Il Mistero dell’Annunciazione

Il Mistero dell’Annunciazione

Perché si festeggia il 25 marzo

 La kecharitoméne -la piena di grazia

Annunciazione Leonardo
Salve Regina (video testo)

La Salve Regina qui proposta è la versione estratta da “Missa de Angelis

La Missa De Angelis, o Missa VIII, è forse la più conosciuta anche fra le assemblee che non hanno spesso a che fare con il Canto Gregoriano. Riporta normalmente l’indicazione In festis duplicibus (in latino: Feste doppie), viene eseguita generalmente nelle Solennità

Il 25 marzo si celebra l’Annunciazione del Signore, una festa dedicata a Gesù, ma in ugual misura a Sua madre Maria, a Lui legata indissolubilmente. Scopriamo perché

Poche festività cristiane possono vantare l’importanza religiosa dell’Annunciazione del Signore. Essa si pone infatti al centro della storia della salvezza, in quanto rappresenta l’inizio dei tempi nuovi, della nuova alleanza tra Dio e l’uomo. È con l’Annunciazione che si mette in moto quel piano divino che culminerà con la nascita di Gesù, e soprattutto con la sua morte e resurrezione.

Ma di cosa si tratta?

Col termine “Annunciazione” si descrive l’incontro tra Maria e l’arcangelo Gabriele nel piccolo borgo di Nazareth. Un incontro destinato a cambiare completamente le sorti dell’umanità, in quanto fu in quell’occasione che l’Arcangelo, messaggero di Dio, annunciò appunto alla fanciulla l’imminente nascita del Messia.

È del mistero dell’Incarnazione del Verbo che stiamo parlando, ovvero la credenza che Gesù Cristo si sia incarnato nel grembo di Maria Vergine. Per questo l’Annunciazione del Signore era chiamata anticamente festa della Divina Incarnazione. Un concetto imprescindibile per i cristiani, che tuttavia generò molti disaccordi nell’antichità. Alla fine, dopo le proposte e le dissertazioni riguardo l’Incarnazione e la natura di Gesù che vennero discusse nel Primo Concilio di Nicea nel 325, nel Concilio di Efeso nel 431 e nel Concilio di Calcedonia nel 451, venne dichiarato che Gesù era sia pienamente Dio, e come tale incarnazione della seconda persona della Santissima Trinità, generato e non creato dal Padre, sia pienamente uomo, nato da Maria Vergine, fattosi carne. Tutto ciò che divergeva da questo pensiero venne definito eresia. La Festa dell’Annunciazione del Signore viene celebrata il 25 marzo per una serie di motivi. Antiche teorie già dibattute nel VI e VII secolo sostenevano infatti che in concomitanza con l’equinozio di primavera, che cade intorno a questa data, avessero avuto luogo sia l’Incarnazione del Verbo, sia la creazione del mondo. Molto più semplicemente, se calcoliamo il 25 dicembre come data di nascita di Gesù, ci basta andare indietro di 9 mesi per individuare la data indicativa del suo miracoloso concepimento.

Un aspetto fondamentale che dobbiamo considerare parlando dell’Annunciazione del Signore è la sua duplice natura di festa dedicata a Gesù, ma anche di festa mariana. L’Annunciazione rappresenta forse il più alto e importante momento di incontro tra l’umano e il divino, e per questo entrambi i protagonisti hanno uguale valore. Maria simboleggia l’attesa di Israele che trova finalmente compimento nell’arrivo del Salvatore. La sua accettazione del destino voluto per lei da Dio, l’obbedienza con cui si affida alla Sua volontà, e soprattutto l’immenso amore che la contraddistingue da questo momento in poi, sono indissolubilmente legati all’opera salvifica di Suo Figlio. In Maria la Salvezza è già una realtà, nell’istante stesso in cui la sua promessa viene pronunciata: “Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine.” (Luca 1, 31-33). Ecco come secondo Luca l’angelo annuncia a Maria la venuta di Cristo Re, Re di Israele, Re dei re, Re della Terra, Re delle nazioni, come scritto nelle antiche profezie in merito al Messia atteso dagli Ebrei.

Annunciazione del Signore, dunque, ma anche Annunciazione della Beata Vergine Maria, com’era conosciuta la festa in passato.
L’Annunciazione della Beata Vergine Maria è sicuramente uno dei momenti più alti ed evocativi della religione cristiana cattolica…Ma vediamo più nel dettaglio cosa raccontò Luca riguardo l’Annunciazione del Signore.

Annunciazione nel Vangelo di Luca

L’Annunciazione di Maria viene raccontata in modo molto diverso nel Vangelo secondo Matteo e nel Vangelo secondo Luca. Ci soffermeremo soprattutto sulla versione di Luca, quella in cui l’Arcangelo si reca da Maria per portarle l’annuncio della sua prossima gravidanza. Nel Vangelo secondo Matteo, invece, è da Giuseppe che si reca un angelo, per intimargli in sogno di non ripudiare la moglie resa incinta per opera dello Spirito Santo.

Ecco cosa scrive Luca:

26 Nel sesto mese, l’arcangelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, 27 a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28 Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». 29 A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. 30 L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31 Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32 Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33 e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». 34 Allora Maria disse all’angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». 35 Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. 36 Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: 37 nulla è impossibile a Dio». 38 Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l’angelo partì da lei.  (Luca 1, 26-38)

Basta leggere questo passo del Vangelo per comprendere l’importanza che l’Annunciazione ha per tutti i cristiani. Infiniti studi sono stati compiuti su ogni singola frase, ogni singolo passaggio di questo brano. Non pretendiamo certo di esaurire in un solo articolo tutte le infinite implicazioni, da quelle linguistiche a quelle teologiche.

Noi ci accostiamo ad esso con semplicità e umiltà, proprio come fece Maria, una vergine promessa sposa a un uomo, Giuseppe, che al cospetto di Gabriele, uno degli arcangeli appartenenti alla terza gerarchia della corte celeste, un angelo che ha nel suo stesso nome la potenza di Dio, perché il suo nome significa “Dio si manifesta forte potente e onnipotente”, dapprima è turbata, solo per il saluto altisonante con cui lui le si rivolge. Quel piena di grazia che conosciamo così bene grazie alla preghiera Ave Maria, e che viene dal greco kecharitòmene, un termine che esprime il massimo della grazia che qualcuno può incarnare. Ma il nome stesso di Maria esprime un significato che va al di là del nome stesso, in quanto in aramaico significa “principessa, signora, regina”, in ebraico “colei che vede e che fa vedere (ciò che non si può vedere)”, e in egizio “colei che è amata da Dio”.

Poi lei si tranquillizza, quando l’angelo le dice che non deve temere, perché è nella grazia di Dio, e quando le viene annunciato che dal suo grembo nascerà il Re che tutti stanno aspettando, si stupisce nella sua semplicità, perché lei non ha ancora conosciuto l’uomo.

L’angelo la rassicura e per darle un segno della veridicità delle sue parole le dice che anche la sua parente Elisabetta è incinta, nonostante l’età avanzata, e presto partorirà, perché nulla è impossibile a Dio.

E a questo punto Maria non ha più dubbi, non ha esitazioni: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”.

Parole di umiltà e obbedienza, e allo stesso tempo di incredibile potenza. Nell’istante in cui si affida completamente alla volontà di Dio Maria rappresenta tutto il meglio che l’umanità può incarnare e offrire, e Dio stesso la eleva al di sopra di tutto e tutti.

È così che anche noi dovremmo vivere questa festa, come un invito all’umiltà, al coraggio di affidarci completamente a Dio, senza remore, senza domande. Se è vero che è sempre meglio ponderare e affrontare con razionalità le scelte importanti, è altrettanto vero che, in certi casi, bisogna affidarsi solo alla fede, senza pensare alle conseguenze. Accettando la volontà di Dio Maria sapeva di rischiare di venire rinnegata dal suo promesso sposo, eppure non ha esitato, non ha chiesto rassicurazioni. Si è fidata di Dio.

Questo fa di lei la piena di grazia, e in suo figlio Gesù ogni uomo può sperare di ottenere un poco di quella grazia così preziosa.

Prima ancora della nascita del Salvatore, Sua madre si fa tramite tra Lui e tutti gli uomini. Se Gesù è al centro della nostra visione del cielo, Maria è al suo fianco, a supplicare grazie per noi tutti. Lei che ha creduto in Suo Figlio prima ancora che nascesse.

Notizie sull’autore del canto Salve Regina

«Salve, Regina, madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra, salve. A Te ricorriamo, noi esuli figli di Eva; a Te sospiriamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime». È la preghiera che ancora si canta nelle chiese, alla fine, quando restano i vecchi a trascinare le vocali come a trattenere chi già corre a riaccendere il telefonino. Chi l’ha scritta, quasi mille anni fa, sapeva che cos’è una valle di lacrime. La Salve Regina fu infatti, quasi sicuramente, composta da Ermanno di Reichenau, meglio conosciuto come Ermanno lo storpio. Lo chiamavano anche “il contratto”. I documenti che ne danno notizia parlano di un uomo deforme, con gli arti come attorcigliati a impedirgli non solo di camminare normalmente ma anche di trovare pace disteso o seduto nella sedia costruita apposta per lui. Ermanno, che nella vita non è mai stato comodo se non, probabilmente, quando è sopraggiunta la morte, fu monaco e fine studioso. La preghiera alla Madonna entrata nella storia liturgica della Chiesa è solo uno degli aspetti del suo studio e della sua fede poderosamente intrecciati.

 Salve, Regina, mater misericordiae, vita, dulcedo et spes nostra, salve – Salve, Regina, Madre di misericordia; vita, dolcezza e speranza nostra, salve. Infine, l’antifona Regina caelorum la chiama regina e signora: Ave, Regina caelorum /Ave, Domina angelorum – Ave, Regina dei cieli, ave, Signora degli Angeli,

Al Beato Ermanno il Contratto Monaco tedesco vissuto tra il 1013 e il 1054 , vengono attribuite, oltre al la Salve Regina, l’Alma Redemporis Mater, anche se questa preghiera mariana sembra strutturata più sulla sequenza Ave Maris Stella, l’Ufficio di alcuni santi (Gregorio, Afra, Wolfgango, ecc.) e le Sequenze della Croce e della Pasqua (Grates, honos, hierarchia e Rex regun, Dei agne); alla liturgia si riferiscono anche i trattati De musica e De monochordo e opere di indole matematica, tutte di interesse liturgico.

La biografia parla di un uomo «piacevole, amichevole, conversevole; sempre ridente; tollerante; gaio; sforzandosi in ogni occasione di essere galantuomo con tutti». Misteriosamente in Ermanno la malattia non genera cinismo bensì un’umanità ricca, rigogliosa, coinvolgente.

“Ermanno, l’infimo dei poveretti di Cristo e dei filosofi dilettanti, il seguace più lento di un ciuco, anzi, di una lumaca”. “

Tra gli amici è ricordato un certo Bertoldo, incaricato di aiutarlo nelle incombenze quotidiane e testimone dei momenti cruciali della sua vita. È a lui che Ermanno affida i suoi pensieri nei giorni della pleurite che lo condurrà alla morte. E l’amico si commuove e si tura le orecchie quando il piccolo monaco, già assaporando la pace della liberazione dal corpo, si dice stanco di vivere.
«La Vita, come la scrisse Bertoldo, è così piena di vita pulsante, Ermanno ne esce veramente vivo! Non perché sapesse scrivere sulla teoria della musica e della matematica, né perché seppe compilare minuziose cronache storiche e leggere tante lingue diverse, ma per il suo coraggio, la bellezza dell’anima sua, la sua serenità nel dolore, la sua prontezza a scherzare e a fare a botta e risposta, la dolcezza dei suoi modi che lo resero “amato da tutti”. (…) Ermanno ci dà la prova che il dolore non significa infelicità, né il piacere la felicità».

Idea Progettazione Marilena Marino Vocedivina.it