nel codice di Hammurabi (1760-1750 a.C. circa), un’antica raccolta di leggi conservata oggi al Louvre di Parigi, che troviamo i primi riferimenti all’obbligo di usare il velo da parte delle donne, che cominciano ad essere confinate nell’ambito della casa.

Nel codice di Hammurabi si legge che  le donne devono coprirsi il capo in segno di umiltà e di sottomissione alla divinità. L’usanza si diffonde anche presso i Greci e i Romani: per loro, una donna con il capo scoperto era una donna che aveva rinunciato alla sua “modestia”, cioè all’obbedienza all’uomo della famiglia. Per cui non poteva essere una donna rispettabile.

Il velo nella Bibbia

Anche le donne ebree avevano l’usanza di coprirsi il capo, lo raccontano vari episodi che troviamo nella Bibbia. Il velo ebraico è un simbolo dal valore religioso e sociale, che rappresenta per la donna sottomissione ai voleri di Dio e dell’uomo.

Secondo la tradizione tramandata da vari testi sacri dell’ebraismo, come la Torah e il Talmud, le donne ebree hassidimite (o chassidimite) il giorno del matrimonio avevano l’obbligo di tagliarsi i capelli e dal quel momento portare un velo colorato per coprirsi. Per gli ebrei di oggi, l’obbligo di usare un copricapo per le donne si ritrova solo in piccole comunità legate alle tradizioni. Per gli uomini invece è rimasto, possiamo vederlo entrando in qualsiasi sinagoga: lo chiamano Kippah.

La “velatio”cristiana: come nasce il velo da sposa

Dall’ebraismo il simbolo del velo si trasferisce al cristianesimo: i riti nuziali dei primi cristiani prevedevano infatti la cerimonia della “velatio”(velazione). Un velo veniva posto sul capo di entrambi gli sposi in origine, a simboleggiare la loro comunione con lo Spirito, e dal quel momento la donna doveva velarsi.

Il velo cristiano aggiunge però al velo ebraico un significato di “purezza”: non a caso anche la Madonna è sempre raffigurata velata. Molti riferimenti al valore del velo si trovano negli scritti di San Paolo, che lo descrive come “vestimento di devozione a Dio”.

Questo significato simbolico si ritrova ancora oggi nell’abbigliamento di suore e monache, le donne che, appunto, si sono consacrate a Dio. O, semplicemente, entrando in chiesa, possiamo intravederlo nelle donne anziane che tuttora mantengono l’usanza.

by Linda Monticelli

Conosci la storia del velo indossato da Maria quando diede alla luce Gesù?

Madonna

Scopriamo la storia del velo indossato dalla Madonna quando diede alla luce Gesù.

Velo Madonna

Sebbene la maggior parte sia andata persa nella storia, alcune delle prime reliquie della Chiesa sopravvivono ancora oggi. Le reliquie che rimangono sono conservate in modo sicuro e conservate in tutto il mondo nelle chiese e nelle cattedrali per essere viste e venerate dai Fedeli.

Tuttavia, dell’ Assunzione in Cielo di Maria non rimangono reliquie corporee. Una delle rare reliquie esistenti è quella detta la sancta camisia, il velo che indossava mentre dava alla luce Gesù Cristo e anche mentre stava ai piedi della Croce.

La tradizione racconta che sancta camisia, in italiano santa camicia, è il velo che venne indossato dalla Vergine Maria durante la Nascita di Cristo. Il velo è lungo più di sei metri e fatto di seta.

Dopo l’Assunzione di Maria, si dice che il velo fu spostato da Gerusalemme a Costantinopoli, dove l’imperatrice bizantina Irene lo presentò all’ Imperatore Carlo Magno. Nell’ 876, suo nipote Carlo il Calvo lo donò alla cattedrale di Chartres in Francia, dove è rimasto per oltre 1100 anni.

Il Velo della Madonna è conservato in un reliquiario d’oro accanto all’altare maggiore e ha sviluppato come centro di molte tradizioni nel corso dei secoli.

Miracoli o eventi per grazia del velo

Per esempio, nel 911, quando il bandito Rollo e i suoi scagnozzi assediarono Chartres, la gente del posto prese il velo dalla chiesa e la sfilò come una bandiera di guerra. Rollo e i suoi uomini furono sconfitti e l’assedio fu revocato.

sancta camisia

Nel 1145, il velo fu quasi distrutto quando la chiesa che lo ospitava prese fuoco. Alcuni membri del clero attraversarono le fiamme nella cripta delle chiese, con il velo in mano. Si dice che tre giorni dopo siano riemersi completamente illesi per l’intercessione di Maria. Il fenomeno fu considerato un miracolo e come segno che dalle ceneri della vecchia chiesa dovesse risorgerne una nuova. La cattedrale di Chartres fu costruita al suo posto.

Le prove scientifiche sul velo lo hanno datato al I secolo d. C., di origine siriana, dando credito alla tradizione secondo cui il velo fu indossato da Maria stessa. Oggi è custodito in modo sicuro in un reliquiario d’oro accanto all’altare della cattedrale di Chartres. Ogni anno il 15 agosto, festa dell’Assunzione di Maria, il velo viene portato in processione a Chartres.

Francesco Frigida

Idea Progettazione a cura di Marilena Marino Vocedivina.it

Ddl Anziani-Traguardo Storico

Ddl Anziani-Traguardo Storico

Ddl Anziani verso l’entrata in vigore a marzo, con attuazione da aprile: Assegno Unico per non autosufficienti al posto dell’indennità di accompagnamento. Decreto Anziani in vigore entro marzo: cosa cambia

Approvato in Senato il Ddl Anziani, che in base alle previsioni del Ministero del Lavoro approderà in Gazzetta Ufficiale nei tempi previsti dal PNRR, ossia entro fine marzo. Da aprile si lavorerà poi alla stesura dei decreti attuativi.

Si tratta del disegno di legge n. 205 recante “Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anzianeUna misura straordinaria per adeguare il sistema di welfare italiano ai nuovi bisogni sociali, promuovere il benessere delle persone anziane e mettere le famiglie in condizione di affrontare con maggiore serenità il carico assistenziale durante la terza età della propria vita e gli inevitabili costi correlati, in particolare nel caso di non autosufficienza.

https://www.pmi.it/economia/lavoro/405996/decreto-anziani-in-vigore-entro-marzo-cosa-cambia.html

Ddl anziani: mons. Paglia (Comm. governativa), approvazione Senato è traguardo storico, speriamo in consenso unanime alla Camera

“È un traguardo storico, per una norma che rivede radicalmente tutto l’assetto assistenziale, e non solo, rivolto agli over 65, che in Italia sono 14 milioni. Lo aspettavamo da 40 anni e riguarda la tanto attesa integrazione fra sociale, sanitario e assistenziale, la realizzazione di un vero continuum assistenziale per la presa in carico delle persone anziane sul territorio ed in particolare presso la loro abitazione”. Così mons. Vincenzo Paglia, presidente della Commissione governativa per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana, commenta l’approvazione da parte del Senato del ddl anziani, che dovrà passare ora all’esame della Camera. “La continuità di vita e di cure presso il proprio domicilio è certamente l’aspetto più rilevante del provvedimento – osserva -. Le norme rafforzano anche il diritto di accesso ai servizi di cure palliative, creano finalmente un sistema di governance integrato, introducono accanto alla gestione della disabilità e non autosufficienza la nozione di fragilità e le attività preventive connesse. Si tratta dunque di una legge molto ambiziosa negli obiettivi da raggiungere e che modifica in profondità gli attuali assetti organizzativi”.
Di qui l’auspicio che “nel passaggio alla Camera sia possibile ottenere quel consenso unanime per una delega che era stata introdotta in prima battuta dal governo Draghi e dunque avrebbe dovuto avere un sostegno totale. Avevo sognato che per i 75 anni della Costituzione avremmo potuto esprimere un accordo completo e comune, per una legge che difende i nostri anziani. Ora si dovrà procedere speditamente con tutte le forze politiche, delle Regioni, dei sindacati, del mondo del Terzo settore e del volontariato per implementare le sperimentazioni in grado di esprimere il potenziale della legge”. “Mi sembra molto bello – conclude Paglia -, molto espressivo di una nuova politica questa partecipazione larga nel segno di una immaginazione alternativa per creare – insieme – il nuovo modello e restituire al Paese e a tutti noi una vecchiaia serena e bene assistita”.

Agenzia SIR