La Festa del Corpus Domini
Le Infiorate più belle d’Italia
Il Corpus Domini viene festeggiato in molte città italiane con l’Infiorata, una serie di composizioni artistiche realizzate con i petali, i gambi e altre parti dei fiori. In alcuni luoghi la materia prima è diversa, ad esempio a Camaiore (MS) viene utilizzata la segatura colorata (chiamata “pula”), ma comunque il significato non cambia: generalmente i tappeti floreali rappresentano il mistero dell’Eucarestia, scene o personaggi religiosi e il fiore, che simboleggia la parte più pura dell’uomo, esprime l’avvicinamento al mistero del pane che diventa “corpo del Signore“.
La festa del Corpus Domini venne istituita nel 1264 dal Papa Urbano IV in seguito al miracolo di Bolsena (per approfondimenti leggi qui) ed è proprio nella cittadina viterbese che avvenne la prima processione e ancora oggi si tiene l’Infiorata su un tappeto di fiori lungo ben 3 km!
Sebbene la Solennità del Corpus Domini si celebri il giovedi successivo alla SS. Trinità (ossia due settimane dopo Pentecoste) in tutta Italia si festeggia la domenica successiva.
Le più belle e famose sono le Infiorate di Spello (PG), l’Infiorata di Bolsena (VT), l’Infiorata di Genzano (RM), l’Infiorata di Fucecchio (FI), l’Infiorata Sampietrese a San Pier Niceto (ME), la Festa dell’Infiorata a Potenzoni di Briatico (VV), l’Infiorata del Corpus Domini a San Bartolomeo in Galdo (BN) e quella di Alatri (FR), la più grande del mondo!
Tutte queste si svolgono generalmente la domenica del Corpus Domini ed il sabato precedente, ad eccezionedi quella di Genzano che si tiene la settimana successiva.
Si svolge in un periodo diverso invece la bellissima Infiorata di Noto (SR).
Oggi si può dire con tutta tranquillità che gli appassionati Infioratori Spellani lavorano tutto l’anno al fine di preparare nel migliore dei modi la manifestazione. Le meravigliose Infiorate (tappeti e quadri) che si offrono agli sguardi ammirati dei numerosi visitatori italiani e stranieri sono il risultato di un complesso e difficile lavoro che richiede giorni, settimane e addirittura mesi di paziente e sapiente lavoro di molte persone, che a gruppi si distribuiscono i compiti e si attivano con indispensabile armonia di intenti.
Tra le fasi preliminari più importanti e impegnative dell’evento ci sono la ricerca e la raccolta di fiori e poi la mondatura, la selezione e la conservazione dei petali. In ogni stagione vengono raccolti i fiori e le erbe del Monte Subasio e dell’Appennino umbro-marchigiano; si tolgono pazientemente i petali che vengono gelosamente conservati. Naturalmente la parte più impegnativa del lavoro di raccolta e di preparazione dei fiori avviene nella stagione primaverile. Nei giorni che precedono il CORPUS DOMINI si assiste ad una vera e propria mobilitazione generale di nutrite squadre di Infioratori, i quali si disperdono lungo i pendii del Subasio, per i campi e le piane delle verdi vallate Umbre. Durante la raccolta dei fiori, altri cittadini e soprattutto le signore più anziane trascorrono le serate nei pianterreni freschi, separando i petali in base ai vari colori e tritando finemente le erbe profumate.
Questo lavoro diventa sempre più febbrile e coinvolgente man mano che si approssima la festa del CORPUS DOMINI. Alla vigilia di questa giornata, sin dal primo pomeriggio, le strade di Spello interessate al percorso della Processione vengono chiuse al traffico e letteralmente invase da gruppi di cittadini e di visitatori di ogni età. Per prima cosa si predispongono impianti di illuminazione adeguati e si provvede poi ad allestire collaudati sistemi di protezione (strutture antipioggia e antivento) sui tratti di strada interessati, e ciò per evitare che imprevedibili condizioni atmosferiche avverse possano disturbare o compromettere il lavoro degli Infioratori.
Dopo queste operazioni preliminari si inizia ad eseguire il disegno sul fondo stradale, utilizzando all’uopo le tecniche più disparate: dal disegno a mano libera allo spolvero, dallo stampo metallico alla forma di cartoncino. Eseguiti i disegni, secondo tecniche diverse, si procede infine a depositare i petali variopinti, al fine di conferire le tonalità cromatiche desiderate e ottenere gli effetti artistici voluti. Durante il pomeriggio e tutta la notte del sabato che precede la festa, gli infioratori lavorano sulle strade, chini a terra, per disegnare, deporre e disporre milioni e milioni di petali capaci di produrre quei magici capolavori che sanno di arte antica e moderna, carichi di suggestioni emotive e culturali, collegati ai temi della tradizione religiosa e anche della più viva attualità.
I lavori durano l’intera notte e soltanto alle 9,00 del mattino le strade risultano ricoperte da un unico tappeto policromo e profumato: uno spettacolo unico a vedersi. Basti pensare che in un unico percorso floreale vengono mediamente realizzati circa 70 Infiorate tra tappeti – ciascuno dai 12 ai 15 metri di lunghezza, con una superficie minima di 15 mq – e quadri di grandi dimensioni – dai 25 ai 90 mq .L’unicità del carattere della manifestazione è certamente dato dalla tecnica di esecuzione che consiste nell’uso esclusivo di elementi vegetali non trattati con agenti chimici o conservativi né con coloranti artificiali o polverizzati; in questo modo il petalo, adagiato sul suolo stradale, (non si può incollare) regna sovrano in un insieme coinvolgente di colori e profumi.L’esecuzione delle opere avviene direttamente sul fondo stradale non soggetto ad alcun trattamento: i soggetti e le decorazioni sono sempre rinnovati, si allacciano alla grande tradizione della Pittura Umbra, dal Rinascimento al 700, e a volte il discorso figurativo si apre anche alle maggiori testimonianze dell’arte moderna.
Con il passaggio del Sacro Corteo guidato dal Vescovo che porta l’ostensorio, si chiude un’esperienza di altissimo impegno artistico, di solidarietà civile, culturale e umana, di tensione etica e religiosa che si concretizza in una smagliante armonia di colori. Infatti, le diverse fasi dell’INFIORATA, che vanno dalla progettazione a tavolino fino alla pratica esecuzione dei tappeti artistici, coinvolgono attivamente circa duemila persone. È questa un’occasione in cui tutti possono apportare utili contributi per la migliore riuscita dell’impresa: dal bambino che raccoglie i fiori, al pensionato, all’artista che con mirabile tratto riproduce le MADONNE della SCUOLA UMBRA, gli ANGELI di GIOTTO o le dolci figure del BOTTICELLI. E il capolavoro infatti sta anche in questo: nel magnifico esempio di partecipazione e di coordinamento fra persone che non sono necessariamente dello stesso rione o vicinato; nella multiforme esperienza artistica delle tecniche e degli stili che destano meraviglia; nella vasta panoramica dei temi ispiratori; e infine nel clima di civile confluenza di diversi interessi, da quello religioso a quello di integrazione sociale, da quello turistico a quello artistico.
Quando la domenica sulle bellissime infiorate scorre la processione, lo scopo religioso è raggiunto. I preziosi tappeti di fiori – prima custoditi e vigilati con zelo – oramai possono essere calpestati da chiunque, dopo il passaggio del Vescovo. La loro effimera gloria è arrivata alla fine, al suo naturale epilogo; una magnificenza ancor più stimabile e commovente in considerazione del faticoso e gioioso impegno della preparazione e del breve splendore di cui queste opere d’arte hanno goduto.
Con la processione domenicale le splendide composizioni si dissolvono nell’aria. Di queste opere artistiche non rimane più nulla, se non nella memoria di chi le ha ammirate brevemente e nelle foto e nei filmati a colori che le hanno immortalate. In grazia di tutto ciò Spello può affermare ovunque e a pieno titolo, la sua vocazione di Città d’arte, di tradizioni e di cultura.Così descrive la “veglia” del sabato la giornalista Lorella Befani:”Quella di sabato è una notte particolarmente sofferta; oltre alla stanchezza che sopraggiunge c’è anche la preoccupazione per le condizioni del tempo che non fanno sperare nulla di buono. Un gruppo di ragazzi si affretta a costruire una struttura sormontata da grossi teloni che dovrà proteggerli e proteggere il tappeto floreale in caso di pioggia o vento; intanto c’è chi provvede, aiutato da altri del gruppo, ad allacciare l’energia elettrica per la notte. e un incredibile via vai di gente di tutte le età, un susseguirsi di ordini impartiti a destra e a sinistra; un’eccitazione che coinvolge anche í passanti, felici tuttavia di farsi trascinare in quella notte faticosa ma allegra e un po’ folle, fatta di litigi per un colore sbagliato e di risate.
La struttura protettiva è finalmente terminata, tutto è pronto per il momento più atteso: la composizione dei petali per creare il disegno prescelto. A questo punto, c’è una vera e propria divisione dei compiti: l’”artista” del gruppo esegue la parte più complessa del tappeto e cioè i soggetti religiosi, gli altri che sono di solito i più giovani, si occupano delle parti decorative che fanno da cornice ai “quadri”, altri ancora sono intenti a portare le scatole piene di petali a seconda delle richieste di ognuno. Ora l’intero paese è al lavoro. Ogni tanto qualche passante si affaccia timidamente oltre il telo di protezione per, “rubare” qualche particolare dalle mani abili di quei ragazzí. La notte è lunga, è sofferta, ma tra un caffè e l’altro che può aiutarli a restare svegli, sorgono le prime luci dell’alba. Malgrado la stanchezza, l’attività si fa più frenetica, è una gara veramente spettacolare fatta di rivalità che stimola ogni gruppo a fare meglio dell’altro, è una vera e propria corsa contro il tempo”.
Questo lavoro diventa sempre più febbrile e coinvolgente man mano che si approssima la festa del CORPUS DOMINI. Alla vigilia di questa giornata, sin dal primo pomeriggio, le strade di Spello interessate al percorso della Processione vengono chiuse al traffico e letteralmente invase da gruppi di cittadini e di visitatori di ogni età. Per prima cosa si predispongono impianti di illuminazione adeguati e si provvede poi ad allestire collaudati sistemi di protezione (strutture antipioggia e antivento) sui tratti di strada interessati, e ciò per evitare che imprevedibili condizioni atmosferiche avverse possano disturbare o compromettere il lavoro degli Infioratori.
Dopo queste operazioni preliminari si inizia ad eseguire il disegno sul fondo stradale, utilizzando all’uopo le tecniche più disparate: dal disegno a mano libera allo spolvero, dallo stampo metallico alla forma di cartoncino. Eseguiti i disegni, secondo tecniche diverse, si procede infine a depositare i petali variopinti, al fine di conferire le tonalità cromatiche desiderate e ottenere gli effetti artistici voluti. Durante il pomeriggio e tutta la notte del sabato che precede la festa, gli infioratori lavorano sulle strade, chini a terra, per disegnare, deporre e disporre milioni e milioni di petali capaci di produrre quei magici capolavori che sanno di arte antica e moderna, carichi di suggestioni emotive e culturali, collegati ai temi della tradizione religiosa e anche della più viva attualità.
I lavori durano l’intera notte e soltanto alle 9,00 del mattino le strade risultano ricoperte da un unico tappeto policromo e profumato: uno spettacolo unico a vedersi. Basti pensare che in un unico percorso floreale vengono mediamente realizzati circa 70 Infiorate tra tappeti – ciascuno dai 12 ai 15 metri di lunghezza, con una superficie minima di 15 mq – e quadri di grandi dimensioni – dai 25 ai 90 mq . L’unicità del carattere della manifestazione è certamente dato dalla tecnica di esecuzione che consiste nell’uso esclusivo di elementi vegetali non trattati con agenti chimici o conservativi né con coloranti artificiali o polverizzati; in questo modo il petalo, adagiato sul suolo stradale, (non si può incollare) regna sovrano in un insieme coinvolgente di colori e profumi. L’esecuzione delle opere avviene direttamente sul fondo stradale non soggetto ad alcun trattamento: i soggetti e le decorazioni sono sempre rinnovati, si allacciano alla grande tradizione della Pittura Umbra, dal Rinascimento al 700, e a volte il discorso figurativo si apre anche alle maggiori testimonianze dell’arte moderna.
Con il passaggio del Sacro Corteo guidato dal Vescovo che porta l’ostensorio, si chiude un’esperienza di altissimo impegno artistico, di solidarietà civile, culturale e umana, di tensione etica e religiosa che si concretizza in una smagliante armonia di colori. Infatti, le diverse fasi dell’INFIORATA, che vanno dalla progettazione a tavolino fino alla pratica esecuzione dei tappeti artistici, coinvolgono attivamente circa duemila persone. È questa un’occasione in cui tutti possono apportare utili contributi per la migliore riuscita dell’impresa: dal bambino che raccoglie i fiori, al pensionato, all’artista che con mirabile tratto riproduce le MADONNE della SCUOLA UMBRA, gli ANGELI di GIOTTO o le dolci figure del BOTTICELLI. E il capolavoro infatti sta anche in questo: nel magnifico esempio di partecipazione e di coordinamento fra persone che non sono necessariamente dello stesso rione o vicinato; nella multiforme esperienza artistica delle tecniche e degli stili che destano meraviglia; nella vasta panoramica dei temi ispiratori; e infine nel clima di civile confluenza di diversi interessi, da quello religioso a quello di integrazione sociale, da quello turistico a quello artistico.
Quando la domenica sulle bellissime infiorate scorre la processione, lo scopo religioso è raggiunto. I preziosi tappeti di fiori – prima custoditi e vigilati con zelo – oramai possono essere calpestati da chiunque, dopo il passaggio del Vescovo. La loro effimera gloria è arrivata alla fine, al suo naturale epilogo; una magnificenza ancor più stimabile e commovente in considerazione del faticoso e gioioso impegno della preparazione e del breve splendore di cui queste opere d’arte hanno goduto.
Con la processione domenicale le splendide composizioni si dissolvono nell’aria. Di queste opere artistiche non rimane più nulla, se non nella memoria di chi le ha ammirate brevemente e nelle foto e nei filmati a colori che le hanno immortalate. In grazia di tutto ciò Spello può affermare ovunque e a pieno titolo, la sua vocazione di Città d’arte, di tradizioni e di cultura.Così descrive la “veglia” del sabato la giornalista Lorella Befani:”Quella di sabato è una notte particolarmente sofferta; oltre alla stanchezza che sopraggiunge c’è anche la preoccupazione per le condizioni del tempo che non fanno sperare nulla di buono. Un gruppo di ragazzi si affretta a costruire una struttura sormontata da grossi teloni che dovrà proteggerli e proteggere il tappeto floreale in caso di pioggia o vento; intanto c’è chi provvede, aiutato da altri del gruppo, ad allacciare l’energia elettrica per la notte. e un incredibile via vai di gente di tutte le età, un susseguirsi di ordini impartiti a destra e a sinistra; un’eccitazione che coinvolge anche í passanti, felici tuttavia di farsi trascinare in quella notte faticosa ma allegra e un po’ folle, fatta di litigi per un colore sbagliato e di risate.
La struttura protettiva è finalmente terminata, tutto è pronto per il momento più atteso: la composizione dei petali per creare il disegno prescelto. A questo punto, c’è una vera e propria divisione dei compiti: l’”artista” del gruppo esegue la parte più complessa del tappeto e cioè i soggetti religiosi, gli altri che sono di solito i più giovani, si occupano delle parti decorative che fanno da cornice ai “quadri”, altri ancora sono intenti a portare le scatole piene di petali a seconda delle richieste di ognuno. Ora l’intero paese è al lavoro. Ogni tanto qualche passante si affaccia timidamente oltre il telo di protezione per, “rubare” qualche particolare dalle mani abili di quei ragazzí. La notte è lunga, è sofferta, ma tra un caffè e l’altro che può aiutarli a restare svegli, sorgono le prime luci dell’alba. Malgrado la stanchezza, l’attività si fa più frenetica, è una gara veramente spettacolare fatta di rivalità che stimola ogni gruppo a fare meglio dell’altro, è una vera e propria corsa contro il tempo”.
La solennità del Corpus Domini nacque nel 1247 nella diocesi di Liegi, in Belgio, per celebrare la reale presenza di Cristo nell’eucaristia[4] in reazione alle tesi di Berengario di Tours, secondo il quale la presenza di Cristo non era reale, ma solo simbolica.[5]
L’introduzione di questa festività nel calendario cristiano la si deve principalmente a una donna, suor Giuliana di Cornillon, una monaca agostiniana vissuta nella prima metà del tredicesimo secolo. Da giovane avrebbe avuto una visione della Chiesa con le sembianze di una luna piena, ma con una macchia scura, a indicare la mancanza di una festività. Nel 1208 ebbe un’altra visione, ma questa volta le sarebbe apparso Cristo stesso, che le chiese di adoperarsi perché venisse istituita la festa del Santissimo Sacramento, per ravvivare la fede dei fedeli e per espiare i peccati commessi contro il sacramento dell’eucaristia. Dal 1222, anno in cui era stata nominata priora del convento di Mont Cornillon, chiese consiglio ai maggiori teologi ed ecclesiastici del tempo per chiedere l’istituzione della festa. Scrisse una petizione anche a Hughes de Saint-Cher, all’arcidiacono di Liegi, Jacques Pantaléon (futuro Urbano IV) e a Roberto di Thourotte, vescovo di Liegi. Furono proprio l’iniziativa e le insistenti richieste della monaca a far sì che, nel 1246, Roberto de Thourotte convocasse un concilio e ordinasse, a partire dall’anno successivo, la celebrazione della festa del Corpus Domini. All’epoca i vescovi avevano infatti la facoltà di istituire festività all’interno delle loro diocesi.
Alcuni anni dopo la morte di suor Giuliana e di Roberto de Thourotte, nel 1264 papa Urbano IV, che già aveva contribuito alla prima festa del Corpus Domini in Belgio, dopo aver riconosciuto il miracolo eucaristico di Bolsena fece promulgare la bolla Transiturus de hoc mundo, con la quale istituì la solennità del Corpus Domini come festa di precetto e la estese alla Chiesa universale, fissandola al giovedì dopo l’ottava della Pentecoste.
Durante il periodo delle guerre di religione in Francia (in verità tra il 1540 e il 1600, cioè in un arco temporale leggermente più lungo), la processione del Corpus Domini fu oggetto di ostilità da parte degli Ugonotti. Infatti i Calvinisti (noti in Francia come Ugonotti) negano la transustanziazione come leggenda priva di fondamento, e persino offensiva nei confronti della religione evangelica. Gli Ugonotti facevano la processione oggetto di numerose provocazioni, e veri e propri attacchi alle immagini e all’ostia, oppure semplicemente dimostravano la loro diversità religiosa (non stendendo alla finestra le tovaglie che, tradizionalmente, le famiglie cattoliche francesi mettevano in mostra in omaggio alla processione, lavorando ostentatamente alle finestre o davanti agli usci ecc.).
Fino alla metà del Seicento in certe zone della Francia la processione del Corpus Domini fu quindi accompagnata da massicci schieramenti di forza pubblica, e con i fedeli in genere armati e pronti a difendere l’ostia da eventuali profanazioni.
Il nome della solennità
Nella bolla del 1264 la festa è descritta come memorialis sacramentum in cotidianis missarum sollemnior, festum sanctissimi Corporis Domini nostri Jesu Christi[11] (…”festività del santissimo Corpo di nostro Signore Gesù Cristo) nella quale si afferma la divinità di Gesù e, in particolare, del Suo Corpo (indicato con l’iniziale maiuscola).
Il Messale successivo alla riforma liturgica ribattezzò la celebrazione col nome latino di Sollemnitas Sanctissimi Corporis et Sanguinis Christi a seguito della soppressione della festa del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo, ritenuta un doppione, e che si celebra tuttavia ancora il 1º luglio.
La ricorrenza ha il grado liturgico di solennità ed è di precetto. Il suo giorno proprio è il giovedì della II settimana dopo la Pentecoste, il che corrisponde al giovedì dopo la solennità della Santissima Trinità. Nei Paesi, come l’Italia, in cui il giovedì non è giorno festivo nel calendario civile, la solennità si trasferisce alla seconda domenica dopo Pentecoste, in conformità con le Norme generali per l’ordinamento dell’anno liturgico e del calendario.[12]
A Orvieto, dove fu istituita, la festività si svolge comunque il giovedì dopo la solennità della Santissima Trinità. Nella stessa data si celebra in quei paesi nei quali la solennità è anche festa civile: nei cantoni cattolici della Svizzera, in Spagna, in Germania, Irlanda, Croazia, Polonia, Portogallo, Brasile, Austria, Principato di Monaco e a San Marino. A Roma, la celebrazione è presieduta dal Papa e inizia con la Messa sul sagrato della basilica di San Giovanni in Laterano, cui fa seguito la processione eucaristica tradizionale fino alla basilica di Santa Maria Maggiore; si è svolta di giovedì sera fino al 2017, quando papa Francesco, per motivi pastorali, l’ha spostata alla domenica sera.
Nella riforma del rito ambrosiano, promulgata dall’arcidiocesi di Milano il 20 marzo 2008, la festività è stata riportata obbligatoriamente al giovedì della II settimana dopo Pentecoste con la possibilità, per ragioni pastorali, di celebrarla anche la domenica successiva.[13][14]
Numerose diocesi in Italia continuano a proporre ai fedeli la celebrazione e la processione eucaristica, a livello diocesano, il giovedì, lasciando la domenica per le celebrazioni e le processioni parrocchiali.
Celebrazione
Processione
In occasione della solennità del Corpus Domini si porta in processione, racchiusa in un ostensorio sottostante un baldacchino, un’ostia consacrata ed esposta alla pubblica adorazione: viene adorato Gesù vivo e vero[15], presente nel Santissimo Sacramento. Invece nelle città di Orvieto e Bolsena oltre al Santissimo Sacramento vengono portate in processione le reliquie del miracolo eucaristico occorso al sacerdote boemo Pietro Da Praga nel 1263 presso l’Altare del Miracolo situato nella basilica di Santa Cristina nella città di Bolsena e dal 6 gennaio 2013 fino al 14 novembre 2014 si è tenuto un giubileo eucaristico straordinario nelle comunità di Orvieto e di Bolsena medianti la Diocesi di Orvieto Todi.
Inni
Papa Urbano IV incaricò Tommaso d’Aquino di comporre l’officio della solennità e della messa del Corpus et Sanguis Domini. In quel tempo, era il 1264, San Tommaso risiedeva, come il pontefice, sull’etrusca città rupestre di Orvieto, nel convento di San Domenico (che, tra l’altro, fu il primo ad essere dedicato al santo iberico). Il Doctor Angelicus insegnava Teologia nello Studium (l’università dell’epoca) orvietano e presso S. Domenico si conserva ancora la sua cattedra e il crocifisso ligneo che gli parlò. Tradizione vuole infatti che proprio per la profondità e completezza teologica dell’officio composto per il Corpus Domini, Gesù – attraverso quel crocifisso – abbia detto: “Bene scripsisti de me, Thoma”. L’inno principale del Corpus Domini, cantato nella processione e nei Vespri, è il Pange lingua; un altro inno dedicato è il Sacris solemniis, specialmente nella sua sezione finale (che costituisce il Panis Angelicus). Esiste anche una sequenza per il Corpus Domini: il Lauda Sion Salvatorem.